Anime & Manga > Card Captor Sakura
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Autore: steffirah    04/02/2019    1 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Qualcosa senza nome


           
Nei giorni successivi cercai con tutte le mie forze di non pensare più a quella brutta esperienza, mettendola momentaneamente da parte; d’altronde non era successo effettivamente niente, quindi dovevo lasciare che ansia, agitazioni e paure mi scivolassero addosso, senza sconvolgermi totalmente la vita. Ciononostante ci impiegavo più tempo del previsto ad addormentarmi e quando finalmente ci riuscivo non erano mai sogni tranquilli. Dormii per giorni consecutivi rannicchiata in una posizione talmente rigida che quando al mattino mi svegliavo definitivamente e mi alzavo mi facevano male tutti gli arti, come se non avessi riposato affatto.
Oltre a ciò non mi sentivo serena all’idea di uscire dopo il calar del sole, e il fatto che mi guardassi perennemente intorno e mi controllassi le spalle ogni volta che ero fuori casa poteva tradirmi e far capire che la mia calma era puramente apparente. Ero arrivata ad un punto in cui ogni volta che incrociavo lo sguardo di qualcuno che non conoscevo vi davo le spalle, fuggendo nella direzione opposta, diffidando di chiunque, pregando mentalmente che tale persona non decidesse di seguirmi e incutermi maggiore paura. Come se non ne stessi accumulando già troppa.
Per fortuna, comunque, dopo aver scoperto l’accaduto Eriol-kun e Tomoyo-chan si assicurarono di non lasciarmi più sola e quando ero in compagnia dei miei amici era abbastanza semplice calmarmi, anche perché le ragazze, non sapendone nulla, mi distraevano con le loro felici e spensierate chiacchiere – le quali riguardavano prettamente i preparativi per il compleanno di Naoko-chan.
Inoltre, in quegli stessi giorni venne organizzata dalla scuola una gita in montagna per novembre, che si sarebbe tenuta proprio la settimana successiva al festival della cultura. Solitamente simili viaggi venivano pianificati durante il periodo invernale, ma qui ciò non era molto attuabile considerate le temperature – a meno che l’intenzione non fosse quella di congelare tutti gli studenti, che già ne erano pochi. Ci vennero quindi consegnati i moduli da far firmare ai nostri genitori e io mi domandai come potessi fare a partecipare senza papà che potesse approvare.
Rivolsi quella questione a Tomoyo-chan ed Eriol-kun, soprattutto perché pensavo si trovassero nella mia stessa situazione essendo soli, ma a differenza mia loro non si posero alcun problema perché non avevano intenzione di prenderne parte.
«Perché no?» domandai un po’ delusa. Sarebbe stato bello stare tutti insieme una volta tanto.
«La organizzano ogni anno, ormai abbiamo visto e vissuto tutto di quel posto» spiegò mia cugina, con un piccolo sorriso. «Le tue amiche verranno?»
Annuii in conferma.
«A quanto ho capito parteciperà tutta la classe.»
«Oh? Anche Syaoran?» si sorprese Eriol-kun.
Mi strinsi nelle spalle, incerta. Ad essere sincera non ne avevo idea. Chissà se sarebbe venuto…. Pensare che non ci eravamo neppure più rivolti la parola dopo lunedì….
«Voi lo conoscete meglio di me, dovreste saperlo» borbottai, un po’ risentita per il fatto che non mi avessero detto subito che erano amici.
«Io lo conosco solo da tre anni» replicò Tomoyo-chan, «è Eriol a conoscerlo da quando erano bambini.»
Sgranai gli occhi dinanzi a quell’informazione.
«Siete amici di infanzia?»
«Sì e no» ridacchiò, mettendosi più comodo in poltrona. «Ero un po’ come un fratello maggiore, l’ennesimo.»
«Hoe? Ha fratelli più grandi?»
«Solo quattro sorelle più grandi» negò, sorridendomi furbo. «Sakura-san, ho notato che provi un interesse particolare nei suoi confronti.»
Tomoyo-chan gli rivolse un’occhiataccia che finse di non vedere mentre io avvampavo dalla testa ai piedi, non sapendo che dire.
«È perché… alcuni suoi comportamenti mi sembrano inspiegabili…»
Sfuggii dal suo sguardo, ripensando all’ultima occasione in cui ci eravamo parlati. Che atteggiamento assurdo.
«Lo consideri come un enigma da risolvere?» provò a venirmi incontro, suggerendomi lui le parole da usare.
«Parzialmente.»
«Sarà anche colpa del suo fascino» rimuginò tra sé.
Mia cugina, a questo, mise su un adorabile broncio, fingendosi offesa: «E noi non siamo affascinanti?»
Mi feci sfuggire una risata, ribattendo: «Voi tre siete le persone più affascinanti che io abbia mai avuto l’onore di conoscere.»
Sembrava che Tomoyo-chan volesse sentirsi dire proprio quello perché esultò vistosamente, alzandosi per piroettare, accendendo poi inaspettatamente la videocamera e puntandomela in faccia.
«Per me, però, resti tu la persona più bella, elegante e affascinante che io abbia mai conosciuto.»
Detto da una dea come lei sembrava un ironico controsenso, ma la conoscevo abbastanza per capire che fosse sincera.
Tentai di non pensare all’imbarazzo provocato dal suo complimento e dall’obbiettivo a poca distanza dal mio naso, tornando invece sul mio problema.
«Comunque, papà non può di certo firmarmelo dall’Egitto» sospirai sconsolata, sventolando il foglio.
«Se mi dai il permesso posso firmartelo io.»
«Tu?» ripetei sbigottita, guardando Eriol-kun.
«Non col mio nome, naturalmente, fingiamo che tu abbia un tutore.»
«Eh?! M-ma, e se scoprono che non è vero? Passeremmo dei guai!»
«Non lo scopriranno» garantì ammiccante, prendendo una penna piuma, intingendola in un antico e sofisticato calamaio d’ottone e firmando prima ancora che io riuscissi a reagire in alcun modo per impedirglielo. Sbiancai, come quel foglio di carta. Ormai era fatta.
Me lo porse e io lo voltai nella mia direzione, leggendo ad alta voce il nome tracciato con quella scrittura elegante: «Clow… Reed?»
«Un mio antenato» spiegò brevemente, allungandosi in avanti, intrecciando le mani sulle ginocchia, sorridendomi sicuro di se stesso. Nei suoi occhi leggevo persuasione. «Stai tranquilla, non ti diranno nulla. E non dovrai neppure giustificarti, ci penseremo noi a convincerli.»
Rinunciai all’obiettare in alcun modo, accettando il foglio.
Il giorno successivo, quando effettivamente lo consegnai, la docente non si espresse in alcun modo, pur notando sicuramente il cognome diverso dal mio. Non ne parve neppure turbata. Eriol-kun era veramente velocissimo ad agire.
Mi accomodai risollevata e, prima di sedermi del tutto, rivolsi uno sguardo di sbieco a Li-kun, trovandolo a fissarmi. Ero ingenua, certo, ma fino a un certo punto. Ultimamente mi guardava spessissimo: cominciava da quando entrava in classe, seguitava per tutte le ore successive e finiva solo quando dovevamo andarcene, al punto che si attardava dietro di me, quasi a volersi assicurare che me ne andassi per prima. Era come se mi tenesse d’occhio, ma non in senso negativo. Era quasi come se… come se volesse controllarmi per proteggermi, assicurandosi che non mi accadesse nulla.  
Ciononostante continuava a non rivolgermi la parola, finché un giorno quella situazione apparentemente inestricabile non prese una svolta quando, con mia grande sorpresa, mi venne in aiuto di sua spontanea volontà.
Quel giovedì durante l’ora di matematica venimmo chiamati entrambi alla lavagna per risolvere due equazioni e io dentro di me già piangevo scoraggiata, consapevole che avrei fatto una grande figuraccia, soprattutto se dovevamo mettere a confronto le nostre discrepanti abilità: mentre lui prendeva cinque in quella materia, il massimo per me era un due dato senz’altro per pietà. Sapevo già che sarebbe stata una catastrofe, quanto più guardavo la formula tanto più numeri e incognite mi vorticavano davanti agli occhi e il risultato diveniva sempre più difficile da afferrare. Fu allora che mi stupì: sebbene normalmente lui ci avrebbe impiegato meno di un minuto a trovarne il risultato rallentò a metà procedimento, notando forse quanto fossi in alto mare, al che sottovoce mi sussurrò cosa scrivere, controllando i miei procedimenti con la coda dell’occhio.
E quella non fu l’unica occasione: il giorno successivo mi venne chiesto di leggere un testo in inglese ad alta voce. Nelle lingue straniere non ero mai stata un genio e la mia pronuncia non era di certo tra le migliori; avendolo notato lui cominciò a pronunciare le parole dietro di me, suggerendomele, ed io le seguii ripetendole come meglio ero in grado.
Continuò ad aiutarmi in entrambe le materie, forse capendo quanto fossi una capra, e usava in quelle situazioni una tonalità bassissima, quasi inudibile, che chissà come riuscivo a capire. Era come se quelle parole le mormorasse direttamente nella mia testa, affinché soltanto io potessi sentirlo.
Ciò mi rese felicissima, anche perché dalla settimana seguente prese ad aiutarmi in tutti i momenti di bisogno, venendo incontro alle mie difficoltà e sollevandomi da compiti sia mentali che fisici. Ad esempio, capitava che se mi veniva chiesto di portare una pila di documenti da un docente lui si sostituiva a me, quasi non voleva facessi sforzi inutili. In quel caso mi dispiaceva che si facesse tanto carico di tutto, soprattutto perché se veramente aveva una salute cagionevole era lui che doveva stare quanto più a riposo possibile. Non dimenticavo di certo i due giorni in cui si era sentito male in classe. Quindi spesso rifiutavo, e per fare tutto questo avevamo ricominciato a parlare normalmente, quasi non fosse successo niente e non ci fosse stato alcun disagio tra di noi.
In tal modo cominciò ad uscire fuori la sua gentilezza, manifestandosi in quei piccoli, preziosi gesti che mi regalava quotidianamente. Ciononostante continuavo a sembrare l’unica a vederla: gli altri parevano non accorgersene e io non sapevo più che fare affinché potessero accettare tutti Li Syaoran, così com’era. Perché, per me, poco alla volta si stava rivelando una persona fantastica; bisognava soltanto scavare un po’ sotto la superficie, ma con la dose giusta di perseveranza e pazienza non era impossibile. Se io ero riuscita a farlo sciogliere almeno un minimo in mia presenza, ero certa che potesse esserne in grado chiunque. E sarebbe stato realmente bello se gli altri studenti avessero smesso di evitarlo e temerlo, cosicché avesse potuto trovare anche lui degli amici.   
Quando ne parlai con le mie nuove amiche loro mi ascoltarono fino a che non ebbi finito di esternare totalmente quel pensiero. Parzialmente mi compresero e mi assecondarono, ma poi mi posero dinanzi ad un quesito cui non riuscii a rispondere con concretezza: «Sakura-chan, tutto questo interesse per lui da cosa ha origine?»
Da cosa aveva origine? Anche io me lo chiedevo spesso e sembravo non trovare mai una vera e propria risposta.
Da un po’ di tempo avevo cominciato io stessa ad interrogarmi a riguardo, supponendo come sempre che fosse spinto unicamente dalla mia curiosità perenne. Ma era davvero soltanto curiosità? Lui, per me, era davvero soltanto un enigma da risolvere? Una persona che volevo conoscere in ogni suo aspetto per comprenderla e divenire sua amica? Mi bastava quello? O forse c’era dell’altro dietro?
Dopo che anche le ragazze misero in dubbio le mie intenzioni iniziai a dubitare ancora più di ciò che mi spingeva verso di lui e della ragione alla base di ogni mio proposito, soprattutto a causa delle allusioni che tutti facevano. Ero certamente famosa per essere tonta, ma sapevo di non essere tarda. L’istinto era una delle mie più grandi doti, ma se lo avessi seguito, se lo avessi ascoltato… mi avrebbe dato un responso non completamente esauriente. Un responso che, in parte, mi faceva paura.
Il momento in cui presi a riempire i miei pensieri di quella possibilità fu quando ricordai la predizione fatta dalle carte: il risultato di tutto sarebbe stato l’amore.
Era inutile che provassi a fingermi esperta, perché sapevo di non conoscere affatto l’amore. Non avevo alcuna idea di cosa fosse, di come sbocciasse, di quale fosse la maniera per riconoscere il nascere della scintilla che avrebbe acceso quel sentimento…. Perché era così che funzionava, no? Nelle storie d’amore lette, viste e sentite accadeva sempre qualcosa di magico: una sorta di legame intrecciato di sogni veniva ad instaurarsi tra due persone e, eventualmente, entrambe se ne accorgevano. Una delle due si sarebbe dichiarata e se tutto andava bene ed era corrisposta si finiva insieme. Ma l’amore poteva mai essere un meccanismo così semplice?
No, non credevo. Quel vocabolo sembrava portare molto più in sé, un significato più intrinseco e profondo e, soprattutto, complesso.
Fino ad allora non avevo vissuto alcuna esperienza simile, escludendo quell’infatuazione avuta in passato nei confronti di Yukito-san…. Ma no, quella non osavo classificarla come amore. E se invece fosse stato così? Se quella era una delle tante forme dell’amore, come dovevo prenderla? Ciò che provavo per Li-kun non era la stessa cosa, per niente, e in tal caso era assolutamente da escludere che l’amore che mi aspettava s’incarnasse in lui.
Eppure, c’era una vocina nella mia testa che mi diceva che non potevano essere soltanto la mia gratitudine ed estroversione a spingermi tanto verso di lui. A farmi desiderare tanto di parlare con lui, di ascoltare la sua voce, di vedere il suo viso quasi sempre inespressivo e cercare di leggere oltre esso. A farmi agognare il raggiungimento di quel che nascondeva sotto la superficie, come mai avevo fatto prima, per carpire ciò che si celava nel suo cuore.
Lui era una grande prova, forse la più difficile per una sempliciotta come me. Ma era anche qualcos’altro: qualcosa a cui non riuscivo a dare un nome.  










 
Angolino autrice:
Ta-dan, due aggiornamenti di fila, sperando di farmi perdonare! A parte ciò, devo realmente approfittare di ogni giorno libero e dovevo anche cancellare un po' l'ansia apportata dal precedente capitolo.
Qui ho solo due piccole cose da spiegare: il festival della cultura si tiene i primi giorni di novembre (lo vedrete meglio più avanti) e i voti in Giappone - sulla base dei centesimi - vanno da 1 (che è il minimo, diciamo da 0 a 59) a 5 (che è il massimo, tra 90-100). Quindi il 2 di Sakura sarebbe tra i 60-69 (la nostra sufficienza, insomma). Se non è chiaro posso spiegarvelo meglio in privato, basta che me lo dite :3 
E con questo vi saluto, avvisandovi già da adesso che domani sicuramente non potrò aggiornare, ma cercherò di farlo il prima possibile. 
  
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