Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: T612    04/02/2019    4 recensioni
*Spoiler trailer Avengers - Endgame*
Dal testo:
"È la prima volta da quando ho memoria che perdo uno scontro e non ho più una guerra da combattere… -la voce si spezza, mentre gli sguardi vuoti di quelle persone gli procurano altri sensi di colpa… Steve Rogers può cadere dal piedistallo, ma Capitan America no… e come Capitan America non può dire di fronte a tutti quegli sconosciuti che per la prima volta in vita sua ha paura."
[Pov Steve - spotTV Superbowl]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Steve Rogers/Captain America
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Il primo segno è la negazione.
Steve posa gli occhi sulla desolazione e la cenere che lo circonda, ha ancora sulle labbra il nome del Dio a cui ha appena smesso di credere, lasciando cadere lo scudo a terra.
Non è successo, non vuole credere che sia successo, mentre affonda le unghie nel terreno, talmente a fondo da temere di non poterle pulire mai più. Raccoglie le ceneri di suo fratello, lasciando scorrere i granelli tra le dita nella speranza vana di ricomporlo, mentre lacrime amare gli solcano il viso e i singulti gli fanno tremare le spalle.
Un “no” flebile gli sfiora le labbra, ripetuto a ruota libera in un mantra doloroso e muto, mentre il labiale colma il silenzio vuoto… respira cenere, dimenticandosi di introdurre ossigeno nei polmoni, negando l’orrore che gli si è palesato davanti.
Raccoglie la cenere infilandola nelle tasche della tenuta, sparpagliando intorno a sé i resti di Bucky, le mani che tremano a tal punto da rendergli impossibile quel semplice compito, tornando ad affondare le unghie nel terreno spezzandole.
-Steve… basta…
Natasha intreccia le mani con le sue, sradicando la sua presa dal terreno, le lacrime trattenute a stento.
-No… no!
Steve guadagna un grido strozzato, soffocato dalle lacrime che continuano a scendere copiose dai suoi occhi, cercando di liberarsi dalle mani di Natasha che non lasciano la presa, ma che si spostando a cingergli le spalle costringendolo ad un abbraccio forzato e segretamente desiderato.
Piange contro la sua spalla, incapace di bloccare i singhiozzi, mentre l’unica parola che riesce a dire, e continua a ripetere, è quel flebile e sottilissimo “no”.

***
 

Il secondo segno è la rabbia.
Steve picchia il sacco da boxe fino a spaccarsi le nocche, le mani esposte ai colpi senza il nastro o i guantoni a proteggerle, i rivoli di sangue che si diramano dai tagli, impiastricciandogli le mani e macchiando il pavimento.
Ad ogni colpo avverte una scossa dolorosa percorrergli il braccio, una fitta lancinante ogni volta che distende le dita, ricordandogli di essere maledettamente vivo quando vorrebbe decisamente essere morto. Picchia il sacco come se ne andasse della sua vita, come se avesse ancora davanti Thanos e potesse sfogare su di lui la frustrazione per l’epilogo dell’intera vicenda, aumentando la rabbia ad ogni pugno.
È troppo preso dai colpi che risuonano contro il cuoio per accorgersi che gli spari nel poligono accanto sono cessati, che Natasha l’ha raggiunto tenendogli fermo il sacco da boxe, trascinandolo da Bruce per farsi medicare le nocche una volta che ha finito di sfogarsi.
Osserva con rabbia le fasciature che gli impediscono di stringere i pugni, di tenere tra le mani una pistola, di afferrare qualunque oggetto senza rischiare di frantumarlo a terra.
Rompe di proposito l’intero servizio di porcellane, scrutando sconfitto i cocci acuminati che giacciono sul pavimento… si sente rotto in mille pezzi, mentre la rabbia rende acuminati anche gli ultimi frammenti che rimangono di se stesso.

***

Il terzo segno è la contrattazione.
Steve siede costretto sulla sedia pieghevole, l’istinto di alzarsi e correre lontano da lì trattenuto a fatica, lo sguardo puntato sulle punte dei piedi per non incrociare quello delle altre persone che siedono in circolo attorno a lui.
Gli estranei che lo circondano lo osservano con sospetto e di sfuggita, sanno bene chi è e stentano a credere che lui sia lì con loro, nonostante siano tutti accomunati dal medesimo vuoto nel petto che tentano di colmare a parole.
Non è la prima volta che si reca agli incontri, sono già diverse volte che siede su quella seggiola che minaccia di bruciarlo vivo, ascoltando e assorbendo le parole delle altre persone, sul come stanno elaborando il lutto, su chi hanno perso… e l’unica cosa che riesce a pensare, inchiodato a quella maledettissima sedia, è che sia tutta colpa sua.
Si incolpa per non aver sostenuto il peso del guanto per un paio di secondi in più, per non essere stato abbastanza forte o veloce per sventare l'attacco, per non aver elaborato una strategia migliore… per aver perso… e dagli sguardi che lo circondano non deve essere l’unico a pensarlo.
Ogni volta che si reca agli incontri si illude che quella sia la volta giusta per parlare, per esternare la sua perdita, i suoi rimpianti e il suo dolore, ma ogni volta si ritrova ad ascoltare gli altri in silenzio fissandosi le scarpe, mentre le parole gli soffocano in gola, lasciandolo muto e stremato su quella seggiola istituita ad abisso e inferno personale.
Probabilmente recarsi lì è più deleterio che smaltire gli incubi come fa di solito, ma ormai non dorme da giorni, raggiungendo livelli di insonnia preoccupanti persino per lui… non vede alternative, con il tempo l’indifferenza e il mutismo emotivo si erano trasformati in rabbia e frustrazione, rendendolo insofferente a quelle futili chiacchiere che si presumeva servissero ad aiutarlo a superare il lutto.
È stanco, forse come non si era mai sentito durante una rissa, così quando chiedono chi sia il prossimo a voler condividere la propria esperienza, istintivamente si ritrova ad esternare i suoi pensieri per la prima volta da quando si reca agli incontri.
-Sapete, ho pensato a lungo al significato dei funerali… a prescindere se qualcuno creda in un posto migliore di questo o meno, a prescindere dal Dio che si prega durante il giorno… -inizia continuando ostinatamente a tenere puntato lo sguardo sulle punte delle proprie scarpe, ma calamitando l’attenzione generale su di sé e su ciò che ha da dire, mentre i presenti lo ascoltano con attenzione e in rigoroso silenzio. -... sono arrivato alla conclusione che i funerali sono per i vivi. Sono stato a più funerali di quelli che mi sarebbe piaciuto presenziare… dopotutto è inevitabile se quasi tutte le persone che conoscevo da ragazzo ora dovrebbero avere minimo novant’anni, è accettabile… in qualche modo. Ciò che è inaccettabile è che abbia dovuto presenziare al funerale di persone che erano credute invincibili, giovani… anche troppi giovani, ed io sono qui, con letteralmente un intero secolo sulle spalle, perché un pazzo, che non ho saputo fermare, ha schioccato le dita e l’universo ha tirato dei dadi alla cieca… ed io...io…
Sta iperventilando, afferrandosi la testa tra le mani, cercando di regolarizzare il respiro.
Inspira. Un mississipi, due mississipi, tre mississipi. Espira. Un mississipi… non funziona.
Sente il silenzio teso che lo circonda, percepisce una mano che gli sfiora una spalla cercando di trasmettergli conforto, ma reagisce come un nervo scoperto… salta in piedi come una molla, afferrando la giacca di corsa, guadagnando la porta il più velocemente possibile per scappare via da lì.

***

Il quarto segno è la depressione.
Steve siede composto al tavolo della cucina deserta, lo sguardo perso all’orizzonte mentre tenta di riscaldare le mani gelate con una tazza di caffè fumante che non desidera bere sul serio, il volto rigato dalle lacrime sfuggite al suo controllo.
Non c’è nulla di nobile o eroico nel non riuscire a venire a patti con i propri demoni, nel rischiare di essere costantemente sopraffatti dagli eventi, nel continuare ad annegare nelle proprie lacrime ogni notte quando si sveglia urlando… percependo quel senso di vuoto e solitudine che lo assale e lo trascina nell’abisso, minacciando di non lasciarlo mai più libero di andare avanti, pressato dalla cappa opprimente di rimpianti e parole non dette che sperimenta ogni notte quando si rivede in un funerale sempre diverso.
Quello di sua madre, quello che ha tentato di affrontare con l’alcol per Bucky, i filmati di quello di Howard e Maria, quello devastante trascorso con il feretro di Peggy sulle spalle, quello inconcepibile per i caduti del Wakanda… il funerale vero e proprio per Bucky, quello per Sam, Wanda, T’Challa e troppe persone.
Lapidi su lapidi, morti su morti, cenere alla cenere, polvere alla polvere.
Scappa dal Complesso, rifugiandosi paradossalmente in quel stanzone dove si tengono gli incontri, sedendosi su quella seggiola che detesta con tutto se stesso, ma illudendosi che per il momento il mondo ha smesso di girare in modo frenetico minacciandolo di sbalzarlo in orbita… respira profondamente con la bocca, ma invece di espirare ossigeno butta fuori frasi, riversando in fiumi di lettere e sillabe quelle parole che puntano a soffocarlo a morte.
-Finché ero in guerra non pensavo mai a cosa sarebbe successo dopo, a cosa avrei fatto una volta finita… -ammette per la prima volta in vita sua, mentre le persone che lo circondano si voltano stupite nella sua direzione. -Non ho mai fatto progetti a lungo termine, avevo solo un appuntamento che non è mai andato in porto… una volta che mi sono risvegliato dal ghiaccio c’era un altro tipo di guerra da combattere e da quel momento in poi non mi sono mai fermato, non c’è stato il tempo materiale per fare progetti a lungo termine. Credo che questa sia la prima volta che ne ho davvero bisogno e… penso sia questa la parte più difficile... il silenzio. Il silenzio quando cessano gli spari, quando non rimane nulla da combattere, quando ti sei spezzato dentro e sei talmente annientato dal non avere più le forze per combattere una battaglia che sai essere persa in partenza. Come fai a conviverci?
Pone la domanda a nessuno in particolare, ma nessuno dei presenti sa fornirgli una risposta, lo guardano tutti basiti a corto di parole… annientati nel vedere l’uomo definitivamente sconfitto che abbandona il simbolo che per più di settant’anni è stato fonte di speranza, mentre li vede rassegnarsi all’idea che se non riesce a rialzarsi Capitan America nessuno di loro sarà in grado di farlo.
-Immagino sia quello che cerchiamo di capire, eh? È quello che facciamo qui. Elaborare… È la prima volta da quando ho memoria che perdo uno scontro e non ho più una guerra da combattere… -la voce si spezza, mentre gli sguardi vuoti di quelle persone gli procurano altri sensi di colpa… Steve Rogers può cadere dal piedistallo, ma Capitan America no… e come Capitan America non può dire di fronte a tutti quegli sconosciuti che per la prima volta in vita sua ha paura.
Ha delle responsabilità, le ha sempre avute, ora è solo più difficile metterle in pratica. Indossa di nuovo la maschera, accetta di nuovo il peso dello scudo sulle spalle, schiarendo la voce venata di quella vendetta di cui tutti i superstiti al Complesso portano il nome.
-Alcuni se ne vanno… noi no. Noi no.

***

Il quinto segno è l’accettazione.
Steve chiude di scatto la bussola che contiene la foto di Peggy, stringendo le cinghie dello scudo con le mani tremanti.
-Funzionerà Steve. -afferma Natasha convinta, più per solidarietà che per vera fede nel piano che hanno messo a punto… nei suoi occhi vede la determinazione che cela la paura, la sua stessa espressione del volto che vede riflessa nelle pupille della donna.
-Lo so bene… perché altrimenti non saprei che fare.



Commento dalla regia:
Inevitabilmente, dopo lo spot del Superbowl, il mio cervello è partito per la tangente e questo è il risultato. Appena ho visto Steve affrontare la sua PTSD ho pensato in default al discorso di Frank Castle nella 1x13 di “The Punisher” (link per i curiosi), quello è stato il punto di partenza, poi il lavoro di collage attraverso i vari trailer è venuto da sé. Le famose “5 fasi del lutto” sono scientificamente comprovate, ma non sono da considerarsi come parti isolate, è un processo che sfuma e si evolve fino a portare all’accettazione, motivo per cui il modo in cui Steve affronta la vicenda è una continua “transizione”.
Questo è il mio tentativo di far fronte alla vicenda, spero sia di vostro gradimento.
_T
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: T612