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Autore: sidphil    04/02/2019    1 recensioni
Durante la Guerra del Vietnam, Mickey viene arruolato e mandato ad addestrarsi sotto al comando del sergente Ian Gallagher. Ian è un giovane sergente che si preoccupa di conoscere i nuovi arruolati e di farli sentire al sicuro. Ma trova pane per i suoi denti quando si tratta di Mickey.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Il comando al campo cambiò gradualmente. Mickey fu l'ultimo degli uomini a smettere di affidarsi ad Ian, nonostante continuasse ancora a guardare il luogotenente con sospetto. Due giorni dopo il suo arrivo, Gus si era seduto a tavola di fronte a lui e aveva cominciato a parlargli come se fossero vecchi amici.
- Che cosa vuole?- gli chiese Mickey. Aveva cambiato idea su di lui, accettando persino che avesse preso il posto di Ian (ogni cosa che provocava meno stress ad Ian era un bene dopotutto) ma ciò non significava che gli andasse bene il fatto di doverselo fare amico.
Gus sorrise. - Mi piace controllare gli arruolati-
Mickey emise una risata di scherno. - E' stato Ian a dirglielo?-
- Voi due siete vicini-
Mickey abbassò gli occhi sul tavolo e scosse le spalle cercando di restare il più possibile indifferente. Riusciva ancora a sentire il calore della mano di Ian sul suo petto quella mattina. Persino la corsa nella fredda aria mattutina non lo aveva liberato da quella sensazione che cercava di proteggere con tutto sè stesso. - E' un bravo sergente-
Gus annuì. - Così pare. Vorrei che mi avesse addestrato qualcuno come lui. Probabilmente mi avrebbe risparmiato un bell'inferno-
- Tipo?-
- Prendermi schegge in una gamba- rispose Gus. - E una ferita da proiettile sull'addome-
- Già, torni a raccontarmelo dopo che le avranno tolto sei proiettili dal culo-
Gus inarcò un sopracciglio, interrogativo. - Com'è successo?-
Mickey sorrise. - Magari glielo racconterò un giorno-
Gus ricambiò e cominciò a mangiare, mettendosi a proprio agio in mezzo ai soldati, scherzando tranquillamente con ognuno di loro. Ciò che Ian aveva raggiunto in due mesi, lui l'aveva fatto in pochi giorni. Il suo sorriso spontaneo, l'atteggiamento amichevole e disponibile e la sua fondamentale stabilità gli furono di grande vantaggio con gli uomini. Non era difficile capire che alcuni di loro fossero felici di non essere più sotto l'autorità di Ian.
Fu così fino a quando non si alzò e annunciò le attività della giornata. Sebbene tutti avessero già smesso di rivolgersi ad Ian, ora lanciavano occhiate furtive nella sua direzione. Ian sorrideva appena e quando si accorgeva che tutti lo stavano guardando, faceva semplicemente spallucce.
Gli uomini uscirono sullo spiazzo con circoscrizione. Gus stava ancora parlando, spiegando le regole del "gioco", ma la maggior parte di loro era troppo occupata a bisbigliare con i compagni per ascoltarlo. Denny si avvicinò a Mickey e cominciò a parlare a raffica senza fermarsi un secondo. Mickey non aveva nemmeno l'energia per dirgli di smetterla.
Gus cominciò a distribuire pistole finte. Mickey la prese, controllò che fosse a posto e si posizionò dove gli indicò Ian. Mentre gli passava accanto gli rivolse uno sguardo curioso e Ian scosse le spalle, non per indicare che ora fosse tutta responsabilità del sergente come aveva fatto prima, piuttosto per fargli capire che anche lui pensava che il luogotenente fosse un po' tocco, ma che non avrebbe fatto nulla al riguardo.
Poco dopo, i soldati si divisero in due file da venti uomini ciascuna, gli uni di fronte agli altri, separati da una serie di ostacoli sparpagliati in giro. Mickey stava già passando in rassegna delle buone postazioni per nascondersi e altrettante da cui poter far fuoco. Ispezionò il gruppo avversario cercando di ricordare ciò che sapeva sul loro modo di mirare e pianificando il proprio percorso in base alla posizione degli ostacoli sul campo. Ma le informazioni erano troppe da memorizzare e in troppo poco tempo, e finì presto con il farsi trascinare da quell'enorme treno di pensieri. Deglutì un groppo amaro in gola.
- Bene, uomini- urlò Gus. - Queste non sono pistole vere, ma se verrete colpiti farà molto male. Ecco perchè lo scopo dell'esercizio è appunto non essere colpiti. E' abbastanza chiaro?-
Gli uomini annuirono e Mickey sistemò la presa sulla pistola.
- Quando vi darò l'ordine, correrete in campo. Questo esercizio non è "ogni uomo per sè stesso". Siete una squadra, lavorate come un gruppo. Non avrete tempo di pianificare strategie prima che l'altra squadra cominci a sparare. Lavorate in fretta, lavorate bene e soprattutto, non fatevi colpire-
Gus uscì dal campo. Le due squadre si fissarono negli occhi, stringendo così tanto le pistole da avere le nocche bianche.
- VIA!-
Mickey respirò profondamente e corse verso alla pila di sedie più vicina. Erano state tutte sistemate in modo da poter offrire il migliore riparo possibile ma c'erano abbastanza aperture da cui puntare la pistola. Altri tre uomini avevano scelto la sua stessa posizione quindi cominciarono a discutere su cosa fare. Gli spari erano già cominciati e alcuni si strofinavano le braccia nei punti in cui erano stati colpiti.
Mickey sistemò la pistola in uno dei buchi e sparò tre colpi in rapida successione. Nessuno sembrò ricambiare. Il cuore gli martellava nel petto, ma era più per l'irritazione. Se si provava questo durante un combattimento, era come essere in una sparatoria con un sacco di merda in mezzo. E ne aveva viste così tante crescendo nel quartiere, che ora non faceva molta differenza. Ma trovarsi in mezzo invece che osservarla attraverso le fessure della finestra, questo sì che era diverso.
Si sporse dalla propria barriera e cominciò a far fuoco verso gli avversari, i quali ricambiarono immediatamente. Quando vide qualcuno puntare su di lui si abbassò, ma venne comunque colpito alle nocche e alla spalla. - Come cazzo si fa a vincere questa roba?- mormorò, più a sè stesso che agli altri.
- Non credo ci sia un modo- rispose Miller sparando un colpo. - Dopotutto, non è così la fottuta guerra? Nessuna fine in vista, nessun modo per vincere, solo un mucchio di ragazzi che sparano e che vengono colpiti?-
Mickey non disse nulla, si affacciò nuovamente e mirò tre diversi bersagli, colpendone due. Mentre era ancora allo scoperto, si accorse di essere sotto il tiro di due soldati, ma sparavano largo, davvero largo, e cominciò a chiedersi seriamente se stessero cercando davvero di colpire gli avversari. Certo, erano tutti compagni, ma in quel momento erano nemici, e non avrebbero dovuto andarci leggeri.
Con la coda nell'occhio scorse Denny sporgersi da una pila di copertoni. Erano nella stessa squadra e stava rannicchiato dietro alla sua pistola come se fosse uno scudo. Non aveva idea di cosa stesse cercando di fare finchè non lo vide fissare un altro riparo a pochi metri di distanza.
Lo seguì con lo sguardo mentre si preparava a correre, sollevando la pistola per proteggersi. Almeno cinque uomini lo stavano puntando e non si era accorto di nessuno di loro. Mickey si morse il labbro per non imprecare e fece gesto a Miller di aiutarlo a coprire Denny. Rimasero in ansiosa attesa dietro alla pila di sedie mentre lo osservavano misurare la distanza. Poi partì.
Mickey cominciò a sparare ma la pistola di Miller si inceppò e la propria si svuotò dopo soli due colpi. - Cazzo- borbottò sottovoce. Lanciò un'occhiata a Denny accovacciato per terra per cercare di raggiungere la propria meta. - Cazzo-
Buttò a terra la pistola e uscì dal nascondiglio. Afferrò Denny per la schiena e lo spinse in avanti, praticamente lanciandolo dietro alla barriera. I proiettili colpirono Mickey sulla schiena strappandogli il tessuto dell'uniforme e un paio lo sbrecciarono sulle guance.  Almeno aveva trovato qualcuno che non aveva paura di premere il grilletto.
Strisciò verso Denny e si appoggiò al tavolo rovesciato inalando un respiro profondo. - A cosa cazzo stavi pensando?-
- Ad un nascondiglio più vantaggioso-
- Sì, certo, e non te ne frega niente di morire mentre cerchi di raggiungerlo-
- Non sono proiettili veri, Mick-. Tuttavia, si strofinava il petto colpito mentre parlava. Piccoli rivoli di sangue si intravedevano sotto alla maglietta, il respiro affannoso. - Non succede niente se vengo colpito-
- Lo scopo è NON farsi colpire- ribattè Mickey controllando le proprie ferite. La maggior parte erano poco più che dei puntini rossastri sulla pelle. Si passò una mano sul viso, trovandovi altre macchie di sangue. Imprecò per la rabbia.
- Non dovevi farlo-
- Siamo una famiglia, Denny. Mi faccio colpire per la famiglia-
Denny sorrise. - Hai buttato via la tua pistola-
- Avevo finito i proiettili-
- Vuoi la mia?-
Mickey la accettò e fece capolino oltre la barriera. Si riabbassò e scosse la testa. -Almeno avevi ragione su una cosa, è un punto vantaggioso da cui sparare-
I due fecero a turno per l'arma. Mickey aggiustò la sua mira quando il ragazzo cercò di sparare volutamente troppo largo. Alcune munizione di scorta vennero lanciate in mezzo al campo quando cominciarono a scarseggiare e alcuni coraggiosi si buttarono in mezzo per raccoglierle e passarle ai compagni.
Il sole cominciò a tramontare, proiettando una luce rossastra sul campo. Per un momento, con lo scoppio degli spari e l'aria lievemente più calda a mano a mano che il sole si avvicinava alla Terra, Mickey si sentì come un animale in attesa della preda. Aveva ripreso la sua pistola,  cambiato posizione un sacco di volte, aveva lavorato con tutti i suoi compagni di squadra e aveva sparato praticamente ad ognuno degli avversari.
In breve, tutti finirono di nuovo le munizioni e invece di donarne altre, Gus applaudì. - Ben fatto, uomini. Pulitevi e andate a cena-
Lo stomaco di Mickey brontolò per la fame ma aspettò prima di abbandonare la propria postazione. Controllò due volte la pistola e la restituì al luogotenente con un cenno del capo. Aveva caldo, era sudato, e moriva dalla voglia di rimpinzarsi di calorie. Il corpo era un dolore unico dopo essere rimasto accovacciato per terra tutto il tempo e la mente stanca per aver pensato in continuazione a strategie efficaci.
Mentre usciva dal campo, qualcuno gli appoggiò gentilmente una mano sulla schiena. - Stai bene?- chiese Ian.
Mickey annuì.
- Su, vieni a pulirti. Hai sangue dappertutto-
Abbassò lo sguardo sulla propria maglietta e la vide punteggiata di tracce di sangue. Aveva puntini rossi dappertutto e altri si stavano già tinteggiando di viola. Si passò un mano anche sul viso, trovandovi altro sangue, e sorrise. - Probabilmente sembro il fottuto mostro di Frankenstein-
- Se Frankenstein fosse sexy... - replicò Ian a bassa voce. Mickey scoppiò a ridere e si lasciò accompagnare nella sua tenda.
   
 
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