Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Chipped Cup    06/02/2019    2 recensioni
[ One Shot | Johnlock | Potterlock | Parentlock | 8249 parole ]
Passano gli anni e Rosie sembra non possedere doti magiche.
Sherlock viene preso dal panico.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Every little thing she does is magic




John,” Sherlock lo aveva raggiunto silenziosamente nella camera al piano di sopra, lo aveva osservato per svariati minuti, un po' incantato e un po' dubbioso, prima di decidersi ad aprire bocca “credo che nostra figlia sia una babbana.”

John si voltò per guardarlo, il sopracciglio sinistro alzato, tra le braccia un fagottino di coperte dal quale uscivano fuori due braccine paffutelle e una piccola testolina dalla, quasi inesistente, peluria bionda.

Cosa stai dicendo?” Domandò con il suo solito tono da Sherlock Holmes, ti è dato di volta il cervello?

Sherlock indicò la bambina con un cenno del capo “Guardala” disse solamente, con aria amareggiata e sospirando drammaticamente.

John riuscì a trattenere uno sbuffo divertito, fu un'impresa ma ci riuscì magistralmente. Abbassò il capo, piuttosto, per farlo contento e non potendo fare a meno di osservare quell'esserino che dormiva tranquillamente cullata dai suoi movimenti. Sorrise a quella visione, poi tornò a guardare quello sciocco di suo marito.

La sto guardando” affermò con fare orgoglioso. Sherlock, al contrario, non mutò espressione.

Allora capirai perfettamente cosa mi ha portato alla mia deduzione” questa volta, John sospirò, arrendevole.

No, Sherlock, non lo capisco. Puoi spiegarti meglio, per favore?”

Dorme!” Esclamò allora lui, guardandolo come se fosse stupido e cieco davanti ad un'evidenza delle dimensioni di un basilisco.

John si accigliò “Questo lo vedo” affermò, restando in sospeso. Cercava di capire dove voleva arrivare a parare, si spremeva le meningi ma non ci riusciva.

Dorme da ore, John, non ha fatto altro per tutto il giorno!” Continuò il consulente investigativo magico con aria sconvolta ed affranta.

Un giorno rimpiangerai questi momenti di pace e serenità, credimi” scherzò allora John, che già cominciava a temere le notti insonni che sarebbero seguite di lì a poco.

Sono serio, John” fece Sherlock, all'apparenza offeso.

John alzò gli occhi al cielo “Okay, va bene. Scusami. Puoi spiegarmi qual è il problema? Non ci vedo nulla di sbagliato in questo fatto.”

Dorme troppo per essere una strega, ovviamente. Lo sai come sono fatti i babbani: dormono per ore durante la notte e poi durante il giorno si riempiono di quella brodaglia scura che dà loro le energie sufficienti per affrontare il resto della giornata. E nonostante ciò, arrivano alla sera stanchi come se avessero giocato una partita di Quidditch lunga 72 ore. Hanno questo insensato bisogno di riposare, e riposare. Noi maghi, invece, possiamo stare giorni interi senza chiudere occhio.”

Forse tu puoi stare giorni senza dormire, io, come tutti del resto, ho bisogno di coricarmi a letto ogni sera. E questo vale anche per Rosie” replicò l'uomo, paziente.

Pessimo esempio, i tuoi genitori sono babbani. Hai sangue babbano nelle vene, questo non fa che confermare le mie parole.”

Sherlock,” cominciò John, guardandolo serio dritto negli occhi “Rosie ha una settimana di vita, i bambini a una settimana di vita hanno bisogno di dormire, anche quelli magici. L'abbiamo appena portata a casa dopo una giornata stressante passata nella sala d'attesa di un ospedale. È normale che dorma, è solo una neonata!”

Non lo so, John,” continuò Sherlock, ancora, in un sospiro “non ho mai dormito così tanto, neanche appena nato. Me lo ricordo bene.”

Immagino” John ridacchiò debolmente. D'un tratto, guardò Sherlock e spalancò gli occhi, l'altro si preoccupò leggermente di quello che sarebbe seguito. “Ho appena realizzato una cosa.”

Cosa?!” Gli fece eco Sherlock, portandosi in avanti prontamente, ed osservando la piccola con attenzione cercando di capire cosa gli fosse sfuggito.

Non l'hai ancora tenuta in braccio. Neanche una volta da quando è nata.”

Oh.” Sherlock impallidì appena ed indietreggiò di un passo; simultaneamente John sorrideva furbo ed avanzava verso di lui. Il detective indietreggiò fino a quando non si ritrovò spalle contro il muro, allora alzò la mani in alto scuotendo leggermente i palmi aperti, agitato. “John, no. Io non – no, non posso.”

John non si accigliò, non parve stupirsi da quei modi, piuttosto gli fu vicino, pronto a passargli Rosie. “Coraggio” gli disse soltanto.

No, non ne ho mai tenuto uno in braccio. Non posso, John, ti prego. Rischierei di farla cadere” era nel panico totale, in un'altra occasione il dottore avrebbe evitato di forzarlo tanto, questa volta però era troppo intenerito dalla scena – e troppo innamorato per negargli un piacere tanto grande.

Non la farai cadere, coraggio. Ci sono io qui, fidati di me, andrà tutto bene” continuava a mormorargli, mentre partiva ad allungare Rosie, ancora beatamente addormentata e ignara di quella dolce lotta che stava accadendo intorno a sé, verso di lui.

John n–”

Non un'altra parola, Sherlock Holmes.”

Alché Sherlock ammutolì – ammutoliva sempre al tono autoritario di John Watson, quella voce profonda sembrava quasi riuscire a premere un qualche pulsante di cui il suo cervello era dotato. O questo, o era riuscito ad inventare un nuovo incantesimo capace di farlo stare zitto. Doveva indagare più a fondo, a pensarci.

La bambina passò delicatamente e con cautela dalle possenti braccia di John a quelle più inesperte di Sherlock; le mani del dottore aiutarono il compagno ad assumere la posizione corretta, mentre l'altro era come incantato da quello che stava succedendo.

Vedi? Stai andando alla grande” John sorrise estasiato, gli occhi puntati sul viso sorpreso e stupefatto di Sherlock che scrutava Rosie come se fosse il tesoro più prezioso del mondo – e lo era davvero.

È bellissima” mormorò a bassa voce, come se temesse di rompere quel momento tanto intenso.

Sì, lo è,” affermò John annuendo più volte con il capo, sovrappensiero. Senza rendersene conto andò ad accarezzare la schiena di Sherlock con una mano, mentre cominciava ad accarezzare la testolina di Rosie con l'altra “Lo siete entrambi” disse, commosso.


*


Non era semplice organizzare una cerimonia. C'erano troppe cose a cui pensare: invitati, rinfresco, fotografo, ristorante, chiesa, tavoli, musiche, bomboniere, abiti. Sherlock e John, con lo stile di vita – secondo alcuni, discutibile – che seguivano, non avevano mai avuto materialmente il tempo per occuparsi di tutti quei punti, e proprio per questo avevano deciso di non fare del loro matrimonio una questione di stato.

Si erano presentati, poco meno di due anni prima, al ministero con i loro testimoni e festa finita.

A loro non era importato poi molto, si ritenevano una coppia sposata fin dai tempi di Hogwarts, Sherlock aveva più volte ribadito che non c'era mai stato bisogno di nessun anello per testimoniare quello che c'era tra loro.

Ma per Rosie era diverso, Rosie meritava soltanto le cose migliori e questo significava un battesimo in grande, con tutti i loro conoscenti più cari a festeggiarla.

A proposito” esordì John, una volta tornato in salotto dopo aver messo a dormire la piccola “i tuoi genitori hanno risposto all'invito?”

A proposito di cosa?” Domandò Sherlock per tutta risposta, senza alzare gli occhi dalla sua pozione che cominciava ad assumere un colore verdognolo nel calderone piazzato proprio in mezzo alla cucina.

John alzò gli occhi al cielo “Stavamo parlando del battesimo, prima che portassi Rosie a dormire.”

Sherlock continuò a prestare maggiore attenzione al calderone fumante, che all'uomo in piedi alle sue spalle “Tu ne stavi parlando, John, io mi limitavo a lasciarti fare.”

Sherlock” lo rimproverò l'uomo, esasperato. Vedendo che, però, nell'altro, il tono autoritario usato non sortiva alcun effetto, decise di lasciare perdere e lasciargli vincere almeno quella battaglia. “Dimmi solo se verrà qualche altro parente insieme ai tuoi genitori, devo finire di sistemare i tavoli” dicendo questo, andò automaticamente a prendere la bacchetta lasciata poco prima sulla sua scrivania, l'agitò velocemente e, in men che non si dica, si ritrovò il foglio con tutti i posti già assegnati sotto il naso – stava diventando il suo incubo.

Non preoccuparti per questo, la mia famiglia non verrà” replicò allora Sherlock, come se niente fosse. John lo guardò sbigottito e preoccupato.

Non vengono?” Sherlock parve non averlo minimamente ascoltato; aggiunse attento, una milza di pipistrello nel liquido ed aspettò, senza batter ciglio, che questo diventasse giallo. Cominciò a mescolare, per qualche momento, nel 221 B, l'unico suono udibile era quello del fuoco su cui posava il calderone. “Sherlock, ti dispiacerebbe considerarmi almeno per cinque minuti, per favore?”

L'uomo fece una smorfia, mosse poi la bacchetta ed osservò il mestolo cominciare a girarsi da solo in senso orario. “Ti ascolto. Ma solo per cinque minuti, poi dovrò tornare alla pozione o il lavoro delle ultime ore sarà completamente stato inutile.”

John ignorò quell'appunto, c'erano cose più importanti in ballo rispetto a quell'assurdo esperimento che teneva impegnato Sherlock negli ultimi giorni. “Mi dicevi dei tuoi genitori” pronunciò, calmo.

Sì” confermò l'altro, guardandolo con fare tranquillo, aspettando che aggiungesse qualcos'altro. John, ancora, ignorò la sua espressione, oramai aveva perso le speranze, dopo tutti quegli anni.

Cosa vuol dire che non verranno?”

Cosa c'è di così complicato da capire?” Niente, in effetti, solo che John non riusciva a capacitarsene. Aveva conosciuto i genitori di Sherlock anni prima, quando ancora andavano a Hogwarts, e gli erano sembrati delle persone per bene e, soprattutto, affezionate al figlio; come potevano perdersi il battesimo della loro unica nipote? Non capiva se si sentiva più offeso o amareggiato. E triste per Sherlock, soprattutto, anche se a lui sembrava non importare.

Hanno problemi con la data?” Tentò, si chiese anche se fosse il caso di spostarla, ma dubitava di riuscire a trovare altri posti liberi da lì ad un paio di mesi, con l'arrivo della bella stagione. Lui stesso aveva dovuto fare i salti mortali per ottenere quel giorno.

No” John si accigliò, sbatté più volte le palpebre e cominciò a preoccuparsi leggermente.

Stanno – stanno entrambi bene?” Domandò incerto, perché non avrebbe dovuto dirglielo, in caso? Non sapeva cosa pensare.

Sherlock, infatti, parve infastidito dall'andamento della conversazione. “Sì, John, stanno entrambi bene” rispose spazientito, desideroso di poter tornare alla sua pozione – era arancione, ora.

E allora perché non vengono?!” Domandò lui, ancora più spazientito.

Perché non gliel'ho detto” si sentì rispondere, come se niente fosse.

Come sarebbe a dire?!” Esclamò interdetto: che Sherlock non fosse particolarmente entusiasta della sua famiglia, ormai lo sapevano tutti; voleva loro bene – anche se avrebbe preferito inghiottire un barile di polisucco piuttosto che ammetterlo – ma cercava di tenerli sembre tutti a distanza. Non aveva mai spiegato il motivo, ma questo sembrava troppo, addirittura per lui. “È la loro prima e, probabilmente, unica nipote, Sherlock, non possono mancare.”

I tuoi genitori non vengono” constatò l'uomo, come se fosse una gara o una ripicca – o entrambe le cose; questo gli fece storcere le labbra,

I miei genitori odiano la magia e non ho loro notizie da anni, non è la stessa cosa.”

Sherlock lo guardò storto “Non puoi sempre giocare quella carta come scusa.”

John non lo capiva, non riusciva a capire cosa tenesse lontano Sherlock dai suoi genitori. Pensava ai suoi, a tutti i problemi che la magia aveva portato tra loro, ai loro sguardi spaventati e disgustati. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di avere dei genitori come gli Holmes, con stranezze e tutto il resto. A volte credeva che Sherlock li tenesse lontano solo per non fargli avvertire l'assenza di quelle figure nella sua vita, ma non aveva mai avuto il coraggio di porgli quella domanda.

D'altra parte, sapeva che non gli avrebbe mai dato una risposta.

Mycroft sarà presente, non basta?” Domandò, piuttosto, Sherlock, prima di tornare, finalmente, alla sua pozione. Come dirgli che avrebbe scambiato volentieri suo fratello per i suoi genitori?

No, non basta. Come reagiranno, secondo te, quando verranno a sapere di essersi persi il battesimo della loro nipotina?”

Pensa alle loro facce quando scopriranno di avere una babbana in famiglia.”

John alzò gli occhi al cielo “Ci risiamo” sospirò. “Per prima cosa, tua sorella è rinchiusa ad Azkaban da diciassette anni e tuo fratello si è fidanzato solamente il mese scorso con un uomo per bene, sono certo che niente può più sconvolgerli, ormai” cominciò a dire serio, posando entrambe le mani sullo schienale della prima sedia che si trovava davanti, ignorando le smorfie dell'altro. “In secondo luogo, smettila di ritenere stupidi i babbani, non sono tutti come Anderson” ignorò il mormorio sarcastico che uscì dalla sua bocca “e terzo, Rosie non è una babbana, o comunque è troppo piccola affinché noi possiamo capirlo.”

Alla sua età avevo già fatto il primo incantesimo” replicò Sherlock, ignorando completamente il suo discorso con un'alzata di spalle.

Ha sei mesi, no, non lo avevi fatto.”

Ti dico di sì, invece.”

Sherlock –”

Va bene!” Sbottò l'uomo alzando le braccia teatralmente verso l'alto “Chiamerò i miei genitori, sei contento? Mi lasci finire la pozione, ora? Il compleanno di Mycroft si avvicina e non ho ancora ultimato la pozione dimagrante.”

Sì, a proposito, non credo che sia un regalo appropriato. È un po'... offensivo.”

Sherlock alzò gli angoli della bocca in un sorriso cinico. “È questo lo scopo del regalo.”


Dopo quella piccola discussione, l'organizzazione del battesimo era stata tutta in discesa. Non fu complicato decidere la madrina (anzi, le madrine, in questo caso) e il padrino di Rosie: entrambi concordarono di non poter escludere Molly o Mrs Hudson perciò lo chiesero ad entrambe e Lestrade, dal canto suo, si mostrò piacevolmente sorpreso, entusiasta e commosso alla sola idea.

Gli Holmes arrivarono a Londra circa una settimana prima della cerimonia, alloggiarono da Mycroft e Greg ma passarono gran parte del tempo a Baker Street, bisticciando di continuo per coccolare la bambina. Sherlock era infastidito da tutto ciò e non si faceva troppi problemi a dimostrarlo; John, invece, era contento di avere qualcuno che facesse da babysitter mentre loro si accupavano del clienti.

Harry arrivò la sera prima dell'evento con dei giocattoli babbani al seguito – una volta soli nella loro camera da letto, Sherlock espresse i suoi dubbi sul lasciare che Rosie ci giocasse (“Prendi Anderson e Donovan, John, sono cresciuti con queste cianfrusaglie e guarda i risultati, adesso. Non voglio rischiare.” “Ti faccio notare che io e Harry siamo cresciuti con questi giochi e non siamo stupidi.” “Bel tentativo, ma tu sei un mago e Harry potrebbe essere l'eccezione che conferma la regola.”) Comunque, sua sorella restò a dormire da loro e occupò il divano, altro fatto che infastidì Sherlock che era solito svegliarsi dopo poche ore di sonno e sdraiarsi lì rintanato nel suo palazzo mentale.

L'indomani, la cerimonia filò liscia e il ricevimento sembrava andare a gonfie vele. Rosie ridacchiò tutto il tempo, contenta di essere al centro dell'attenzione e di passare di braccia in braccia per farsi coccolare da tutti gli ospiti, fino a quando la signora Holmes non pronunciò le parole magiche.

Sai, John, nessuno della nostra famiglia è mai stato smistato in Tassorosso” esordì, giocando con una manina della bimba comodamente seduta tra le braccia del padre, “gli Holmes sono Corvonero da generazioni, Mycroft ed Eurus, entrambi Serpeverde, sono stati l'unica eccezione. E tu eri un Grifondoro! Non sarebbe meraviglioso se la piccola fosse smistata tra i Tassorosso? In questo modo sarebbe la prima della famiglia! – ammesso e non concesso che Mycroft non si lasci scappare Gregory, ovviamente.”

John arrossì, commosso e onorato di sentirsi incluso in quel quadro famigliare. “Beh, è ancora presto per pensare a questo” affermò, o almeno tentò, prima di essere bloccato da Sherlock, che si era precedentemente allontanato per discutere con Greg, ma che aveva sentito almeno la parte finale della loro conversazione.

Mamma, quello che John cerca di dirti, è che non c'è bisogno di pensare a certe cose, perché Rosie non andrà mai a Hogwarts.” La signora Holmes mise su un'espressione sorpresa, con tanto di bocca spalancata per più secondi consecutivi – se John non fosse stato impegnato a fulminare il marito con un'occhiataccia, probabilmente avrebbe ridacchiato di nascosto.

Non far caso alle sue parole,” disse, poi, rivolto alla donna con tono rassicurante “è convinto che Rosie sia babbana.”

Ne sono convito perché è un dato di fatto, chiaro come la luce del sole” ribadì lui, offeso. “Non ha ancora fatto il suo primo incantesimo” informò la madre, con voce grave.

È presto, Sherlock. Te lo avrò ripetuto un'infinità di volte” lo rimproverò ancora John, mentre Rosie, seduta sulle sue gambe, guardava stregata il loro scambio di battute, volgendo lo sguardo dall'uno all'altro con una manina ferma in bocca.

Non è presto. Ha quasi sette mesi, il mio primo incantesimo è avvenuto a cinque. Me lo ricordo come se fosse ieri!”

Non puoi ricordartelo davvero. E, no, non puoi averlo fatto così presto.”

Beh...” mormorò la signora Holmes, a bassa voce. Sherlock aveva già messo su un'espressione vittoriosa, John sgranò gli occhi, allarmato.

A cinque mesi?!” Quasi lo urlò, i tavoli più vicini si voltarono ad osservare la scena curiosi.

Era anche in ritardo coi tempi” continuò la donna, pensierosa “Mycroft ed Eurus avevano entrambi quattro mesi, come me e mio marito. E i miei fratelli e –” si fermò un secondo per fare mente locale, sembrava stesse elencando nella sua testa tutti membri della sua famiglia, anche quelli più alla lontana. “In effetti, ora che ci penso meglio, credo che il mio bisnonno avesse soltanto un paio di mesi, era un mago molto potente.”

Ho bisogno di bere” proclamò allora John, passando Rosie a Sherlock e allontanandosi verso uno dei camerieri, massaggiandosi la testa. Mandò giù un bicchiere di vino e cercò di tenersi alla larga dalla calca.

Sherlock, affidata la piccola alle cure di sua madre, lo raggiunse alla svelta, passò le braccia intorno alla sua vita e lo abbracciò da dietro la schiena, posando il suo mento sulla spalla sinistra del marito.

Ti senti bene?” Gli domandò, sussurrandogli all'orecchio, non troppo preoccupato dato che era più che in gado di indovinarne, o meglio, di dedurne da solo la risposta.

Sì, solo che sono un bel po' di informazioni da assimilare” mormorò ancora sconvolto da ciò che aveva sentito poco prima. Sherlock ridacchiò appena, divertito dal suo tono di voce.

Sono i geni degli Holmes, John, non prenderla sul personale” gli disse, lasciandogli un bacio veloce sul collo. Ciò rilassò John, tanto che si lasciò andare prima in un sorriso e poi in una lieve risata. Era ovvio che Sherlock Holmes avesse fatto il suo primo incantesimo a pochi mesi di vita, così come era ovvio che il resto della sua famiglia era stato addirittura più precoce di lui. I famosi geni degli Holmes, non era davvero nulla che lui già non sapesse; e davvero non poteva stupirsi se Sherlock era cresciuto con la convinzione che tutte le altre persone che incontrava lungo la sua strada fossero perfetti idioti e incapaci.

Non tutti i maghi e le streghe sono come voi, Sherlock” ribadì lui piano, accarezzandogli le mani che ancora lo tenevano stretto “arriverà il momento anche per Rosie, fidati di me. Solo – non farti prendere dal panico, e non cercare di forzare le cose” continuò, chiudendo appena gli occhi e portando la testa all'indietro, per posarla sulla sua spalla mentre l'altro si raddrizzava per farlo stare comodo. Sherlock rimase in silenzio per parecchio tempo, John sospirò paziente. “E se non dovesse essere una strega, noi le vorremo bene comunque, e la supporteremo in qualsiasi strada babbana decida di percorrere” affermò con fermezza.

Ma certo che l'amerei lo stesso” fece Sherlock rapido, come se fosse stato riscosso improvvisamente da un sogno. Non sembrava essersi offeso per le sue parole, eppure c'era qualcosa a tormentarlo, ad infastidirlo. John si voltò a fronteggiarlo, guardandolo in attesa, rispettando i suoi tempi. Sherlock tenne lo sguardo basso per un po', alla fine si decise a specchiarsi negli occhi dell'uomo che amava. “È solo che – le persone sono cattive, John. Non voglio che venga emarginata, non voglio che venga presa in giro. Le famiglie di purosangue che ho conosciuto erano così intolleranti verso i babbani, ricordi i fratelli Moriarty, a scuola? Era soltanto il primo anno quando Jim fece cadere dalla scopa Molly Hooper.”

Tu la prendesti prontamente al volo, sì, mi ricordo” confermò John annuendo appena, i ricordi di tanti anni prima che cominciarono ad affiorargli nella mente. Ricordava bene quel giorno, tra le tante cose, perché, da allora, Molly non perse occasione per attirare l'attenzione di Sherlock. Guardò l'uomo e notò il suo sguardo distante, i suoi occhi preoccupati. Condivideva il suo timore: aveva vissuto quell'esprerienza (anche se al contrario) con i suoi genitori che non vedevano di buon occhio la magia, avrebbe ucciso piuttosto che permettere che capitasse la stessa cosa a sua figlia.

Non lo permetteremo, Sherlock” affermò più che deciso, “è la nostra bambina e il nostro compito è quello di proteggerla. Almeno fino a quando non sarà abbastanza grande da prendere a calci chiunque la infastidisca, con o senza poteri.”

Sherlock si lasciò scappare un sorriso sornione “Se riprenderà il tuo temperamento, quasi mi dispiace per quei poveri malcapitati.” John gli rivolse un'occhiataccia, dandogli un colpetto sulla spalla mentre l'altro se la rideva.

Da quale pulpito” affermò, fingendosi offeso. Non ebbe modo di aggiungere altro, zittito dalle labbra calde di Sherlock che si erano posate dolcemente sulle sue, accarezzandole appena e assaporandole calmo.


*


Sherlock gli aveva promesso che non avrebbe tentato di forzare e anticipare i tempi, con Rosie, così come gli aveva assicurato che non si sarebbe fatto prendere ulteriolmente dal panico se suddetto incantesimo non si fosse presentato prima dei sette – questo lo avevano concordato dopo una lunga discussione – anni della bambina.

Ovviamente i buoni propositi andarono in fumo molto presto, John non ne era neanche troppo stupito.

Rientrò a casa dopo una pesante giornata di lavoro al San Mungo (un gruppo di giovani maghi inesperti avevano provato a smaterializzarsi con risultati disastrosi, seguiti poi da un uomo che aveva rischiato di avvelenarsi da solo dopo aver provato un filtro d'amore da lui stesso realizzato) con il solo desiderio di abbracciare la sua bambina, rilassarsi con un bagno caldo e terminare la serata sdraiato sul divano con Sherlock fra le braccia.

Ma il fracasso proveniente dal suo appartamento lo convinse, ben presto, a rimandare i suoi piani, non preannunciando niente di buono. Si fece forza e respirò profondamente mentre posava la mano destra sulla maniglia della porta, terrorizzato da quello che poteva trovare una volta aperta: sentiva Rosie ridere e sentiva la voce teatralmente esasperata di Sherlock, ma ciò che lo preoccupavano erano i rumori di oggetti che venivano scagliati da una parte e l'altra della stanza.

Alla fine, spinto dal sentire quello che gli sembrava uno dei vasi che gli aveva regalato Harry cadere e infrangersi in mille pezzi, entrò in casa, sorprendendo suo marito sul fatto. Sherlock, in piedi al centro del salotto, e Rosie, seduta sulla poltrona di John, si voltarono a guardarlo in simultanea. L'uomo si ritrovò a spalancare la bocca, inebedito.

Davanti a lui c'era il caos più totale, non aveva mai visto niente del genere. I cocci di ceramica del vaso di sua sorella erano proprio ai suoi piedi, ovunque c'erano dei libri e fogli sparsi, intravedeva vari giochi di Rosie sparsi per tutta la stanza, i pezzi di un puzzle magico (che aveva concluso dopo circa quaranta giorni) erano in ogni angolo, forse perfino sotto la libreria e sotto poltrone e divani – ci sarebbe voluta una vita per trovarli tutti – e, infine, si ritrovò a calpestare una sostanza molliccia, una volta mosso dei passi per entrare in casa.

Questa – questa è la cena di Rosie?” Esclamò, un po' sorpreso, un po' disgustato e un po' infastidito. Cosa ci faceva la cena della bambina sotto la sua scarpa, nonché sul resto del pavimento? Si guardò intorno e adocchiò anche la sua ciotolina di plastica verde, poi alzò la faccia e rivolse a Sherlock un'espressione truce.

È una lunga storia” balbettò quello, portandosi una mano in mezzo ai ricci, nervoso, mentre cominciava a raccogliere qualche libro – ci sarebbero volute delle ore per mettere tutto in ordine come lo aveva lasciato.

Voglio saperla?” Domandò John, prendendo un foglio di giornale lì vicino e pulendosi la suola della scarpa con la faccia di un Ministro della Magia abbastanza indignato.

Forse no” esclamò l'altro con fare innocente, si avvicinò a Rosie che si sporse verso di lui e la prese tra le braccia “per fartela breve, Rosie voleva imparare l'incantesimo di appello. Volevamo farti una sorpresa” si giustificò, portandogli la bambina che ancora se la rideva beata.

Rosie voleva imparare l'incantesimo” ripeté scettico e sarcastico, cancellando l'espressione contrariata dal volto per far posto ad un sorriso raggiante non appena la figlioletta gli fu vicino, con le braccine rivolte verso di lui. John la prese subito e le stampò un bacio fra i capelli biondi. “Quindi devo presumere che questo disastro è stata opera sua?”

Non proprio” confessò Sherlock, tossicchiando appena, colpevole. Era il massimo della confessione che avrebbe mai ottenuto, per questo decise che fosse meglio lasciare stare.

Sai cosa? Forse è meglio non saperlo” pronunciò, subito prima di girarsi a guardare la bambina con un sorriso raggiante “Adesso noi andiamo a fare il bagnetto mentre il babbo ripulirà tutto quanto – da solo. Che ne dici, ti piace quest'idea?” Rosie batté due volte le mani enfatizzando con una risatina.

Sherlock storse il naso “Ci vorrà un secondo, bastano un paio di incantesimi e–” John fu più rapido e gli tolse la bacchetta dalle mani.

No. Da solo. Senza magia, il buon metodo babbano.” L'altro sbiancò.

Mi ci vorranno ore, John.”

Watson sorrise, cominciando ad avviarsi verso il bagno. “Prenditela con calma, amore mio.”


*


Per anni John si era visto bene dal non raccontare come erano andate veramente le cose quel giorno, Sherlock si limitava ad assecondare questa sua volontà – soprattutto per evitare, colpevole, che vecchi rancori potessero tornare a galla. A distanza di parecchio tempo, con Rosie ormai grande, i due avevano imparato a riderci sopra, anche con i propri amici e conoscenti, ma allora questo avvenimento aveva creato non poche dispute.

Era stata una giornata come tante altre, John e Sherlock erano tornati dalla scena di un mancato crimine – il detective sembrava più che determinato a tormentare Lestrade in eterno, per averlo disturbato per niente –, avevano mangiato la cena calda che Mrs Hudson aveva fatto materializzare sul loro tavolo, dopodiché John era salito in camera di Rosie a giocare con la bambina, mentre Sherlock si era trattenuto in salotto a scrivere un saggio (che non uscì mai dal 221B) su quanto gli Auror di quei tempi fossero incompetenti.

Nessuno di loro sospettava che di lì a poco sarebbe successo qualcosa di speciale, per questo Sherlock andò nel panico totale sentendo la voce di John chiamarlo a squarciagola dal piano superiore.

Sherlock? Sherlock devi venire immediatamente! Fai presto!”

John –” il detective si precipitò lungo la piccola rampa di scale, saltando scalini senza rendersene conto, in preda all'ansia. “Stai bene? Rosie sta bene?” Partì a chiedere, ancora fuori dalla stanza, con il respiro corto per la paura, la bacchetta stretta in mano – anche se non aveva ben chiaro a cosa potesse servirgli. Si trovò, però e per fortuna, davanti uno John euforico, che reggeva la loro bambina in braccio e che ora lo guardava con un sorriso smagliante in volto. “Che – che succede?”

Credo che stia per dire la sua prima parola!” Esclamò quello, non stava più nella pelle. Sherlock notò solo allora gli occhi lievemente velati di lacrime di commozione, lui stesso, sentendo quelle parole, doveva ammettere di sentirsi strano, le gambe molli e il cuore in gola.

Ne sei certo?” Domandò, la sua natura razionale aveva sempre la meglio, in qualsiasi situazione. Si posizionò affianco al marito e sorrise alla bambina che ricambiò il suo sguardo, felice e curiosa di vedere lui e, soprattutto, tanta attenzione su di sé.

Ascolta –” pronunciò il dottore, lo sguardo puntato su Rosie “Coraggio, Rosie. Fai sentire ai papà cosa hai da dire. Forza, tesoro, ripeti quello che hai fatto un attimo fa” così dicendo prese a muovere la bocca piano, senza far uscire un solo suono, come a spronare la piccola a imitarlo e ripetere la scena che doveva essere appena successa. Sherlock osservava, in attesa.

B – b” cominciò a mugugnare Rosie, gli occhioni chiari puntati sulle labbra di John che continuavano ad aprirsi in parole mute. “B – ba” ripeté la piccola, prima di infilarsi una manina in bocca e annuire con la testa soddisfatta.

Sherlock alzò un sopracciglio e guardò John con cautela “Ba... non è propriamente una parola, John” affermò, parlandogli con tatto, come se gli stesse dando la peggiore notizia della sua vita.

John rimase a guardarlo per un po', poi scosse la testa. “Aspetta, ci vuole tempo per queste cose. Sta cercando di parlare, ti dico!” Detto ciò, entrambi tornarono a guardare Rosie, che ricambiava con altrettanta attesa.

Sherlock sospirò, decise di collaborare o la situazione sarebbe rimasta in stallo per l'eternità. “Coraggio tesoro, puoi farcela” la spronò anch'egli, imitando John e cominciando a mimare anche lui suoni immaginari.

Rosie si tolse la mano dalla bocca, mutando la sua espressione in uno sguardo più deciso. “Ba – ba” ripeté “ba – bab –”

Babbo?” Mormorò John, in visibilio.

Babbeo?” Gli fece eco Sherlock, ora decisamente incuriosito.

Bab – ban – na” nell'appartamento calò il silenzio, entrambi gli uomini rimasero ad osservare la figlioletta, incapaci di girarsi a guardarsi negli occhi, incapaci di proferire parola o forse addirittura di realizzare ciò che era appena successo. Si tranquillizzarono quando Rosie non aggiunse altro, magari avevano frainteso quei suoni, magari si era trattata di una coincidenza, non poteva aver detto davvero “Babbanna! Babbana! Babbana!

Questa volta John si girò verso Sherlock, la bocca spalancata e gli occhi carichi di fuoco – la piccola continuava a pronunciare quella singola parola tutta contenta, battendosi le mani da sola, soddisfatta – “non una parola” sibilò.

Sherlock, frastornato e colpevole, annuì col capo silenzioso, non osando rincambiare lo sguardo di suo marito; una scusa per entrambi per nascondere quel velo di lacrime che si era materializzato sotto i loro occhi, vittime dell'orgoglio e della commozione di aver ascoltato la prima vera parola della loro figlioletta.


*


Nella loro vita come coppia, John e Sherlock si erano trovati in disaccordo su parecchie cose, alcune più importanti e altre invece decisamente più sciocche, per questo non fu una novità per John, vedere gli occhi sgranati e la bocca spalancata di Sherlock nel sentire la sua proposta.

Quella era la sua espressione da “John Watson, mi stai forse prendendo in giro?”, i tratti increduli, le mani (perennemente impegnate in qualche pozione o in qualche relazione da scrivere) ferme a mezz'aria, immobili, il capo leggermente, quasi impercettibilmente, piegato verso destra. John ci aveva fatto l'abitudine, la vedeva fin troppo spesso e ormai costringeva se stesso a trattenere una risata che sarebbe risultata antipatica e non avrebbe fatto altro che ferire i sentimenti dell'uomo che amava.

Dì qualcosa, amore” lo esortò, tossicchiando appena nascondendo la bocca dietro il pugno chiuso, in modo da cancellare le risa una volta per tutte. La realtà era che era più che pronto a questo tipo di reazione, si sarebbe stupito, anzi, del contrario. Decisamente.

Non stai scherzando, allora” constatò, quindi, Sherlock, il corpo pietrificato nella medesima posizione, la voce totalmente incolore, gli occhi fissi nei suoi – non sbatteva neanche le palpebre.

Ti vedo parecchio deduttivo, stamattina” lo prese in giro l'altro, guadagnandosi un'occhiataccia – beh, almeno era riuscito a provocargli una reazione, John la prese come una vittoria personale. “Sentiamo, qual è il problema?” Domandò alla fine, dopo aver sospirato piano, tornando serio dato che, per una volta tanto, la questione era davvero importante.

Me lo stai chiedendo davvero?” Gli fece eco il detective. John annuì silenzioso, anche se immaginava che cosa stava passando per la mente del marito, aveva bisogno di sentirglielo dire ad alta voce, così da poter ribattere e fargli cambiare idea. O almeno provarci. Sherlock lo guardò fisso per dei secondi interminabili, prima di cominciare a parlare. “Trovo che la scuola babbana sia completamente inutile: le cose più importanti, come leggere o scrivere o contare, possiamo insegnargliele noi.”

Ti ricordo che, prima di venire ad Hogwarts, io stesso ho frequentato una scuola babbana. Non la reputo inutile, Sherlock. Anzi, è stata fondamentale per me. Ma non è solo questione di imparare a leggere o scrivere, lo sai bene.”

No, John, non lo so” ribatté deciso Sherlock, alzando gli occhi al cielo. “Tu vuoi che lei faccia amicizia con i bambini babbani” affermò soltanto. John aspettò a fargli notare che, soltanto la sera prima, gli aveva detto gravemente che era certo che Rosie fosse una babbana perché aveva mangiato tutte le sue verdure senza neanche tentare di farle volare fuori dalla finestra.

È un male che Rosie faccia amicizia con altri bambini?” Domandò soltanto, cauto. Sherlock scosse di rimando la testa, poi posò il suo sguardo in un punto indefinito dall'altra parte della stanza, sovrappensiero. Fece una smorfia alla fine e provò a dare le spalle a John, che però gli andò dietro, consapevole che sarebbe arrivata una qualche affermazione che lo avrebbe infastidito. “Cosa c'è?”

È solo che – lascia stare, non voglio farti arrabbiare.”

John agrottò la fronte. “Davvero un ottimo modo per dissuadermi, Sherlock Holmes” affermò sarcastico, incrociando le braccia al petto. “Dimmi cosa ti passa per la testa, non mi arrabbierò te lo prometto. Voglio soltanto capire la tua posizione.”

Sherlock si passò velocemente le mani tra i ricci scuri, prima di grattarsi nervosamente il capo, come se fosse indeciso. “Penso soltando che gli amici – o il fare amicizia sia sopravvalutato, tutto qui.”

Ma davvero” ridacchiò Watson, fraintendendo il suo tono. Notò solo alla fine i suoi occhi seri e determinati, smise subito di ridere e mise su un'espressione un po' preoccupata e un po' ferita. “Oddio, dici sul serio” constatò, a bassa voce.

Sapevo che ti saresti arrabbiato.” Sbuffò, quindi, l'altro, tra sé.

Non sono arrabbiato” disse subito John, per tranquillizzarlo “solo che non capisco come tu possa dire una cosa del genere. Come tu possa dirla a me.”

Holmes guardò il marito confuso “Tu? Cosa centri tu?” Chiese, ingenuamente.

Sono stato il tuo migliore amico per anni, Sherlock.”

Eri innamorato di me, John, non è la stessa cosa.”

Molly.”
“Davvero, John?”

Lestrade. Ti vuole sinceramente bene, lo sai. E tu ne vuoi a lui.”

Gary è prima di tutto amico tuo. Io sono soltanto una conseguenza del vostro rapporto.”

Come puoi pensarlo?!”

John, ammettilo. Io e lui non ci saremmo mai neanche scambiati una parola se non ci fossi stato tu.”

John si grattò il capo. “Però, quando frequentavo Mary, al sesto anno... voi due eravate molto complici.”

Sherlock per tutta risposta arricciò il naso. “Per non farmi prendere il boccino ha cercato di farmi cadere da un'altezza di 400 metri alla prima partita di Quidditch del settimo anno.”

Okay, va bene. Pessimo esempio” tossì, aveva sempre avuto un pessimo gusto in fatto di donne. “Victor.”

Questa volta, Sherlock si scurì. “Victor si trasferì a metà del quarto anno. E io rimasi completamente solo, prima di incontrare te” disse, con un sospiro; oramai aveva smesso di guardarlo negli occhi ed era deciso a tornare al suo lavoro.

Ma eravate amici fin dall'infanzia, e nonostante la lontananza siete rimasti in contatto. È, o se preferisci è stato, una persona importante nella tua vita. Pensi davvero che saresti stato meglio senza di lui, senza la sua amicizia?”

John sapeva di aver fatto centro, ma Sherlock si ostinò a restarsene in silenzio, un po' per non dovergli dare per forza ragione, e un po' perché il pensiero di Victor lo aveva scombussolato non poco, come gli succedeva sempre. Non sapeva come dirgli che, sì, riteneva che la sua vita sarebbe stata più semplice, l'assenza di Victor avrebbe evitato tutta la sofferenza e il vuoto che la sua partenza aveva scatenato in lui. Ma Sherlock sapeva anche che, se avesse avuto la possibilità di scegliere, non avrebbe mai avuto la forza di rinunciare a quello che era stato il suo primo migliore amico.

Fortunatamente, non fu costretto a rivelare a John quel pensiero sentimentale che gli passava per la testa, questo grazie all'interruzione improvvisa e tempestiva della piccola Rosie, che si precipitò da loro in fretta e furia.

Papà, babbo!” Sherlock intercettò subito l'intenzione della piccola, così si abbassò sulle ginocchia e la prese proprio mentre lei cominciava a stendere le braccia per farsi tirare su da quelle forti e possenti dell'uomo. Aveva un foglio di carta in mano, che tese verso John che subito si era portato affianco ai due.

Ma guarda, la nostra piccola artista!” Esclamò l'uomo, una volta preso il foglio ed averlo ammirato per bene. Lo girò poi, in modo che anche Sherlock potesse osservarlo; non si trattava altro che un disegno di loro tre: Rosie era decisamente più alta del normale, Sherlock aveva delle braccia molto più lunghe delle gambe e un puntino al posto dell'occhio destro. Raffigurati, c'erano anche il 221B e Speedy's, che Rosie amava perché le offrivano sempre dei dolcetti. Ma a catturare l'attenzione, c'era un'immensa palla rosa, che riempiva praticamente tutto lo spazio. Suddetta palla, riportava due occhi e una bocca sorridente, era più grande di tutto il resto, perfino del palazzo in cui abitavano, ma entrambi gli uomini capirono subito di cosa si trattava.

Avevano portato la piccola a Diagon Alley per la prima volta due giorni prima, e da quel momento non aveva fatto altro che parlare delle puffole pigmee che avevano visto nel negozio di animali. In pratica, quello era il modo, senz'altro creativo, che Rosie aveva per far capir loro il suo desiderio di possederne una.

Sherlock sorrise, accarezzando la guancia della bambina fra le sue braccia con il proprio naso, prima di lasciarle un bacio veloce nel medesimo punto. “È bellissimo, tesoro. Perché non vai a prendere il necessario per attaccarlo al frigorifero?” La piccola annuì entusiasta, Sherlock la fece scendere e la guardò allontanarsi verso la sua stanza con passo saltellato.

John posò la testa sulla sua spalla, Sherlock lo prese per i fianchi, gli occhi di entrambi su Rosie che saliva un gradino alla volta, concentratissima.

Il fatto è, Sherlock, che ci saranno delle persone che la faranno soffrire, altre che la faranno ridere ed altre ancora che la faranno arrabbiare. Fa parte della vita, non possiamo impedirlo, questo lo sai bene.”

Sherlock sospirò ancora, prima di annuire. “Questo lo so, John. Solo che... tu non hai paura di vederla soffrire?”

John lo guardò, l'altro lo imitò subito, specchiandosi nei suoi occhi. “Sono terrorizzato” confessò. Sherlock gli piazzò un tenero bacio sulla fronte, adagiando per qualche secondo le labbra sulla sua pelle. Ma il tempo dei discorsi seri era finito, ormai, Rosie era già tornata con scotch, matite e fogli di carta e, ben presto, tutti e tre si ritrovarono seduti sul pavimento a dar sfoggio del loro dubbio talento artistico.


*


Babbo – perché non riesco a fare nessuna magia?” Sherlock rimase con le zampe di rospo in mano, l'ennesima pozione di sua creazione che sotto il suo sguardo e che cominciava a colorarsi di un piacevole azzurro. Alzò il capo, ed incontrò gli occhi tristi di sua figlia, in piedi davanti al tavolo della cucina. Lo guardava alla ricerca di un conforto, di una spiegazione, di una promessa.

Per Rosie, Sherlock era quello capace di risolvere tutti i problemi, non c'era un nodo, un puzzle, un caso, che lui non sapesse districare e risolvere. Era il suo porto sicuro, la sua ancora. Il pianto che si portava dentro non l'aveva ancora avuta vinta perché l'ultima parola, quella che più contava, era quella del suo babbo. Sempre.

E Sherlock questo lo sapeva, riusciva a decifrarlo dagli occhi della bambina, dalle sue gambe ferme e dalle sue mani tremanti, dalla bocca che malcelava l'ombra di una smorfia di dolore. E lui avrebbe davvero voluto risponderle con una spiegazione più che logica, ma non poteva farlo; quella volta, neanche lui conosceva la risposta a quella domanda.

Ogni mago ed ogni strega ha bisogno dei suoi tempi, Rosie,” decise quindi di ricorrere a quella che era diventata la classica risposta che gli dava John per rassicurarlo sull'argomento.

Ma William e Lizbeth sono più piccoli di me ed entrambi hanno dimostrato di avere poteri magici,” ovviamente, pensò Sherlock, Mycroft lo aveva sempre battuto sul tempo e ora i suoi figli facevano la stessa cosa con Rosie: la storia si ripeteva, forse c'era qualcosa nel loro dna che continuava a mettere gli Holmes in competizione.

Non è una gara, Rosie,” riuscì a dire, sentendosi un ipocrita – per lui, ogni cosa era stata, ed era ancora, una gara, quando si trattava di suo fratello “e questo non rende loro più potenti di te, in ogni caso,” ci tenne a specificare, guardandola fisso “Hanno fatto il loro primo incantesimo, e con ciò? Potrebbero non essere portati per la Trasfigurazione, o per il volo. Potrebbero non saper distinguere uno snaso da un ornitorinco,” ripensò, con una smorfia, a quegli idioti dei suoi compagni di scuola, completamente negati con la cura delle creature magiche “Mentre tu sarai una strega brillante, sono pronto a scommetterci.”

Rosie, però, non sembrò per nulla rassicurata da quel discorso, anzi. Abbassò il capo e si guardò le punte delle scarpe per vari secondi, il cervello in moto: continuava a domandarsi se era bene esprimere fino in fondo le sue paure. Era tormentata, Sherlock lo capiva, si stavano torturando entrambi durante quei secondi di silenzio, ma l'uomo non voleva in alcun modo forzarla a parlare.

Alla fine Rosie si decise a sputare il rospo “Potrei non essere proprio una strega, potrei essere una babbana.” Affermò, sentendosi improvvisamente umiliata dalle sue stesse parole, nervosa e ansiosa per la reazione del padre, terrorizzata dal peso che quella frase portava con sé.

E nel sentire questo, Sherlock improvvisamente aprì gli occhi. Sentire la stessa Rosie esprimere ad alta voce quella che per anni era stata la sua paura più grande, accese qualcosa dentro di lui, come un meccanismo che era rimasto inceppato fino a quel momento.

Capì che per tutto quel tempo, per tutti quegli anni, per l'intera infanzia di sua figlia, non aveva fatto altro che ingigantire la questione; si rese conto solo in quell'istante che non era un problema poi così enorme dopotutto. Anzi, non era un problema affatto. Rosie poteva essere una strega, gli sarebbe andato benissimo. E Rosie poteva essere priva di qualunque potere magico, gli sarebbe andata benissimo anche quell'alternativa. Rosie era una bambina brillante, sveglia, affettuosa, intelligente, curiosa, vivace. Era la persona che amava di più al mondo, insieme a John, e i poteri non andavano di certo ad influenzare il loro legame.

Amava sua figlia, così com'era. Amava osservarla mentre era intenta a perfezionare ancora e ancora un disegno al quale teneva particolarmente, prima di mostrarlo loro con fare fiero e orgoglioso del risultato. Oppure amava quando lo pregava di passare davanti quel negozio di animali proprio vicino la libreria, nella speranza di convincere entrambi ad adottare un cucciolo oppure a consolarsi con un nuovo libro preso dallo scaffale dedicato alla letteratura per ragazzi – i libri per bambini della sua età avevano già cominciato a stancarla da tempo. E amava anche quando lo pregava di portarla su una scena del crimine, adorava il sorriso che le illuminava il viso quando John dava il suo consenso a farla assistere ai casi più noiosi e privi di pericolo. Ogni sorriso, ogni lacrima, ogni abbraccio, ogni risata, ogni carezza – erano di per sé una magia, la magia più grande di tutte, quella che più contava per Sherlock, quella di cui non avrebbe mai saputo fare a meno.

Ma come spiegarlo, a Rosie, una bambina di quasi otto anni?

Lasciò perdere la pozione al quale stava lavorando, senza preoccuparsi di mettere in ordine gli ingredienti sparsi sul tavolo; si avvicinò silenzioso alla figlia, che ancora si guardava i piedi scoraggiata, si abbassò sulle ginocchia per portarsi alla sua altezza, osservò i suoi occhi blu metallici, come quelli di John, guardarlo confusi, e poi la strinse fra le braccia. Senza dire una parola, l'abbracciò come se ne dipendesse della vita di entrambi, sapendo che non poteva di certo bastare a rassicurarla e a confortarla, ma cos'altro poteva fare lui? Non era mai stato bravo con le parole e si odiava per quello, si odiava per non essere in grado di aiutare Rosie come avrebbe voluto.

La bambina, dopo pochi istanti di incertezza e indecisione, ricambiò la stretta, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dalle braccia forti del padre. Non capiva il perché di quell'abbraccio improvviso, ma in qualche modo servì a calmare i suoi nervi, d'altronde veniva da uno dei suoi due uomini preferiti, quelle braccia l'avevano sempre fatta sentire protetta ed amata, e quella volta non fu di certo da meno.

Avrebbero voluto piangere entrambi, per motivi diversi, ma entrambi erano ormai esperti nel ricacciare indietro le lacrime e mostrarsi forti, in qualunque situazione, per il bene dell'altro.

Sherlock le accarezzò i capelli biondi, “Non so se è questo che ti preoccupa, ma non devi pensarla come una delusione nei nostri confronti, Rosie,” cominciò a sussurrarle piano “Mai. Io e tuo padre siamo orgogliosi di te, saremo sempre orgogliosi di te. Hai un cuore puro, coraggioso, forte. So che sei destinata a fare grandi cose, come strega o come babbana. Qualunque sarà il tuo mondo, è fortunato ad averti.”

Rosie, nonostante i suoi sforzi, non riuscì a trattenere un piccolo singhiozzo; strinse suo padre più forte che poté, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo, mentre lui continuava ad accarezzarle i capelli piano, con immensa dolcezza. “Ma... Hogwarts –” riuscì a dire, ad un certo punto: Sherlock non riuscì a capire se lo fece per stemperare l'atmosfera o se perché quella era davvero una delle sue preoccupazioni più grandi – come giusto che fosse, data la sua età.

Hogwarts non è poi questo granché,” esclamò allora lui con un sospiro, facendola sorridere e interrompendo l'abbraccio per osservarla con una smorfia “la maggior parte degli insegnanti sono degli incompetenti, saprei comunque insegnarti più cose io di loro, questo è certo.”

La tua amica Irene non insegna lì?” Domandò lei, che aveva spesso sentito pronunciare il nome di quella donna, che non aveva mai conosciuto, dai suoi genitori, con sguardo confuso. L'uomo annuì.

Esatto, Trasfigurazione. Era la migliore del nostro anno, dopo il sottoscritto – non dire a tuo padre che ho detto questa cosa!” aggiunse in fretta, improvvisamente preoccupato all'idea di dover sopportare ancora l'insensata gelosia di suo marito nei confronti di Irene Adler.

Rosie ridacchiò alla preghiera del padre. “Mi insegnerai tutto quello che c'è da sapere su Hogwarts? E sulla storia della magia?” Domandò, speranzosa ed entusiasta.

Sherlock sorrise tenero, annuendo con il capo “Certo che sì. E ti insegnerò a preparare tutte le pozioni che vorrai. Se sarai brava, potrei farti diventare mia aiutante.”

Rosie si illuminò “E le creature magiche?”

Ti porteremo in Scozia, alla più grande riserva di Creature del Mondo Magico.”

E il Quidditch?”

Sherlock alzò gli occhi al cielo “Quella è materia di tuo padre, temo. Ci ho giocato per un paio d'anni ma ho sempre trovato stupide le sue regole. Ho chiuso con pluffe e bolidi.”

La bambina sorrise, prima di sporgersi per un secondo abbraccio. “Ti voglio bene, babbo.” Sherlock sorrise, improvvisamente sollevato di essere riuscito a calmare la sua bambina, in un modo o nell'altro. Forse John se la sarebbe cavata meglio di lui, avrebbe sicuramente trovato le parole giuste per risollevarle l'umore e placare le acque. Suo marito era sicuramente più preparato in quel campo, tutto gli veniva più naturale, forse perché aveva già fatto pratica per anni a trattare con lui.

Cosa succede qui?” Entrambi alzarono lo sguardo: John era appena tornato a casa, i suoi occhi brillavano raggianti mentre li osservava dalla porta d'ingresso con un misto di tenerezza e, soprattutto, di sorpresa.

Babbo ha detto che andremo in Scozia e che mi insegnerà a preparare le pozioni perché ad Hogwarts sono tutti stupidi!” Esclamò subito Rosie, entusiasta, correndo ad abbracciare John a mo' di bentornato, prima di correre via nella sua camera probabilmente a tirare fuori uno dei libri di Scamander, i suoi preferiti, come se tutto quello appena successo fosse stato cancellato dalla sua mente, come succede quando si viene improvvisamente svegliati da un sogno.

Cosa?!” Riuscì a domandarle inutilmente John, riuscendo a malapena a comprendere il significato di quelle parole. Guardò il marito allora, spaesato e sospettoso. “Cosa mi sono perso?” Chiese ancora, Sherlock gli sorrise, si alzò in piedi e lo raggiunse in modo da stampargli un bacio sulla guancia rasata giusto quella mattina.

C'è stata una piccola crisi, ma l'abbiamo superata.”

Ah sì?” Replicò l'altro, alzando un sopracciglio e posando le mani sui suoi fianchi, per portarlo verso di sé “In questo caso, sono orgoglioso di te,” affermò con un sorriso sincero mentre l'altro chinava appena il capo per lasciarsi baciare.

E fai bene ad esserlo, dottor Watson.”


(Quelle paure, alla fine, vennero spazzate via un anno e mezzo dopo, all'incirca, quando Rosie fece esplodere una delle tazzine da té del servizio buono, sotto gli occhi estasiati di Sherlock e quelli sconvolti di John – quei ricordi, mentre la osservavano salire sull'Espresso per Hogwarts per la prima volta, sembravano appartenere ad una vita diversa. “Te lo avevo detto,” mormorò Sherlock al marito, il treno cominciava a muoversi sotto i loro occhi “ho sempre saputo che questo giorno sarebbe arrivato.” John alzò gli occhi al cielo, si asciugò una lacrima di commozione vedendo sparire la figlia undicenne dal suo campo visivo, e poi si lasciò abbracciare da Sherlock, ignorando il resto delle persone accalcate sul binario.)



Angolo dell'autrice
: Hello, non pubblico qualcosa da... agosto, a quanto pare. In effetti sembra passata una vita dall'ultima volta che ho scritto qualcosa, vi basti pensare che neanche ricordo quando ho cominciato a scrivere questa one shot, sta di fatto che sono riuscita a finirla due sere fa, e dopo qualche correzione e revisione ho deciso di postarla anche se non sono pienamente convinta e soddisfatta del risultato.
Mi mancano Sherlock e John, mi manca il 221B, mi manca il loro mondo. Anche se, per questa storia, ho deciso di prendere in prestito un altro mondo, quello della Rowling. Non ho letto molte Potterlock in realtà (forse... non ne ho mai finita una...) ma sono una fan di questo AU/Crossover, amo pensare ad uno Sherlock alle prese con il mondo magico. Ho messo il tag fantasy anche se non credo che Harry Potter rientri al 100% in questa categoria, ma non sapevo in che altro modo inquadrarla. 
Nada, non so cos'altro aggiungere. Spero che vi sia piaciuta, avevo bisogno di un po' di fluff e di Sherlock che impanica per svariati motivi legati a Rosie. Non so bene quando tornerò a postare, in realtà volevo "spostarmi" sull'Archivio definitivamente, questa storia doveva essere un po' un "addio", ma la realtà è che mi mancherebbe troppo EFP, quindi prendiamolo come un "arrivederci" ;) fatemi sapere, comunque, i vostri pareri sulla storia se vi va!
Un abbraccio,

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Chipped Cup