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Autore: Merione    09/02/2019    2 recensioni
I Pooh sono stati uno tra i maggiori gruppi musicali italiani e nei loro 50 anni di carriera (1966-2016) ci hanno regalato centinaia di straordinarie canzoni. Da grande fan del gruppo, ho deciso di omaggiarli pubblicando (a cadenza irregolare) questa raccolta di brevi storie ispirate ai loro brani. Conterranno anche frasi tratte dai testi, integrate nella storia stessa e segnalate in grassetto. Per ogni storia, vengono indicati il titolo della canzone, l'album e l'anno di prima pubblicazione. L'autore sarà sempre Pooh.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#7: “L’aquila e il falco” - Pooh, Dove comincia il sole (2010)

 

Il sole si inabissò veloce dietro il profilo delle montagne. Forse anche lui aveva avuto paura di ciò che era appena successo e ora stava cercando di nasconderlo alla vista spegnendo la luce. Il piccolo villaggio di pastori in fondo alla valle era ancora in fiamme e le strazianti urla di dolore e terrore si stavano spegnendo lentamente, una ad una. Quella povera gente non aveva mai vissuto nulla di simile. Sembrava che Dio stesso si fosse rivoltato contro di loro e avesse deciso di anticipare il Giorno del Giudizio. Cosa avrebbero potuto fare le legioni di Roma contro un nemico del genere?

 

Quella notte, Attila passeggiava soddisfatto tra le case semidistrutte. Alcune erano state rase al suolo, altre si reggevano ancora in piedi, piuttosto malandate, o perché il fuoco non era ancora arrivato a lambirle, oppure perché, a suo insindacabile giudizio, aveva deciso di risparmiarle. La sua attenzione fu attirata da una piccola capanna bruciata, con la porta scardinata, segno che i suoi uomini avevano già fatto irruzione e razziato tutto. Sull’architrave della porta era inchiodata una piccola targhetta, su cui si leggeva un’iscrizione su due righe in latino, scritta con mano tremolante da qualcuno che evidentemente non era abituato a quell’operazione:

 

Tibi praecipio ne unquam deinceps omnes

habitantes in hoc habitaculo perturbes.

 

Attila rise.

- “Ti ordino di non disturbare mai più nessuno degli abitanti di questa casa”. È così quindi che questi romani sperano di fermarmi? Con le preghiere? Io continuerò ad avanzare senza pietà, arriverò alle porte di Roma e le farò crollare davanti ai miei occhi!

- Ne sei proprio sicuro, Attila?

Una voce di donna aveva parlato alle sue spalle. Attila si voltò per guardarla negli occhi e giudicare se valesse la pena tenerla in vita come concubina, ma si fermò, pietrificato dallo stupore. Con la sua nera falce stretta tra le dita, la Regina del Pianto, la Morte in persona, era ferma davanti a lui. Indossava un lungo mantello che le copriva interamente il corpo. Scoperto era solo il volto, senza carne né muscoli, senza occhi da fissare.

Il Re degli Unni, il Flagello di Dio, si riprese e riacquistò la sua compostezza.

- Non è il mio momento.

- Si fa a modo mio.

- E se io non volessi?

- Voleranno un’aquila e un falco. Lotteranno all’alba per noi. Si vedrà chi vola più in alto.

- E se vinco io?

- Se il mio falco vince ti avrò.

 

La luna era ancora alta nel cielo. Mancava ancora qualche ora all’alba. Il villaggio nella valle era ancora in fiamme, la notizia era già arrivata a Roma, all’orizzonte fuochi di guerra, ma Attila non era più lì. Con la sua possente aquila ammaestrata appollaiata sul braccio, Attila camminava nella neve, verso la cima della montagna. La Morte, col suo falco nero come la pece, camminava dietro di lui.

 

- Attila, amico, dimmi di te. Ti ho osservato molto da lassù. Tutto quest’odio, tutta questa violenza. Tu sei un’anima grande, un guerriero degno delle canzoni dei poeti. Cosa ti manca ormai sulla terra? Perché non vuoi venire con me? Io possiedo un palazzo stracolmo di ricchezze e di gloria. Posso portarti via nel tempo, verso altri mondi che non sai. Farti vedere tutto il tuo impero e molto di più con un unico colpo d’occhio. Io ti voglio soltanto per me, Attila. Strappa il mantello che mi cancella. Guardami. Io sono bella, la compagna per te.

 

- Donna, non cercare di ingannarmi. Ho visto molti guerrieri valorosi morire. Ragazzi che, se non fosse stata tolta loro l’opportunità di vivere, avrebbero potuto raggiungere fama e ricchezza mai viste. Sarebbero stati celebrati come eroi, ma sono morti lì, da qualche parte nelle steppe. E perché? Per essere esposti nel tuo palazzo, come dei tesori di caccia? No, nelle tue ombre, nel tuo castello oro non c'è. Io ti conosco quasi da sempre e non c’è sangue dentro di te. Non voglio fare la loro stessa fine, non voglio entrare alla tua corte, nel tuo giardino degli eroi. Mi hai proposto una sfida, e andrà come hai stabilito: decideranno l’aquila e il falco. E se perdo, verrò con te. Ricordati le mie parole, però: tu puoi falciarmi, ma non ti amerò mai.

 

Qualche ora dopo, il sole, fattosi coraggio, si decise a fare capolino, irradiando i suoi raggi caldi sulla cima della montagna. All’ora convenuta, i due uccelli spiccarono il volo.

 

- Ricordati, Attila. Chi vola più in alto vince la tua anima.

 

Stanno volando, l’aquila e il falco, va nel vento, sempre più su. L’aquila si era fiondata su, verso il cielo, ad una velocità fulminea, ma il falco le teneva dietro, quasi ad aspettare il momento giusto.

 

- Vola in alto, vola più in alto, aquila mia!

- Fianco a fianco, sempre di più!

 

Il falco continuava a tenerle dietro, attendendo, mentre l’aquila girò la sua piccola testolina dietro le ali, quasi a sfidare il rapace che la inseguiva. L’aquila volteggiò bruscamente su un lato, cercando di seminare il falco, ma questi, imperterrito, teneva dietro.

 

Passarono le ore. Il sole incantato da questo spettacolo, si innalzò sempre di più nel cielo. Anche la luna, dall’altro lato del pianeta, venne a sapere di quest’epica lotta nei cieli e volle vederla di persona. Il sole, a malincuore, cominciò dunque a ridiscendere verso l’orizzonte, per lasciarle spazio.

 

Intanto, i due uccelli erano ancora in aria, stanchi, provati. L’aquila planò e si fermò a mezz’aria, il falco davanti a lei. Si guardarono negli occhi, e capirono.

 

Stanno tornando, l’aquila e il falco, e nessun vento li separò. Attila e la Morte attendevano il verdetto impazienti, ma i due uccelli avevano già emesso la sentenza. Come fratelli volano accanto e la prima stella brilla da un po’.

 

La Donna disse sorridendo:

- Sei stato fortunato, Attila. Nessuno ha vinto tra di noi. Ma le promesse io le mantengo. Prendi altro tempo, tanto sai che ti avrò.

- Donna, Luna e Serpente, tu mi hai osservato per tutta la mia vita. Tu sai cosa dicono: non cresce erba dietro di me. Io porto guerra e distruzione, ma sono il padre della mia gente. Ho il cuore rosso e il sesso di un re. Hai ragione, un giorno verrò con te, ma non oggi. Non voglio perdermi in battaglia, né per veleno o carestia. No, io voglio morire tra le braccia e vino di donna, l’ultima donna. E morire per lei.

- Se questo è ciò che vuoi, d’accordo. Te lo concedo. Vola in alto, vola più in alto, dalla steppa ai ghiacci del nord. Presto o tardi ti rivedrò. Ogni donna al mondo tu avrai, ma per me cambia poco. Io so aspettare. Tanto in fondo all’ultimo assalto è con me che tu te ne andrai.

   
 
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