Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: shirupandasarunekotenshi    10/02/2019    0 recensioni
Fanfic ambientata in seguito agli eventi raccontati nell'oav "Message". Ryo e i nakama si sono ritrovati e capiscono che non possono più separarsi e che il senso della loro esistenza lo troveranno solo nello stare insieme. Ma Realizzare tale sogno potrebbe non rivelarsi così semplice.
Dinamiche polyamorose. Non si trova tra la opzioni così lo diciamo nell'introduzione: possiamo definirla una fivesome più che threesome :P
Questa fanfic andrebbe letta dopo la nostra "Owari no mae ni owari".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Threesome
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CAPITOLO 03
 
Mentre i cinque ragazzi mangiavano seduti intorno al tavolo, regnò tra loro uno strano silenzio, quasi onirico, intercalato da piccoli, ma significativi sfiorarsi di sguardi. C'era qualcosa di non totalmente comprensibile in quella combinazione di sospeso incanto, di gioia velata di malinconia.
Fu Ryo il primo a superare quella sensazione di irrealtà.
“Sapete, credo che Byakuen mi stia aspettando a Yamanashi; tornerà qui con me”.
Shu fece cadere lo sguardo su di lui, socchiudendo gli occhi per un attimo.
“Sa sempre qual è la cosa giusta da fare con noi”.
“Lo sa anche meglio di noi” borbottò Shin, mentre succhiava un mochi ripieno di fragola, con aria buffa.
Touma nascose la risatina dietro un boccone del proprio mochi, pensando che erano mesi, mesi lunghissimi che quell'aria finta saccente non si vedeva sul visino del suo Bocchan.
Un broncio diffidente rispose al suo divertimento.
“Ho un pezzo di mochi sul viso?”.
“Sì” rispose Ryo al posto di Touma, cogliendo la palla al balzo e chinandosi a leccare sensualmente un angolo delle labbra di Shin, che per poco non si strozzò con il suo ultimo boccone.
Shu smise per un attimo di masticare, poi alzò lo sguardo al soffitto e fece finta di niente. Touma, invece, colse l'occasione al volo.
“Era piuttosto grosso anche”.
“Bu... bugiardo...” balbettò Shin, gli occhi che fuggivano in basso, mentre Ryo era tornato a sorseggiare il suo tè con aria innocente, come se niente fosse. E, come se niente fosse, dalla parte in cui sedeva Seiji, anche lui apparentemente ignaro ed intento su cibo a bevande, gli giunse, sotto al tavolo, un calcio nello stinco abbastanza violento da strappargli una vivace protesta, che Seiji ignorò senza scomporsi.
Shu tornò con lo sguardo a terra, fisso su Ryo con aria perplessa.
“Tutto ok?”.
“Gli è andato per traverso quel pezzo di mochi” rispose ghignante Touma.
“Gliel'ho sempre detto che mentre mangia non deve giocare” sentenziò Seiji, posando con flemma la sua tazza sul tavolo.
“Fammi capire” sbottò Ryo, “dovrò trattenermi ogni volta, d'ora in poi, per non rischiare una rappresaglia da parte tua?”.
Seiji lo fissò, sollevando le sopracciglia e mostrando stupore.
“Perché, cosa ho fatto?”.
Ryo arricciò il naso, gonfiò le guance, come se stesse raccogliendo il fiato per sbraitare qualcosa, poi rinunciò e, stizzito, si sfogò infilandosi in bocca un mochi intero.
Shu tossicchiò, concentrandosi sul cibo e rubando occhiate qua e là sul tavolo: era diverso da prima, eppure così simile alla vita che avevano vissuto in passato, insieme.
Si sentiva più leggero e anche stanco, perché la tensione di quei giorni, di tutti quei mesi, se ne stava andando, lasciando spazio a un tale senso di pace... che non avrebbe mai creduto di poter sentire.
Lasciò cadere il proprio viso su una mano, il gomito poggiato sul tavolino e si mise a ridere da solo, in maniera sommessa e dolce.
“Sono felice che siamo rimasti gli stessi”.
“Cos'hai detto, Shu? Stai bene?”.
Era ancora troppo facile, per Shin, allarmarsi e quella risatina e sussurro solitari gli erano sembrati strani, per quanto trovasse Shu così adorabile che avrebbe voluto protendersi oltre il tavolo ad abbracciarlo.
“A dire il vero...” e lo sguardo dolce di Shu si trasferì solo su Shin, con intensità. “Era da tanto che non stavo così bene”.
Shin sbatté le palpebre, schiuse un po’ le labbra, poi le piegò in un sorriso commosso; era così importante, per lui, che il suo Shu stesse bene. D'ora in poi avrebbe vissuto soprattutto per prendersi cura di loro e farli stare bene.
Posò i gomiti sul tavolo e appoggiò il mento sulle dita intrecciate, rivolgendo a tutti un umile sorriso.
“Farò del mio meglio per non essere più un peso, vi darò tutto me stesso”.
A quelle parole, uno strano silenzio calò su tutti i ragazzi che, con la medesima espressione sorpresa, guardarono il compagno.
“Shin, ma...”.
“Che cosa dici...?”.
“Pesciolino...”.
“Non dovresti più parlare di te stesso in quei termini” mormorò Shu, andando ad afferrare le mani intrecciate di Shin e sfiorando così il volto del ragazzo. “Tutti noi daremo noi stessi... per ognuno di noi... ma nessuno è mai stato un... peso... nessuno”.
Avrebbe dovuto prevedere la loro reazione, ma non ce la faceva a non pensare certe cose di se stesso e dubitava che ce l'avrebbe mai fatta. Anche quello, forse, lo rendeva un peso?
In ogni modo, era ben intenzionato a mettere in atto i propri propositi fin da quel momento.
Così cercò, dentro di sé, il più radioso dei sorrisi, si portò un istante alle labbra le mani di Shu, quindi sciolse il contatto e si alzò per riordinare:
“Libero il tavolo, così ci godiamo la serata in pace”.
Una serata in pace, tra loro... che suono delizioso avevano quelle parole.
 
***
 
Ryo e Shu, su indicazione di Shin, avevano spostato divano e poltrone per creare un grande spazio al centro della sala, dove Touma e Seiji sistemarono i cinque futon che Shin teneva da sempre nel suo armadio: li aveva presi non appena si era trasferito a Tokyo, in vista di... beh, un momento come quello. Che era giunto solo allora.
Meglio tardi che mai, avrebbe detto Touma.
Shin sorrise, guardando i ragazzi davanti a lui discutere come bambini sulla disposizione dei posti.
“Se volete ci spostiamo ancora... sembra che voi tre non abbiate abbastanza spazio” ironizzò Touma con una linguaccia rivolta a Ryo.
“Ma se sei tu quello che si muove come un ossesso di notte” bofonchiò Shu con l'aria di chi la sapeva lunga.
Touma lanciò un'occhiata in tralice a Seiji e sbuffò.
“Sogno solamente...”.
“Si vede che fai dei sogni molto agitati” trillò Shin, sorprendendo tutti nel lasciarsi cadere a peso morto sopra i futon e rotolando poi su se stesso, per mettersi in posizione supina, braccia larghe e sorriso radioso rivolto al soffitto.
Touma lo guardò per un attimo senza parlare, poi si lasciò cadere di fianco a lui, muovendosi deliberatamente per infastidire il ragazzo dell'Acqua.
“Sono un tipo tranquillo. Almeno nei sogni fammi agitare un po’…”.
Shu si mise dalla parte opposta di Shin, chiudendoglisi sul fianco come una conchiglia al suo scoglio: stargli vicino così, dopo tanto tempo, potergli anche solo dormire accanto, sentire il suo respiro tranquillo, nel buio... e, magari, avere la mano stretta da una delle sue, afferrata nel pieno di un sogno agitato...
Sì, Shu aveva bisogno di piccoli gesti, di piccoli momenti. Come quello.
Quasi avesse udito i suoi pensieri, Shin si voltò sul fianco, rannicchiandosi faccia a faccia con lui; intrecciò una mano alla sua e, senza smettere di sorridere, ma addolcendo l'espressione, soffiò gentilmente sulla ciocca di capelli che gli ricadeva sulla fronte.
Shu rabbrividì, ingollò e rabbrividì ancora. Caldo sulle guance, freddo sulle mani. Chiuse gli occhi e affondò il viso su una spalla di Shin, stringendo forte la mano che l'aveva cercato.
Shin era sul punto di accentuare il contatto, quando un considerevole peso piombò, non troppo delicato, sopra di loro.
“MIAO!”.
“Ryo!” avvampò Shin, cercando di liberarsi dal groviglio che si venne a creare.
Shu sobbalzò, quasi non rendendosi conto di quello che stava succedendo.
Touma si ritrasse in un angolo: avere le gambe mai ferme di Ryo sul proprio petto non era la sua idea di comodità.
“Più che essere arrivato un gatto, sembra essere giunto un terremoto in piena regola” commentò arricciando il naso. “Potevi dirlo che ti serviva spazio”.
“Io penso che Ryo sia più pericoloso di molti terremoti, soprattutto per Shin e Shu”.
Il tono di Seiji sembrava sostenuto ma, in realtà, mentre parlava sorrideva, togliendosi con compostezza la giacca elegante.
Con prontezza invidiabile, Ryo afferrò un cuscino e glielo lanciò, un insulto giocoso sulle labbra; Seiji, che aveva previsto ogni cosa, spostò appena il capo e il cuscino passò oltre, andando a far oscillare pericolosamente un vasetto di ceramica su una mensola.
“Hey!” scattò Shin, mettendosi seduto, “siete appena arrivati e già distruggete casa?!”.
Shu allungò una mano, afferrò un braccio di Ryo e lo fece crollare rovinosamente addosso a Shin e a se stesso.
“Sei il solito iperattivo!” esclamò e, con mano dispettosa, andò a scompigliargli i capelli con tanta energia da fargli girare la testa.
“Purtroppo è un micio” sbuffò Touma, accaparrandosi uno degli ultimi due futon rimasti liberi. “E i mici di notte non dormono, fan casino... tranne Byakuen”.
Seiji camminò eretto fino a loro e li sovrastò, riportando il cuscino lanciato e lasciandolo ricadere, a caso, sulla massa di corpi, sul viso sempre quell'espressione, un po' ironica, un po' maliziosa.
“Vi avviso, ad ogni calcio o manata che mi arriverà durante la notte, li restituirò tutti e con gli interessi”.
“Io non lo farei mai!” dichiarò con aria innocente Touma: aveva quello sguardo da Panda in mancanza di bambù o di giochi.
“Preferisco prevenire, orsetto, non vorrei dover decidere di dormire con la mia spada”.
Si chinò con quel sorriso assurdo, posando un ginocchio a terra e passò un indice sotto il mento di Touma, inarcando il sopracciglio visibile e cantilenando a labbra chiuse un nuovo avvertimento.
“Non sia mai!”.
Era mancanza di giochi, davvero.
Ryo piombò in mezzo a loro, strappando a Seiji un ringhio tra i denti.
“E se dormissimo tutti e due con le nostre spade? Io ne ho addirittura una coppia!”.
Touma si alzò a sedere, un'aria indignatissima sul viso.
“Ma accontentarvi di cose morbide come i cuscini o le persone, no?”.
Il naso di Ryo si piantò contro il suo.
“Ma vuoi mettere quanto sarebbe divertente usarle per giocare, anziché per combattere?”.
“Ryo...” si intromise Seiji, “anche se le usi per giocare, tagliano”.
Shin e Shu si scambiarono un'occhiata alquanto stranita.
Ma che si erano messi in testa?
“Le armi stanno fuori casa. O in giardino o in una palestra. Non in casa!”.
Aveva parlato la voce della ragione.
Ryo si lasciò cadere all'indietro e la sua nuca si ritrovò sul grembo di Touma.
“E ascoltiamo QI-sama, allora”.
“Pff…” soffiarono le labbra di Shin, nel principio di una risata.
Touma storse un attimo il naso e lo scrutò.
“Oh, sì sì... molto divertente...”.
Poi tornò a guardare Ryo e finì per tirargli con non troppa grazia le guance.
“Non è il mio 'QI-sama' che parla qui, è il mio buonsenso-sama... se vogliamo che questa casa rimanga in piedi”.
Mentre Ryo piagnucolava proteste sottoposto alla tortura di Touma, Shin trillò:
“Sono d'accordo con il panda, forse devo preoccuparmi?”.
“Non di me” sussurrò Shu avvinghiandosi stretto a lui. Potevano parlare, urlare, gettarsi i cuscini... ma dovevano lasciargli Shin tra le braccia.
Shin sussultò a quella stretta, sgranò gli occhi: il modo in cui Shu mostrava di avere bisogno di lui, della sua vicinanza fisica, il modo in cui gli trasmetteva la propria adorazione, gli dava un senso di struggimento quasi doloroso, perché non riusciva proprio a credere di meritarlo. Lottando contro la commozione che gli pungeva gli occhi, li chiuse e spinse il capo all'indietro, sulla spalla del compagno.
“Oh, Shu... Shu...” bisbigliò.
“Sono qui...” giunse il bisbiglio in risposta, assieme a una stretta ancora più calda e tenera.
Era lì... tutti loro erano lì, ed era vero.
Era... vero?
Una terribile idea si affacciò alla sua mente: avevano incontrato nemici con poteri straordinari nel corso delle loro battaglie, nemici che avevano fatto loro capire come niente fosse impossibile.
E se uno di questi potenti nemici, anche in quel momento, si stesse prendendo gioco di loro, imprigionandoli in un'illusione, un bellissimo sogno dal quale li avrebbero fatti risvegliare nel peggiore dei modi?
Si portò una mano alle labbra e li fissò tutti con espressione terrorizzata.
“Shin...” mormorò Seiji.
“Cosa c'è... Shin?” gli fece eco Ryo.
“Pesciolino?” sussurrò Shu sfiorandogli una guancia. “Che succede?”.
Touma lo guardava dal suo posto con viso serio, l'aria di aver già visto quell'espressione.
“Shin...”.
Gli occhi del ragazzo di Hagi si fecero un po' meno enormi, ma altrettanto sconvolti mentre continuava a guardarli; schiuse le labbra, ma non riuscì a dire nulla finché, colto da un autentico impeto di rabbia disperata, raccolse nervosamente tra le braccia, in un mucchio, le coperte più vicine:
“Maledizione, lasciatemi in pace!”.
Desiderando scagliarsi contro quegli youja immaginari, schiacciò le coperte a terra e vi affondò dentro i pugni, con ferocia, il respiro affannoso.
Ryo tese le mani verso di lui, senza toccarlo.
“Ma... Shin! Con chi ce l'hai?”.
Era difficile entrare nella mente di Shin. Non impossibile, ma difficile. E non era detto che ogni volta ci si potesse riuscire.
“Shin...?”.
Shu avrebbe voluto toccarlo, abbracciarlo in quel momento... ma era così strano. E aveva, soprattutto, la netta sensazione che l'avrebbe rifiutato. E allora tutto l’incanto si sarebbe spezzato.
 
Era davvero difficile capire Shin. Riuscire a distinguere le fughe strane e inconsulte dei suoi mille pensieri. Ma difficile non era impossibile. E Touma lo sapeva bene.
Con Shin bisognava agire in una sola direzione, senza perdersi per strada. Bisognava mirare, scoccare e colpire. In fondo il kyudo aveva un certo uso anche nella vita vera.
Il braccio di Touma si allungò sopra la coperta che, nel frattempo, Shin si era tirato addosso e la mano l'afferrò con forza, tirandola con energia: quando essa si ritrovò a mezz'aria, scoprendo in parte il nakama, Touma vi si infilò sotto, andando direttamente al viso del nakama e scontrandosi vivacemente contro la sua fronte.
“Il Panda non lascia in pace il Pesciolino. Il Pesciolino vuol parlare col Panda?”.
Contrariamente a quello che Shu temeva, Shin non aveva nessuna intenzione di rifiutare il contatto fisico con loro, anzi, ne aveva un bisogno persino eccessivo, perché doveva dare concretezza, il più possibile, alla loro presenza. Così Touma si vide letteralmente assalire dal suo abbraccio, le orecchie colpite dai suoi strilli un po’ isterici:
“Li odio, li odio, li odio, non li sopporto più!”.
Ryo sbatté le palpebre.
“Ma.. di chi parli?”.
Seiji osservava tutto attentamente, senza scomporsi.
“Spero sia chiaro a tutti che non ce l'ha con noi”.
Davanti alla reazione piuttosto chiara sotto le coperte e alle parole di Seiji, Shu prese coraggio e, afferrato un lembo, si infilò sotto.
“Sh-Shin?”.
Non ebbe quasi modo di vedere o sentire qualcosa, perché Touma lo afferrò per una mano e lo attirò nell'abbraccio in cui Shin l'aveva fatto capitombolare.
“Ci senti, Pesciolino?” sussurrò poi Touma. “Siamo noi, solo... noi”.
Shin si avvinghiò ad entrambi, come se temesse di sentirseli sfuggire via dalle mani, mentre rispondeva a Seiji, sempre con quella vocetta alterata ed acuta:
“Ma certo che non ce l'ho con voi!”.
Ryo si intrufolò nell'abbraccio, prese tra le mani il viso di Shin, rincorrendo i suoi occhi sconvolti.
“Con chi, allora? Parla!”.
Usò un tono di gentile comando, perché Shin percepisse la sua sicura solidità.
“I... miei pensieri” bisbigliò Shin, vinto, “i miei... maledetti pensieri... che vogliono spaventarmi”.
Ormai la coperta era caduta a terra, mostrando a Seiji quello strano groviglio di abbracci e facce preoccupate.
“Cancellali e infilaci dentro noi!” disse risoluto Touma.
“Pesciolino, noi ci saremo... sempre” sussurrò Shu con aria ancora ansiosa, tenendo una mano di Shin tra le proprie.
Shin tremò; credeva ai ragazzi, eccome se ci credeva, ma...
“Potrebbero... ancora ingannarci; hanno sempre voluto tenerci lontani... e se anche adesso, loro.... ci stessero ingannando?”.
“Non è così! Io lo sento!” Shu, finalmente, aveva alzato la propria voce. “Sapremmo... sapremmo davvero se così non fosse! E io so che questo è tutto vero! Che noi siamo assieme e lo rimarremo... per sempre!”.
Shin respirò profondamente, tentò di immergersi nella limpida sincerità degli occhi di Shu. In quel momento anche Seiji gli si accostò e gli mise una mano sulla spalla.
“Ne sono sicuro, pesciolino, nessun pericolo per noi, adesso; nessuno ci sta ingannando, siamo noi e siamo insieme e ci stiamo preparando a vivere insieme”.
“E se lo dice la nostra luce...” ridacchiò Ryo.
“Vero!” aggiunse Touma. “Seiji non può prendere un abbaglio” e a quella battuta fece seguire una linguaccia.
Shu, senza più parole, andò ai fatti: portò la mano di Shin alle proprie labbra e la baciò, posandola infine su una sua guancia.
Shin si aggrappò con forza a quella mano ed abbassò il viso.
“Va bene, però... però io... non voglio dormire… voglio far arrivare mattina guardandovi e... e... toccandovi… e...”.
“Certo” bisbigliò Shu socchiudendo gli occhi. “Tutto quello che vuoi”.
“Staremo svegli tutti, ok?”.
Touma e le sue uscite. Proprio sul sonno. Eppure sembrava crederci.
“Mi dispiace però” pigolò Shin, “con tutto quello che avete passato... e domani dovete pure partire!”.
“Dormiremo sul treno” parlarono in coretto Shu e Touma. Poi si guardarono e scoppiarono in piccole risatine.
“Sicuro” sbottò Shin, “così mi fate sentire proprio tranquillo; uno si ritroverà a Kamakura e l'altro, conoscendo il suo sonno leggero, si risveglierà giù a casa mia!”.
Un'unanime risata accomunò Ryo e Seiji.
“Allora tornerò indietro... tanto ci vuole poco” Shu fece un occhiolino a Shin, che rispose con un leggero arrossamento delle gote.
Il borbottio che uscì da Touma era un po’ più impettito.
“E allora mi metterò al collo un cartello con scritto 'svegliatemi a Osaka'! Devo fare le valigie velocemente, non posso perdermi in quisquilie!”.
Le menti di Ryo e Seiji furono attraversate dall'immagine di un Touma dormiente sul treno con un cartello appeso al collo ed entrambi si lasciarono cadere sui futon levando risate verso il soffitto.
“Tsch”, lo sdegno apparve sul viso di Touma. “Solo perché voi due non lo fareste”.
Shu tossicchiò nascondendo la risata.
“F-forse R-Ryo”.
Ryo rotolò in posizione prona, le dita intrecciate sotto al mento.
“Io lo farei per curiosare le reazioni della gente”.
Touma sbuffò e si sistemò, comodo comodo, sotto il futon, abbracciando il cuscino con l'aria di apprezzare fin troppo la posizione.
“Inventatevi un sistema per tenermi sveglio sul treno, allora”.
L'idea giunse chiara alla mente di Shin, come una limpida ovvietà, era così semplice.
“Ti accompagno!” esclamò, mettendosi carponi sul futon, simile ad un cucciolo, la coperta che gli scivolava via dalla schiena.
Touma alzò lo sguardo incerto su Shin, poi fece uno strano sorriso.
“Dovrai prepararti alla mia tremendamente incasinata casa”.
Shu storse il naso, sbuffando e non riuscendo a trattenere un:
“Fortunato...”.
Il nasino di Shin si arricciò.
“Non arrabbiarti, scimmietta, tu devi andare più vicino!”.
“Già e non ho problemi di sveglia come qualcuno” e ovviamente Shu guardava Touma.
“Se hai un metodo migliore, lascio Shin alle tue amorevoli cure”.
Accidenti alle idee.
“Non ne ho” mugugnò. Avrebbe cercato di rendere la sua assenza il più breve possibile... okaasan permettendo.
Shin fu attraversato da un dubbio:
“Però... forse... sono stato un po' maleducato ad auto-invitarmi, se il tuo otoosan è a casa, sarebbe meglio se rimaneste un po’ da soli”.
“Beh, un momento da soli ce lo si ritaglia, se vogliamo. E poi finalmente mio padre vedrà qualcuno di voi!” mento su una mano, Touma guardò Shin ed ammiccò. “Come minimo ti chiederà di cucinare qualcosa, visto che 'kaasan non fa altro che parlare dei tuoi piatti. Colpa mia, certo”.
Shin si illuminò.
“Lo farò volentieri! Non lo disturberò, credi? Non sarò indiscreto?”.
“Indiscreto?” Touma sbatté gli occhi, perplesso. “Credimi, un po’ di compagnia che non siano i suoi esperimenti o i suoi colleghi gli può fare solo bene. Parola di 'kaasan!”.
E quella donna la sapeva lunga sul suo ex marito.
Quel discorso rattristò un po’ Shin, come gli accadeva sempre quando pensava all'infanzia di Touma; sperò di non lasciarsi sfuggire, con l'uomo, nessun rimprovero, per quanto educato e diplomatico, avrebbe solo peggiorato la situazione.
“Comunque dovrei prepararmi... anche se staremo solo un giorno”.
Touma si stiracchiò, finendo anche con la testa sotto il futon: gli occhi semichiusi brillavano nell'oscurità creata sotto coperta.
“Se vuoi... altrimenti ti presto qualcosa io”.
“Per un giorno devo solo decidere cosa mettermi, posso anche farlo domattina, ma...”.
Si chinò allarmato verso Touma.
“Hey! Non addormentarti!”.
Questi sobbalzò, effettivamente era calato in un leggero torpore.
“Mettiti qualcosa di comodo per il viaggio e prendi lo spazzolino se vuoi!”.
Oh, era difficile però stare svegli, non si era reso conto di quanto fosse stanco.
Anche Shin era stanco, come tutti, ma quando tensione e stanchezza si accumulavano in lui, gli era ancor più difficile prendere sonno; si guardò intorno con la medesima espressione di un cucciolo bastonato e vide che anche gli altri stavano scivolando nel torpore, persino Ryo.
Sospirò; no, lui non sarebbe assolutamente riuscito a dormire.
Sui sensi poco attivi degli altri, scivolò un richiamo sottile e lamentoso:
“Ragazzi...”.
Shu si era stretto di nuovo a lui e, a quella preghiera, gli si avvinghiò addosso lasciando ancor meno spazio vuoto tra loro.
“Dimmi... koi...”.
Anche Ryo e Seiji borbottarono qualcosa.
“Ma... volete proprio dormire?” piagnucolò Shin.
“No...” cercò di rassicurarlo Ryo, ma la sua voce uscì impastata.
“Con te... tanto...” mormorò Shu, ormai più addormentato che sveglio. Touma già non dava segni di vita.
“Ma avevate promesso che non dormivamo!”.
“Ma io non dormo” rispose ancora Ryo dall'oltretomba.
“Nemmeno... io...”.
La voce di Shu era sempre più flebile.
Un sospiro rumoroso, con un verso di apprezzamento sonnolento, venne da Touma, il primo ad essere crollato dopo la giornata campale: mani sotto il cuscino, viso appena visibile, aveva un'espressione beata sulle labbra.
Seiji neanche rispose, segno che per lui l'argomento era chiuso.
Shin sbatté le palpebre, sporse il labbro inferiore, nella medesima espressione tipica dei bambini delusi e sospirò. Avrebbe dovuto rassegnarsi a dormire anche lui, così si rannicchiò sul futon e provò a chiudere gli occhi.
In fondo era stanco, tanto stanco, ma quel buio, il silenzio, era tutto troppo simile alla dimensione in cui l'aveva intrappolato Suzunagi, per sottoporlo alle torture psicologiche che l'avevano portato ad impazzire interiormente.
Non la odiava, era lieto di aver contribuito a riscaldare la sua anima, ma non sarebbe stato facile dimenticare i tormenti cui aveva sottoposto tutti loro.
Ecco, lo sapeva... luce spenta, tentativo di dormire e pensieri che giungevano, puntuali, ad impedirgli il riposo di cui avrebbe avuto bisogno.
Sospirò ancora, lasciandosi sfuggire un piccolo gemito, mentre si voltava sul fianco opposto, poi di nuovo sull'altro, poi pancia sotto, poi di nuovo su un fianco. Non ce la faceva a stare fermo.
Infine anche Shu si mosse, tanto da portare il viso di Shin sul proprio petto. Poi strofinò il proprio viso sul suo capo, sussurrando un koi... e tornando, con estrema tranquillità, in mezzo al sonno.
Shin gemette di gratitudine nella stretta, in quelle braccia che funzionavano come un balsamo lenitivo per lui, ma il sonno non veniva, continuava a non venire. Il suo cuore batteva troppo forte.
Così, tentando di fare piano, scivolò via dalla stretta e si sollevò sulle mani e sulle ginocchia: fuori faceva freddo, ma aveva bisogno d’aria.
  
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