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Autore: DarkYuna    14/02/2019    0 recensioni
(Seconda parte di "Ricama il mattino con i fili della notte")
Dal nono capitolo:
"La luce opalescente del giorno vicino alla morte si riverbera suggestiva nei suoi occhi
e le iridi trasparenti albeggiano su un cuore che si strugge, nella forza tragica,
di un amore non corrisposto.".
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Evans, Nuovo personaggio, Sebastian Stan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.









 
Che cos'è un'emozione?
In psicologia viene esposta come una condizione complessa di pulsioni che si traducono in mutamenti corporei e mentali che influenzano il pensiero e il comportamento.
E quando un'emozione ed un pensiero si fondono in un amalgama omogenea, diamo vita ad un'essenza eterea ignota, quasi uno stato di grazia, in cui ci immergiamo dalla testa ai piedi, spesso dolente, che accende, ci impedisce di dormire bene e mangiare, di ragionare, ma che a volte può elargire una gioia smisurata: l'amore.
Ma cos'è che nasce per prima?
Un'emozione o un pensiero?
Ci si innamora e poi lo si comprende oppure si capisce cosa sta accadendo e il cuore risponde alla domanda posta dal cervello?
L'amore lo si pensa, lo si prova o entrambe le cose al contempo?
Lo si capisce o lo si sente?
Come ci si può innamorare di un pensiero?
Perché, ad una settimana, non riesco a fare altro che rimuginare su qualcuno che mi ha respinta, dipende dall'orgoglio ferito? Dal non poter avere qualcuno che mi sono riscoperta desiderare violentemente? Centra la psiche umana o sono solamente stupida?
Io opto per l'ultima opzione, anche perché chi è che si invaghisce di un uomo di cui non sa nulla e che, molto probabilmente, non vedrà mai più?
 
 
Torturo sovrappensiero il labbro inferiore tra il pollice e l'indice, immersa in concetti interiori e spiegazioni che non hanno riscontro, fisso un punto indefinito al di là della vetrata principale del bar, mentre al tavolo dove sono seduta, altre tre persone chiacchierano allegre. Le loro voci concitate sono impermeabili alle orecchie, troppo indaffarata a frugare nell'anima per avere una risposta che invece è ubicata nel cervello.
 
 
<< Tu che ne pensi? >>, chiede ad un certo punto Josephine, accanto a me. È una cara amica italiana della signora Andria, si è trasferita a Boston due anni fa, ha aperto un punto di ritrovo per molti lavoratori nei dintorni che pranzano qui, una scusante per non tornare a casa e cucinare. Ho legato subito con lei, è tra le migliori amiche che potessi avere.
Sono piena di conoscenti che sono attratti dal mio carattere solare ed esuberante, ma le amicizie, quelle vere, sono davvero poche.
 
 
<< Di cosa? >>. Mi desto dalla mia bolla privata, per introdurmi nella conversazione.
 
 
<< Cosa farai a capodanno? >>, domanda Anastasiya. I lunghi capelli d'argento sono resi più chiari dalla luce che filtra dalla vetrata. Mi guarda turbata, ha capito che c'è qualcosa che non va, ma aspetta che sia io a raccontare, non vuole essere invadente.
 
 
<< Noi stavamo pensando ad una festa. >>, propone Jillian, elettrizzata dell'idea. Tra le quattro, lei è l'ultima che si è unita a noi nei pranzi da Josephine, lavora per una profumeria che spesso vado a saccheggiare e condivide l'appartamento con me ed Anastasiya.
Siamo tutte più o meno coetanee, tranne Josephine, ma la sua vivacità è quella di una ventenne, quindi si ben adatta a noi.
 
 
Schiocco la lingua al palato.
<< Non contatemi. >>, rendo noto demoralizzata. << Sono dai miei genitori da Natale fino a Capodanno a sorbirmi i parenti e le loro domande invadenti, su quando mi sposo e quando sforno figli. >>.
 
 
Anastasiya inarca le sopracciglia, sa perfettamente che il mio pessimo umore non è dato da ciò che mi attende per le feste, perché solitamente la tiro sul ridere e faccio battute divertenti.
<< Si può sapere che hai? Sei strana da un po'. >>.
 
 
Josephine poggia una mano sulla schiena, come per volermi incoraggiare a vuotare il sacco.
<< È successo qualcosa? >>, insiste dolcemente lei.
 
 
Curvo le spalle all'ingiù, batto più volte le palpebre e tiro da un lato l'angolo della bocca.
<< Voi credete che ci si possa innamorare di qualcuno di cui non si sa nulla, che vi ha perfino respinte e che non rivedrai mai più? >>.
 
 
Le loro espressioni sono turbate, ma non perché io mi sia innamorata (evento più unico che raro), ma perché non sono ricambiata.
<< Che? >>, sbotta Jillian scandalizzata, ravvivando la chioma dai riccioli rossi, si scambia occhiate sbalordite con le altre. << Qualcuno ti ha respinta? E chi era questo pazzo? >>.
 
 
Sbuffo appena, so che una volta detto quel nome si scatenerà l'inferno.
<< Sebastian Stan. >>.
 
 
Cala un silenzio confuso, sui loro visi ci sono espressioni diverse ed indecifrabili, Anastasiya è la prima a parlare.
<< Stai dicendo che hai incontrato Sebastian Stan? Quel Sebastian Stan? >>, boccheggia quasi, sotto shock. Siamo tutte fans della Marvel e quindi ci siamo trovate spesso a parlarne, specialmente del fatto che Chris Evans è il marito della mia datrice di lavoro: era inevitabile spettegolare. Chris Evans fa gola a chiunque, anche se ormai impegnato.
 
 
Annuisco più volte, con una mimica alquanto buffa, che non fa ridere nessuno, tantomeno me.
<< Conosci altri Sebastian Stan? >>.
 
 
<< Quando? >>, incalza Jillian esterrefatta.
 
 
<< La settimana scorsa... e cazzo, sono una deficiente, perché ci ho provato. Vi rendete conto, l'ho inseguito come una scema ed ho provato a combinare qualcosa. >>.
 
 
Josephine si intromette, è quella più strana di tutte.
<< Era venuto in libreria? >>, domanda fredda. Gli occhi azzurri sono severi e gelidi.
 
 
<< Sì, cercava Andria, però lei era uscita per delle commissioni. >>.
 
 
Anastasiya appare scombussolata.
<< Mi stai dicendo che Sebastian Stan ti ha respinta? >>, sbotta, come se non riuscisse a crederci. << Cioè lui ti ha respinta? Ma siamo certi, come cazzo è possibile? Tutti quelli che conosciamo venderebbero l'anima al Diavolo per avere una possibilità con te e questo demente che fa? Ti rifiuta?!? Si deve essere ribaltato il mondo, altrimenti non si spiega. >>. È sinceramente confusa dal racconto. << Ma sei certa che fosse lui e non un sosia, per giunta coglione? >>.
 
 
Rido apertamente e, dopo sette giorni, l'umore migliora.   
<< Purtroppo era lui... e, benché mi abbia respinta, io non riesco a togliermelo dalla testa. >>, confesso sconsolata. Un paradosso del genere poteva capitare solo che a me.
 
 
<< Devi. >>, impone secca Josephine. Sta avendo una reazione bislacca, è pallida, i lineamenti del viso sono duri, sembra quasi che stia serrando la mascella. << Devi togliertelo dalla testa Elaine: Sebastian Stan non fa per te. >>.
 
 
Increspo le sopracciglia, non ha mai reagito così, è strana, non sembra la solita Josephine, con un consiglio saggio per tutti: sa qualcosa che io ignoro.
<< Sebastian Stan ha detto lo stesso. >>, faccio notare seccata. << E giuro, giuro, giuro, che questo "non fare per me" non capisco se dipenda appunto da me o se c'è dell'altro. >>.
 
 
Il viso di Josephine si rilassa, ha tre paia di occhi puntati addosso, che aspettano una spiegazione decente.
<< Avete quindici anni di differenza, Elaine, non ti sembra un motivo abbastanza valido? >>.
 
 
<< Sinceramente è una cazzata. >>, commenta piccata Jillian, contrariata. << Anche i miei genitori hanno quindici anni di differenza e sono felici più che mai. >>.
 
 
<< Non è un motivo valido. >>, continuo io. << L'età è solo un alibi per un motivo principale più importante. Se due persone si piacciono davvero, l'età non la prendono neppure in considerazione. >>.
<< Giusto. >>, approva Anastasiya. << Quindi o è impegnato, ma te l'avrebbe detto... oppure è stronzo. >>, stabilisce.
 
 
<< Voi siete giovani. >>, riprende Josephine bonaria, dapprima rivolta a tutte, poi singolarmente alla sottoscritta. Accarezza il mio viso e i capelli, come fa mia madre, quando vuole darmi affetto incondizionato. << Tu sei giovane Elaine, credi all'amore eterno, al principe azzurro, all'anima gemella, ma il mondo ha perso questa magnifica magia che vive salda e potente nel tuo cuore, la tua anima è così preziosa e piena di luce, che riesci a contagiare chiunque, ti illudi che chiunque sia un po' come te, però non è così... e lo so che lo sai, ma tu sei un sole di mezzanotte e, nell'oscurità brilli più forte che mai. Ci conosciamo da tanto io e te: noi tutte. Se ti dico che Sebastian Stan non è per te, cerca di fidarti delle mie parole. >>.
 
 
Rifletto attentamente sulle frasi appena udite.
<< Quindi Sebastian Stan non è un principe azzurro? >>, chiedo armoniosamente, per spegnere definitivamente la questione, non voglio ulteriori intromissioni esterne.
Ho parlato del frangente, non per un consiglio, in realtà cercavo un appoggio morale ed ho ottenuto qualcosa non richiesta.
Sono così, abbastanza testarda da non mollare, nemmeno se sono consapevole che mi farò del male. Poi penso che non so neppure dove ritracciare Sebastian Stan, forse Andria avrebbe potuto darmi qualche ragguaglio: ci spero.
 
 
<< No, non lo è. >>, dichiara determinata, dietro l'avvertimento c'è un contenuto arcano che non colgo e che lei non decifrerà mai, per questo non aggiungo altro, ma partecipo relativamente alla chiacchierata che ne segue. Ho la mente smarrita in altro, in un paio di occhi azzurri che mi hanno ammaliata senza possibilità di scampo.
 
 
Più tardi, finito il pranzo, cammino verso la libreria, la conversazione su Sebastian Stan echeggia ancora tra le pareti del cervello, analizzo minuziosamente le risposte di Josephine ed attribuisco loro un miliardo di significati diversi e sconclusionati: uno peggio dell'altro.
Ascolto l'mp3 mentre attraverso accorta la strada, John Legend canta per me le parole che vorrei sentirmi dire un giorno da qualcuno che mi ami incondizionatamente.
 
" 'Cause all of me
Loves all of you
Love your curves and all your edges
All your perfect imperfections
Give your all to me
I’ll give my all to you
You’re my end and my beginning
Even when I lose I’m winning
'Cause I give you all, all of me
And you give me all, all of you
How many times do I have to tell you
Even when you’re crying you’re beautiful too
The world is beating you down, I’m around through every move
You’re my downfall, you’re my muse
My worst distraction.".
 
Distratta considero di sfuggita lo scenario davanti a me, frattanto che mi tolgo in fretta dalla carreggiata e con un dolorosissimo tuffo al centro del petto, prendo cognizione che il protagonista delle mie turbe interiori è qui.
Sebastian Stan è fermo dinanzi la saracinesca abbassata della libreria, mi ha già vista da un pezzo, quindi se voleva evitarmi avrebbe avuto tutto il tempo per farlo. Se è rimasto, ha intenzione di parlarmi.
 
 
<< Perfetto. >>, farfuglio senza muovere le labbra, spegnendo l'mp3 e togliendo le cuffie, per riporle nella borsa. Rovisto nella tasca esterna per recuperare le chiavi del negozio.
Potrei benissimo scappare, evitare il confronto dopo la pessima figura, il due di picche brucia parecchio, invece no, perché fondamentalmente soffro di una qualche forma inconsueta di masochismo psichico e mi piace farmi del male.
Ha una giacchetto di pelle su una camicia di jeans e mi domando come faccia a non morire di freddo a Dicembre, quando io sto gelando con strati su strati di lana pesante. Anche se quest'anno non ha ancora nevicato, c'è un freddo che fa ghiacciare il sangue.
Si è rasato la barba, ha tagliato i capelli, non dimostra per nulla la sua età, appare anche più giovane di me. Ed è dannatamente bellissimo.
 
 
<< C-ciao. >>, pronuncio per prima, incerta del motivo per cui è qui.
 
 
Tira una mano fuori dalla tasca del giacchetto e mi saluta con un cenno gentile.
<< Disturbo? >>, chiede come se nulla fosse.
 
 
Non ho intenzione di replicare una seconda scenetta patetica, mi è bastata la prima volta, quindi resto neutra e a tratti gelida.
<< Andria non c'è. >>, appuro in fretta, perché se è di nuovo qui di certo non è per me, è stato abbastanza chiaro l'ultima volta. Faccio per alzare la saracinesca, ma lui è più veloce e lo fa per me, tagliando di netto le distanze, me lo ritrovo più vicino di quanto ponderassi.
Non dovrei contemplarlo come se fosse l'ottava meraviglia del mondo, Sebastian si accorge della mia espressione da pesce lesso e sorride inevitabilmente, aggravando il mio status da vegetale. Non ne vengo fuori.
 
 
<< Non sono qui per Andria. >>, risponde, inumidendo sensualmente le labbra e fissandomi con le iridi di un azzurro liquido. Non lo fa di proposito, essere affascinante gli viene naturale come bere un bicchier d'acqua.
 
 
<< Devi comprare un libro? >>, chiedo leggera, intontita dalla circostanza illecita, ho il cuore che batte furioso nel petto e sto iniziando a sudare copiosamente.
 
 
Il sorriso si fa ampio, mostra una cinta di denti perfetti e bianchissimi, gli occhi brillano. Non mi sta prendendo in giro, tuttavia lo rallegrano le mie reazioni buffe.
<< No. >>, ribatte divertito. Deve essere così ovvio, che solo il mio cervello rallentato non ha compreso il motivo della sua presenza oggi, quindi gli tocca essere più chiaro. << Sono venuto per scusarmi di come mi sono comportato l'altra volta. >>.   
 
 
<< Perché? >>. Infilo la chiave nella toppa ed apro la porta. Lui mi segue, incerto se può entrare o meno, non attende un chiaro invito, lo fa perché sto continuando a parlargli.
 
 
<< Perché mi sono comportato male. >>. Fondamentalmente non si è comportato male, non mi ha maltrattata o presa a male parole, è stato anche fin troppo cordiale.
 
 
<< No, non intendo quel perché, ma perché pensi di esserti comportato male? Hai fatto quello che avrebbe fatto chiunque. >>.
 
 
È fin troppo paziente, ha tra le mani una bella gatta da pelare, che non mollerà così facilmente con una spiegazione risicata.
<< Non credo che chiunque possa fare quello che ho fatto io... specialmente se la ragazza in questione è... bella come te. >>.
 
 
<< La bellezza non è tutto. >>, commento saccente. Lui non si è comportato male, però mi sono offesa ugualmente e giocare a fare la preziosa è una soddisfazione che non posso lasciarmi scappare.
 
 
<< All'inizio funziona così: è la bellezza a colpire, non si può essere ipocriti su questo. Sono qui per capire se c'è dell'altro oltre ciò. >>.
 
 
Accendo gli interruttori che, uno dopo l'altro, prendono vita e rischiarano gli interni raffinati della sala dalle pareti rosse. Poi è la volta della radio, la musica accompagna in sottofondo la conversazione ed infine è la volta dei riscaldamenti.
<< Mi stai chiedendo di uscire? >>, sbotto scompaginata. Prima mi rifiuta e poi ci ripensa, Sebastian Stan è come la giostra dell'ottovolante, il cambio d'idea mi fa girare la testa.
 
 
<< Sì. >>, ammette semplicemente, ed è davvero una missione impossibile non accettare di corsa.
 
 
Vado dietro il bancone, avvio il computer e faccio fatica a guardarlo, perché se lo facessi, tutta l'audacia che sto usando per vendicarmi, verrebbe meno.
<< Sai, non so se compiacermi perché continui a dirmi che sono bella o se offendermi perché vuoi capire se sono intelligente: l'una non esclude l'altra. >>.
 
 
Si accosta al bancone, incrocia le braccia su di esso, ed avverto i suoi occhi indagatori perforarmi.
<< Lo so. >>. Sta per intavolare una conversazione, ma lo blocco nuovamente e lo travolgo con una mandria impazzita di parole.
 
 
<< Cosa è cambiato in una settimana? Abbiamo ancora quindici anni di differenza o sono invecchiata nel frattempo? Magari adesso sono io quella sbagliata per te, scopriremo che sono pure una stupida senza cervello... vedi stiamo già litigando, iniziamo proprio al contrario io e te, quindi direi che è meglio finirla qua, ti pare? >>.  
 
 
Non ottengo alcuna risposta, così sono costretta a considerarlo, pentendomene un istante dopo. Ha il gomito puntellato sul bancone, il viso adagiato sul palmo della mano e mi osserva con un sorriso arreso, mi soffermo un secondo di troppo sulle piccole rughe d'espressione attorno agli occhi che mi riscopro amare selvaggiamente. Le sopracciglia arcuate ne creano altre sulla fronte spaziosa.
È... perfetto.  
 
 
Batto più volte le palpebre per snebbiare il cervello, le facoltà intellettive mi abbandonando di colpo e dimentico perché sono risentita.
<< C-cosa stavo dicendo? >>, domando imbambolata, nuovamente traviata dalla sua presenza deleteria.
 
 
<< Che volevi uscire con me. >>, mente in una maniera molto convincente.
 
 
<< Che volevo uscire con te... >>, reitero quasi convinta che abbia ragione. Perché mi sto opponendo? Ah sì, perché mi ha scaricata senza un motivo e adesso ci ha ripensato. << No che non voglio uscire con te, nell'arco di cinque minuti sei riuscito a farmi un complimento e ad offendermi, stiamo perfino bisticciando, poi ci sarà il divorzio, ci litigheremo i figli, il cane andrà a te e il gatto a me, io tornerò al mio appartamento e tu nella tua villa ad Hollywood, dopo esserci fatti una guerra all'ultimo sangue su chi ha ragione e chi ha torto, i fine settimana i bambini verranno da te, le vacanze una volta a ciascuno, non ci sarai alle loro recite scolastiche, io mi incazzerò parecchio, loro piangeranno e verranno su complessati e saranno degli adulti terribili: non sono pronta a tutto questo, Sebastian. >>, decido, con fare melodrammatico.
 
 
Ascolta tutta la filippica in un silenzio colpito, ha sulla bocca imperlata l'ombra di un sorriso sbalordito, che ben presto si trasforma in una risata incontrollata.
<< Io non abito ad Hollywood. >>, è la candida risposta all'intero sermone che ho snocciolato.
 
 
Porto una mano sul cuore, sto ancora recitando.
<< Oh bene, ora mi sento davvero meglio. Avremo figli meno complessati allora. >>.
 
 
Ci studiamo per una manciata di secondi in attesa che uno dei due dica qualcosa, per poi sfociare in una risata che sotterra definitivamente l'ascia di guerra.
<< Visto che iniziamo già con un divorzio e i bambini sono dai parenti, che ne dici se sabato sera proviamo a riconciliarci, prima che io torni alla mia inesistente villa ad Hollywood? >>. Ha ancora voglia di scherzare, ed io non chiedo di meglio che giocare, per rompere definitivamente il ghiaccio e fare un passo più vicino a lui.
 
 
Mi approssimo appena, accorciando lo spazio, ma non troppo perché temo una mia qualche strana reazione strampalata. Non ho controllo se è nei paraggi e devo capire se questa cosa mi piaccia o no.
<< Il gatto lo tengo comunque io. >>.
 
 
Di riflesso Sebastian dimezza totalmente le distanze e me lo ritrovo a cinque centimetri dalla faccia, gli occhi sono due fari in una notte senza luna che abbacinano e faccio sul serio fatica a concentrarmi.
<< L'importante è che non ti arrabbi quando mancherò alle recite dei nostre cinque figli. >>.
 
 
<< Cinque figli!? >>, scoppio di stucco, allontanandomi dall'effetto devastante che sta avendo sui miei poveri neuroni. << Mi hai scambiata per un'incubatrice? >>.
 
 
Mi afferra delicatamente per il colletto del maglione, inducendomi ad avvicinarmi nuovamente, troppo vicino, eccessivamente vicino, avverto il respiro caldo martellarmi sulla bocca e tutto dentro di me impazzisce.
<< Magari sabato diventeranno sei. >>, annuncia provocante e il cervello diventa d'improvviso un colabrodo. Inumidisce nuovamente le labbra e sono costretta a trattenere la mandibola con le mani, prima che debba raccoglierla dal pavimento.
 
 
Deglutisco rumorosamente, il gioco l'ho iniziato io, non posso tirarmi indietro proprio adesso, sebbene si stia evolvendo in maniera impulsiva. Vorrei dire qualcosa di sagace, ma sono assorbita dall'ammirare le iridi di un azzurro infuocato, che mi dimentico perfino come si respira.
<< Però. >>, riprendo con una nota stridula nella voce, che elimino schiarendo la gola. << Ti porto io in un bel posto. >>. D'improvviso il mio vasto e ricco vocabolario si riduce a pochi banali termini, esternati addirittura male.  
 
 
C'è una certa tensione sessuale che è venuta a crearsi d'improvviso e quasi è palpabile tra noi due. Non so se è esattamente questo che voglio e se è la strada giusta da imboccare, però mi lascio guidare dall'istinto, non voglio governare nulla, so che sto per dargli pieni poteri sulla mia vita. E, se da una parte ne sono spaventata a morte, dall'altra l'idea mi eccita da morire.
Mi tiene ancora avvinta per la stoffa del maglione e, mentre tento ostinatamente di ritrovare un briciolo di dignità, Sebastian si addossa in maggior misura. Sono certa che stia per baciarmi, il cuore mi conflagra letteralmente nel petto, le gambe sono due gelatine, la bocca si prosciuga dalla saliva, ma, contrariamente alle aspettative, lui si sporge al di là del bancone per recuperare un block-notes e una penna, offrendomeli.
 
 
<< L'indirizzo. >>, mormora. Nelle iridi vedo un guizzo di pura soddisfazione maschile per essere riuscito a zittirmi senza fare praticamente nulla.
 
 
<< D-di cosa? >>.
 
 
<< Di casa tua. Scrivimi il tuo indirizzo e sabato sarò puntuale sotto casa tua alle sette, per andare dove desideri. >>. Usa le parole con accortezza, le lambisce con un tono inebriante e lussurioso, sceglie di proposito quelle giuste, quelle che possono colpire ed affondarmi, niente è lasciato al caso: è un predatore nato.
 
 
Necessito di qualche secondo per riprendermi, la mano sussultante afferra la penna dalle sue mani affusolate e calde, ed appunto il mio indirizzo con una calligrafia raffazzonata. Strappo il foglio, Sebastian lo ripiega e se lo infila nella tasca dei jeans.
 
 
<< Come dovrò vestirmi? >>, si informa, dato che non gli ho dato ulteriori ragguagli sull'appuntamento. << Elegante o informale? >>.
 
 
<< Beh... devi vestirti innanzitutto. >> sbiascico, distratta dal punto esatto dove ha conservato il biglietto, nei pressi si trova la cerniera dei pantaloni e i pensieri osceni si avvicendano volgari e scurrili nella testa.
 
 
<< Le intenzioni erano di levarli dopo, ma a quello ci arriveremo in seguito... con calma. >>, afferma sogghignando e controlla l'ora sull'orologio.
 
 
<< Che? >>, erompo, forse ho capito male.
 
 
Inizia ad indietreggiare, sorride apertamente, sembra un sole invernale, dai raggi sfolgoranti, però freddi, di cui sono irrimediabilmente attratta.
<< Devo andare, ci vediamo sabato Elaine: è stato un piacere. E lo sarà ancor di più sabato. >>. Un cenno con la mano ed è già fuori dalla libreria.
 
 
Non faccio in tempo a ricollegare tutte le parti ancora funzionanti, a dirgli altro, non so nemmeno come fare a contattarlo se dovessi avere un imprevisto.
Nel secondo dopo, prendo cognizione di quello che è avvenuto, sghignazzo da sola e arrossisco violentemente, perché sì, perché ancora non ci credo: ho un appuntamento con Sebastian Stan.    










Note: 
Bene, eccoci qui con il secondo capitolo di questa storia. 
E' stato leggermente difficile scriverlo, perché di natura non sono una persona divertente e mi sono dovuta impegnare oltremodo per riuscire a creare qualcosa che facesse almeno sorride e spero vivamente di esserci riuscita. 
L'effetto "Sebastian Stan" su Elaine è a dir poco tossico a quanto mostrato, era già cotta ancor prima che lo incontrasse la prima volta, lo vede come il principe azzurro che attendeva da tutta la vita... ma sarà proprio così? 

La canzone all'interno del capitolo è: "All of Me" di John Legend.


 

La storia può presentare errori ortografici.



Un abbraccio.
DarkYuna.  

 
  
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