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Autore: KishiVonP    19/07/2009    0 recensioni
Questa fanfiction fa parte di una trilogia riguardante i modi differenti per affrontare una delusione amorosa. Rotolando rappresenta la tristezza,la frustrazione e l'impossibilità di reagire.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rotolando.

Rotolando.
Rotolando sul ciglio di una strada.
Non ricordo nemmeno quando esattamente è cominciato tutto questo. Un Inferno. Il mio Inferno.
Mi piaceva chiamarlo così con Lui. Era il nostro modo di fuggire da ciò che non ci piaceva.
Non pensavo alle conseguenze. Agivo solo per poi assaporare l’ebbrezza della reazione. Ogni volta era migliore della precedente.
Cadere in un tunnel privo di uscita.
Non fu la droga, né l’alcol a ridurmi così.
Fu Lui.
Ero completamente assuefatta da quel ragazzo, così strano e complicato. Un’assuefazione che perdurava e diveniva ogni giorno più forte. Una silenziosa dipendenza, una potente ossessione.
Scatenava in me reazioni più forti di qualsiasi droga. Le crisi si facevano sempre più frequenti.
Correvo da Lui nella notte. Non andavo più nemmeno a scuola. Non mangiavo. Mia madre continuava a ripetermi di smetterla. Lei non capiva, no.
Mi guardavo allo specchio e mi vedevo Sua.
Non provavo il disagio, la paura e le mie fobie scomparivano. Lui aveva cambiato la mia fottutissima vita. L’aveva resa migliore ai miei occhi di adolescente ribelle e fintamente disagiata.
I disagi me li ero inventati. Li avevo inventati per rendermi più interessante.
Lui mi credeva.
Ma i Suoi disagi erano veri, reali.
Necessitava di tutto ciò che potevo dargli, era come assetato dell’attenzione che costantemente riversavo su di Lui. Era contento che fossi solo sua, che mi stessi pian piano privando di me stessa.
Era cattivo.
Ero troppo innamorata per capirlo.
Solo ora mi rendo conto che mi ha consumato.
Non posso pensare ad un’esistenza senza i Suoi baci, senza le Sue parole, seppur finte e artificiali.
Avrei dato uno qualsiasi dei miei arti per Lui. Mi sarei sacrificata per Lui.
Ora mi trovo qui, in preda ad una crisi, ora anche i miei disagi sono reali. Ora anche io posso fare da un momento all’altro qualcosa di sconsiderato.
Lui mi diceva così, mi riempiva la testa di parole, di parole pericolose.
Mi diceva che io ero la Sua ragione di vita e che senza di me se ne sarebbe silenziosamente andato da questo mondo.
Ora sono io che mi sto togliendo la vita.
Sto scivolando lentamente nella mia tomba. La tomba che da un mese a questa parte è stata scavata appositamente per me.
Un maledetto giorno di maggio venne a dirmi che non mi amava più.
Non puoi dirlo veramente urlavo io.
E Lui con un cinico sguardo di commiserazione, falso come tutte le parole con le quali mi aveva fottuto il cervello, mi diceva che forse non mi aveva mai amato, e che si era solo divertito con me, che non avrei fatto fatica a trovare un altro da amare.
Era come la Sindrome di Stoccolma.
Ci si innamora del proprio carnefice, inconsapevolmente.
Con queste parole mi liquidò per sempre dalla Sua esistenza. Mi ignorava e sfuggiva ai miei sguardi supplichevoli di attenzione.
La mia mente ormai era Sua. Non potevo non pensarlo, non riuscivo a stare senza di Lui.
Evitavo il contatto fisico con qualsiasi essere umano. Non mangiavo. Non dormivo. Non uscivo più di casa. Non avevo più interessi. Il mio cervello era morto, e il mio maledetto corpo si ostinava a sopravvivere.
Ecco, per colpa Sua non cerco nemmeno di schivare le macchine che mi vengono incontro.
Sono decisa.
I fari mi abbagliano.
Non vedo più niente.
Non vedo nemmeno un briciolo di speranza.
Non vedo la fine di questo tunnel.
Addio, mondo.
Addio a Te.
  
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