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Autore: PrincessintheNorth    17/02/2019    1 recensioni
Nuova edizione della mia precedente fanfic "Family", migliorata ed ampliata!
Sono passati tre anni dalla caduta di Galbatorix.
Murtagh é andato via, a Nord, dove ha messo su famiglia.
Ma una chiamata da Eragon, suo fratello, lo farà tornare indietro ...
"- Cosa c’è?
Deglutì nervosamente. – Ho … ho bisogno di un favore. Cioè, in realtà non proprio, ma …
-O sai cosa dire o me ne vado.
- Devi tornare a Ilirea."
Se vi ho incuriositi passate a leggere!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morzan, Murtagh, Nuovo Personaggio, Selena | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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MORZAN
 
 
Erano passate due settimane da quando avevo recuperato Katie, praticamente in stato d’isteria sul pezzo di un relitto di una nave.
Continuava a stringere convulsamente a sé il corpo di un ragazzo di circa sedici anni, gravemente ferito ad una gamba, e cercava insieme di tenere in vita Magnus Black, uno dei più feroci pirati e uno dei miei migliori amici.
Avevo capito che qualcosa non andava quando, dopo aver cercato di divinarla, non avevo visto niente.
A quel punto, mi era stato sufficiente usare un pizzico di magia oscura per vedere dove fosse, e la realtà che si era materializzata davanti ai miei occhi non era delle più rosee.
Dato che non sapevo se qualcuno stesse già andando a recuperarla e vedere la mia nipotina morta era l’ultima cosa che volevo, avevo mandato alle ortiche il piano mio e di Selena, per cui mi ero liberato delle catene, mi ero reso invisibile, avevo addormentato le guardie ed ero uscito dal castello e dalla città: nella pianura accanto mi aspettava Dracarys, che era stata liberata da Nasuada dopo la minaccia di bruciare tutto il castello, e insieme eravamo partiti per il mare.
C’era voluto un po’ per trovarla, dato che non è la cosa più semplice del mondo localizzare un pezzo di legno vagante, ma alla fine ce l’avevamo fatta.
Eravamo scesi di quota e li avevamo raggiunti a nuoto: quando mi aveva sentito chiamarla, Katherine aveva sollevato la testa guardandosi intorno, con un’espressione di speranza che, nel vedermi da lontano, era andata crescendo, e non appena mi ero avvicinato e si era resa conto di non conoscermi era scemata.
Ciononostante, era troppo stanca e debilitata per intraprendere discussioni: in realtà, era svenuta poco dopo aver iniziato a ripetere, come una cantilena, di essere morta, perché se ero lì davanti a lei le cose non potevano certo essere andate diversamente.  
Quando era crollata, avevo caricato lei sulla sella e avevo sollevato in aria Magnus e il ragazzino: a quel punto avevamo raggiunto il Dente di Squalo, distante poche miglia marine.
Una volta arrivati lì, io (Morzan, il Cavaliere di Sangue, lo Sterminatore di Draghi, il Traditore) non ero stato minimamente preso in considerazione; subito tutti i vari pirati si erano affollati a prendere Katherine, Magnus e l’altro, inveendo contro chi aveva osato toccare la loro Regina, che doveva essere Katie, nonostante lei in realtà fosse una principessa, e portandola dentro una casa di tre piani costruita vicino alla spiaggia ovest, a circa mezz’ora dal porto.
Li avevo seguiti, e se mi era stato concesso di prendermi cura se non degli altri due, almeno di lei, era stato solamente grazie al fatto che avessi nominato Derek, li avessi minacciati in nome di Katie e mostrato loro le mie capacità magiche. A quel punto, si erano inchinati anche a me.
Non ci era voluto molto a guarire le ferite più importanti di Kate: paradossalmente, nonostante fossi sempre stato quello da non chiamare assolutamente in caso di ferite, me la cavavo molto meglio con le ferite gravi, piuttosto che con quelle piccole. Infatti, mi limitai a pulire e fasciare i vari graffi o tagli che aveva, soprattutto sui palmi delle mani, dove aveva dei profondi tagli, come se avesse stretto forte dei cocci o delle lame.
Si era risvegliata poche ore dopo, ma non si era mossa dalla sua posizione rannicchiata e non aveva smesso di fissare nel vuoto, tremando, per più di due settimane, non lasciandomi altra scelta se non di sostentarla usando la magia.
Le era successo qualcosa, e odiavo vederla così, con le lacrime che le rigavano il volto, quando la ricordavo come una neonata buffa e felice, dedita a mordicchiarmi il naso tutto il tempo.
- Signore? C’è una nave in avvicinamento. – disse un domestico, aprendo leggermente la porta. – Le condizioni di Lady Katherine sono migliorate?
- No. – sospirai.
- Perché ci sarebbero questioni di urgente importanza da risolvere …
- Ci posso pensare io.
- Ma, signore …
- Ho gestito Lionsgate per quasi novant’anni, posso occuparmi di un isolotto per qualche ora. – replicai irritato. – Lei è traumatizzata, non è in grado nemmeno di pensare, attualmente. Ci penso io. Riguardo alla nave, identificate la stessa e i passeggeri a bordo.
- Come desiderate. Questi sarebbero stati i compiti della signorina per oggi …
Mi consegnò un foglio, a cui diedi rapidamente una scorsa.
Niente di nuovo, tasse da riscuotere, gente da impiccare, traffici per lo più illegali da gestire.
Tutte cose di cui avevo una certa esperienza pluridecennale.
Iniziai a compilare e firmare le sentenze di impiccagione e gli “inviti” ad onorare i prestiti, quando bussarono.
- Buongiorno. – disse un tizio entrando, probabilmente un pirata. – Mi hanno mandato qui per …
- Assistermi. – conclusi. – Dimmi chi è questo tale, Richard Gorlett.
- Il fabbro. Deve alla signorina Katherine un prestito di sedici corone … beh, considerando gli interessi sono sedici corone e cinquanta scellini.
- Bene. E di chi è la nave che sta arrivando?
- Della Regia Marina del Nord, quindi di Katherine.
- E chi c’è su?
- Il re e la regina del Nord, il duca e la duchessa di Lionsgate e il Cavaliere Eragon.
Ma io ero il duca di Lionsgate … no, in realtà no, o almeno, finché Murtagh non veniva a sapere della mia esistenza.
Murtagh era su quella nave con Selena, mi resi conto: e alla certezza che, dopo diciannove anni, avrei rivisto mio figlio, il cuore mi esplose dalla gioia e lo stomaco mi si contrasse dall’ansia.
Avrei dovuto spiegargli tutto, facendo crollare ogni certezza su di me che avesse: chi mi assicurava che avrebbe accettato chi ero in realtà, o chi mi assicurava che avrebbe voluto le mie spiegazioni?
Se fino a vent’anni fa il rincontrare Murtagh una volta al mese era la mia certezza, il mio punto fisso, l’unica cosa per cui vivevo, ora era una completa incognita, un mistero.
- Tra quanto arriva la nave?
- Mezz’ora al massimo, staranno già predisponendo le manovre di attracco.
- E quanto ci metteremmo da qui ad arrivare al porto?
- Né più né meno di mezz’ora.
Deglutii, e annuii. – Perfetto, grazie. Puoi andare.
Nonostante il suo aiuto potesse essere prezioso, l’ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento era avere estranei tra i piedi.
Mi alzai e andai ad occupare di nuovo la sedia su cui ero stato per giorni, cercando di scuotere Katherine da quel silenzio di tomba intervallato solo da rari singhiozzi.
- Katie? – la scossi leggermente. – I tuoi genitori stanno venendo qui, sono nel porto. Ti va di raggiungerli?
Il solo nominare la sua famiglia la fece riscuotere: in un attimo era seduta sul letto, contro la spalliera, ma l’espressione spaventata si era acuita.
- Senti, non ti preoccupare, non ti faccio niente, lo so che vedermi qui non è la cosa che più ti aspettavi nella vita ma …
- Mi ucciderà. – sussurrò. – Mi toglierà il ruolo.
Evidentemente, non ero io a spaventarla.
- E chi dovrebbe ucciderti?
- Papà. È la volta buona che mi destituisce …
- E perché dovrebbe?
- LI HO UCCISI! LI HO UCCISI TUTTI! – urlò, ricominciando a piangere, seppellendo il viso nelle ginocchia.
- A quanto mi risulta non hai ucciso proprio nessuno, Kate, quindi calmati e parliamone tranquillamente mentre andiamo al porto. Dai, su, alzati.
- Dov’è Sìgurd? – domandò, preoccupata.
- Chi è Sìgurd? E poi, come mai non sei spaventata da me e stiamo parlando come se nulla fosse?! – feci io a quel punto, perché sinceramente era strano.
Mi squadrò. – Papà me l’ha detto. Non sei cattivo … sei solo … scombussolato per via di Mavis e Katie, e poi il re ti controllava. Se avessi voluto uccidermi, hai avuto giorni e giorni per farlo e non l’hai fatto. Questo mi induce a non consegnarti alle autorità seduta stante.
- Perfetto.
Certo, sentire i nomi di mia sorella e mia nipote pronunciati da chi li portava era una piaga, ma almeno era come riaverle un po’ indietro.
Inoltre, Katherine era la prima persona che non mi stava giudicando o respingendo: chiunque fosse entrato in quella stanza o mi avesse visto, o mi aveva lanciato occhiate di sdegno o aveva cambiato improvvisamente strada, ma lei no.
In quel momento, mi stava tendendo una mano, nonostante tutto, nonostante la sofferenza fisica ed emotiva che provava e la paura di venire destituita.
- Ad ogni modo, Sìgurd? – ripeté.
- Chi è Sìgurd? – ripetei io.
- Mio cugino, il ragazzo biondo. Hai preso anche lui?
- Lui e Magnus, non preoccuparti.
Sospirò di sollievo e fu come se le avessi tolto un macigno dalle spalle.
- Sta bene?
- Hanno dovuto amputargli la gamba, ma sì, sta bene. Si è svegliato ed è venuto a trovarti parecchie volte, sempre indeciso tra l’insultarti per esserti sacrificata e il ringraziarti per averli salvati tutti e averlo reso ancora più simile ad un pirata, senza gamba.Annuì. – E Magnus?
- È al bordello.
Finalmente, le spuntò un sorriso, identico a quello di suo padre. – Tipico di Magnus. Sai se sulla nave c’è Murtagh? – chiese, con uno sguardo strano. Preoccupato, ma anche … speranzoso.
Perché sperava di rivedere una persona che non sopportava?
Ogni volta che avevo divinato o lui o lei, li beccavo sempre intenti a litigare e ad insultarsi in modi non certo leggeri.
- Sì, c’è anche lui.
- E Belle? – fece, mentre un sorriso luminoso le pervadeva il viso. – C’è anche Belle?
- Non lo so … ma aspetta. Coso! – gridai, chiamando il pirata che era venuto pochi minuti prima.
- Sì? – fece entrando. – Mia regina …
- Capitano Smith. – sorrise. – C’è anche Belle sulla nave, vero?
- Ovviamente, Altezza. – fece l’altro con un mezzo sorriso. – Figuratevi se Murtagh la mollava.
Lei ridacchiò, scuotendo leggermente la testa.
- Ci mancherebbe altro …
- Assolutamente, Altezza. – rise, per poi andarsene.
- Ti aspetto fuori. – le dissi io, uscendo. – Preparati. 
Dopo mezz’ora, era pronta, vestita come una piratessa: tra l’altro, mi aveva anche fatto portare dei vestiti, dato che dopo vent’anni i miei non è che fossero poi tanto ordinati, per cui ero anch’io vestito come Magnus ai suoi tempi d’oro.
Alla cintura aveva assicurata una scimitarra d’acciaio lucido, la cui impugnatura e il fodero erano tempestati di gemme e oro rosa e bianco.
Tuttavia, un’espressione scocciata le corrugava il viso.
- Che hai?
- Mi sono dovuta far aiutare. – sbuffò irritata. – Non mi capitava da quando avevo quattro anni.
- Hai le mani ridotte a brandelli, vorrei vedere che non riesci a vestirti. – commentai. – Riesci a camminare?
Domanda retorica, a momenti zoppicava a fatica.
- Sì … - fece, ma nel muovere un solo passo una smorfia di dolore le attraversò il viso. – Ce la faccio …
- Smettila.
Fu così che me la caricai in spalla, e Morzan il Terribile divenne Morzan la Portantina.
Uscimmo dalla grande casa per avventurarci nella cittadina, ma invece di andare in direzione del porto lei cambiò idea.
- Katherine, il porto è di là. – le ricordai.
- Ciò non toglie che io abbia degli affari da sbrigare. – ringhiò. – Soprattutto con quello stronzo del fabbro. Puoi bussare? Lo farei, ma …
- Ti do un piccolo consiglio. Se qualcuno non ti paga i debiti, non devi limitarti a bussare.
- Prima però mettimi giù … non deve vedermi così.
La misi giù, aiutandola a stare in piedi, poi buttai giù la porta.
- Signor Gorlett! – lo chiamò lei con un sorriso falso e una voce cordiale altrettanto falsa. – Immagino lei sappia cosa ci faccio qui.
- Maestà, per favore … non ho di che pagarvi …
- Ne dubito fortemente, dato che tua moglie e la tua amante vanno in giro coperte d’oro. – ringhiò lei, smettendo i panni affabili e indossando quelli della temutissima Regina dei Pirati, come avevo sentito chiamarla quando l’avevo portata sana (sana mica tanto) e salva sulla spiaggia. – Quindi, se non vuoi che mi riprenda i miei soldi strappandogli tutte le collane e magari anche le teste, sarà meglio che saldi il tuo debito entro oggi a mezzogiorno. Sono stata chiara?
L’ometto ebbe solo la forza di annuire, e lei gli rivolse un sorriso perfido.
- Benissimo. Allora confido di vederti dopo.
La piccoletta è cresciuta uguale a suo padre, commentò Dracarys. Ma ha tanto anche di sua madre.
Alla faccia della principessina dolce e delicata, feci in risposta mentre la riprendevo in spalla. Ha più palle lei di un intero esercito.
Proseguimmo fino al porto, e notai che la nave che trasportava le nostre famiglie era ben lungi dal predisporre l’attracco. Quel pirata doveva essersi sbagliato.
- Ah. – le feci presente. – Prima mi hanno portato un po’ delle tue scartoffie e ne ho notata una per cui il trenta per cento dei proventi della tua attività … poco lecita qui va a Murtagh in quanto duca di Lionsgate. Dato che sono tornato, il duca sono io. Non preoccuparti, ho solo sostituito il nome per evitarti un falso in atto pubblico, i soldi andranno comunque a lui.
Annuì in fretta, ma era evidentemente nervosa.
- Non ti destituirà. – sospirai.
- Lo vuole fare sempre. – sbuffò.
- E tu digli che è incostituzionale, in quanto la Marina è patrimonio dello Stato, che è rappresentato dal Congresso. Lui, in quanto re, rappresenta il Governo, per cui non ha possibilità di manovra.
- Già fatto. Però … ha comunque il potere di legiferare.
- Minaccia la secessione dell’Ovest.
Sospirò. – Incostituzionale.
- Digli che acquisirai a nome del Nord tutta la Marina e la userai per scopi personali. Nessuno ti impedisce di fare compere. – suggerii a quel punto. – Adesso … ti va di fare una gara?
Non potevo vederla in viso, ma sapevo che aveva assunto un’espressione stranita.
- E che gara?
- In nave. Tuo padre mi ha detto che sei l’Ammiraglio della Marina e tante altre cose, oltre che, a quanto si dice, la miglior navigatrice che il mondo abbia mai visto … ma non sai che questo titolo, una volta, spettava a me.
- In che senso?
- Nel senso che, quando ero giovane, ero l’Ammiraglio del reparto di Marina dei Cavalieri.
- C’era una Marina?
- Ovvio. Allora? Ti senti in grado di manovrare un vascello, Signora dell’Ovest?
Sospirò. – Vorrei … ma conciata così non credo di essere in grado nemmeno di sollevare un remo, né ho sufficiente energia per guarirmi da sola.
A quel punto sbuffai. – Potevi dirlo prima. Io ne ho da vendere. Prendi quanto ti serve e sistemati.
- Ma … sei sicuro?
- Te lo starei dicendo se così non fosse?
Annuì fra sé e sé, per poi accettare.
La perdita di energia che accusai fu minima: d’altronde, le ferite più gravi gliele avevo già guarite, e non è che avesse bisogno di molto per sanare quel corpo così esile e minuto, che quasi non sentivo addosso, non fosse stato per i morbidi boccoli che ogni tanto venivano a solleticarmi.
- A posto. – sorrise saltando giù dalla mia schiena, per poi darsi una stiracchiata. – Ci voleva proprio …
- Meglio?
- Decisamente. Allora, questa gara? Pronto a perdere, nonnetto?
- Nonnetto lo dirai a tuo padre.
- Glielo dico già, e da due mesi tutto il tempo. – rise. – Scegli pure una nave.
Ce n’erano molte, attraccate nel molo, e scelsi quella che mi sembrava più leggera e veloce.
Lei scelse subito dopo di me, senza esitazioni: un magnifico veliero dalla prua decorata da una splendida polena d’oro sagomata dettagliatamente a testa di drago.
- Ti rendi conto che, per quanto bella sia, quella polena ti rallenterà?
- Ma tu davvero credi a quello che dici? – rise divertita.
Ci avviammo verso il porto, aspettando che le ciurme dei due vascelli scaricassero i bottini: nel vedere Katherine, si levarono i cappelli e la salutarono con l’appellativo di Vostra Maestà, al quale lei rispose chiedendogli di chiamarla semplicemente Katherine.
Ci sarebbe voluta ancora mezz’ora perché la nave che trasportava le nostre famiglie attraccasse, mezz’ora in cui avremmo potuto tranquillamente gareggiare.
Dopo cinque minuti, ci posizionammo entrambi dietro i rispettivi timoni.




 
   
 
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