Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: SagaFrirry    18/02/2019    2 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

65

Rinascere

 

All'Inferno, il generale Asmodeo camminava per il palazzo reale quasi con noia. Controllava che tutto fosse in ordine, qualsiasi cosa questo termine volesse dire all'Inferno. Con la testa pensava a molte cose. Non riusciva a stare tranquillo con la mente, fra Leonore futura regina e Keros mezzo Arcangelo. Dove si sarebbe andati a finire, continuando di questo passo? Se lo chiedeva, trascinando i piedi lungo il corridoio. D'un tratto, udì qualcuno cantare. Era una voce femminile ed il demone ne fu incuriosito. Gli sembrava di conoscere quella canzone, ma proprio non ricordava dove l'avesse già sentita. Seguì la melodia e salì le scale in pietra, raggiungendo il piano riservato al sovrano. Sapeva che non doveva andarci, se non per emergenza, ma era troppo curioso. Aprì la porta in legno nero che lo divideva dal corridoio dell'ala privata e capì che a cantare era Leonore, con in braccio il principino Espero. La donna camminava avanti ed indietro, tentando di far addormentare il piccolo. Il demone rimase nascosto, in silenzio. Il canto proseguiva ed Asmodeo si sentì piuttosto stordito. Ricordi lontani si stavano destando nella mente del generale e lo facevano sentire a disagio. Che strana sensazione… Quelle parole… Lei era di schiena e si muoveva lentamente, avvolta in un morbido abito con lo strascico color della notte. I capelli biondo scuro risaltavano ed erano ricchi di onde e nastri. Di colpo, smise di cantare e si voltò verso Asmodeo. Nella penombra, gli occhi di entrambi brillarono intensamente.

“Che succede?” si allarmò lei, ricordando che ad Asmodeo era proibito trovarsi lì, se non per emergenza.

“Nulla!” si affrettò a rispondere il generale “Sono passato a controllare perché… mi era sembrato di percepire qualcosa di strano ma… mi sbagliavo!” mentì.

“Meno male! Mi sento davvero molto rassicurata dall'idea che ci sia tu a vegliare”.

“Mi lusingate. Ma… posso fare una domanda?”.

“Certamente”.

“Quella canzone… dove l'avete imparata?”.

“Non te lo so dire, mi dispiace. La conosco da sempre. Perché?”.

“Nulla… Non importa. Meglio vada…”.

Imbarazzato ed impacciato, il generale si allontanò in fretta e tornò al piano terra. Aveva alcuni dubbi da togliersi dalla testa…

 

Alukah continuava ad osservare Ary, cercando di levarsi ogni perplessità possibile dalla mente. Quell'umano era strano, per essere un mortale. Keros, ancora sospettoso, non si fidava e voleva capire le reali intenzioni del maestro. Restava in piedi, a braccia incrociate, mentre l'ospite ed il padrone di casa sedevano su divano e poltrona.

“Cosa vi ha spinto a cambiare idea?” chiese il sanguemisto “Fino a non molto tempo fa, ricordo che schifavate gli umani e la loro esistenza".

“Vero" ammise Alukah, candidamente “E, all'inizio, non provavo sentimenti diversi per la situazione attuale.

Solo l'idea di avere un erede di sangue mortale mi disgustava. Ma poi ho udito delle voci. Tutto il regno ha iniziato a parlare del mezzo umano bastardo che ha difeso con coraggio la futura regina ed il neonato figlio del re. Ci vuole fegato, per fare una cosa simile. Tutti discutevano di quanto avvenuto, lodandoti ammirati. Così mi son detto che non poteva essere poi così male questo mio erede… Coraggioso, forte e leale! Poi sei sopravvissuto al morso di demoni velenosi, quindi non puoi essere un misero, flaccido e smidollato umano. Di quelli di cui mi nutro volentieri".

“Ma che razza di discorsi…” incrociò le braccia il principe.

“Poi ha rubato il cuore al mio allievo, che so non essere uno sprovveduto. Siete di gusti difficili, altezza, perciò quest’uomo dev'essere davvero speciale!”.

“Lo è. Ma…”.

“Sei geloso? Tranquillo… non te lo porto via!”.

“Ci mancherebbe altro!”.

“Iniziamo con le presentazioni. Ancora non so qual è il tuo nome, umano".

“Il mio nome? Ary. Ary va benissimo" riuscì finalmente a parlare il padrone di casa.

“Ary? Non è un nome molto demoniaco…”.

“È il nome che mi è stato dato…”.

“Che ne dici di… Arikien? Il diminutivo è sempre Ary, ma con una diversa etimologia".

“Che significa?”.

“È un numerale" spiegò Keros “Significa: il primo. In effetti, saresti il primo umano a cui accadono certe cose".

“Non mi dispiace come nome".

“Usalo pure, allora" sorrise Alukah.

“Quindi, stando a come si organizza il mondo demoniaco, voi siete il patriarca della famiglia?”.

“Non usiamo il termine patriarca" corresse il vampiro, incrociando le mani e piegandosi in avanti con un mezzo sorriso “Anche perché, nel nostro caso, non calzerebbe molto. Io sono figlio di Lilith, perciò il capostipite della famiglia è lei. È lei la prima gemma del nostro grande albero di famiglia".

“Lilith?! Wow. Sono… onorato. E poi? Ho altri parenti in vita?”.

“Molti. Ho due figlie, che hanno molti figli. E Lilith ha un lungo elenco di eredi. Se, come si dice, in te si risveglierà sangue demoniaco, potrai conoscerne qualcuno”.

“E se non mi risvegliassi come demone?”.

“Non sarebbe per me un problema. Ma per molti altri demoni sì…”.

“Quindi… come agiamo? Come si fa a capire?”.

“Potremmo provare con l'addestramento dei piccoli. A volte, anche fra i cuccioli demoniaci non si comprende bene che ruolo possano avere. Con qualche piccolo esercizio si potrà capire…”.

“E non sarà pericoloso?” si allarmò Keros.

Alukah rispose con una risatina divertita. Di certo non voleva mettere in pericolo un suo erede! Doveva solo organizzare qualche esercizio…

 

“E perché Asmodeo era nelle tue stanze?” si chiedeva, perplesso, Lucifero.

Leonore aveva raccontato lo strano incontro avvenuto poche ore prima, con un sorriso. Trovava divertente la gelosia del sovrano e si divertiva a stuzzicarlo, ora che lo aveva tutto per sé in camera.

“Diceva di aver percepito un pericolo. E si era sbagliato. È stato molto gentile…”.

“Gentile? Asmodeo? Se lo dici tu…”.

“Non è successo niente! Non mi ha nemmeno sfiorata”.

“Devi stare più attenta. Sei all'Inferno, non alla fiera di paese!”.

La donna storse il naso, leggermente infastidita. Il bambino dormiva nella culla e lei si svestì, per indossare la camicia da notte. Sciolse i capelli e sistemò la candida veste ricamata. Lucifero la osservava, in silenzio. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle curve sensuali, da quel seno arrotondato e quella pelle candida. Come poteva trovarla ogni giorno più bella? Leonore notò quello sguardo e sorrise.

“Sembri un angelo, sai?” mormorò il demone.

“Ed è un bene o un male?”.

“Decidi tu…”.

Il sovrano si avvicinò e le diede un bacio.

“Ti stai abituando a vivere qui? È un bel cambiamento rispetto al mondo umano…”.

“Smettila di chiedermelo. Il mio posto è accanto a te, ovunque tu sia…”.

“Ovunque io sia…”.

Quelle parole… Erano così familiari e così dolci! Leonore continuò a sorridere e rispose al bacio del re.

“Sto imparando a ballare, sai?” mormorò, facendosi abbracciare.

“Per me?” rispose Lucifero.

“Per la cerimonia d'incoronazione. Voglio sia tutto perfetto!”.

“E lo sarà. Al massimo mi pesterai i piedi…”.

“Idiota!”.

Risero entrambi. Leonore si fermò ad osservare il sovrano che si preparava per concedersi un po' di riposo, e sbottonava la camicia senza distogliere lo sguardo dalla donna. Lei sedette a letto e si mordicchiò il labbro inferiore.

“Non rivestirti" gli sussurrò.

“Come tu ordini" ghignò il demone, raggiungendola.

La veste leggera che copriva la donna si scostò facilmente fra le dita di Lucifero. Attenti a non svegliare il prezioso erede, iniziarono a fare l'amore con dolcezza.

“Ti amo. Ti amo tanto" mormorò Leonore, stringendo forte il demone a sé.

Lucifero non rispose a quelle parole. Sorrise, donando alla futura regina ciò che in quel momento desiderava di più: un intenso ed indimenticabile piacere.

 

Il mondo umano non era il luogo preferito di Asmodeo, lo doveva ammettere. Gironzolava, in attesa. Sapeva che sarebbe comparso, prima o poi. Doveva farlo! Non dovette attendere molto prima che una luce attirasse la sua attenzione. Alzando li occhi, si trovò davanti la veste e lo sguardo color ametista di Rapahel.

Ogni angelo aveva il proprio demone e Raphael aveva proprio Asmodeo come nemesi. Sbirciò il generale con sospetto. Che ci faceva nella notte, in mezzo alla città, solo? Che aveva in mente?

“Scendi" ordinò Asmodeo “Devo parlare con un angelo".

“Come sei scortese. Come mai sei qui?” rispose l'Arcangelo, poggiando i piedi a terra.

“Ho una domanda da farti, angioletto. E spero di ricevere una risposta esaudiente".

“Una domanda?! Che cosa strana…”.

“Vieni con me".

Asmodeo si incamminò lungo la strada illuminata. Pochi mortali la percorrevano, vista l'ora tarda. Angelo e demone si confondevano fra loro, celando il loro vero aspetto. Per sfuggire dal freddo dell'inverno, il generale trascinò l'Arcangelo in uno dei tanti locali notturni di quella città umana. Raphael era a disagio, ed accettò con riluttanza, ma era suo compito capire quel che aveva in mente l'abitante degli Inferi.

“Che vuoi chiedermi, diavolo?” borbottò l'Arcangelo “Sbrigati, che me ne torno a casa”.

“Promettimi solo che non ne parlerai troppo in giro".

“Non faccio promesse ai demoni. Dovresti saperlo…”.

“Bene. Fa come vuoi…”.

“Dimmi quel che vuoi sapere. Vediamo che posso fare".

“Io… Mi chiedevo… Dove vanno gli angeli, quando muoiono?”.

“Gli angeli non muoiono. E tu lo sai”.

Asmodeo attese qualche istante. Si era ordinato un superalcolico, mentre Raphael si gustava un latte macchiato, fra lo sguardo ironico dei mortali presenti.

“A volte succede. E tu lo sai…” ribatté il generale.

L'Arcangelo distolse lo sguardo, concentrandosi su alcuni quadri di dubbio gusto appesi alle pareti.

“Sai che è successo, Raphael” incalzò Asmodeo.

“Lo so. Che ti devo dire?” sbottò Raphael.

“Lei… lei è tornata da Dio?”.

“Lei…”.

“Sophia”.

“Lo so. Ma non posso rispondere. Non la vedo in Cielo, non la percepisco. Perciò non so dirti dove sia e cosa le sia successo".

“E se… fosse rinata?”.

“Rinata?! Ma la rinascita non rientra fra i dogmi esistenti nel nostro mondo!”.

“Lo so! Ma non sappiamo cosa succede, giusto? Potrebbe essere!”.

“Ma come ti vengono in mente certe idee?! Hai bevuto?!”.

“Sì, ho bevuto. Ma le mie idee non hanno niente a che fare con l'alcol! Potresti dirmi, con assoluta certezza, che non possa succedere? Puoi dire con totale convinzione che mai e poi mai un angelo potrà rinascere dopo la morte?”.

“Io… E come faccio a dirlo?! Certe cose le sa solo Dio! Solo Dio può avere simili certezze".

“Ma comunque Sophia non è con Dio…”.

“Non mi risulta. Ma perché lo chiedi?”.

“Quella donna… io quella donna la vedo, e la sento. L'ho sentita cantare e… quella canzone era una canzone del Cielo! Nessun umano dovrebbe conoscerla. Eppure lei…”.

“Non so di chi parli".

“Di quella femmina! Quella che ha avuto un figlio con Satana".

“Ah. Magari è stato lui a cantare. E lei l'ha imparata…”.

“No. Lei mi ha detto di conoscerla da sempre! Poi come ha potuto una semplice mortale avere un figlio con il Diavolo? E l'hai vista? Come si muove, come parla, come ti guarda…”.

“Se questa umana fosse la rinascita di Sophia, dovrebbe essere una creatura angelica. No? Non un demone! Non ha molto senso che viva all'Inferno!”.

“Non so… Sono confuso…”.

Raphael era perplesso. Per lui era troppo assurdo che Sophia fosse rinata in una semplice umana, poi diventata una demone fattrice di piccole creature tartariche. Fissava la tazza ormai vuota di latte macchiato, mentre le luci e la musica del locale lo stordivano. Come potevano i mortali divertirsi tanto in un luogo simile? Al tavolo di fronte, un gruppo di ragazze osservava angelo e demone con risatine interessate. L'Arcangelo non colse la cosa, nonostante i suggerimenti di Asmodeo, e finse indifferenza. Il demone, al contrario, si alzò ed invitò a ballare le fanciulle. Raphael rimase ad osservarli. Vedeva il suo nemico muoversi con sicurezza, comprendere perfettamente ogni comportamento umano e reagire di conseguenza. Reggendosi la testa con la mano sinistra, l'Arcangelo rimase quasi affascinato. I demoni erano in perfetta in sintonia con il mondo mortale! Era mai possibile che i diavoli fossero connessi, molto più degli angeli, con gli umani? Possibile che il Cielo si fosse allontanato così tanto da quelle creature?

“Tutto a posto, tesoro?” domandò una cameriera in jeans e maglietta corta.

“Sì” annuì Raphael “Portami un White Russian. Abbondante. E per il mio amico un White Lady…”.

 

Ogni giorno che passava, Ary si sentiva sempre più in forze. Passava il tempo leggendo storie ai bambini dei sovversivi e cercando di capire quali cambiamenti avvenivano in lui. Si era accorto di alcune cose, ma Keros lo teneva buono. Aveva come ordine di stare tranquillo fino a completo recupero fisico. Nel frattempo, il mezzodemone cercava di proseguire il più possibile con la vita da umano. Era stufo, fra commissioni, spese e mortali con cui avere a che fare. Ma alla fine tornava a casa e sorrideva, vedendo Ary. Quella sera, era rientrato abbastanza tardi. Aveva trovato il padrone di casa davanti al fuoco, avvolto in una coperta, concentrato su un libro.

“Com'è andata oggi?” chiese Ary, mentre Keros toglieva la giacca e le scarpe.

“Una rottura di palle" ammise il sanguemisto “Ma se è così che vive un mortale…”.

“Ma vivere così non ti rende infelice? Insomma… devi fingere di essere un umano e…”.

“Smettila. Dove ci sei tu, ci sono io. E va bene così. I bambini?”.

“A letto”.

“Ottimo…”.

“Senti… pensavo… Io mi sento bene. Non è che potrei iniziare a seguire quella specie di addestramento di cui parlava Alukah?”.

“Ne sei sicuro?”.

Sbadigliando, Keros si accoccolò accanto ad Ary, che lo baciò con un sorriso sornione. Il mezzodemone lo lasciò fare, felice di essere finalmente rientrato a casa. I baci si fecero sempre più appassionati.

“Ok…” si scostò il principe “Basta così. Sono un po' stanco…”.

Ary non ascoltò e riprese i suoi baci, stringendo forte il proprio amato.

“I bambini…” mormorò il sanguemisto, iniziando a rispondere a quei baci.

“Dormono…”.

“Si sveglieranno…”.

“Alla loro età tu, come demone, hai visto di peggio”.

“Ah… io…”.

Keros non riusciva a trovare altre scuse.

“Lascia che ti dimostri che sto bene" ghignò Ary “Come discendente delal Succubus Lilith, è mio compito avvolgerti dal piacere, amor mio!”.

Senza rispondere, il sanguemisto si lasciò amare.

“Mi sei mancato" ammise, mostrando le ali.

 

Keros si era risvegliato qualche ora più tardi, steso davanti al fuoco che stava per spegnersi. Lo ravvivò allungando la mano, usando il proprio potere demoniaco, e si sciolse dall'abbraccio con Ary. Aveva udito un rumore e cercò di capire cosa fosse.

“Simadè!” lo riconobbe, lungo il corridoio.

“Scusate se non mi sono annunciato…”.

“Fa niente. Hai scoperto dove sono i miei figli?”.

“Hem… sì…”.

“Ottimo!”.

“Non… non avete freddo?”.

Il principe si accorse di essere mezzo nudo e ridacchiò divertito. Poi rifletté un attimo.

“Simadè…” parlò poi “Non è che tu per caso sai spiegarmi come usare la lavatrice?”.

 

Rieccomi con l'aggiornamento del lunedì :3

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: SagaFrirry