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Rinascere
All'Inferno,
il generale Asmodeo camminava per il palazzo reale quasi con noia.
Controllava
che tutto fosse in ordine, qualsiasi cosa questo termine volesse dire
all'Inferno. Con la testa pensava a molte cose. Non riusciva a stare
tranquillo
con la mente, fra Leonore futura regina e Keros mezzo Arcangelo. Dove
si
sarebbe andati a finire, continuando di questo passo? Se lo chiedeva,
trascinando i piedi lungo il corridoio. D'un tratto, udì
qualcuno cantare. Era
una voce femminile ed il demone ne fu incuriosito. Gli sembrava di
conoscere
quella canzone, ma proprio non ricordava dove l'avesse già
sentita. Seguì la
melodia e salì le scale in pietra, raggiungendo il piano
riservato al sovrano.
Sapeva che non doveva andarci, se non per emergenza, ma era troppo
curioso.
Aprì la porta in legno nero che lo divideva dal corridoio
dell'ala privata e
capì che a cantare era Leonore, con in braccio il principino
Espero. La donna
camminava avanti ed indietro, tentando di far addormentare il piccolo.
Il
demone rimase nascosto, in silenzio. Il canto proseguiva ed Asmodeo si
sentì
piuttosto stordito. Ricordi lontani si stavano destando nella mente del
generale e lo facevano sentire a disagio. Che strana
sensazione… Quelle parole…
Lei era di schiena e si muoveva lentamente, avvolta in un morbido abito
con lo
strascico color della notte. I capelli biondo scuro risaltavano ed
erano ricchi
di onde e nastri. Di colpo, smise di cantare e si voltò
verso Asmodeo. Nella
penombra, gli occhi di entrambi brillarono intensamente.
“Che
succede?” si allarmò lei, ricordando che ad
Asmodeo era proibito trovarsi lì,
se non per emergenza.
“Nulla!”
si affrettò a rispondere il generale “Sono passato
a controllare perché… mi era
sembrato di percepire qualcosa di strano ma… mi
sbagliavo!” mentì.
“Meno
male! Mi sento davvero molto rassicurata dall'idea che ci sia tu a
vegliare”.
“Mi
lusingate. Ma… posso fare una domanda?”.
“Certamente”.
“Quella
canzone… dove l'avete imparata?”.
“Non
te
lo so dire, mi dispiace. La conosco da sempre.
Perché?”.
“Nulla…
Non importa. Meglio vada…”.
Imbarazzato
ed impacciato, il generale si allontanò in fretta e
tornò al piano terra. Aveva
alcuni dubbi da togliersi dalla testa…
Alukah
continuava ad osservare Ary, cercando di levarsi ogni
perplessità possibile
dalla mente. Quell'umano era strano, per essere un mortale. Keros,
ancora
sospettoso, non si fidava e voleva capire le reali intenzioni del
maestro.
Restava in piedi, a braccia incrociate, mentre l'ospite ed il padrone
di casa
sedevano su divano e poltrona.
“Cosa
vi
ha spinto a cambiare idea?” chiese il sanguemisto
“Fino a non molto tempo fa,
ricordo che schifavate gli umani e la loro esistenza".
“Vero"
ammise Alukah, candidamente “E, all'inizio, non provavo
sentimenti diversi per
la situazione attuale.
Solo
l'idea di avere un erede di sangue mortale mi disgustava. Ma poi ho
udito delle
voci. Tutto il regno ha iniziato a parlare del mezzo umano bastardo che
ha
difeso con coraggio la futura regina ed il neonato figlio del re. Ci
vuole
fegato, per fare una cosa simile. Tutti discutevano di quanto avvenuto,
lodandoti ammirati. Così mi son detto che non poteva essere
poi così male
questo mio erede… Coraggioso, forte e leale! Poi sei
sopravvissuto al morso di
demoni velenosi, quindi non puoi essere un misero, flaccido e
smidollato umano.
Di quelli di cui mi nutro volentieri".
“Ma
che
razza di discorsi…” incrociò le braccia
il principe.
“Poi
ha
rubato il cuore al mio allievo, che so non essere uno sprovveduto.
Siete di
gusti difficili, altezza, perciò quest’uomo
dev'essere davvero speciale!”.
“Lo
è.
Ma…”.
“Sei
geloso? Tranquillo… non te lo porto via!”.
“Ci
mancherebbe altro!”.
“Iniziamo
con le presentazioni. Ancora non so qual è il tuo nome,
umano".
“Il
mio
nome? Ary. Ary va benissimo" riuscì finalmente a parlare il
padrone di
casa.
“Ary?
Non
è un nome molto demoniaco…”.
“È
il
nome che mi è stato dato…”.
“Che
ne
dici di… Arikien? Il diminutivo è sempre Ary, ma
con una diversa
etimologia".
“Che
significa?”.
“È
un
numerale" spiegò Keros “Significa: il primo. In
effetti, saresti il primo
umano a cui accadono certe cose".
“Non
mi
dispiace come nome".
“Usalo
pure, allora" sorrise Alukah.
“Quindi,
stando a come si organizza il mondo demoniaco, voi siete il patriarca
della
famiglia?”.
“Non
usiamo il termine patriarca" corresse il vampiro, incrociando le mani e
piegandosi in avanti con un mezzo sorriso “Anche
perché, nel nostro caso, non
calzerebbe molto. Io sono figlio di Lilith, perciò il
capostipite della
famiglia è lei. È lei la prima gemma del nostro
grande albero di
famiglia".
“Lilith?!
Wow. Sono… onorato. E poi? Ho altri parenti in
vita?”.
“Molti.
Ho due figlie, che hanno molti figli. E Lilith ha un lungo elenco di
eredi. Se,
come si dice, in te si risveglierà sangue demoniaco, potrai
conoscerne
qualcuno”.
“E
se non
mi risvegliassi come demone?”.
“Non
sarebbe per me un problema. Ma per molti altri demoni
sì…”.
“Quindi…
come agiamo? Come si fa a capire?”.
“Potremmo
provare con l'addestramento dei piccoli. A volte, anche fra i cuccioli
demoniaci non si comprende bene che ruolo possano avere. Con qualche
piccolo
esercizio si potrà capire…”.
“E
non
sarà pericoloso?” si allarmò Keros.
Alukah
rispose con una risatina divertita. Di certo non voleva mettere in
pericolo un
suo erede! Doveva solo organizzare qualche esercizio…
“E
perché
Asmodeo era nelle tue stanze?” si chiedeva, perplesso,
Lucifero.
Leonore
aveva raccontato lo strano incontro avvenuto poche ore prima, con un
sorriso.
Trovava divertente la gelosia del sovrano e si divertiva a stuzzicarlo,
ora che
lo aveva tutto per sé in camera.
“Diceva
di aver percepito un pericolo. E si era sbagliato. È stato
molto gentile…”.
“Gentile?
Asmodeo? Se lo dici tu…”.
“Non
è
successo niente! Non mi ha nemmeno sfiorata”.
“Devi
stare
più attenta. Sei all'Inferno, non alla fiera di
paese!”.
La
donna
storse il naso, leggermente infastidita. Il bambino dormiva nella culla
e lei
si svestì, per indossare la camicia da notte. Sciolse i
capelli e sistemò la
candida veste ricamata. Lucifero la osservava, in silenzio. Non
riusciva a
distogliere lo sguardo da quelle curve sensuali, da quel seno
arrotondato e
quella pelle candida. Come poteva trovarla ogni giorno più
bella? Leonore notò
quello sguardo e sorrise.
“Sembri
un angelo, sai?” mormorò il demone.
“Ed
è un
bene o un male?”.
“Decidi
tu…”.
Il
sovrano si avvicinò e le diede un bacio.
“Ti
stai
abituando a vivere qui? È un bel cambiamento rispetto al
mondo umano…”.
“Smettila
di chiedermelo. Il mio posto è accanto a te, ovunque tu
sia…”.
“Ovunque
io sia…”.
Quelle
parole… Erano così familiari e così
dolci! Leonore continuò a sorridere e
rispose al bacio del re.
“Sto
imparando a ballare, sai?” mormorò, facendosi
abbracciare.
“Per
me?”
rispose Lucifero.
“Per
la
cerimonia d'incoronazione. Voglio sia tutto perfetto!”.
“E
lo
sarà. Al massimo mi pesterai i piedi…”.
“Idiota!”.
Risero
entrambi. Leonore si fermò ad osservare il sovrano che si
preparava per
concedersi un po' di riposo, e sbottonava la camicia senza distogliere
lo
sguardo dalla donna. Lei sedette a letto e si mordicchiò il
labbro inferiore.
“Non
rivestirti" gli sussurrò.
“Come
tu
ordini" ghignò il demone, raggiungendola.
La
veste
leggera che copriva la donna si scostò facilmente fra le
dita di Lucifero.
Attenti a non svegliare il prezioso erede, iniziarono a fare l'amore
con
dolcezza.
“Ti
amo.
Ti amo tanto" mormorò Leonore, stringendo forte il demone a
sé.
Lucifero
non rispose a quelle parole. Sorrise, donando alla futura regina
ciò che in
quel momento desiderava di più: un intenso ed
indimenticabile piacere.
Il
mondo
umano non era il luogo preferito di Asmodeo, lo doveva ammettere.
Gironzolava,
in attesa. Sapeva che sarebbe comparso, prima o poi. Doveva farlo! Non
dovette
attendere molto prima che una luce attirasse la sua attenzione. Alzando
li
occhi, si trovò davanti la veste e lo sguardo color ametista
di Rapahel.
Ogni
angelo aveva il proprio demone e Raphael aveva proprio Asmodeo come
nemesi.
Sbirciò il generale con sospetto. Che ci faceva nella notte,
in mezzo alla
città, solo? Che aveva in mente?
“Scendi"
ordinò Asmodeo “Devo parlare con un angelo".
“Come
sei
scortese. Come mai sei qui?” rispose l'Arcangelo, poggiando i
piedi a terra.
“Ho
una
domanda da farti, angioletto. E spero di ricevere una risposta
esaudiente".
“Una
domanda?! Che cosa strana…”.
“Vieni
con me".
Asmodeo
si incamminò lungo la strada illuminata. Pochi mortali la
percorrevano, vista
l'ora tarda. Angelo e demone si confondevano fra loro, celando il loro
vero
aspetto. Per sfuggire dal freddo dell'inverno, il generale
trascinò l'Arcangelo
in uno dei tanti locali notturni di quella città umana.
Raphael era a disagio,
ed accettò con riluttanza, ma era suo compito capire quel
che aveva in mente
l'abitante degli Inferi.
“Che
vuoi
chiedermi, diavolo?” borbottò l'Arcangelo
“Sbrigati, che me ne torno a casa”.
“Promettimi
solo che non ne parlerai troppo in giro".
“Non
faccio promesse ai demoni. Dovresti saperlo…”.
“Bene.
Fa
come vuoi…”.
“Dimmi
quel che vuoi sapere. Vediamo che posso fare".
“Io…
Mi
chiedevo… Dove vanno gli angeli, quando muoiono?”.
“Gli
angeli non muoiono. E tu lo sai”.
Asmodeo
attese qualche istante. Si era ordinato un superalcolico, mentre
Raphael si
gustava un latte macchiato, fra lo sguardo ironico dei mortali
presenti.
“A
volte
succede. E tu lo sai…” ribatté il
generale.
L'Arcangelo
distolse lo sguardo, concentrandosi su alcuni quadri di dubbio gusto
appesi
alle pareti.
“Sai
che
è successo, Raphael” incalzò Asmodeo.
“Lo
so.
Che ti devo dire?” sbottò Raphael.
“Lei…
lei
è tornata da Dio?”.
“Lei…”.
“Sophia”.
“Lo
so.
Ma non posso rispondere. Non la vedo in Cielo, non la percepisco.
Perciò non so
dirti dove sia e cosa le sia successo".
“E
se…
fosse rinata?”.
“Rinata?!
Ma la rinascita non rientra fra i dogmi esistenti nel nostro
mondo!”.
“Lo
so!
Ma non sappiamo cosa succede, giusto? Potrebbe essere!”.
“Ma
come
ti vengono in mente certe idee?! Hai bevuto?!”.
“Sì,
ho
bevuto. Ma le mie idee non hanno niente a che fare con l'alcol!
Potresti dirmi,
con assoluta certezza, che non possa succedere? Puoi dire con totale
convinzione che mai e poi mai un angelo potrà rinascere dopo
la morte?”.
“Io…
E
come faccio a dirlo?! Certe cose le sa solo Dio! Solo Dio
può avere simili
certezze".
“Ma
comunque Sophia non è con Dio…”.
“Non
mi
risulta. Ma perché lo chiedi?”.
“Quella
donna… io quella donna la vedo, e la sento. L'ho sentita
cantare e… quella
canzone era una canzone del Cielo! Nessun umano dovrebbe conoscerla.
Eppure
lei…”.
“Non
so
di chi parli".
“Di
quella femmina! Quella che ha avuto un figlio con Satana".
“Ah.
Magari è stato lui a cantare. E lei l'ha
imparata…”.
“No.
Lei
mi ha detto di conoscerla da sempre! Poi come ha potuto una semplice
mortale
avere un figlio con il Diavolo? E l'hai vista? Come si muove, come
parla, come
ti guarda…”.
“Se
questa umana fosse la rinascita di Sophia, dovrebbe essere una creatura
angelica. No? Non un demone! Non ha molto senso che viva
all'Inferno!”.
“Non
so…
Sono confuso…”.
Raphael
era perplesso. Per lui era troppo assurdo che Sophia fosse rinata in
una
semplice umana, poi diventata una demone fattrice di piccole creature
tartariche. Fissava la tazza ormai vuota di latte macchiato, mentre le
luci e
la musica del locale lo stordivano. Come potevano i mortali divertirsi
tanto in
un luogo simile? Al tavolo di fronte, un gruppo di ragazze osservava
angelo e
demone con risatine interessate. L'Arcangelo non colse la cosa,
nonostante i
suggerimenti di Asmodeo, e finse indifferenza. Il demone, al contrario,
si alzò
ed invitò a ballare le fanciulle. Raphael rimase ad
osservarli. Vedeva il suo
nemico muoversi con sicurezza, comprendere perfettamente ogni
comportamento
umano e reagire di conseguenza. Reggendosi la testa con la mano
sinistra,
l'Arcangelo rimase quasi affascinato. I demoni erano in perfetta in
sintonia
con il mondo mortale! Era mai possibile che i diavoli fossero connessi,
molto
più degli angeli, con gli umani? Possibile che il Cielo si
fosse allontanato
così tanto da quelle creature?
“Tutto
a
posto, tesoro?” domandò una cameriera in jeans e
maglietta corta.
“Sì”
annuì Raphael “Portami un White Russian.
Abbondante. E per il mio amico un
White Lady…”.
Ogni
giorno che passava, Ary si sentiva sempre più in forze.
Passava il tempo
leggendo storie ai bambini dei sovversivi e cercando di capire quali
cambiamenti avvenivano in lui. Si era accorto di alcune cose, ma Keros
lo
teneva buono. Aveva come ordine di stare tranquillo fino a completo
recupero
fisico. Nel frattempo, il mezzodemone cercava di proseguire il
più possibile
con la vita da umano. Era stufo, fra commissioni, spese e mortali con
cui avere
a che fare. Ma alla fine tornava a casa e sorrideva, vedendo Ary.
Quella sera,
era rientrato abbastanza tardi. Aveva trovato il padrone di casa
davanti al
fuoco, avvolto in una coperta, concentrato su un libro.
“Com'è
andata oggi?” chiese Ary, mentre Keros toglieva la giacca e
le scarpe.
“Una
rottura di palle" ammise il sanguemisto “Ma se è
così che vive un
mortale…”.
“Ma
vivere così non ti rende infelice? Insomma… devi
fingere di essere un umano
e…”.
“Smettila.
Dove ci sei tu, ci sono io. E va bene così. I
bambini?”.
“A
letto”.
“Ottimo…”.
“Senti…
pensavo… Io mi sento bene. Non è che potrei
iniziare a seguire quella specie di
addestramento di cui parlava Alukah?”.
“Ne
sei
sicuro?”.
Sbadigliando,
Keros si accoccolò accanto ad Ary, che lo baciò
con un sorriso sornione. Il
mezzodemone lo lasciò fare, felice di essere finalmente
rientrato a casa. I
baci si fecero sempre più appassionati.
“Ok…”
si
scostò il principe “Basta così. Sono un
po' stanco…”.
Ary
non
ascoltò e riprese i suoi baci, stringendo forte il proprio
amato.
“I
bambini…” mormorò il sanguemisto,
iniziando a rispondere a quei baci.
“Dormono…”.
“Si
sveglieranno…”.
“Alla
loro età tu, come demone, hai visto di peggio”.
“Ah…
io…”.
Keros
non
riusciva a trovare altre scuse.
“Lascia
che ti dimostri che sto bene" ghignò Ary “Come
discendente delal Succubus
Lilith, è mio compito avvolgerti dal piacere, amor
mio!”.
Senza
rispondere,
il sanguemisto si lasciò amare.
“Mi
sei
mancato" ammise, mostrando le ali.
Keros
si
era risvegliato qualche ora più tardi, steso davanti al
fuoco che stava per
spegnersi. Lo ravvivò allungando la mano, usando il proprio
potere demoniaco, e
si sciolse dall'abbraccio con Ary. Aveva udito un rumore e
cercò di capire cosa
fosse.
“Simadè!”
lo riconobbe, lungo il corridoio.
“Scusate
se non mi sono annunciato…”.
“Fa
niente. Hai scoperto dove sono i miei figli?”.
“Hem…
sì…”.
“Ottimo!”.
“Non…
non
avete freddo?”.
Il
principe si accorse di essere mezzo nudo e ridacchiò
divertito. Poi rifletté un
attimo.
“Simadè…”
parlò poi “Non è che tu per caso sai
spiegarmi come usare la lavatrice?”.
Rieccomi
con l'aggiornamento del lunedì :3