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Autore: cartacciabianca    20/07/2009    4 recensioni
Desmond le viene strappato via all'improvviso e Giorgia non sa di che rispondere alle minacce dei misteriosi rapitori, i quali la costringono al silenzio attraverso una messaggistica segreta: e-mail, telefonate anonime, bigliettini nei posti più impensabili... Non resta alto che aspettare, aspettare che nessuno venga a prendere anche lei o minacci oltremodo di uccidere il suo ragazzo.
Otto mesi più tardi la sparizione del suo amato, gli stessi strambi tizi la contattano annunciandole che Desmond tornerà presto a casa.
Su di loro cadde un silenzio pieno di sottintesi. C’erano tanti punti da chiarire, tante domande da farsi prima di abbandonare le proprie speranze nelle mani altrui.
Desmond dipendeva da Altair e Altair dipendeva da Desmond. Ognuno nel tempo dell’altro, se la sarebbero vista con i problemi quotidiani di due vite l’una molto differente dall’altra.
-E così- rise Altair. –Me la ritrovo nuda, la tua ragazza…- bofonchiò.
Desmond sorrise. –Qualcosa mi dice che non ti dispiace affatto!-.
L’assassino condivise la sua gioia. –Vedrò di… trattenermi- fece malizioso.

Gli effetti collaterali al trattamento possono assumere diverse sfumature su ciascun paziente. Il soggetto 17 soffre di "sdoppiamento di personalità". La coscienza del suo antenato si capovolge alla propria nei momenti meno opportuni così da creare situazioni drammatiche ed imbarazzanti. Ma quando il gioco diventerà una triste realtà ci sarà un ultimo viaggio, e poi i tasselli del puzzle resteranno scambiati per molto allungo. Comincia la caccia ai farmaci che l'Abstergo custodisce nei suoi laboratori, unici medicinali che possono riportare tutto alla normalità. Giorgia, accompagnata dalla coscienza di Altaïr che ha preso piede nel corpo di Desmond, dovrà vedersela con un addetto alla sicurezza senza scrupoli e i suoi scagnozzi. Alex Viego farà di tutto per proteggere la segretezza del progetto, ma Giorgia lotterà con le unghie per riavere il suo Desmond. [CONCLUSA]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Desmond Miles , Lucy Stillman , Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il piano






Quando uscimmo dalla stanza, Altaïr si richiuse la porta alle spalle e sfoderò un mesto sorriso.
-Ti senti meglio?- chiese.
Di tutta risposta mi strinsi nelle spalle. –Sì, grazie e… scusa, ancora-.
-Adesso dimenticare è la cosa fondamentale. Piuttosto, sarebbe bene tornare di là; Lucy sarà in pensiero- disse avviandosi, ed io lo seguii a ruota.
Entrai in cucina a capo chino, colpevole di aver arrecato ulteriore sconforto e fastidio a quella povera donna, che era in piedi vicino al lavandino.
Non riuscii neppure a guardarli in faccia, a nessuno dei due. Mi vergognavo a tal punto di me stessa, di quello che avevo fatto prima a loro e poi a me, il modo in cui mi ero comportata, da vera bambina frignona; era stato… imbarazzante, stupido, inutile, fatto sta che reagire in quel modo mi aveva lasciato a mani vuote, senza niente in cui credere più di quanto l’avessi prima. Mi sentivo più vuota, più sola… ecco, “sola” forse era la parola giusta. Perché come non ero in grado io di migliorare la situazione, nessuno era a tal punto disposto ad alleviare le mie sofferenze, che sarebbero rimaste tali in eterno, mi sembrò di capire.
-Che facciamo?- domandò Altaïr sistemandosi accanto a me e risvegliandomi dai miei monologhi. Dopodiché il suo sguardo serio, composto, adultero cadde su di Lucy.
La donna si riscosse altrettanto bruscamente dai suoi pensieri. –Di che parlavamo?- assentì.
L’assassino al mio fianco prese un gran respiro. –Stavamo dicendo che l’unica soluzione per far tornare Desmond senza quei farmaci, e senza ripiombare nei laboratori dell’Abstergo, ovviamente, sarebbe uccidermi- disse tranquillamente, con nient’altro in viso che non fosse quella totale sicurezza di se stesso e autocontrollo che solo uno come lui sapeva “sempre” portare con sé.
Come solo un assassino, di fronte alla morte, sapeva comportarsi: contegno, coraggio, dedizione.
Mi morsi un labbro, nel tentativo di trattenermi dal gridare: “MA SEI TUTTO SCEMO?!?!” o una cosa del genere. Fortunatamente non lo feci, o mi sarei sentita oltremodo un verme. Già mi facevo schifo per come avevo “reagito” poco prima, figuriamoci in che modo mi avrebbero guardato quei due se avessi detto una cosa simile.
La mia buona coscienza delle volte funziona, pensai.
Così dissi solamente: -Faresti questo…- attirai la sua attenzione su di me, e per un istante esitai su ciò che volevo dire. I suoi occhi incredibilmente scuri, densi di un oro nero meraviglioso e infiniti mi lasciarono in quello stato, quasi a bocca aperta. –Tu faresti questo per me?…- mi riscossi. –Cioè per Desmond?!- mi corressi.
Il ragazzo guardò a terra sospirando. –Sì-.
-No, Altaïr- Lucy scosse la testa. –Scordatelo, te l’ho detto, non puoi…-.
-Qualcuno ha già lasciato in cinta mia moglie, nel passato, perciò il mio compito è finito; puoi star certa che se accadesse, della mia morte non risentirebbe nessuno! Desmond non scomparirebbe e così tutta la famiglia alle mie spalle- ribatté il ragazzo interrompendola. –La mia permanenza in questo mondo o nell’altro non è più richiesta ormai…- mormorò chinando la testa da un lato.
Sobbalzai, irrigidendo ogni parte del mio corpo, e mi voltai lentamente verso di lui. –Tu… tu sei… tu hai una moglie?- balbettai, sconcertata.
L’assassino distolse lo sguardo da me per la prima volta da quando eravamo entrati in quella cucina. –Sì…- disprezzò le sue stesse parole.
Non potei crederci, e probabilmente in quel momento Lucy aveva la mia stessa espressione in viso.
Immediatamente, mi balzarono in mente quelle due uniche occasioni in cui i miei sentimenti e chissà che altro mi avevano spinta ad agire nel modo sbagliato, ovvero quando avevo “quasi” o, come nelle passate ventiquattro ore, baciato il tuo antenato.
La prima volta era successo nel nostro appartamento, e lì le nostre labbra si erano appena sfiorate.
La seconda, invece, era successo l’altra sera. Ricordavo benissimo di essermi spogliata per metà, ma proprio in quell’istante eri balzato nel tuo corpo reclamando il controllo!
E da lì, una serie di eventi che mi avevano portato sino alla follia di quella mattina…
Ma ciò che mi lasciava tanto di stucco, a bocca aperta, era il fatto che Altaïr avesse famiglia dall’altro capo del telefono. Insomma… una moglie, un figlio nel passato, e aveva acconsentito con così tanto trasporto che io lo… toccassi? Ero stata una stupida, ed ero tutt’ora una stupida. Per colpa mia e delle mie folli gesta quell’uomo stava dimenticando, forse, o trascurando ciò che invece aveva di più caro.
La sua vita.
Ed io ero la sua distrazione, la trappola nella quale eravamo caduti però entrambi.
Questi pensieri mi diedero un motivo in più per odiarmi, ma odiarmi a tal punto che…
Avevo bisogno di spaccare qualcosa! O qui ci andava di mezzo qualcuno…
-Cazzo, perché non me l’hai detto?!- e alla fine non resistetti: mi voltai verso di lui ed ebbi come l’impulso, il desiderio di picchiarlo.
Altaïr mi fissò allungo sconcertato. –Eh?-.
-Perché non me l’hai detto?! Perché nessuno mi dice mai niente, qui?!- gli ruggii in faccia. –Perché non mi hai detto che sei sposato?!-.
L’assassino inarcò un sopracciglio. –Non sono sposato- digrignò fissandomi. –E comunque… Perché dovrebbe importarti?- domandò senza malizia.
Restai spiazzata a quella richiesta. –Bhé…- e i miei bollenti spiriti si estinsero sotto una cascata di acqua gelida. –No, forse no…- brontolai allontanandomi con un saltello e incrociando le braccia al petto.
Lucy si poggiò le mani sui fianchi. –Spero che i vostri diverbi siano chiariti e che in casa mia non ci siano più segreti di questo genere. Altaïr, in seguito chiariremo questa storia di Adha. Giorgia, per adesso abbiamo troppi pochi dati per cominciare ad elaborare un piano: se vi serve una mano, posso entrare io nei computer dell’Abstergo, ma non violare la loro sicurezza interna e farci arrivare quei farmaci su un piatto d’argento. Le soluzioni sono due: o facciamo fuori qualcuno dei due- azzardò una pausa, guardandoci entrambi con serietà –oppure ci consegniamo tutti quanti nelle loro mani ed elaboriamo un piano una volta che saremo in laboratorio. La mia idea è…-.
-Ma!…- provai a controbattere.
-Fammi finire!- sbottò la donna, ed io tacqui all’istante. –Come stavo dicendo… la mia idea sarebbe quella di passare i loro controlli, dargli ciò che vogliono per un breve periodo, il tempo necessario perché io possa riguadagnare la loro fiducia e ricominciare a lavorare affianco a Warren Vidic. Una volta riottenute le password necessarie- alzò le spalle. –Stringere tra le mani quei farmaci sarà come chiedere un bicchier d’acqua- prese fiato. –Allora: cosa ne dite?-.
Il silenzio piombò nella stanza, e Lucy, notando la nostra reazione pressoché “sconvolta”, si apprestò a dire: -Venite, spostiamoci in salone-.
Non era un cattivo piano, pensai sedendomi sul divano. Altaïr si sistemò al mio fianco, continuando a tenere le dovute distanze ed un’ombra di rammarico in viso.
Sembrava dispiaciuto di avermi mentito, come se fosse tutta colpa sua. Ed io non tolleravo mica di vederlo in quello stato. Mi faceva sentire ancora più… in colpa, in odio con me stessa. La poca autostima che avevo di quel periodo era forse dovuta agli ultimi avvenimenti, e di ciò non potevo che biasimare me e me soltanto.
Tenni le braccia strette attorno al mio ventre, nel vano tentativo di trattenere qualsivoglia possibile disapprovazione. Avevo controbattuto abbastanza per la mia causa sbagliata, perciò ora dovevo starmene zitta e buona un paio d’ore, preferibilmente con le orecchie ben aperte.
Lucy si sistemò sulla poltroncina vicino al televisore. –Giorgia, prima hai avuto qualcosa da ridire ma ti ho chiesto di non interrompermi. Di cosa si trattava?-.
Alzai di poco il mento dal petto, sguainando uno sguardo tutt’altro che tranquillo e sereno. –Nulla, assolutamente nulla- preferii dire scuotendo la testa.
L’assassino seduto accanto a me si mise più comodo poggiando la schiena tra i cuscini alle sue spalle e un braccio sul bracciolo del divano. Sospirò sonoramente scocciato.
Cercai di ignorarlo, di pensare ad altro, ma non riuscii alla grande nel mio intento.
-Perfetto- ridacchiò Stilman. –Se nessuno di voi ha nulla da aggiungere, suppongo che apprezziate la mia idea- gioì.
-Non abbiamo detto questo- sbottò severo Altaïr.
-Allora non capisco dove volete andare a parare- ammise la donna, ma non vedendo in noi alcun tipo di reazione, aggiunse: -Per favore, mettete da parte i diverbi personali della faccenda e cercate di concentrarvi su cosa possiamo fare per uscire dalla situazione. So che può sembrare difficile, ma vi sto chiedendo un piccolo sforzo, piccolo davvero; si tratta del 20% di quello che potreste fare se le vostre menti fossero completamente impiegate nella faccenda, quindi vedete di collaborare con maggior presenza. Comportandovi in questo modo dimostrate entrambi che non ve ne frega nulla!- ci rimproverò, e aveva tutti i motivi per farlo.
Ci aveva offerto il suo aiuto, ed ora pretendevamo che facesse lei tutto il lavoro, standocene noi per i fatti nostri. La stavamo sfruttando, obbligando forse a trovare una soluzione ai nostri problemi. Al suo posto non avrei mica accettato così facilmente di aiutare una totale sconosciuta fuori di testa ed uno schizofrenico alla prima occasione. Fossi stata al suo posto avrei chiamato la polizia, sbattuto quei due al fresco di una cella psichiatrica e chi s’è visto s’è visto.
Invece Lucy questo non l’aveva fatto, e le dovevamo molto entrambi.
-Sentite- riprese la donna. –E’ probabile che ci stiano spiando anche adesso, quindi sarebbe meglio che ci dormissimo sopra per poi riprendere l’argomento dove le loro cimici non possono arrivare- disse.
-E cioè?- domandò il ragazzo.
-Una stazione radio fa da intermittenza, disturba i segnali dei microfoni e dei localizzatori. Ce n’è una sulla 47esima; andremo lì domani mattina per mettere su un piano, e…-.
-No- sbottai io.
I due si voltarono verso di me. –Come no?- fece Lucy stupita.
-Non possiamo allontanarci da qui, non possiamo spostarci in auto mobile e neppure coi mezzi pubblici. Siamo braccati, vi dico, e restando accanto alla stazione di polizia forse non ci faranno nulla per qualche giorno. Se è una stazione radio che disturba i segnali delle loro radioline portatili, allora accendiamo il digitale terrestre, attacchiamo la x box in rete!- ero esilarante, stavo letteralmente impazzendo.
Altaïr, che inizialmente non capì a cosa mi riferissi, spostò il suo sguardo severo da me alla donna, ma Lucy si trovò altrettanto spiazzata dalle mie parole.
Sbuffai. –E’ vero, lo ammetto: non possiamo vivere in questo modo per sempre, non possiamo lasciare le cose come stanno. Ed ecco… io sono d’accordo con te, Lucy- dissi, ma insicura di cosa stessi dicendo. –Per me si può fare: lasciarsi catturare e poi agire dall’interno è una mossa furba, e anche l’unica che ci è concessa…- mormorai gravemente.
Ci fu un minuto di silenzio che durò in eterno, ma durante tutto quel tempo non feci altro che aspettare un reazione accettabile dall’uomo che mi sedeva accanto, voltandomi spesso verso di lui.
Altaïr guardava tutt’altra parte. Avvolto dalla nube dei suoi pensieri, prigioniero nella tua mente così come io lo ero nella mia e Desmond nella sua.
-Va bene- parlò d’un tratto. –Ci sto- aggiunse posando i suoi occhi su di me.
M’irrigidii. –Come ci stai? Che vuol dire?!- la mia voce salì di un’ottava, incredula di fronte a ciò che aveva appena detto.
-Vuol dire che per me va bene. Il piano di Lucy è sensato, e come hai detto tu, l’unico che abbiamo-.
Restai ammutolita, sconvolta poiché non mi aspettassi che Altaïr avrebbe apprezzato e compreso così facilmente ciò che invece io avevo fatto fatica ad ammettere.

Di lì a qualche ora discutemmo del fatto che avrebbero potuto capire che si fosse trattato di un piano ben elaborato se ci fossimo consegnati a mo’ di pacchetto davanti una delle loro auto, perciò c’impegnammo a far sembrare tutto piuttosto casuale.
Complessivamente venne su un bel thriller poliziesco, ma dopotutto non c’era nessun altro modo, e avevamo tutti scosso e chinato la testa dinnanzi alla possibilità di ammazzare qualcuno.
Non appena fu tutto concordato (giorno e ora dell’inizio del piano) mi ritirai in camera da letto, puntando dritta verso il bagno. Feci una di quelle docce fredde che ti restano sullo stomaco e, guardandomi allo specchio, immaginai che il tuo antenato e Stilman erano ancora in salotto, a discutere di qualcosa che io non potevo sapere essendo un comune mortale che meno sa del passato e meglio è.
Ma mi fu facile capire che si trattava di Adha, e tutta la discendenza fino ad arrivare a te, Desmond. Di certe cose, comprendevo bene, non era ottimale parlarne con qualcuno (me) che non dovesse essere al corrente dell’esistenza dell’Abstergo, perciò mi considerai fortunata se ero ancora viva.
Dopotutto, il tizi in nero  volevano ancora ammazzarmi; avevano tentato di ammazzarmi, ma con scarsi risultati, e se avrebbero riprovato non me ne sarei affatto meravigliata. Perciò, tra tutti e quattro (tu, Lucy, Altaïr e me) io dovevo essere la più cauta, evitare crisi di pianto, di follia, di rabbia o isterismo in presenza di quella gente allo scopo di evitarmi una pallottola nel cranio.
Il fatto era che io non gli servivo. Ero inutile ai loro scopi e per questo avevano il diritto di farmi fuori come, dove e quando meglio credevano.
La mia vita era appesa ad un filo.
A quale film l’ho rubata ‘sta frase?
Sorrisi, uscii dalla doccia e mi avvolsi un asciugamano, che arrivava a mala pena fino a metà coscia,  attorno al corpo. I miei piedi scalzi scivolavano sul pavimento, ma ero ben intenzionata di non togliere il disturbo a quelli dell’Abstergo di ammazzarmi, perciò feci molta attenzione. Mi chinai a prendere un asciugamano più piccolo e ci strofinai i miei capelli castano scuro, che con il peso dell’acqua sembravano neri. Quand’ebbi finito, me lo sistemai a mo’ di turbante mi avvicinai allo specchio e scacciai i residui della condensa con una mano.
Non restai molto ad ammirare la mia immagine lì riflessa; dopo pochi minuti che tentati di levarmi quell’orribile punto nero dalla guancia, uscii dal bagno e percorsi quatta quatta il corridoio, giungendo in fine nella mia stanza.
Sobbalzai nel trovare il tuo antenato steso di fianco sul copriletto, girato verso la porta finestra che dava sul terrazzo esterno. Non stava dormendo, lo vidi bene, però aveva un gomito poggiato sul cuscino e la mano a sorreggergli la testa. I suoi neri e densi occhi si perdevano all’orizzonte, oltre il vetro della finestra. Non l’avevo mai visto così nervoso ma rilassato allo stesso tempo: stava sicuramente pensando, riflettendo sugli ultimi avvenimenti, ma a differenza di lui che forse s’immaginava al fianco della sua donna, la mia mente volò subito a quella sera, quando io, e sottolineo io, l’avevo baciato, e non il contrario.
Certi pensieri continuavano ad assillare me, perciò perché non poteva anche lui essere turbato parecchio di quello che era successo? Ed ora che sapevo persino che aveva qualcuno dall’altra parte del tempo, doveva sentirsi molto similmente a me.
Ovvero, proprio ciò che si prova quando si tradisce, si mente alla persona che hai sempre amato e che avresti dovuto amare per sempre. Ma questo mi faceva sentire ancora più confusa, perché uno sguardo, un sorriso, una carezza, un abbraccio potevano bastare ad innescare una nuova e terribile reazione del mio io. Sì, potevo dirlo ora molto sinceramente: ero pazza innamorata del tuo antenato.
Cosa avrei fatto per contrastare i miei sentimenti? Dopotutto eravate più o meno la stessa persona, no? Anche se lui aveva quel carattere prorompente, avversario, serioso, sempre composto e… affascinante che tu non avevi certo preso da lui. Ah! Affatto, da lui avevi ereditato solo la testa calda e l’ego sensibile, oltre, molto probabilmente simile anche quello, il corpo.
Mi morsi un labbro: chissà se ce l’avete grande uguale…
Mi sorpresi a pensare una cosa del genere, non mi facevo così perversa.
Purtroppo, prima che avessi potuto scoprirlo, eri balzato nel tuo corpo, quella sera, perciò… era meglio non pensarci.
Mi schiarii la voce, attirando l’attenzione del tuo antenato, che si voltò lentamente verso di me.
Non appena mi vide si mise a sedere più composto, e con le gambe fuori dal letto. –Ah, Giorgia, eccoti- chinò la testa poggiando i pugni chiusi sul materasso.
Mi avvicinai a lui cercando di capire perché mi stava cercando. –Che ci fai qui?- domandai tranquilla, ma in verità il mio cuore batteva cento al secondo.
E probabilmente anche il tuo antenato trovò qualche difficoltà nel mantenere la calma, dopotutto ero quasi nuda di fronte a lui, se quel misero asciugamano poteva considerarsi coprente su qualcosa.
L’assassino si sollevò in piedi tenendo le giuste distanze da me, quasi avesse paura di avvicinarsi troppo, e lo capivo. –Volevo parlarti di Adha- disse serio in viso, riuscendo finalmente a catturare il mio sguardo nei suoi occhi per alcuni istanti interminabili.
-Ah…- assentii continuando a fissarlo. –Va bene- aggiunsi con calma.
-Lucy non vorrebbe, perciò non dirle che te ne ho parlato, ok?-.
Annuii con forza.
-Bene- sospirò lui. -Non è come pensi: non sono affatto sposato con lei, che non è ancora mia moglie, ma quando sono tornato nel mio tempo l’ho trovata…- esitò. –In cinta senza che fossi stato io a lasciarle la gravidanza, capisci?-.
Aprii bocca, ma prima solo che potessi dire qualcosa, Altaïr si affrettò a precedermi.
-No, no!- ridacchiò. –Infatti, ti dicevo, non è come pensi!- sembrava istericamente allegro. –Non è stato Desmond, non preoccuparti, ma entrambi, io e lui, abbiamo motivo di credere che lei mi abbia tradito mentre mi tenevo lontano da Masyaf per evitare scambi improvvisi di personalità; ora capisci qual è il problema che mi assilla?-.
-E fammi indovinare- incrociai le braccia. –Hai lasciato a Desmond il compito di gestire i rapporti sentimentali nella tua vita privata?-.
-Esattamente-.
-Non sei in buone mani, Altaïr- sorrisi esasperata.
-Immaginavo…- mormorò lui.
-A mala pena sa pagare la bolletta della luce, non so se mi spiego…- brontolai.


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Piccolo angoletto d’autrice!
Eccomi tornata dall’Inghilterra, e neppure mi ricordavo di aver già in serbo quattro pagine del nuovo capitolo. Quello che so per certo è che le due settimane nell’UK mi hanno scombussolata del tutto e sfalsato i ritmi di scrittura!
Detto ciò, ringrazio velocemente gli utenti recensori del capitolo precedente e mi scuso ancora per la piccolezza del post! Un saluto e corro a nanna!
Nonostante questo, spero vi sia piaciuto lo stesso! ^^’
Elik.
   
 
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