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Autore: GrandeStefania    19/02/2019    1 recensioni
Avete mai riflettuto su che cosa compone noi esseri umani? Molecole e sangue è la spiegazione scientifica, anima e corpo quella religiosa... Eppure l'essenza del mondo è molto più complicata di così, almeno la storia che sto per raccontarvi lo è.
Mettetevi comodi, perché state per conoscere sette ragazzi, molto molto speciali e questa... è la loro storia.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Calore... 

Namjoon percepiva un calore tremendamente piacevole al petto che si espandeva anche sul suo volto, facendogli arrossare le guance. Nell'aria sentiva un odore di rose fresche, così piacevole da assuefarlo, quasi fosse una droga dall'effetto soporifero. 

Il cameriere era ancora lì che lo fissava negli occhi, non capendo ancora nulla di quello che stava accadendo al suo corpo. Un'aroma di primavera aleggiava attorno a sé, mentre le sue mani incominciarono a muoversi da sole, arrivando alle guance di quel ragazzo dai capelli marroni come la terra. Non sapeva cosa stava facendo, quando la tavola prese a tremare leggermente, mentre un piccolo venticello circondò i corpi dei due ragazzi. Jin prese ad avvicinarsi sempre di più al volto del bruno che ormai aveva perso qualsiasi cognizione di chi fosse o cosa stesse facendo e con estrema lentezza pressò le sue labbra su quelle dell'altro.

Namjoon non sapeva cosa era quella forza, non sapeva cos'era quel calore, ma non poteva nulla per contrastarlo, era troppo attraente e così dannatamente piacevole. Strinse le mani dello sconosciuto, spingendosi un tantino contro di lui. 

Il vento prese a vorticare più velocemente, richiudendo i due in una bolla, mentre sul dorso della mano destra del cameriere comparve una cicatrice che prese a brillare incessantemente, come se avesse racchiuso in sé un raggio di sole. 

Amor.

I ragazzi che circondavano la tavola erano rimasti scioccati, non avevano la più pallida idea di cosa stesse succedendo e in più, tutto quello stava accadendo al chiuso, in una caffetteria dove chiunque avrebbe potuto vederli. Dovevano ringraziare Namjoon che aveva deciso per il posto più appartato di tutti e che alle quattro del pomeriggio non girava molta gente. 

I due ragazzi si staccarono e quando entrambi si resero conto di quello che avevano appena fatto, si allontanarono di scatto, guardandosi come se avessero appena baciato un mulo. 

"Chi diamine sei tu!?" Urlarono all'unisono entrambi, scambiandosi occhiate di sgomento miste a terrore. Era stato tremendamente spaventoso; sembrava quasi che qualcuno li avesse ipnotizzati e comandati a suo piacimento, quasi fossero delle marionette.

I ragazzi che erano seduti attorno al tavolo non sapevano cosa dire. Quello che era successo era stato surreale e non capivano ancora quello strano collegamento tra i vari elementi. Quando il cameriere era arrivato, solo Namjoon lo aveva percepito e solo lui era stato ipnotizzato da quella sorta di forza sovrannaturale. Gli altri tre erano stati spettatori, impotenti e indifferenti alla presenza di quel determinato elemento. Che cosa voleva dire? Che ogni elemento era legato ad un altro? Che in realtà erano un unica catena formata da anelli incrociati due a due? Oppure c'era qualcosa di più profondo sotto? Dei nodi che a loro erano invisibili ma che comunque li tenevano legati insiemi, come a formare una rete intricata e impossibile da sciogliere?

Jungkook, che fino a quel momento era rimasto attaccato al braccio di Taehyung, si scostò leggermente da quest'ultimo, schiarendosi la voce e osservó la cicatrice sul dorso della mano del cameriere. 

"Amor... amore" disse incantato ma con tono leggermente esitante. 

Taehyung guardava il ragazzo come se fosse stato un alieno e con un sopracciglio alzato si intromise nella conversazione. "Da quando l'amore è un elemento?" Chiese alquanto confuso.

Jin li guardava come se fossero appena comparsi dal nulla, mentre nella sua testa mille domande e poche risposte di susseguivano l'una sull'altra. Chi diamine sono questi? Che cosa vogliono da me? E che diamine è appena successo?

Prima che il cameriere potesse porre quelle domande ai presenti, Jimin si sistemò meglio sul divanetto, sorridendo in modo rassicurante al castano. "Beh... forse è meglio che ti siedi... Abbiamo parecchie cose di cui discutere."

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*

Hoseok stava camminando per quelle vie buie e dall'aria costantemente umida e sudicia, dirigendosi alla sua casa caratterizzata dallo stesso aspetto di quelle strade. Era ancora sotto shock...

Nella sua testa vorticavano ancora quelle ombre scure, quell'aria torbida e intossicante, quel tornado di grigiore e... paura. Quella cicatrice che era comparsa sulla sua mano pesava quasi quanto un elefante e il ragazzo non riusciva a guardarla. Paura... Era lui quello spaventato, era lui quello che non sapeva dove rifugiarsi, era lui quello che non aveva nessuno di cui fidarsi.

Il suo sguardo era vuoto, confuso e allo stesso tempo terrorizzato. Nelle sue iridi scure vorticavano quelle stesse ombre che in un primo momento le erano sembrate amiche, ma che al termine di tutto lo avevano soffocato, mettendolo di fronte ad una consapevolezza: Il suo animo era cattivo.

Aveva tentato, in quei lunghi anni, di distinguersi dalle persone che frequentavano quel quartiere. Aveva tentato di trovarsi un lavoro dignitoso, di pagarsi da solo l'abitazione in cui viveva, di portare sulla sua piccola tavola un pasto caldo ogni giorno... Aveva tentato di donarsi amore, di darsi calore... tutto da solo. Aveva tentato di sembrare felice e di non mostrarsi abbattuto. Ma ora? Ora come poteva portare avanti quella farsa? 

Non sapeva cosa era diventato... non sapeva se lo era sempre stato o se fosse una cosa momentanea o perenne... sapeva solo che era male e il male non è mai piaciuto a nessuno.

Una volta arrivato davanti al suo condominio, dall'aria decadente e fatiscente, Hoseok sospirò, prendendo le chiavi dalla sua tasca e aprendo il portoncino, prese a salire le scale. Ogni gradino che saliva equivaleva ad una domanda irrisolta che vorticava nella sua testa: Sono cattivo? Sono un mostro? Sono uno dei cattivi dei fumetti? Cosa significa tutto questo? Cosa sono io?

Quando raggiunse il pianerottolo del suo appartamento, però, trovò le sue valige ad attenderlo davanti alla porta. Dio... no.

Hoseok bussò frenetico sulla superficie di legno bianco, sapendo perfettamente che dentro c'era Marcus, il custode del condominio. 

"Marcus! Cosa cazzo significa?" Urlò esasperato, bussando prepotentemente.

La porta si aprì poco dopo, rivelando un ragazzo snello ma muscoloso con gli occhi rossi dal troppo fumo e le mani nere e incallite di chi passa troppo tempo a tagliare erba. 

"Cazzo vuoi Jung?" Chiese, come se il fatto che lo avesse appena buttato fuori di casa fosse del tutto normale e previsto dal calendario.

"Come che cazzo voglio? Non era ancora scaduto l'affitto! Avevo ancora tempo!" Rispose Hoseok, guardandolo negli occhi con sguardo irritato.

"Oh si che era scaduto e non sto parlando del contratto di questo mese ma quello dello scorso, che tu avresti dovuto pagarmi la settimana scorsa. Ti avevo avvertito che se avessi fatto un altro strike avrei mollato le tue chiappe in mezzo alla strada e questo mio caro, era l'ultimo." Disse l'uomo, sbattendo la porta in faccia al ragazzo che urlò frustato, lanciando un pugno contro la porta.

"Stronzo!" Gridò, prima di afferrare i suoi bagagli e scendere per le scale, ritrovandosi di nuovo su quella strada umida e sudicia. 

Cosa diamine faccio adesso? 

Non aveva dove andare e non poteva pagarsi nemmeno la notte in uno squallido motel dato che non possedeva più nulla e che i pochi soldi che aveva racimolato erano nel suo ormai ex appartamento e che sicuramente Marcus aveva pensato di tenersi come souvenir della sua permanenza lì. 

Sospirò incominciando a camminare senza meta, tirandosi via le proprie borse, sperando di allontanarsi da quel luogo il più in fretta possibile.

Arrivato vicino ad una tavola calda, distante qualche chilometro dal palazzo in cui abitava, si gettò a terra completamente sfinito, cercando di riprendere un pò le forze. Aveva sete, fame e anche alquanto freddo... 

Il suo sguardo vuoto ed esausto vorticava dalle sue borse alle sue gambe, prima di soffermarsi sulla sua caviglia scoperta. Sei delle sette voglie che coprivano la sua pelle erano colorate... Che diamine?

Una goccia blu, una fiamma rossa, una nuvola grigia, un occhio nero e un bocciolo di fiore rosa... 

Il ragazzo non aveva la più pallida idea di come fosse possibile una cosa del genere ma si rese subito conto che quello voleva dire un unica cosa... Ce ne sono altri... 

E io... io devo trovarli.

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

Taehyung e Jungkook stavano camminando lungo la strada che li avrebbe portati entrambi alle loro rispettive case. Avevano parlato con Jin e spiegato lui la situazione; il ragazzo era sembrato esitante all'inizio ma era stato disposto a credergli poco dopo, mettendosi a disposizione per quella loro ricerca. 

Loro non sapevano dove tutto quello li avrebbe portati, non sapevano neanche cosa fare una volta che tutti gli elementi si fossero riuniti, ma avevano la sensazione che dovevano fare qualcosa di importante... sapevano di essere speciali e di avere un ruolo decisivo in non si sa ancora quale spettacolo e loro avevano tutta l'intenzione di recitare al meglio.

I due ragazzi camminavano spalla contro spalla, entrambi in silenzio, entrambi imbarazzati. Percepivano ancora quello strano legame che li continuava ad attrarre uno contro l'altro. Sembrava quasi si conoscessero da anni... eppure non era passata nemmeno una settimana da quando si erano visti la prima volta. Quella strana sensazione che gli attanagliava il petto e che li faceva stare vicini anche quando non ce ne era bisogno, li spaventava... perché entrambi avevano capito che quel magnetismo funzionava solo con loro due. Gli altri elementi non avevano lo stesso effetto... gli altri elementi non li completavano o facevano sentire al sicuro e allo stesso tempo insicuri su loro stessi.

Taehyung continuava a fissare la strada attorno a sé, mentre mille domande giravano nella sua testa. Glielo dico? Mi prenderà per pazzo? Cosa devo fare? Si glielo dico... no! Non dirglielo! Dio, sto impazzendo.

Jungkook invece continuava a guardare la punta delle sue scarpe che si susseguivano ad ogni passo, lanciando di tanto in tanto un'occhiata alla mano del ragazzo affianco a lui, così vicina alla sua da sfiorarsi ad ogni loro singolo movimento. Gliela prendo? E se me la scaccia via? E se mi prende per pazzo? Andiamo Jeon cosa ti passa per la testa? È un ragazzo!

Passò qualche altro minuto prima che gli occhi di Jungkook ricadessero sul volto di Taehyung e che quelli di quest'ultimo trovassero le iridi blu del suo compagno. Ed eccola lì... quella sensazione così tremendamente magnetica.

I loro passi terminarono, i loro sguardo impossibilitati dal distogliersi, le loro labbra schiuse, i loro cuori che battevano all'impazzata, le loro mani che volevano toccarsi così disperatamente.

Sto impazzendo

Era questo che pensavano entrambi di loro stessi. Quelle sensazioni potevano appartenere solo ad un pazzo... solo a qualcuno che ignorava le regole morali e che era indifferente a quello che era giusto o sbagliato.

Il maggiore tra i due sospirò, chiudendo gli occhi e girando la testa. "Così non va bene" sussurrò, voltandosi e riprendendo a camminare.

Jungkook si riprese dal suo stato di trance e seguì il biondo, afferrandogli la mano. "Tae..." sussurrò, guardandolo con occhi imploranti, di chi chiede di non essere abbandonato, gli occhi di chi sta chiedendo pietà, gli occhi di chi sta chiedendo di risparmiare il proprio cuore.

Taehyung si perse di nuovo in quegli occhi blu, mentre stringeva la presa sulla mano del corvino, incapace di fare ciò che era più logico, mentre la sua mente non riuscì a fermare il fiume di parole che uscì presto dalle sue labbra: "Lo senti anche tu?" Chiese al minore, con tono di chi si sente esausto dopo ore di fatica."Dimmi che lo senti anche tu... dimmi che non sono l'unico a percepire questo legame tra di noi, dimmi che non sono l'unico che sta impazzendo." 

Jungkook lo guardo con quelle sue iridi chiare, indeciso sul cosa rispondere, indeciso se seguire il buonsenso o lasciarsi andare alle sensazioni. Poteva fidarsi? Poteva lasciarsi andare?

Dopo vari secondi in cui il biondo allentò la presa sulla mano del ragazzo, non percependo risposta, il minore intrecciò le proprie dita con le sue, stringendo la presa. Si guardarono negli occhi come a dirsi che si... entrambi volevano andare fino in fondo a qualsiasi cosa fosse quella.

Cosa saranno loro ora, vi starete chiedendo voi... Beh, il loro legame è qualcosa di indefinito, nessuno dei due aveva l'intenzione di chiarirlo anche perché non potevano ancora... 

L'unica cosa che potevano fare era tenersi per mano e camminare lungo quella strada, incapaci nel darsi un nome. Per ora, erano solo Jungkook e Taehyung... per ora...

Erano solo l'acqua ed il fuoco.

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

Dopo la fine della loro piccola riunione, Namjoon aveva atteso che il turno di Jin terminasse, appoggiato ad un albero all'uscita della caffetteria. Aveva bisogno di parlargli, poiché con le spiegazioni non avevano avuto il tempo di parlare di quel loro bacio dato inconsapevolmente. 

Non aveva la più pallida idea di cosa gli fosse successo e anche se, almeno in parte, immaginava che l'accaduto fosse stato una conseguenza dell'elemento del cameriere, gli servivano dei chiarimenti. Sentiva che non poteva finire tutto lì e che c'era qualcosa di più oltre che un semplice effetto collaterale di mezzo.

Passò qualche altro minuto quando finalmente Jin uscì dalla caffettiera con indosso il suo cappotto lungo, che snelliva ancora di più la sua figura slanciata. Il bruno si staccò subito dalla corteccia e si diresse a passo svelto verso di lui. 

"Seokjin..." lo chiamò, facendo sussultare l'altro che voltò il capo di colpo, preso alla sprovvista.

"Namjoon... cosa ci fai ancora qui?" Chiese ancora con una mano sul petto, cercando di calmare il suo cuore che batteva ancora all'impazzata.

"Volevo parlarti... ti va se ti accompagno a casa?" Chiese indicando la sua auto, parcheggiata a poca distanza da dove si trovavano, nel parcheggio della caffetteria. 

Jin lo guardò leggermente intimorito, ben sapendo quale fosse l'argomento di cui voleva parlare il ragazzo ma sapeva anche che prima o poi avrebbero dovuto avere quella conversazione. Non potevano di certo ignorare la cosa come se non fosse mai successa, quindi meglio togliersi subito il dente dolente e basta, no?

Così il maggiore annuì, sospirando e incamminandosi verso la macchina dell'altro, lo ringraziò gentilmente. 

Namjoon sorrise con educazione, togliendo la sicura alla macchina e aprendo lo sportello del passeggero, invitando il ragazzo ad entrare. 

"Pensavo che la galanteria fosse morta" Ammise Jin, anche per smorzare un pò la tensione che si stava creando tra i due.

Il bruno ridacchiò divertito, scuotendo la testa prima di chiudere la portiera e fare il giro del veicolo, entrando poi dalla parte del passeggero, mettendo in moto l'auto e uscendo dal parcheggio, prendendo a guidare sulla strada.

"Dove ti accompagno?" Gli chiese, non conoscendo l'indirizzo del ragazzo.

"Conosci il parco di Gangnam?" Chiese Jin, mettendosi la cintura, sistemandosi meglio sul sedile.

"Certo che lo conosco..." disse, mettendo la freccia per girare a sinistra e dirigersi nella direzione giusta. 

Dopo quella battuta, nessuno dei due proferì più parola. Namjoon continuava a tamburellare i suoi polpastrelli sulla pelle nera del volante mentre l'altro guardava fuori dalla finestra tenendo la testa appoggiata al poggiacapo del sedile.

La tensione aveva incominciato a dominare l'aria presente nel veicolo, mentre i due non avevano il coraggio di iniziare quel discorso, decisamente troppo imbarazzante da intraprendere. 

Dopo qualche altro minuto di silenzio, si fermarono in coda, attendendo che il semaforo che era appena diventato rosso, si accedesse del colore della speranza. E fu in quel frangente che Namjoon sputò fuori la domanda che si stava tenendo dentro da tutto il giorno.

"Perché l'hai fatto?" Chiese, non guardando l'altro ma le sue mani che presero a muoversi nervose sul volante, stuzzicandone la pelle con le unghie.

Seokjin non lo sapeva... non sapeva cosa rispondere e avrebbe tano voluto uscire da quell'auto e scappare lontano da quella situazione, che era decisamente più grande di lui. Non aveva capito cosa dovesse simboleggiare o fare in tutto quello e non aveva capito neanche perché tra tante persone al mondo, proprio lui aveva dovuto ottenere quel... dono? Potere? Maledizione?

Nonostante tutte quelle domande, forse una risposta, anche se insoddisfacente, doveva darsela.

"L'ho sentito..." rispose dunque con un leggero sussurro imbarazzato. "L'ho semplicemente sentito..." continuò, tenendo lo sguardo basso.

Namjoon annuì, anche se non era la risposta che voleva, per niente. Sapeva che quello che stavano affrontando era fuori dal normale e poteva immaginare che quello non fosse semplice da capire.

"Penso di averlo sentito anche io..." ammise poi i ragazzo. Sperava che l'altro avesse potuto dargli una spiegazione più plausibile ma a quanto pareva, era la stessa per entrambi. "Più che altro...

...penso di aver sentito te arrivare."

-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

Era tardo pomeriggio quando Jimin era tornato finalmente alla sua università. Erano andati in caffetteria con l'auto di Namjoon e la sua era rimasta lì. Aveva fatto una piccola passeggiata a piedi per tornare indietro, passeggiata durante la quale aveva riflettuto un pò.

Non sapeva se si stava muovendo nella direzione giusta... non sapeva se Yoongi fosse davvero un elemento... Infondo, solo lui aveva sentito quel tremendo bruciore, il maggiore non aveva mostrato nulla... nessun mugolio o sguardo sofferente. Solo quegli occhi così penetranti da sentirseli nel petto.

Sperava solo di non fare un buco nell'acqua e far perdere tempo ai suoi... poteva definirli amici? Infondo si conoscevano da un giorno, ma erano legati da quelle voglie... questo non voleva forse dire che ora erano qualcosa di più che semplici conoscenti? Non voleva dire che erano una famiglia? 

Un piccolo sorriso si dipinse sul volto del ragazzo a quel pensiero. Dopo anni in cui tutti avevano avuto paura di lui, in cui tutti lo trattavano come se fosse un reietto... dopo anni di solitudine, finalmente aveva trovato degli amici... delle persone che lo capivano, che erano esattamente come lui e che in ogni caso non lo avrebbero lasciato da solo. Sapeva che non lo avrebbero fatto, perché erano in sette in quella storia... e nessuno poteva tirarsi indietro.

Nel frattempo, Min Yoongi aveva appena concluso la sua sessione di studio con il suo gruppo universitario e si stava incamminando lentamente verso il parcheggio dell'università. 

Aveva passato una giornata davvero assurda, tre classi improvvisate, otto ore di lezione interminabili, tre ore di studio in biblioteca, sommerso da miliardi di libri di anatomia e patologia. Era esausto e voleva solo tornare a casa e morire sepolto nei cuscini.

Nonostante tutto quello che aveva dovuto assimilare durante il giorno, un piccolo ed alquanto insignificante episodio gli tornò alla mente... per l'ennesima volta. Gli si presentava alla memoria nei momenti meno opportuni, seguendo un presupposto che manco lui conosceva. A quale episodio si stava riferendo? Beh a quel ragazzino che aveva visto quella mattina quando era andato a comunicare al professor Han del cambio d'aula, lo stesso ragazzino che aveva visto entrare nella biblioteca quel pomeriggio e che aveva visto uscire trasportato fuori da altri due ragazzini, mentre urlava come un forsennato.

Non conosceva il motivo di tanto interessamento, ma era rimasto decisamente colpito da quel ragazzo... non che gli interessasse in quel senso... era semplicemente... curioso?

Mentre il ragazzo si avvicinava al parcheggio, Jimin era ancora intento a cercare le sue chiavi nel suo zaino. Gli caddero poco dopo averle trovate e appena si abbassò per prenderle, un dolore lancinante alla caviglia gli fece strizzare gli occhi e mugolare sommessamente.

Si alzò di fretta l'orlo dei pantaloni, osservando quell'unica voglia non colorata, brillare come tre soli, una piccola spirale che vorticava sulla sua pelle.

Yoongi.

 

Angolo autrice:

Hello boys and girls, I'm back with another chapter! Ed eccomi qui, con il capitolo 5. Come promesso, sto cercando di dedicare il mio tempo libero alla scrittura. Spero di riuscire a pubblicare almeno una volta a settimana e vi prometto che farò tutto il possibile per riuscirci.

Secondo voi qual è l'elemento di Yoongi? E cosa ne pensate di Jin che personifica l'amore? Spero vi piaccia questa scelta.

   
 
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