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Autore: Sick_Unicorn    19/02/2019    3 recensioni
Bonnie Harper ha 33 anni, è nata e cresciuta in Inghilterra con un un papà inglese ed una mamma italiana, ed ha ereditato, dal padre, la passione per la fotografia con cui, a differenza del genitore ormai morto da 9 anni, non è riuscita a sfondare. Suo padre era stato, dagli esordi fino agli ultimi scatti della band tutta insieme, il fotografo ufficiale dei Queen fin quando, dopo la morte dello storico frontman a cui era anche legato da una forte amicizia, non aveva deciso di andare in pensione anticipata troppo provato al pensiero di fotografare altri gruppi.
Purtroppo, ai tempi del padre, le cose erano molto più semplici ma sua mamma aveva deciso di conservare, per ben 28 anni, un numero molto importante che, sicuramente, avrebbe dato un’opportunità a sua figlia…
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Brian May, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anyway The Wind Blows

2. With a little help from friends.

Quando aveva sentito la voce di Marisa al telefono, nella mente di Brian erano tornati tanti ricordi meravigliosi. Si era ricordato degli esordi dei Queen, di tutto quello che avevano fatto insieme come una famiglia, di cui Peter e Marisa avevano sempre fatto parte, e gli erano venuti un po’ gli occhi lucidi al pensiero di quanto Freddie e Peter sarebbero stati fieri di quel che erano stati capaci di creare.
Gli era assolutamente dispiaciuto sapere che Bonnie, che voleva seguire le orme del padre, non riusciva a trovare lavoro continuando con l'idea di non rivelare di essere figlia d'arte. La ricordava ancora bambina; quando Peter la portava ai servizi fotografici perché Marisa, lavorando in un ristorante, non poteva certamente tenere una neonata in cucina. Ancora ricordava, tra i tanti aneddoti, quando a 2 anni, la bambina, aveva rivelato la sua infatuazione per Roger, quel biondo le faceva svenire tutte, e lui e John la spingevano a provarci perché tanto ci sarebbe stato sicuramente. La ricordava come una bambina meravigliosa, innamorata della musica, delle foto e, soprattutto, del suo papà vedendolo come un supereroe, che poi alla fine è quello che ogni padre desidera.
Non avrebbe mai potuto negarle un lavoro, soprattutto se, a detta di Marisa, aveva lo stesso talento del padre ma molta meno fortuna. Lo doveva a Peter; gli aveva promesso che loro si sarebbero occupati sempre di sua moglie e sua figlia, se a lui fosse successo qualcosa.
Dopo la fine della telefonata con Marisa, dicendole che loro tra tre giorni sarebbero stati a Londra e che quindi sarebbero passati, la prima cosa che fece fu chiamare il suo storico compagno di avventure che "purtroppo" si portava dietro dagli anni 60. Non ti puoi liberare di Roger Taylor, neanche a pagarlo.
-Ti ho lasciato a casa tua neanche due ore fa e già senti la mia mancanza?-. Rispose il batterista, appena vide il nome del suo migliore amico e collega capeggiare sullo schermo del telefono di ultima generazione che i suoi figli gli avevano comprato. Lui non era fatto per queste cose; non era come Sarina sempre sui social, ma l'avevano obbligato ad aggiornarsi un minimo prima che il suo telefono, neanche smartphone, fosse diventato un pezzo d'antiquariato.
-Certo che sento già la tua mancanza! Come faccio senza il mio batterista tonto davanti?-. Rispose Brian ridacchiando, beccandosi un borbottio che sapeva tanto di un Vaffanculo.
-Non è in realtà per questo però che ti ho chiamato; ho appena finito di parlare al telefono con Marisa Harper, mi ha chiesto aiuto per la figlia, Bonnie, che fa la fotografa ma non riesce a trovare un ingaggio. Possiamo fare un favore a dei vecchi amici?-.
Ovviamente, anche Roger aveva ricordi meravigliosi di Peter Harper e della sua famiglia. Lui e Marisa c'erano sempre stati per i Queen, anche quando non erano nulla, ed aiutare quella bambina, che ricordavano con tanta gioia, che adesso era diventata una donna era il minimo per ripagare tutto quello che i coniugi Harper avevano fatto per loro.
Con Roger anche convinto, dovevano solo aspettare di tornare a Londra per andare a trovare Marisa e Bonnie.

Tre giorni passarono, Bonnie si era ormai rassegnata al fatto che non poteva continuare a stare male. Ormai era andata; non poteva più stare giorni arrabbiata per un ingaggio non andato a buon fine, anche perché ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Non passò neanche da casa di sua madre quella mattina, anche perché, la porta che divideva i due appartamenti chiusa, le fece capire che, molto probabilmente, era già fuori per la spesa. 
Quella mattina, voleva andare a sfogare un po’ la sua vena creativa facendo un po’ di foto nel suo posto preferito a Londra; il London Eye. Era sempre stato il suo posto felice; ricordava ancora quando, da bambina, ci andava con il suo papà e se ne stavano, per tutto il tempo, con la faccia appiccicata al vetro della cabina della ruota panoramica a guardare le persone, le automobili e gli autobus sempre più piccoli. Aveva preso da Peter quell'aria un po’ infantile e fantasiosa, cosa normale per i fotografi che devono sempre cogliere ogni minimo particolare, anche nella cosa più stupida, che merita di essere bloccato per sempre sulla carta stampata. Era una delle tante cose belle che, il suo grande papà, le aveva lasciato e di cui andava fiera.
Dopo aver fatto qualche foto giù, con la vecchia polaroid di suo padre perché, quando era possibile, preferiva avere subito la foto in mano, era salita sulla ruota per ultimare lo shooting della giornata con qualche foto dall'alto.
Ad un certo punto, dalla cima della ruota, vide un aereo in procinto di atterrare verso l'aeroporto di Londra. Le era sempre piaciuto il pensiero dell'aereo; essere sospesi nel vuoto e, nel frattempo, muoversi verso posti lontani, l'aveva preso qualche volta per qualche vacanza in Italia a trovare i parenti della mamma. Magari su quell'aereo c'era anche qualcuno che conosceva, ma quel pensiero fu relegato via appena la ruota ricominciò a muoversi per farla tornare giù.
In effetti, Bonnie non aveva tutti i torti perché, all'aeroporto di Londra, c'era sua madre in attesa proprio di qualcuno che si trovava su quel preciso aereo di ritorno da Budapest.
Quando entrarono nell'aeroporto dalla pista d'atterraggio, per un attimo Marisa vide di nuovo quattro ragazzi; uno biondo con gli occhi azzurri, uno altissimo con massa di ricci scuri, uno con l'aria dolce ed i capelli sparati in aria e l'ultimo con quei baffi distintivi e l'aspetto da leggenda. Quando riaprì gli occhi, davanti a lei invece c'erano due uomini uno con una massa di ricci grigi ed uno con capelli e barba bianca mentre degli altri due, per due motivi ben diversi, non c'era più traccia. Per un attimo, era stato piacevole pensare che il tempo non fosse passato.
-Marisa!-. Esclamò Brian appena la notò all'uscita del gate. Quella donna non era invecchiata di un giorno, nonostante non si vedessero dal funerale di Peter nove anni prima. Era una donna italiana, nonostante l'età ed i dispiaceri rimanevano sempre belle e piene di vita come delle mamme.
-Che meraviglia rivedervi! Non siete invecchiati di una virgola-. Esclamò Marisa beccandosi una risatina da parte dei due uomini.
-In realtà sei tu quella per cui non è passato un giorno, sei libera stasera?-. Rispose Roger, sfoderando il suo charme da latin lover, anche se adesso era più vecchio porco, facendo ridere la donna e passare una mano sul viso con rassegnazione al chitarrista. Quel batterista da strapazzo non sarebbe mai cambiato, Roger che non ci prova con le donne vuol dire che sta arrivando l'apocalisse.
Dopo essersi fermati a parlare un po’, capirono che forse era meglio spostarsi a casa perché, primo, non potevano passare tutto il pomeriggio in aeroporto e, secondo, Bonnie non sarebbe stata fuori tutto il giorno.
Con una delle numerose auto di Roger, che aveva lasciato nel parcheggio prima della partenza, raggiunsero casa di Marisa non trovando, fortunatamente, ancora Bonnie a casa. Avrebbero potuto farle una sorpresa, era quello il loro fine.
In effetti, quando la ragazza tornò a casa, fu sorpresa di sentire voci in casa di sua mamma. Molte volte la trovava a prendere un tè con la vicina di casa, ma quella non era certamente la voce squillante della Signora Quill e, quella risata roca molto probabilmente a causa di anni di fumo, non era certamente quella cristallina e leggermente fastidiosa della vicina.
Solo quando, a due passi dalla cucina di sua mamma, sentì bene le voci capì di chi si trattava.
Non li vedeva da 9 anni, ma non poteva certamente dimenticare le loro voci così facilmente. 
Quando arrivata davanti all'arco che separava la cucina dal salotto vide Brian e Roger al tavolo da pranzo di sua mamma, con vari album di foto e tazze di tè davanti, capì che le sue previsioni erano esatte.
I tre al tavolo, alzarono lo sguardo verso di lei e le sorrisero, i due uomini con un'espressione sorpresa sicuramente perché, della ragazza di vent'anni che avevano visto l'ultima volta e soprattutto della bambina che avevano conosciuto negli anni 80, era rimasto ben poco. Era diventata una donna adesso, con la bellezza italiana della mamma ma con gli occhi e l'espressione del papà.
-Brian… Roger… -. Esordì la ragazza, quasi imbarazzata, facendo sorridere i due musicisti che erano stati parte integrante della sua infanzia.
-Tua mamma ci ha detto che hai bisogno del nostro aiuto-. Esordì Brian.
-Peter non ci avrebbe mai perdonato se non avessimo dato una mano a sua figlia-. Concluse Roger per poi alzarsi, pronto per ricevere il primo abbraccio che, ovviamente, non tardò ad arrivare da parte di Bonnie che, subito dopo, abbracciò forte anche Brian che si era appena alzato.
Da sopra la spalla del chitarrista, rispose al sorriso di sua madre per poi mimarle con le labbra un grazie.
Era questo quello che avrebbe dovuto fare sin dall'inizio; lei era la figlia di Peter Harper, e non poteva lavorare per nessun altro se non per le persone che avevano reso una leggenda suo padre.
-Presumo che il tuo sia un sì, Bonnie? Lavorerai con noi?-. Chiese Brian speranzoso, sapendo ovviamente già la risposta.
-Certo che lavorerò con voi, non vedo l'ora-. Rispose Bonnie quasi con gli occhi lucidi dalla gioia, per poi abbracciare di nuovo i due musicisti. Dopo tante delusioni, un piccolo aiuto dagli amici l'aveva salvata.


Devo dire la verità, non mi aspettavo che il prologo della mia storia potesse avere neanche un minimo di successo e invece, solo all'inizio, ci sono già due recensioni e non posso che esserne felicissima!
Per quanto riguarda la pubblicazione dei capitoli, in base a quando sono pronti, dovrei pubblicare ogni settimana intorno a martedì-mercoledì, sessione invernale permettendo, ed adesso rispondo alle due carissime persone che hanno lasciato recensioni.


Evola Who: Mi ha fatto molto piacere ricevere la tua recensione! Le recensioni belle, con tanti spunti e riflessioni, fanno sempre piacere e fanno venire ancora più voglia di continuare a scrivere.
Spero che, questo capitolo, abbia risposto a tutte le tue domande e che possa piacerti!
Per quanto riguarda le coppie, non posso negare che la tentazione di aggiungere un po’ di Maylor (visto che anche io li shippo) è tanta per questo vedrò come si svilupperà la storia ed agirò di conseguenza.
Davvero grazie mille ancora per la tua recensione. Un bacio.


Soul_Shine: Mi ha fatto piacere ricevere anche la tua recensione! Rinnovo quel che ho detto nella risposta precedente, sul fatto che le belle recensioni sono molto stimolanti.
Sono contenta che la storia di abbia incuriosita e, soprattutto, che ti piaccia il personaggio di Bonnie e che ti piaccia il suo ruolo. Anche io sono sempre stata molto affascinata dai fotografi delle band; quei personaggi spesso in disparte che però sono parte integrante della storia di un gruppo perché, attraverso i servizi fotografici in giro per il mondo, li hanno vissuti.
Spero davvero che questo secondo capitolo possa esserti piaciuto e grazie ancora! Un bacio.

Detto questo ringrazio anche i lettori silenziosi e che magari hanno messo la storia tra le seguite o le preferite.
Un bacione e alla prossima settimana!

Sick Girl
  
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