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Autore: DiamanteLightMoon    20/02/2019    4 recensioni
-FANFICTION INTERATTIVA- ISCRIZIONI CHIUSE-
Vi siete mai chiesti come sia possibile che un'intera civiltà scompaia da un giorno all'altro? Vi siete mai chiesti che fine hanno fatto i Cretesi? Vi siete mai chiesti che cosa li avesse travolti di così tanto violento da farli estinguere? Io sì ed era una di quelle domande a cui pensavo di non trovare mai risposta, almeno finché non ho scoperto questo.
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Hermia è figlia di Poseidone ed è la principessa di Atene. Enea è suo fratello, ma è figlio di Zeus. E il loro destino sarà deciso dalla volontà di un pazzo.
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Enea correva nei corridoi del Palazzo, i piedi scalzi e il petto ancora sudato dall'allenamento. Non riusciva a comprendere le parole del messaggero.
-Padre- urlò attraversando l'imponente porta aperta. Con passo veloce si avvicinò alle sorelle in piedi accanto al re e alla regina.
- Akakios non può fare una cosa del genere. È un suicidio per il suo popolo-
-No- disse il padre- Non se fa questo-
E gli mostrò la condanna a morte di due anime innocenti.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Semidei Fanfiction Interattive, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MI DISPIACE PER IL RITARDO, PER FAVORE LEGGETE L'ANGOLO AUTRICE IN FONDO PER SAPERE IL PERCHÈ. SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA.

 

 

 

Capitolo XII

 

Arcadia – giorno 30, ore 7.13

 

L'immagine che lo specchio d'acqua restituiva ad Ariadne era quella di un viso sfocato e sconvolto. Colpì la ciotola facendo svanire il suo riflesso, stando attenta a non rovesciala. Non ne avrebbe avuta un'altra se l'avesse fatta cadere. Odiava profondamente l'immagine che vedeva ogni mattina da ormai un mese, odiava come ogni mattina il peso del suo destino le cadesse addosso più pesante di un macigno. Lei era forte, scaltra e intelligente. Allora perchè si sentiva debole e stupida? Non era da lei comportarsi in questo modo, ma il mese passato rinchiusa ad aspettare stava iniziando a fare effetto sulla sua mente. A Tebe se qualcosa non le piaceva la faceva sparire, indipendentemente da che cosa effettivamente fosse. Non le interessava dove finiva ciò che lei aveva scartato, l'importante era che fosse fuori dalla sua vista. Era abituata a fare la bella vita, dove tutti si inchinavano al suo cospetto e persino gli oggetti obbedivano al suo volere. All'interno della fortezza lei non aveva nessun potere e quel poco che poteva avere le era stato rubato da Hermia ed Enea.

Cosa che la faceva impazzire più di ogni altra cosa. Enea poteva anche sopportarlo, dopotutto era un maschio, lo sapeva gestire. Anche se per qualche strano motivo sembrava immune al suo potere. Ci aveva provato un giorno, ma se tutti gli altri erano caduti ai suoi piedi, lui e la sorella non sembravano minimamente affetti dal comando che aveva appena dato. Era Hermia che non riusciva a farsi piacere neanche un po'. Era così altruista, buona e comprensiva. Era tutto ciò che Ariadne considerava debole in una persona. Il lavoro di squadra era sopravvalutato; quale modo migliore di sopravvivere di giocare da solo e sacrificare gli altri al proprio posto? Hermia non era così, appariva come quella che si offre in modo da poter permettere ai suoi compagni di mettersi in salvo. Esattamente l'opposto di quello che Ariadne apprezzava. Eppure non era per questo che la sacerdotessa di Era odiava profondamente la principessa di Atene. La odiava perchè sotto al velo di bontà si celava una mente in grado di competere con la sua. E Ariadne non poteva sopportare di non essere al primo posto in qualcosa che lei considerava il suo territorio. Strinse il bordo della ciotola di terracotta. Mancava poco all'attuazione del suo piano e alla capitolazione definitiva di Thaddaios, presto sarebbe stata libera. L'unica cosa che chiedeva era che Akakios non la scegliesse come prima vittima.

 

Non sapevano niente dei piani di Akakios. Quando li aveva ricevuti a palazzo non aveva detto loro niente riguardo ad essere, si era solo lasciato sfuggire che presto nessuno avrebbe potuto fermarlo. E ovviamente che la loro morte faceva parte della sua fantomatica conquista del potere. Per questo Ariadne, insieme alla maggior parte dei semidei prigionieri, si augurava di non essere la prima a venire uccisa.

 

Palazzo reale di Creta, appartamenti del re – giorno 31, ore 12.00

 

Il re di Creta stava assaporando con fare misterioso la frutta che si era fatto portare nella sua camera da letto. Tutto stava andando per il verso giusto. Nessuno aveva ancora fatto qualcosa per fargli modificare i suoi progetti. Aveva l'impressione che ogni cosa sarebbe filata liscia. Nessuno sospettava la reale grandezza del suo malefico piano. Oh, si, certamente, considerava il suo stesso piano malefico. Questo gli avrebbe impedito di attuarlo? Certo che no. Non si sarebbe lasciato fermare da qualcosa di così banale di qualche sacrificio umano. Non era un tipo sentimentale. Presto avrebbe fatto aprire le porte di Arcadia e un piccolo semidio sarebbe uscito, un addio sulle labbra e le lacrime gli occhi. Akakios sorrise: sarebbe stato così soddisfacente arrivare alla fine e vedere il mondo ai suoi piedi.

 

Arcadia – giorno 35, ore 23.00

 

Nessuno dormiva. Eppure nessuno emetteva un suono. Il silenzio riverberava nei corridoi del palazzo facendoli sembrare ancora più cupi e terrificanti. Doveva succedere qualcosa, qualcosa di brutto. Ognuno di loro se lo sentiva nelle ossa, ma speravano che le sensazioni fossero solo paranoie di una mente rinchiusa troppo a lungo.

Nella stanza no.3 Hermia fissava il soffitto. Non vedeva altro che buio nero come i ricci di mare che a volte vedeva sulla spiaggia. Desiderava dormire con tutta se stessa, perchè se si fosse addormenta allora i cattivi pensieri se ne sarebbero andati. O almeno così sperava.

Dall'altra parte del corridoio Melissa piangeva in silenzio, rannicchiata su se stessa, un'immagine di casa dietro alle palpebre. Voleva solo rivedere il tempio di Salonicco per un'ultima volta.

Callimaco non era nel letto. Era seduto con la schiena appoggiata alla porta, la coperta avvolta intorno al corpo. In notti come queste, quando era a Micene, usciva di nascosto dalla sua stanza e andava a cercarsi un compagno con cui passare il tempo insonne. Oppure si divertiva da solo, esplorando il suo corpo in ogni modo possibile. Ora, il desiderio di piacere fisico era sprofondato in fondo al suo stomaco, non si era mai sentito così vuoto prima.

Tra tutti quella che sembrava reagire meglio era Glykeria. Ma soltanto perchè era in uno stato di profonda meditazione, come faceva quando era con le altre Cacciatrici. Era il suo modo per allontanare le emozioni negative.

Al contrario Ilektra era quella che stava peggio. Essere figlia di Ade ha più contro che pro. Anche se non rientrava tra i suoi poteri principali sapeva quando nelle immediate vicinanze qualcuno stava per morire. E ora quella spiacevole sensazione era tornata. Più forte di ogni altra precedente volta in cui l'aveva percepita. Era così forte che aveva la perenne voglia di rigettare anche l'anima.

 

Arcadia – giorno 36, ore 6.45

 

Un rumore sordo e potente risuonò nei corridoi, quattordici porte si aprirono contemporaneamente. Sapevano tutti cosa significava, avevano sentito lo stesso suono trentasei giorni prima quando erano stati chiusi lì dentro: le porte si stavano aprendo. Si scambiarono sguardi preoccupati, nessuno aveva voglia di sapere per chi esattamente le porte erano state aperte. Tornarono ognuno all'interno della propria stanza. Si resero presentabili nel minor tempo possibile, Akakios non era stato chiaro su molte cose, ma un punto che aveva sottolineato più volte era la necessità di farsi trovare tutti in fila, come erano stati posizionati di fronte a lui, nel momento in cui le guardie sarebbero venute a prendere il prescelto. Nessuno aveva voglia di scoprire cosa avrebbe fatto nel caso in cui non gli avessero obbedito. Quando il fracasso prodotto dallo sfregamento delle pietra contro altra pietra cessò i semidei erano già al loro posto da qualche minuto. Una piccola squadra di quattro guardie armate apriva la fila. Le punte delle lance e i pomelli delle spade risplendevano nella luce rosa del sole appena nato. I ragazzi strinsero le palbebre mentre le ragazze cercarono riparo nell'ombra di coloro che avevano di fronte. I loro occhi non erano più abituati alla luce naturale. La marcia delle guardie finì poco dopo essere entrati nella fortezza, si mossero ai lati aprendo una fessura dalla quale spunto un uomo che non avevano mai visto.

 

Era basso, leggermente cicciottello. Indossava una tunica bordata d'oro e porpora, chiusa sulle spalle da spille di pietre preziose. Ai piedi portava dei sandali di cuoio chiaro. Aveva addosso ogni tipo di gioiello immaginabile, aveva persino un cerchietto dorato intorno alla testa. Ogni cosa di lui urlava a squarciagola ricchezza e potere. Si presentò come il primo consigliere del re avente l'incarico di scortare il semidio o la semidea che il re desiderava a palazzo. Lo disse con tono pomposo e aristocratico, rendendosi ancora più antipatico di quanto già non apparisse. Teneva fra le mani grassocce e piene di anelli un sottile pergamena arrotolata.

-All'interno di questa pergamena il nostro amatissimo e stimatissimo re Akakios ha scritto con la sua regale mano il titolo della persona che desidera incontrare a palazzo. A suddetta persona non sarà permesso protestare e dovrà seguirmi in silenzio fino alla sala del trono. Tutti i possibili tentativi di fuga verranno sventati dal fatto che avrà sia mani che piedi legati con una corda che io terrò. Nel caso in cui tenterà comunque di fuggire ho il permesso di renderla inoffensiva- esclamò con voce se possibile ancora più pomposa e gonfia. Con fare melodrammatico srotolò la pergamena. Fece un profondo respiro prima di leggere con estrema lentezza.

-Figlio di Ade- disse. Tredici paia di occhi si posare su Ilektra. La ragazza teneva il volto rivolto verso terra, le spalle abbassate e la schiena curva. Si ricordò che per Akakios lei era un maschio. Si chiese se scoprire che non lo era avrebbe aggravato la situazione. Sentì una mano fredda sulla spalla. Strinse piano prima di darle una leggerissima spinta in avanti. Le ricordò che si sarebbe dovuta presentare facendo qualche passo avanti. Inspirò con forza e racimolando tutto il coraggio che le era rimasto parlò.

-Sono io- avanzò di cerca un metro rispetto agli altri. Sperò che la voce non le tremasse e che sembrasse abbastanza maschile per i gusti di quell'uomo sudaticcio già alle sette del mattino. Lui la squadrò dall'alto al basso, ma non disse niente a parte:

-Qual'è il tuo nome?-

-Ilias- non aggiunse nessun titolo nella sua risposta, anche se si stava rivolgendo a lui. Non aveva alcuna intenzione di mostrare rispetto a un fidato membro della corte di Akakios. Usò il nome del ragazzo che l'aveva condannata a marcire in prigione per anni. L'ironia: stava per morire e l'avrebbe fatto con il nome di una delle persone che odiava di più. La fortuna non era mai stata dalla sua parte. Almeno se ne sarebbe andata senza rimpianti. Per poco Ilektra non storse la bocca, poteva sentire il peso della bugia ronzarle per la testa. Nessuno disse niente quando il consigliere le fece cenno di seguirlo, non che ne avessero la possibilità. Ilektra sapeva che alcuni avrebbero parlato volentieri, ma si trattenevano per via di ciò che l'uomo avrebbe fatto nel caso qualcuno avesse osato controbattere ai suoi ordini. Era ingiusto offendersi per la mancanza di protesta, alla fine anche lei sarebbe rimasta zitta nella loro posizione, in particolare se la persona per cui stava rischiando a vita era qualcuno che conosceva da un mese e di cui sapeva a malapena qualcosa; eppure un leggero astio le nacque nel cuore.

 

La camminata fino a palazzo fu priva di eventi rilevanti. Ilektra non fece nulla per scappare e il consigliere la ignorò per la maggior parte del viaggio. L'uomo parlò soltanto due volte: la prima volta per cantare una lode al suo re così potente, saggio, meraviglioso, insomma dopo un minuto Ilektra smise di ascoltare; la seconda fu per dirle che doveva sentirsi onorata di far parte dei progetti di Akakios e che il suo sacrificio era di vitale importanza per il destino del mondo. Ilektra si sforzò davvero tanto per evitare di scoppiargli a ridere in faccia. La sua morte di vitale importanza? La considerava ironia di pessimo gusto. Non poté fare a meno di sorridere amaramente, per cui abbassò la testa per evitare di far vedere le sua labbra. Il consigliere interpretò quel gesto come uno di gratitudine e ridacchiò soddisfatto. Aveva una mente meschina quasi quanto quella del re, ma non era altrettanto sveglio e intelligente. Non era in grado di leggere tra le righe, di andare oltre alla vista ed osservare veramente. Per questo era un'ottima pedina nel piano di Akakios, non faceva mai domande e non aveva nessuno scrupolo se si trattava di arricchirsi.

 

Palazzo reale di Creta – giorno 36, ore 8.00

 

Condusse la semidea in una stanza a palazzo, non nel piano della servitù, ma quello dedicato agli ospiti reali. Questo confuse la ragazza. Lasciò che il suo stupore si facesse strada sul suo viso, considerando inutile provare a nasconderlo. Il consigliere non le diede nessuna spiegazione sul perchè del suo gesto, limitandosi ad ordinare a tutte e quattro le guardie di fermarsi di fronte alla sua porta. Suddetta porta venne aperta e lei fu fatta entrare. Prima ancora che si rendesse conto di aver cambiato posizione i due battenti di richiusero alle sue spalle.

Si voltò verso l'uscita ormai inutilizzabile per poi rassegnarsi ad osservare la stanza in cui era stata confinata. Non era enorme, ma non si poteva definire piccola. Il letto alla sua sinistra doveva essere quasi tra volta più grande di quello in cui aveva dormito per il mese precedente. Dalla parte opposta vi erano una serie di mobili di legno scuro, alti circa come la sua spalla. Un catino di terracotta dipinta era riposto nell'angolo più lontano dalla porta, vicino al letto. Dall'altro lato c'era una vasca che, a giudicare dal vapore che si alzava dal suo interno, doveva essere piena d'acqua bollente. Una finestra ampia e colonnata riempiva quasi tutta la parete opposta a quella dove stava lei. Guardando alla sua destra per poco non urlò a squarciagola: in pieni nell'angolo stava una giovane ragazza. Non doveva avere più di quindici anni e indossava l'abito semplice degli schiavi. Aveva lo sguardo rivolto verso terra e non lo alzò nemmeno dopo il verso strano che Ilektra aveva fatto.

“Ha paura” realizzò la figlia di Ade. Fece un passetto avanti prima di parlare con la voce più gentile del suo repertorio.

-Non devi avere paura, non ti farò niente- a quelle parole il viso della giovane scattò verso l'alto. Non la guardò negli occhi, ma Ilektra vide chiaramente lo stupore nei suoi grandi occhi marroni. Aveva la pelle più scura della sua e i capelli erano neri come quelli di Hermia. Non veniva dalla Grecia, Ilektra se ne rese conto dopo poco che l'osservava. Probabilmente proveniva dall'Egitto o altre regione del Sud, con cui Creta aveva dei floridi commerci.

-Non ti farò del male- ripetè. Poi un sospetto le nacque genuino nella mente.

-Come mai sei qui?- chiese. La ragazza non rispose, ma abbassò di nuovo lo sguardo verso terra. Ilektra annullò la distanza che le separava e delicatamente posò una mano sulla spalla di lei. Se ciò che temeva era corretto non faticava a credere che fosse spaventata a morte. Al contatto la giovane sobbalzò senza tuttavia scostarsi. Ilektra fece di nuovo la stessa domanda. Questa volta rispose con voce flebile:

-Re Akakios mi ha ordinato di darvi ogni tipo di piacere- involontariamente lo sguardo di Ilektra di indurì. La giovane si ritrasse spaventata.

-Oh, no, no. Tranquilla. Non ho intenzione di fare niente. Non potrei anche se lo volessi- cercò di calmarla la semidea. Poi si ricordò che la giovane non aveva idea della sua vera identità.

-Il mio nome è Ilektra. Qualsiasi cosa ti abbia detto Akakios deve essere stato per un motivo, vorrei sapere qual'è?- appena disse il suo nome il corpo della giovane si rilassò come se le avesse tolto un peso enorme dalle spalle, cosa probabilmente vera. Ilektra sperava che rispondesse alla sua domanda: aveva bisogno di sapere perchè Akakios aveva mandato qualcuno a sedurla.

-Ecco... io non... il re mi ha ordinato di non rivelare le sue intenzioni nemmeno in punto di morte- Ilektra sospirò stringendosi la base del naso. Si allontanò dall'angolino in cui erano. La finestra era grande, ma per fortuna non dava sulla città. Era rivolta verso le montagne e nessuno avrebbe potuto guardare cosa accadeva al suo interno. Si lasciò scivolare sul pavimento, con la porta di fronte a sé e la finestra alle sue spalle. Poi fece cenno alla ragazza di avvinarsi e di sedersi in modo da poterla vedere in faccia.

-Io non dirò niente e il re non ti chiederà nulla. Da per scontato che rispetterai l'ordine. Non verrà mai a sapere se hai effettivamente fatto come ti ha detto oppure no. Se il re non lo sa non può punirti per non aver ubbidito. E vorrei sapere il tuo nome- a questo la giovane schiava rispose.

-Mi chiamo Tetisheri- questo spiegava il suo aspetto fisico e il suo accento strano quando parlava.

-Bene, Tetisheri. Il re ti ha mandato a sedurmi, in qualsiasi modo possibile. Immagino che non abbia specificato come ma solo che lo facessi. Voglio sapere perchè? Perchè ti ha chiesto di farlo?- stressò il perchè, aveva bisogno di saperlo. Se non per se stessa almeno per chi sarebbe venuto dopo. Capiva come Tetisheri non si fidasse di lei. Ilektra stessa non si fidava di nessuno lì a Creta, ma anche se non si fidava dei suoi compagni prigionieri non era così senza cuore da desiderare che morissero. Per lei non c'era speranza, ma magari avrebbe potuto crearne per gli altri. Immaginava che Akakios non sarebbe tornato fino al giorno dopo. Anche se fosse stata un maschio, sarebbe stata troppo inquieta – per non dire terrorizzata – per potersi lasciare andare a qualsiasi tipo di piacere fisico. Perciò, per dimostrare a Tetisheri di potersi fidare di lei almeno un po', chiese di poter fare il bagno. Dopotutto la vasca era prona, tanto valeva approfittarne. E poi erano secoli che non si faceva un bagno come si deve.

 

Palazzo reale di Cnosso, stanza di Ilektra – giorno 36, ore 15.00

 

C'era voluta mezza giornata per fare in modo che Tetisheri si rilassasse abbastanza da non sobbalzare ad ogni minimo rumore. Ma finalmente, dopo ore di attesa, sembrava che fosse pronta a rispondere alle sue domande. Ilektra sorrise, ma i suoi occhi rimasero immobili, nessuna luce venne ad illuminare le sue iridi scure. Non accadeva da molto tempo e la situazione di certo non aiutava. L'unico motivo per cui continuava a farlo era per mettere a suo agio Tetisheri, aveva bisogno della sua collaborazione. Durante il tempo in cui l'aveva aiutata a lavarsi e a rivestirsi Ilektra aveva cercato di essere il più delicata possibile nelle sue domande. Aveva scoperto che veniva da Alessandria d'Egitto e che i suoi genitori l'avevano venduta insieme alla sorella quando avevano dieci anni a dei mercanti di schiavi. Dall'Egitto avevano viaggiato per tutta la costa orientale del Mediterraneo, a bordo della nave dove erano tenute prigioniere, arrivando infine a Creta. Lì il re aveva personalmente esaminato ciò che i mercanti di schiavi avevano da offrire. Tetisheri, con i suoi brillanti capelli neri e gli occhi incorniciati da lunghe ciglia, aveva suscitato l'interesse di Akakios. Separata dalla sorella, che non era stata nemmeno presentata agli occhi del re, Tetisheri si era ritrovata sola in un'isola di cui non conosceva la lingua alla tenera età di undici anni. Aveva avuto fortuna però perchè il re l'aveva affidata ad un'altra schiava di circa trent'anni che l'aveva presa sotto la sua ala. Ora quindicenne Tetisheri parlava un ottimo greco e sapeva come reagire in ogni occasione. Ilektra si mostrò interessata al suo passato e con una semplice domanda le chiese il suo presente.

 

E finalmente Tetisheri rispose senza esitare. Il re le aveva ordinato di compiacere ogni desiderio del semidio che presto sarebbe arrivato a corte, di farlo rilassare. Doveva indebolire la sua mente il più possibile, rendergli impossibile pensare alla sua posizione di sacrificio umano. Il re non le aveva spiegato perchè e Tetisheri non voleva saperlo. Ma a Ilektra bastava una sola informazione di quel discorso.

-Ferma, aspetta. Hai detto che dovevi farmi credere che potesse esserci una via d'uscita a tutto questo, come? Cosa avresti dovuto dirmi?- se fosse riuscita a capire la falla nel piano di Akakios forse non sarebbe morta invano.

-Il re ha detto che il castello è pieno di passaggi segreti. Sono stati costruiti insieme al palazzo stesso e servono alla famiglia reale per scappare in caso di necessità. Sono talmente tanti che anche il re non li conosce tutti, questo non me lo ha detto lui, ma lo ha mormorato a se stesso quando parlava con me. Deve averlo fatto credendo che non lo sentissi. Ha detto che c'è una porta segreta in quasi ogni stanza del castello che si collega con il labirinto nel terreno sottostante. Nella sala del trono ce ne sono quattro di porte, così come negli appartamenti reali. Sicuramente anche in questa stanza ce n'è uno. Il re mi ha espressamente detto di rivelarti queste informazioni quando la tua mente era il più possibile annebbiata. Forse per impedirti di cercare- Tetisheri si stropicciava le mani mentre parlava, nervosa che qualcuno potesse entrare improvvisamente nella stanza. C'era qualcosa che non tornava nel discorso di Tetisheri, perchè il re stava dando loro informazioni del genere? Ci doveva essere qualcos'altro. Qualcosa che lei non aveva ancora capito e che doveva intuire entro la mattina successiva, possibilmente con qualche ora d'avanzo. Aveva circa quattro ora prima che la cena fosse servita. Poteva farcela.

 

Arcadia – giorno 36, ore 18.00

 

I tredici semidei erano tutti raccolti nella Grande Sala, quella piena di cuscini che avevano usato il primo giorno per cercare una via di fuga. Non avevano ancora avuto successo, ma aveva lasciato perdere la ricerca dopo gli avvenimenti di quella mattina. Nessuno voleva morire e per quel mese in cui erano rimasti chiusi lì dentro la morte, per quanto vicina, era rimasta estranea. Per la prima volta da quando erano stati scelti per partire la realtà li aveva colpiti in pieno volto. Prima potevano sognare di riuscire a scappare, ora le speranze erano perdute. Akakios aveva iniziato con il suo piano e nessuno di loro sapeva in quanto tempo l'avrebbe completato. L'umore generale era pessimo e non sarebbe migliorato molto presto.

Avevano paura, ognuno a modo loro; avevano bisogno di essere rassicurati da qualcuno, ma in quel momento coloro da cui andavano per essere confortati erano a giorni di distanza, solo Hermia ed Enea sembravano avere quel privilegio e Ariadne non avrebbe mai ammesso di non essere in grado di cavarsela da sola. Eppure se solo si fosse fermata un attimo a riflettere si sarebbe accorta che esistono situazioni in cui anche la mente della persona più forte inizia a crollare, ci sono momenti in cui anche i più indipendenti e solitari hanno bisogno di calore umano e parole amiche. E quel momento era proprio quello che stavano vivendo tutti loro. Non c'erano eccezioni sulle loro necessità, non serviva non ammettere a se stessi di avere bisogno di un abbraccio e frasi mormorate all'orecchio, anzi peggiorava le cose. Ma non potevano fare a meno di desiderare di non aver bisogno di farlo, di essere al sicuro a casa loro, accanto alle persone amate.

 

Palazzo reale di Creta, stanza di Ilektra – giorno 36, ore 20.30

 

Le labbra di Tetisheri erano morbide contro quelle di Ilektra. La figlia di Ade non aveva mai baciato una ragazza, non così almeno. Sapeva di essere attratta dalle forme morbide e dei grandi occhi del suo stesso sesso, ma non aveva mai avuto la possibilità di mettere in pratica quell'attrazione.

Dopo aver effettivamente capito il perchè della mossa di Akakios, ci era voluto più di del previsto purtroppo, Ilektra si era resa conto che il re si aspettava una determinata scena quando le guardie avrebbero aperto la porta. Non fargliela trovare non andava certo a suo vantaggio. Per questo stava baciando Tetisheri, per rilassare la ragazza e se stessa. Dovevano fare qualcosa e sicuramente le guardie riuscivano a sentire almeno un po' di quello che succedeva all'interno della stanza, per cui per essere convincenti non bastava andare a dormire nude e bagnare le lenzuola. Ilektra non aveva assolutamente idea di cosa fare, nessuno le aveva mai spiegato per bene nemmeno il rapporto tra uomo e donna, figuriamoci tra due donne. A quanto pareva il suo istinto sapeva benissimo quello che stava facendo perchè sentì le sue mani scivolare lungo la schiena magra e parzialmente scoperta di Tetisheri. Le dita di lei erano intrecciate dietro il suo collo massaggiandole piano la nuca. La giovane egizia era molto più rilassata di Ilektra, avendo ormai perso la sua innocenza da anni. Nessuno tratta con reverenza una schiava giovane e bella, non aveva avuto voce in capitolo su chi o come si era preso la sua verginità. Era stata male per giorni e per poco non si era lasciata morire di fame, si sentiva sporca e rotta. Ma i modi di Ilektra erano diversi da quelli rozzi e violenti degli uomini che l'avevano presa in precedenza. Aveva la sensazione che questa volta avrebbe potuto provare piacere in quei tocchi così intimi.

 

La situazione passò dall'innocente e tentennante a molto più calda e frenetica. Ilektra aveva smesso di pensare razionalmente, lasciando il comando delle sua azioni al suo istinto. Tetisheri la guidava quando non sapeva cosa fare o esitava un poco. I baci ora erano bollenti ed eccitanti, le loro lingue si intrecciavano e i denti stringevano labbra voluttuose. Erano baci dati per disperazione, per bisogno di qualcosa che nessuna delle due poteva offrire all'altra. I vestiti che una volta coprivano i loro corpi erano da tempo finiti sul pavimento, gocce di sudore brillavano alla luce delle torce ai lati del letto. Non serviva molta luce per quello che stavano facendo, anzi il fuoco illuminava ogni cosa di rosso e arancione donando alla stanza e coloro che la occupavano una vena di mistica bellezza. I seni di Tetisheri erano più grandi di quelli di Ilektra, nonostante la semidea fosse di due anni più vecchia. Erano morbidi sotto le sue dita, in contrasto con i capezzoli duri. Avevano entrambe la pancia piatta e gli arti magri, dovuti più alla mancanza di un'adeguata alimentazione che ad un intenso esercizio fisico. Ormai i muscoli che Ilektra si era guadagnata con anni di allenamento stavano sparendo dopo mesi che non si allenava, da quando era finita in prigione il cibo che riceveva serviva a malapena a darle energia per restare sveglia tutta la giornata. Non che questo fatto fosse rilevante, di certo la sua mente non si era soffermata sulla magrezza sua o di Tetisheri. Con la mano destra premeva il fianco della giovane contro il materasso mentre con la sinistra le accarezzava il ventre. Tetisheri teneva le sue sulle scapole di Ilektra, le corte unghie le ferivano leggermente la pelle. Presto avrebbero lasciato otto graffi paralleli lungo tutta la schiena, graffi che mai sarebbero guariti dal suo corpo, ricordo della sua ultima notte. I baci ora erano bagnati e schermo per un desiderio più grande. Ma ne Ilektra ne Tetisheri sapevano esattamente quale fosse il passo successivo, la prima perchè sapeva a malapena le basi e la seconda perchè non aveva mai avuto l'occasione di stare dalla parte di chi ha le redini. Ilektra separò le loro labbra attaccando il collo abbronzato dell'egizia. Tracciò con la lingua una linea verticale fermandosi alla giugulare, sentì il cuore di Tetisheri battere all'impazzata, il sangue che pompava veloce nelle vene. Strinse tra i denti in quel punto, succhiando appena. Il gemito che ricevette in risposta la rassicurò e le diede più sicurezza. Succhiò più forte e quando si staccò con un suono umido la pelle era rosso vivo. Poco dopo, quelle macchie violacee riempirono il torso di Tetisheri fino allo sterno. Ilektra dedicò tempo e attenzione ai capezzoli scuri, dritti e duri nell'aria fredda della notte. Le reazioni di Tetisheri accrescevano la sua confidenza e più si sentiva sicura più si lasciava andare a quello che le veniva istintivo fare. Il prossimo passo fu dedicare attenzione al sesso bagnato di Tetisheri. La giovane non si trattenne e le fece sentire il proprio piacere. Dopo quando fu il turno di Ilektra a stare con la schiene contro il letto ricambiò volentieri il favore.

Ilektra si lasciò andare alla lussuria e al piacere che quel contatto le provocava. Non ci sarebbero state altre occasioni, il suo viaggio si concludeva il giorno dopo. Si perse nel corpo di Tetisheri e le permise di perdersi nel suo. Non si pentì della sua scelta, anche se il loro rapporto era nato dalla necessità più che dal loro piacere personale, entrambe avevano scelto di loro spontanea volontà fin dove spingersi. E nelle loro quotidiane condizioni, dove raramente avevano la possibilità di decidere qualcosa, questo fatto era più che sufficiente da consentire una piacevole passione.

 

Palazzo reale di Creta – giorno 37, ore 7.00

 

Al re non piaceva molto svegliarsi presto. Non era una cosa che si poteva ridurre alla mattina. Una volta che si era addormentato doveva dormire almeno otto ore di fila, non importava che ora del giorno o della notte fosse. Ogni singola persona sull'isola di Creta conosceva questo dettaglio del re. Non che fosse difficile esserne all'oscuro, dato che aveva pubblicamente mandato in esilio un nobile della sua corte per averlo svegliato dopo cinque mere ore di sonno. Va da sé che dopo quell'episodio nessuno aveva mai più osato svegliarlo. Per questo, quando le porte delle stanza reali furono aperte dal re stesso praticamente all'alba, le guardie in pieni accanto ad esse per poco non ebbero un infarto. L'ultima volta che il re era uscito dalle sue stanza così presto era stato il giorno della sua incoronazione più di vent'anni prima. Fortunatamente le guardie non sapevano che non aveva chiuso occhi tutta la notte perchè altrimenti sarebbero sicuramente morte sul colpo. Ovviamente Akakios aveva un motivo per essere così di buon umore. Finalmente la lunga e stancante attesa era finita. Il suo piano stava per essere portato a compimento.

 

Akakios non poté fare a meno di sorridere tra sé e sé. Era andata esattamente come aveva previsto. Aveva fatto bene a scegliere Tetisheri, la giovane schiava egizia era di una bellezza indescrivibile. Si annotò di usarla anche per gli altri semidei, se aveva funzionato con uno non vedeva perchè non dovesse funzionare con tutti. Inoltre avrebbe risparmiato tempo e fatica, doveva fare economia se voleva che ogni cosa fosse perfetta. Quando le guardia incaricate di potergli il semidio avevano aperto le porte, avevano trovato i due addormentati nel letto. Tetisheri si era svegliata subito, coprendosi i seni nudi con il lenzuolo che era scivolato quando si era seduta. Aveva scosso Ilektra per svegliarla, grata che la coperta non lasciasse intravedere niente a parte la punta delle sue dita sul cuscino. Le guardie erano uscite per permettere a Ilektra di rivestirsi. Tornarono dopo nemmeno dieci minuti. Fortunatamente le maggiori preparazioni erano state fatte prima di andare a dormire la notte prima. Nonostante fossero entrambe esauste infatti, avevano fatto lo sforza di alzarsi dal letto e fare le furbe. Si erano lavate con l'acqua oramai fredda della tinozza prima che Tetisheri aiutasse Ilektra a fasciarsi il petto. Sapeva che Akakios avrebbe comunque scoperto il suo sesso, ma la sensazione della stoffa che la stringeva era ormai famigliare per lei e aveva la capacità di calmare i suoi nervi in modo incredibile. Teneva i suoi capelli rossi relativamente corti, in un taglio facilmente interscambiabile tra maschio e femmina, per cui almeno sotto quel punto di vista non doveva lavorare molto. L'unico problema era che effettivamente le mancava la cosa indispensabile per poter essere considerata un ragazzo. Ilektra in realtà non si preoccupava poi più di tanto. Certo, magari il fatto che il re non si aspettava una ragazza avrebbe peggiorato il dolore che avrebbe provato, ma Ilektra aveva la sensazione che il suo sesso era la cosa minore.

 

Per sua fortuna, Ilektra aveva ragione, al re non poteva importare di meno se fosse un maschio o una femmina, la cosa importante per lui era il suo genitore divino. E non si poteva mentire su quello. Dopo aver detto addio a Tetisheri, Ilektra venne accompagnata dal re. Akakios si trovava in una grande sala al secondo piano del palazzo. La stanza era luminosa e dal soffitto altissimo. Non aveva mobili, a parte un alto scranno di legno scuro contro la parete in fondo. Il pavimento era coperto da vari tappeti di lana colorata e i muri erano dipinti fino in cima. Non sembrava una stanza delle torture. Forse il re era così gentile da farla morire sul morbido e circondata da luce e colori. A Ilektra venne quasi da ridere, come no? Sicuramente il re era così gentile. Akakios era in piedi di fronte al torno quando fu fatta entrare. Sentì le porte venire sigillate una volta che i battenti furono chiusi. Quando Ilektra alzò lo sguardo per guardare Akakios per poco non venne accecata. Un raggio di sole proveniente dalla finestra sulla sinistra si stava riflettendo sui mille gioielli che adornavano il re. Come se non bastasse la moltitudine di anelli, collane, cinture e la corona, aveva pure indossato quello che doveva essere uno degli abiti più stravaganti e colorati che Ilektra avesse mai visto. Guardarlo era quasi doloroso, per cui la giovane semidea optò per posare lo sguardo su un indefinito punto sopra la testa scintillante del re.

 

Confusione era riduttivo per indicare lo stato d'animo attuale di Ilektra. Non aveva idea del perchè fosse stata portata in una camera decorata e luminosa quando si aspettava segrete buie e umide. Akakios l'aveva invitata a sedersi, ad Ilektra non sembrò un invito che poteva permettersi di rifiutare. Si lasciò cadere sul pavimento, in mancanza di una sistemazione alternativa, l'unica sedia della stanza era il trono su cui il re era seduto sopra. Il tappeto era morbido al tatto e stranamente fresco, come se la lana impedisse al freddo del marmo su cui poggiava di disperdersi. La figlia di Ade non osava parlare, non così vogliosa di scoprire le conseguenze di quel possibile gesto. Fu la scelta più saggia perchè quando il re iniziò a parlare ad Ilektra si gelò il sangue nelle vene. Improvvisamente il sole smise di riscaldarle la pelle e un vento gelido lo sostituì.

 

-Meravigliosa, vero?- disse il re indicando la stanza. Tra tute le cose che Ilektra si aspettava che dicesse quella non apparteneva nemmeno alla lista. Si limitò ad annuire, non fidandosi della sua voce. Si spaventò quando si rese conto che cosa il re voleva comunicarle con quella semplice frase. “Ti piace? È un bel posto per morire, guarda che gentile che sono” era il messaggio sottinteso. Il re continuò a lodare la grandezza delle finestre, la bellezza degli arazzi, la morbidezza dei tappeti e l'altezza dei soffitti sorretti da quattro colonne di marmo bianco e sottile. La ragazze cercò di non smettere mai di ascoltare, non sapeva quando il re avrebbe cambiato discorso per riportarlo sul vero motivo per cui lei era lì. Akakios voleva distrarla per coglierla impreparata, questo ormai l'aveva capito da quando si era trovata di fronte Tetisheri nella sua stanza a palazzo. Ma perchè? Perchè mettere su una scena così complessa quando bastava ucciderla con un semplice colpo di spada. Il discorso che il re aveva fatto quando erano giunti a Creta li aveva informati della loro fine imminente, ma non aveva mai spiegato il perchè di suddetta fine. Ora lo avrebbe scoperto e la notizia non le sarebbe piaciuta per niente.

-Vedi, esattamente come la sfumatura più scura ha qualcosa in più di quella chiara, voi avete qualcosa che a me manca- il voi indicava un gruppo di persone, non solo Ilektra, indicava coloro come lei. Ma come lei in che senso? Vi erano molti giovane che le somigliavano, il tratto più importante era quello di essere una semidea, cosa che probabilmente era ciò a cui si stava riferendo il re.

-Nascete, crescete, vivete per lo più ignari del vero potenziale che si nasconde sotto i vostri ridicolmente deboli poteri. Non li sviluppate, non liberate la vostra vera forza, potreste dominare il mondo. Eppure vi accontentate di un'esistenza per lo più patetica e sterile o di una vita piena di ostacoli e dolori che finisce in una morte orribile e in molti casi inutile. E poi ci sono le persone come me, che nascono senza niente ma sono desinate a grandi cose. Ma non possono raggiungere la vetta del monte Olimpo perchè gli dei le hanno privati dei loro diritti- durante il discorso Akakios si era alzato dal trono, senza tuttavia fare dei passi avanti. Era rimasto fermo immobile con le braccia alzate e un'espressione spiritata negli occhi. Ilektra ebbe la conferma che il re non era del tutto sano di mente, fino ad all'ora quando si erano riferiti al re come pazzo lo aveva fatto per sottolineare un concetto o per esagerare un dato. Adesso Ilektra si rendeva conto della verità dietro a quella parola.

-E questo non va assolutamente bene! Io mi rifiuto di stare a guardare mentre insulsi esserini si prendono ciò che è mio solo perchè sono nati con qualcosa in più di me. Per cui ho deciso, un volta per tutte, di fare in modo che nessuno possa usurpare il mio potere. E per farlo ho bisogno del vostro aiuto- continuò il re; la semidea stava piano piano realizzando dove il re volesse andare a parare. Solo che non credeva possibile una cosa del genere.

-Dovete sapere miei cari semidei- Ilektra non aveva idea del perchè parlasse al plurale, c'era solo lei lì, era come se Akakios non si trovasse più nella stanza ricoperta di ricchezze ma di fronte ad un'udienza composta da coloro che odiava di più- che non accetto di avere qualcosa in meno di voi. Le Parche hanno voluto che io nascessi senza privilegi. Non mi sono lasciato fermare da un dettagli così piccolo. Ho conquistato il potere passo dopo passo fino ad arrivare in cima, non c'è nessuno più in alto di me nel mondo umano. Purtroppo esistono persone fuori da questo mondo che lo sono- il re sospirò calmandosi appena. Di nuovo Ilektra non riusciva a seguire il filo del discorso. Tuttavia aveva ormai capito l'obiettivo del re. Non le piaceva, eccome se non le piaceva. Come l'idea che un essere simile diventasse dio poteva essere attraente ai suoi occhi. Non vedeva altro che guerre e distruzione all'orizzonte. Ilektra credeva che l'unico modo per diventare dio fosse attraverso il volere di coloro che dei erano già, ma si sbagliava. Vi era un altro modo, un modo molto più oscuro e pericoloso. Akakios l'aveva trovato e lo stava mettendo in pratica. Non solo, era pure stato fortunato perchè quando i semidei gli erano stati presentati aveva notato con delizia che erano figli di tutti gli dei maggiori, meglio di così non poteva andare.

-Vedete, a volte le cose non vanno come si desiderano. Ed è per questo che esiste la magia divina, per cambiare il mondo secondo il volere di coloro che sono in grado di controllarla. Non chiedo molto da parte vostra. Mi basta un poco della vostra essenza, non mi sembra di esagerare- Akakios sorrise in maniere inquietante. Mentiva e Ilektra lo sapeva. L'essenza di un semidio era la cosa che lo teneva in vita, la colla che legava la sua parte divina a quella mortale. Alterarne l'equilibro voleva dire causare la morte del semidio. Non c'era possibilità di sopravvivere, la parte divina avrebbe iniziato a divorare la parte umana e quando quest'ultima era stata del tutto consumata il loro corpo mortale non sarebbe stato in grado di contenere il loro potere e avrebbe ceduto. Ogni semidio moriva in modo di diverso quando veniva privato della sua essenza. Ilektra si domando come sarebbe morta lei. Sperò che arrecasse il maggior danno possibile al re, per lo meno la sua morte gli avrebbe causato un minimo di fastidio.

-Per questo, ti chiedo gentilmente di non muoverti mentre preparo tutto ciò che occorre per avere un pezzettino della tua essenza- il cambio di persona destabilizzò un attimo Ilektra, capì che non le restava molto tempo da vivere. E lo accettò. Aveva fatto il possibile per evitare al semidio successivo lo stesso destino. Detto questo il re si avvicinò a lei. Le prese il mento tra le lunghe dite. Stringendole il viso mormorò:

-Ma che bel visino, un peccato che tu debba morire, avresti avuto un enorme successo come schiavo personale. Hai un che di femminile adatto ad intrattenere i miei consiglieri- Ilektra contrasse la mascella.

-Spero che il rituale ti faccia un male atroce- ringhiò tra i denti. Non vide la mano del re alzarsi, ma sentì il dolore sbocciarle sul lato destro del volto. Lo accolse con gioia, se provava dolore allora era ancora viva. Akakios uscì e due schiave entrarono al suo posto. Avevano la stessa pelle scura di Tetisheri e i capelli erano raccolti in semplici trecce sulla nuca. Avrebbero posseduto un'enorme bellezza se non fosse stato per l'espressione triste e addolorata riflessa nei loro occhi. Tra le mani stringevano due vassoi colmi di frutta e bevande. Li posarono di fronte a lei. Ilektra non si era alzata dal posto in cui si era seduta a gambe incrociate quelli che sembravano anni prima. Era passata a mala pena un'ora da quando era uscita dalla sua stanza. Non avevano il permesso di slegarle le mani, posate sul suo grembo. Avevano l'ordine di farla mangiare e bere, aveva bisogno di energia per svolgere il rituale che Akakios desiderava compiere e il re non aveva la minima intenzione di farla morire prima di aver preso ciò che voleva da lei. Non parlò mentre le due ragazze la imboccavano. Pensò alla sua famiglia, alla sua città, alle cose che aveva perduto una volta e che ora perdeva per sempre. La dolcezza dei frutti che stava masticando non mitigarono l'asprezza in cui il suo cuore era avvolto.

 

Sapeva perchè il re avesse scelto lei. Come figlia di Ade aveva poteri che si aggiravano entro la sfera dei morti. Akakios non aveva idea di quale effettivamente fosse il suo potere ma non poteva rischiare che si rendesse conto chi fosse la sua prossima vittima. Tuttavia Ilektra non avrebbe potuto avvisarli nemmeno se lo avesse voluto, il suo potere non era quello di sapere chi sarebbe morto in anticipo, tutt'altro, lei era un ponte tra gli Inferi e i mondi in superficie. Riusciva a mettersi in contatto con le anime dei defunti per farli parlare con le loro persone care. Era stato difficile imparare a controllarlo, ma con il tempo aveva trovato il suo equilibrio. Era necessario il contatto fisico perché funzionasse per un'altra persona, non importava quante volte avesse provato altrimenti. Sperò vivamente che questo suo potere facesse avere qualche esperienza traumatica al re. Quando Akakios tornò nella stanza Ilektra era pronta al dolore che presto sarebbe arrivato.

 

E il dolore arrivò. Un dolore che non aveva mai provato prima. Era cresciuta combattendo, aveva sperimentato cadute e ossa rotte. Conosceva il bruciore dei muscoli dopo ore di allenamento e le fitte che davano le ferite nel tempo che impiegavano a guarire. Ma il dolore che stava provando in quel momento era un tipo diverso. Non era fisico, Ilektra poteva sopportare quel tipo di dolore. Le faceva male l'anima, il centro del suo essere sanguinava straziato. Teneva gli occhi chiusi, le lacrime che scorrevano come fiumi sulle guance le impedivano di vedere; aveva la mascella contratta ma grida soffocate trovavano comunque una via d'uscita. Se vivere significava provare questo tipo di dolore tutti i giorni Ilektra avrebbe preferito morire in quell'esatto momento.

Il rituale prevedeva la connessione tra la sua essenza di semidea e l'anima di un mortale ricevente. Il legame tra semidio ed essenza si manifestava attraverso un simbolo sul suo corpo. Nel caso di Ilektra quel simbolo era una triscele sulla spalla, le tre braccia significanti i tre mondi della realtà: Olimpo, Inferi e Mondo Mortale. Attraverso quel marchio una persona poteva estrarre il suo potere e la sua parte divina per infonderla all'interno di un nuovo ospite. Se venivano assorbite le essenze divine dei tredici dei principali, più quella di colei che prima sedeva su uno dei troni dell'Olimpo, allora si riceveva il diritto di chiedere agli dei un desiderio. Il piano di Akakios era di assorbire la parte divina di ogni semidio che aveva fatto portare a Creta e chiedere di diventare immortale: un dio nuovo di zecca, potente ed eterno. La sua posizione di potere fissa per l'eternità.

 

Ilektra sentì chiaramente quanto il suo potere iniziò a fuoriuscire dal suo centro. Le appariva come un fiume di luce di un morbido grigio chiaro che piano piano lasciva il suo corpo per entrare in quello di Akakios. Con ogni goccia vedeva un ricordo diverso riflesso nelle palpebre chiuse. Ora ogni volta che aveva usato il suo potere le si presentava davanti agli occhi, ogni volta che aveva aiutato un famiglia ad accettare la morte di un loro caro, ogni volta che aveva reso il viaggio di un'anima verso gli Inferi meno insidioso e spaventoso, ogni volta che aveva conversato con coloro che dimoravano nell'Elisio quando si sentiva sola e dimenticata da tutti nelle prigioni di Olimpia. I ricordi aiutavano a lenire il dolore. Erano piacevoli, caldi e scintillanti, la avvolgevano come una coperta facendole dimenticare per poco cosa era costretta a sopportare. Poi i ricordi cambiarono. Non erano più i suoi, lei non aveva mai visto un campo di battaglia né aveva combattuto contro nemici all'apparenza invincibili sulla prua di una nave. Si rese conto che non erano i suoi ricordi, ma quelli di Akakios. Non sapeva se il re fosse consapevole di questo doppio lato del rituale. Si poteva rubare la divinità di un semidio, ma il semidio si prendeva qualcosa in cambio. E per trovare cosa prendere leggeva i ricordi di chi lo stava uccidendo.

 

Ilektra vide contorni confusi e un bambino in una culla, la brezza leggera smuoveva la stoffa che la circondava. Poi l'immagine si fece più chiara e due donne entrarono nella stanza. Una era chiaramente una serva, i suoi vestiti e il viso solcato da anni di fatiche lo confermavano. L'altra apparteneva alla nobiltà, dritta e slanciata. Aveva una corona intorno alla fronte, quindi Ilektra dedusse che si trattava della regina di qualche terra. Fu solo quando la serva pronunciò il nome del bambino che Ilektra si rese conto di essere nei primissimi ricordi di Akakios. Akakios bambino gorgogliò felice quando sua madre e la sua nutrice entrarono nel suo campo visivo. La serva lo prese in braccio e la regina gli accarezzò la guancia paffuta con un dito colmo di anelli.

La scena cambiò quando Ilektra si rese conto che quel ricordo non le sarebbe servito a niente. Vide i successivi otto anni in modo accelerato e si rese conto che Akakios voleva molto bene sia alla madre che alla sua nutrice. Finché non perse entrambe quando aveva otto anni.

Un Akakios bambino era accasciato di fianco ad un letto matrimoniale in cui giaceva la madre, pallida e debole. Erano soli nella stanza, l'assenza della nutrice, una costante nella vita del giovane principe, non passò inosservata a Ilektra. Nessuno venne a consolare Akakios quando sua madre esalò l'ultimo respiro. Dopo ore di pianti ininterrotti sul corpo della regina il principino si alzò e corse verso gli alloggi della servitù. Si fiondò all'interno di una porta, sicuro dei suoi passi. Ilektra lo seguì e appena entrò capì il perchè di quella sicurezza. Sdraiata su un letto immensamente più piccolo di quello della madre era la sua nutrice. Respirava a malapena, ma appena di rese conto della presenza di Akakios aprì gli occhi e gli sorrise, o almeno ci provò. Ilektra trovò quel gesto allo stesso tempo estremamente dolce e triste. La donna morì poco dopo l'entrata di Akakios, era evidente che aveva cercato di resistere il maggior tempo possibile così da poterlo vedere un'ultima volta. Akakios fu inconsolabile per mesi. Quando si riprese giurò che non avrebbe mai amato nessun altro come amava sua madre e la sua nutrice così da non soffrire mai più così tanto.

All'età di dodici anni si rese conto che uno dei suoi più grandi desideri era diventare re. Quel desiderio rimase con lui fino alla morte del padre, quasi dieci anni dopo. Ma non fu lui a diventare re, ad essere incoronato fu suo fratello maggiore, di poco più grande di lui, ma con già una moglie e un figlio in arrivo. Il matrimonio di Akakios era previsto per quella primavera. A venticinque anni decise che il potere valeva più di ogni altra cosa. Due mesi dopo uccise suo fratello e la sua famiglia reclamando il trono per sé. Quello che seguì fu uno scorrere di battaglie e giochi di potere che confusero Ilektra più di ogni altra cosa. Uscì dai ricordi del re il prima possibile. Sapeva cosa prendere.

 

Il dolore si fece piano piano più debole mentre Ilektra perdeva le forze. Sentiva un vuoto dentro il petto, dove una volta risiedeva il suo potere. Il legame con Akakios non era ancora stato spezzato e Ilektra ne approfittò per rubare qualcosa che il re considerava prezioso: i suoi ricordi della madre e della nutrice insieme a tutte le emozioni che suscitavano in lui. Lasciò solo qualche memoria sperduta qua e là, giusto per fa sapere che erano esistite e che le aveva amate con tutto se stesso. Non si sentì in colpa per quel gesto, ormai Akakios aveva perso ogni diritto di lamentarsi. E poi non se ne sarebbe accorto subito. Il corpo di Ilektra cadde in avanti atterrando con un suono sordo sul tappeto. Sentì la sua morbidezza sotto la guancia e i palmi delle mani. Sentiva le energie diminuire sempre di più, avrebbe voluto rannicchiarsi in una pallina e finalmente piangere tutte le sue lacrime, ma non sentiva più le braccia e le gambe. Sorrise prima di morire, non gli diede la soddisfazione di vederla soffrire anche nei suoi ultimi momenti. Quando l'ultimo respiro le uscì dal polmoni il suo corpo iniziò a sgretolarsi, divenne ombra e da ombra si dissolse in polvere finchè di lei non rimasse nient'altro che una sagoma scura sul tappeto colorato.

Dal canto suo ad Akakios non gliene poteva fregare di meno di Ilektra. Si sentiva potente come non lo era mai stato. Amava la sensazione. Ne voleva di più, più potere, più essenza divina, più di qualsiasi cosa che lo rendesse più forte. Strinse più volte i pugni saggiando il potere che ora gli scorreva nelle vene. Era tempo di passare al punto successivo del suo piano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Me

E ovviamente sono di quasi due mesi in ritardo. Mi dispiace. Non sapete quanto. Ma per una volta non è colpa della mia straordinaria capacità di procrastinare. La breve versione: il mio computer mi odia e ha cancellato il capitolo finito praticamente minuti prima che io lo pubblicassi. La versione lunga: avevo finito il capitolo per il 7 di gennaio, al che ero tipo “uoa, ho mantenuto una scadenza, evvai!” perchè come sapete faccio schifo a rimanere nelle scadenze che non sono legato alla scuola. Ora mi mancava l'angolo autrice, il che mi faceva presupporre che tempo trenta minuti avrei postato il capitolo. Il mio computer aveva altri progetti per me. Fatto che sta che si è spento (per colpa mia, in realtà perchè mentre cambiavo posizione ho cliccato per sbaglio il pulsante di accensione/spegnimento e anche se non si è spento ho dovuto farlo io perchè altrimenti non si riaccende) e quando l'ho riacceso, dopo aver ripristinato i documenti, ovviamente i miei amati documenti non si erano ripristinati. Ora non ho idea di come spiegarlo perchè non credo sia una cosa comune a tutti i computer ma solo il mio (ho un HP comunque), in pratica è come se me lo ripristinasse, il documento esiste, solo che nel momento in cui io vado as aprirlo mi compare una piccola finestra in cui mi chiede qualcosa a me incomprensibile (ci sono delle opzioni e una lista, e veramente non ci capisco nulla). Quando clicchi accetta te pensi che sia tutto a posto e invece no! perchè quando il documento di apre non ci sono parole ma una serie infinita di “x” che si ripetono per tutta la lunghezza del documento iniziale. Ora come potete vedere questo è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto per questa storia. Non c'è modo di recuperarlo. Quindi dodici pagine buttate fuori dalla finestra. Posso ammettere senza alcun tipo di vergogna che ho pianto... parecchio. Non ho perso solo questo capitolo, ma anche due altre mie storie originali che sono riuscita a recuperare solo parzialmente perchè salvate su un altro dispositivo. Per cui ero abbastanza arrabbiata. Come se non bastasse mi stava per iniziare una sessione d'esami all'università, non il periodo migliore per incominciare da capo a scrivere il capitolo. Fatto sta che ho buttato giù ogni cosa che mi ricordavo (in realtà ho fatto un audio, ma non importa...), mi ha rincuorata il fatto che avevo letto il capitolo prima che fosse cancellato, ma comunque se c'è una cosa che odio profondamente è dover riscrivere qualcosa di cui eri già soddisfatta. Mi piaceva come avevo scritto la prima versione, mi piace anche questa, ma se vedete delle cose che magari non tornano o dettagli strani fatemelo sapere così li correggo perchè nella mia testa avevo già scritto questo capitolo ed è stato una tortura riscriverlo da capo. Ci sono un paio di scene che ci avevo messo anni a scrivere, come la scena tra Tetisheri e Ilektra (non sono brava a scrivere scene con pairing femxfem, nope, not at all) e che ci ho messo il doppio a riscrivere. Quindi mi dispiace per il ritardo e per il capitolo mediocre.

A proposito, ho volontariamente non riletto l'angolo autrice, quindi quello che avete letto è esattamente come l'ho scritto la prima volta e come probabilmente lo avrei detto se fosse stato un dialogo.

Spero che il capitolo vi soddisfi e aggiornerò appena possibile, il che vuol dire spero prima di Pasqua... sono una pessima persona, lo so. Mi faccio schifo da sola

Un bacio

Diamante

  
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