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Autore: Carmaux_95    20/02/2019    7 recensioni
[Maylor + accenni Freddie/Jim]
-Ti ricordi l'anno scorso quando abbiamo suonato per quella festa hawaiana? Abbiamo indossato degli assurdi gonnellini di paglia e dei finti orecchini!- e mentre parlava Freddie mimò una sorta di balletto ondeggiando i fianchi e le braccia. -Basterebbero due belle parrucche e un paio di quei seni finti che si gonfiano!-
Roger lo osservò senza dire una parola, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo indecifrabile, fino a quando fu John Reid, che non aveva ascoltato una parola ma aveva visto il pianista esibirsi in quella sottospecie di danza, a rompere il silenzio:
-Cos'ha il suo amico? Si sente male?-
-Lo spero.- rispose il biondo senza staccare gli occhi dal coinquilino.
-Ma Rog, sono tre settimane in Florida!-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Jim Hutton, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO


 

-Tre settimane in Florida! Ma ci pensi?! Il sole, il mare...-

-Sì, le palme e i fottuti pesci volanti! Ma smettila, ti prego!- Roger zittì l'amico generando una nuvola di vapore davanti alla propria bocca nel momento in cui il suo respiro caldo si infranse con la temperatura gelata della sera di San Valentino. -Non voglio andare in Florida! Voglio tornare a Londra! E a casa!- ammise infine.

Quanto gli mancava Londra...
La Londra imprevedibile; la Londra soleggiata ma pazza come una giornata di marzo, costringendo chiunque a munirsi di ombrello sempre e comunque; la Londra variabile e sorprendente.

Si era trasferito lì per studio e per passione ma, per quanto amasse il trambusto della città, in cuor suo doveva ammettere di non aver mai dimenticato le dolci colline di casa, il clima mite della Cornovaglia e il suo panorama verdeggiante abbellito da ruderi di castelli di un'epoca che aveva ancora tanto da raccontare.

Non che la storia o l'arte fossero mai state la sua passione: quell'ultima soprattutto era più nelle corde di Freddie, l'amico inaspettato che aveva incontrato dopo essersi imbarcato per l'America.

Perché l'America era la terra delle opportunità e chiunque “ce l'avesse fatta” aveva sfondato lì.

Fu così che le acque dell'oceano, in una serata agitata, facendo rollare la nave, fecero scontrare fra di loro due aspiranti musicisti di vent'anni o poco più che attraversavano il corridoio antistante alle loro cabine.

Roger si era massaggiato la testa, che aveva sbattuto contro il muro prima di cadere, e Freddie, un ragazzo di due o tre anni più grande di lui, lo aveva aiutato a rialzarsi da terra, massaggiandosi a sua volta una gamba.

-Tutto a posto, tesoro? Ancora tutto intero?-

Non gli aveva risposto subito, leggermente frastornato dalla botta e, di nuovo in piedi, aveva barcollato tanto che il giovane dai lunghi capelli scuri aveva stretto la presa sul suo braccio per impedire che cadesse nuovamente a terra. Certo, poteva essere stato semplicemente il continuo ondeggiare della nave ad avergli fatto perdere l'equilibrio, ma a distanza di quasi quattro anni Freddie lo canzonava ancora dicendogli che “lo aveva quasi fatto svenire con la sua avvenenza”.

-Ehi, so di avere un certo fascino, ma non occorre svenire ai miei piedi.-

-Come?-

-Sto scherzando. Mi chiamo Freddie, comunque. Sei anche tu un musicista?-

-“Anche”? Scusa ci... ci siamo già incontrati prima?-

-Non proprio, ti ho visto una volta, di sfuggita, sul ponte. La sera: eri appoggiato alla balaustra e canticchiavi. E ti ho visto anche caricare una grancassa quando siamo partiti.-

-Io... sì... e tu?-

L'esuberanza del più grande lo aveva inizialmente destabilizzato, ma a distanza di quei quattro anni, Roger sosteneva con una mezza verità che era stata colpa della botta in testa.

Avevano trascorso i rimanenti giorni della traversata in compagnia, chiacchierando, ridendo e cantando insieme la sera, appoggiati a quello stesso parapetto. Gli piaceva quel momento della giornata, quando oltre alle risate fini a sé stesse, condividevano qualcosa di più personale come l'assordante silenzio del mare.

Roger non aveva mai amato il silenzio. Ad essere sinceri lo odiava. Odiava il silenzio da verifica in classe, quel tipo di silenzio che faceva rimbombare il ticchettio di un orologio. Il silenzio di una notte insonne.

Ma quello che condividevano in quei momenti non era quel tipo di silenzio. Era un silenzio musicale, cadenzato dallo sciabordio delle onde e dal fischiare del vento che scompigliava con fredde ma delicate carezze i loro capelli già abbastanza disordinati.

Si erano trovati in sintonia fin da subito e avevano deciso di non separarsi, una volta sbarcati.

Dopo quattro anni andavano ancora l'uno dove andava l'altro. Se, cercando un lavoro, solo uno dei due lo otteneva, rinunciavano entrambi. Anche se questo li aveva ridotti, in poco tempo, a vivere in condizioni non ottimali, a dover accettare qualsiasi lavoro degradante che garantisse ad entrambi un qualsiasi guadagno, anche se minimo.

-Anche io voglio tornare a casa, cosa credi? Ma se non abbiamo i soldi nemmeno per un cappotto invernale, come pensi che potremo pagare una traversata oceanica?- esclamò Freddie battendo le mani fra di loro nel tentativo di scaldarsi.

-E la tua soluzione è indossare un paio di tacchi e scappare in Florida?-

Entrarono nel grosso garage dove avrebbero trovato la macchina di Dominique, che avrebbero usato per raggiungere Urbana, e un uomo rattrappito per il freddo e la vecchiaia si alzò venendogli incontro:

-E voi chi siete?-

-Siamo qui per una macchina; quella della signorina Beyrand.-

-Chi cazzo siete?- un'altra voce li fece girare dall'altra parte del garage: non se ne erano nemmeno accorti, ma attorno ad un tavolo tondo e illuminato unicamente da una lampadina che faceva del suo meglio, altri sette uomini giocavano a carte e uno di loro aveva imbracciato un fucile e ora lo puntava nella loro direzione. Un sistema di sicurezza decisamente valido per allontanare gli intrusi e i ladri.

Fecero entrambi un passo indietro, colti alla sprovvista e intimoriti da quell'ostilità:

-... musicisti.- biascicarono alla fine.

L'uomo con il fucile fece un cenno al vecchio che si avvicinò e con uno strappo aprì la custodia della grancassa di Roger, che ormai usava solo per il timpano, le bacchette e il charleston. Il vecchio si volse verso l'uomo con il fucile e annuì, poi si rivolse nuovamente ai due giovani:

-Avete le chiavi? Conoscete la signorina?-

Roger le tirò fuori dalla tasca, facendole tintinnare e Freddie, ora rilassato dal momento che l'uomo armato era tornato a sedersi e a contare le carte che aveva in mano, nascose un sorriso divertito ma al contempo di rimprovero in riferimento al modo in cui le aveva ottenute: Roger aveva approfittato del momento in cui Dominique aveva ridacchiato, gongolando per lo scherzo che aveva orchestrato, e fingendo di non provare neanche un momentaneo rancore, aveva ammesso di esserselo meritato ed era arrivato persino a chiedere scusa alla giovane donna che, pochi attimi dopo, viziata dal caldo respiro del biondo contro il suo collo e le orecchie, pendeva già dalle sue labbra; arrivati a quel punto non era stato difficile, con un giro di parole, ottenere le chiavi della macchina.
Freddie lo aveva guardato scuotendo la testa, ma sempre senza riuscire a trattenere un sorriso: -Come puoi guardarti allo specchio!-

-Posso: belli come me non ce ne sono tanti.-

-Serve il pieno?- domandò il vecchio uomo avvicinandosi alla pompa della benzina.

-Sì... forse è meglio...- rispose Freddie, riflettendo.

-Metto sul conto della signorina Beyrand?-

-Perché no.- rispose Roger con una scrollata di spalle.

-Sei il fidanzato modello.-

-Dominique non è la mia fidanzata!-

Aveva aperto il piccolo baule e stava per stiparvi dentro i suoi strumenti quando Freddie lo chiamò: riconoscendo un tono preoccupato gli si avvicinò, trovandolo con il naso incollato alla prima pagina del giornale che il vecchio uomo, che ora stava facendo loro il pieno, stava leggendo prima che arrivassero.

-Leggi qui! “Polizia irrompe in un locale clandestino: arrestati il proprietario e una ventina del personale, tra musicisti, camerieri e ballerine. Mancano all'appello due musicisti, sfuggiti alla polizia durante la confusione, avvistati mentre si allontanavano in via...”-

Roger lo interruppe rubandogli violentemente la pagina dalle dita con uno strappo. A Freddie rimase in mano il resto del giornale. -Stai scherzando! Ci hanno visti?! Cazzo... siamo fottuti!- sussurrò il più giovane, concedendosi un'imprecazione a denti stretti, per poi lasciar cadere in terra la pagina rovinata e portarsi una mano fra i capelli.

La polizia li stava cercando...

Forse non avevano i loro volti, ma non ci avrebbero messo tanto a trovarli: non erano poi così numerose le coppie formate da un pianista e un batterista che vivevano in simbiosi e che, casualmente dopo il raid della sera del 13 febbraio, improvvisamente cercavano lavoro.

-Siamo fottuti!- esclamò di nuovo incontrando lo sguardo di Freddie.

-Forse... se rimaniamo per un po' fuori dal...-

-Senza lavorare?! E come...-

-Calmati...- ma la voce del pianista tradiva la stessa preoccupazione.

-Adesso torniamo a casa, raccattiamo quello che ci è rimasto, prendiamo la macchina e ce ne andiamo!-

-Vuoi scappare dalla polizia rubando una macchina?- Roger non riusciva a ragionare così sotto pressione. O meglio, da un certo punto di vista sapeva gestire bene la tensione, ma la paura no... quella era un'altra cosa.
Si comportava sempre come se niente lo spaventasse, come se niente lo scalfisse mai, ma Freddie aveva imparato a notare le differenze, a cogliere i piccoli cambiamenti nel tono della voce, nelle labbra tese, nelle dita che si martoriavano a vicenda, e persino nel colore dei suoi occhi.

Il maggiore gli appoggiò entrambe le mani sulle spalle, costringendolo a fermarsi e a guardarlo.

-Calmati, tesoro, d'accordo? Forse non è così grave come pensiamo. Il giornale dopotutto è uscito questa mattina e noi... beh, abbiamo vissuto come abbiamo sempre fatto e non è successo niente. E poi, lo sai, i quotidiani esagerano sempre un po'. Forse non sanno di preciso chi cercare...-

Stava ancora parlando quando una macchina entrò velocemente nel garage. Freddie le concesse uno sguardo al volo e tornò a Roger, che ora annuiva più tranquillo, senza curarsi dei cinque uomini che ne erano scesi e che, prima ancora che i due amici capissero cosa stava succedendo, avevano impugnato dei mitragliatori.

Le pallottole volarono in una salva di fucilate improvvisa e assordante.

Fred e Roger sussultarono e si buttarono a terra coprendosi le orecchie. Protetti com'erano dalla macchina, gli uomini non si accorsero di loro durante quei lunghi secondi in cui i corpi di tutti i giocatori attorno al tavolino furono trafitti da centinaia di proiettili.

Non fino a quando il vecchio benzinaio, traumatizzato dalla scena, si lasciò sfuggire di mano l'erogatore.

Solo uno dei cinque uomini armati si girò.

Parlò con calma: -Perché non ti unisci ai tuoi amici? Vieni qui.- il vecchio non poté fare altro che ubbidire, trascinandosi lentamente verso l'angolo di garage dove i suoi colleghi giacevano morti, con la consapevolezza che a breve gli sarebbe toccata la loro stessa fine. -Anche voi due, forza.-

E anche loro si mossero. Lentamente. Alzando le braccia per far capire che non erano armati. Sgusciarono fuori da dietro la macchina, muovendosi male, come se sentissero le gambe intorpidite, come sotto anestesia.
Le labbra socchiuse da cui scappavano sospiri spezzati dai tremori.

-E voi chi siete?-

La stessa risposta di prima, questa volta scossa da brividi di paura.

-Musicisti, eh? Anche noi, ma la nostra musica non è bella quanto la vostra.-

-Non possiamo saperlo: non abbiamo sentito niente.- dichiarò subito Freddie.

-Forse: di musicisti sordi ce ne sono. Ma purtroppo non siete ciechi.-

La canna del fucile si sollevò puntando contro di loro.

-Ma...- a Roger sembrava che l'aria gli venisse strappata dai polmoni e sussultò quando un rumore tagliò il silenzio.

Non provenne dal fucile ma dal tavolo sul quale si erano riversati i corpi esamini di tutti i giocatori. Di tutti tranne uno che, allungando una mano per raggiungere il telefono e chiamare aiuto, scosso dall'ultima fitta di dolore prima della morte, lo aveva fatto cadere.

Nel momento in cui l'attenzione del loro aguzzino si volse di scatto verso l'origine del rumore, Freddie si sentì afferrare la mano e trascinare via: forse quando era spaventato non riusciva a mettere insieme due parole di senso compiuto, ma sicuramente Roger sapeva reagire nel modo giusto nel momento giusto; non fosse stato per lui, Fred sarebbe rimasto impietrito sul posto.

Corsero come mai avevano fatto in vita loro, rischiando di scivolare più volte sul ghiaccio. Girarono dietro un angolo e ancora uno e svoltarono ancora in un altro per poi infilarsi in un piccolo tabaccaio che stava per chiudere.

-Due minuti all'orario di chiusura, ragazzi.- disse infatti il commesso non appena li vide entrare.

-Solo il tempo di una telefonata.- ansimò Fred dando una gomitata a Roger perché gli desse una moneta.

-Non possiamo chiamare la polizia!- sussurrò Roger mentre si avvicinavano all'apparecchio e Fred componeva un numero. -Ci stanno cercando! Non possiamo chiamare nessuno! Dobbiamo andare via da questa città! Dobbiamo... non lo so, dobbiamo farci crescere barba e capelli per un po'! Il che sarà un problema! La barba non mi cresceva nemmeno quando volevo che smettessero di abbordarmi pensando che fossi una ragazza!- non aveva preso fiato neanche una volta da quando aveva cominciato a parlare.

-Andremo via da questa città, ma dovremo rasarci!- rispose Fred tamburellando nervoso in attesa di una risposta dall'altra parte della cornetta.

-Rasarci?! In un momento come questo! Sei impazzito!-

-Rasarci le gambe, imbecille!-

-Perché cazzo dovremmo...- il maggiore lo zittì appoggiandogli una mano sulla bocca nel momento in cui sentì la voce di John Reid rispondere al telefono.

-Signor Reid?- Roger alzò le sopracciglia sentendo la voce dell'amico, acuta e quasi femminile. -Mi è stato detto che state cercando una coppia di musiciste, una pianista e una batterista.-

-Ch-asso 'ai facndo?- mugugnò Roger contro la sua mano.

-Mmh mmh.- annuì Fred. -Mmh, mmh. Alle otto? In stazione. Ci saremo. E grazie mille.-

Riattaccò la cornetta e, con un sospiro, guardò gli occhi sgranati di Roger, la mano ancora fermamente premuta contro la sua bocca: -Non guardarmi con quella faccia, Rogerina. Invece, dimmi: la schiuma da barba funzionerà anche sulle gambe?-








Angolino autrice:
Buona sera a tutti!
Prima di qualsiasi altra cosa, chiedo scusa per l'attesa: in questi giorni ho avuto diversi problemi con l'università (tra il sito che non funziona mai, tra la segreteria che lavora solo due ore al giorno, tra i relatori di tesi che ti danno un appuntamento ad una determinata ora e quando arrivi ti fanno aspettare due ore e mezza perché "erano in riunione" -.-) e non sono riuscita nemmeno a rispondere a tutte le recensioni che mi avete lasciato!
Ma passando al capitolo, questo sarà con tutta probabilità il capitolo più "serio" (forse l'unico non demenziale XD) di tutta la storia, ma era assolutamente necessario per lo sviluppo successivo della trama. Quindi tranquilli perché dal prossimo capitolo si entrerà nel delirio! XD
Che altro dire? Spero che vi sia piaciuto! ^^
Come sempre ringrazio tutti voi che leggete, recensite, seguite e preferite (anche già dal prologo *.*). Grazie mille! <3
Un bacione a tutti quanti!
Alla prossima!
Carmaux
 

  
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