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Autore: Miyuki chan    20/02/2019    4 recensioni
La situazione è delicata.
Bakugo non si fa vedere da settimane, ormai; e va bene che lui sia forte, tenace e ostinato e… bè, che sia Bakugo, ma Kaminari, Kirishima e gli altri iniziando a essere un po’ preoccupati per lui.
Kirishima è quello più preoccupato e più inquieto: proprio non riesce a scrollarsi di dosso il pensiero che l’amico si sia allontanato così bruscamente e improvvisamente perché sia uscito troppo malconcio dalla rottura con Midoriya.
E poi c’è Kaminari, che a sua volta è preoccupato per Kirishima che pensa troppo ai sentimenti di Bakugo e finisce col trascurare i propri.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaminari Denki, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kaminari rimesta un po’ nella sua granita con il cucchiaio, mescolando distrattamente il ghiaccio tritato con lo sciroppo. Poggia le labbra sulla cannuccia e, con un rumoroso suono di risucchio, ne prende un sorso.
 
Abbandona il bicchiere sul tavolino e si lascia andare indietro, contro lo schienale della sedia un po’ traballante. Alza gli occhi, oltre il tendone sotto il quale si sono fermati a bere qualcosa: il cielo è terso, senza nemmeno lo straccio di una nuvola. L’aria è pesante e umidiccia. «Che afa, oggi» commenta con un sorriso di circostanza, mentre torna a rivolgere lo sguardo al proprio interlocutore.
 
Kirishima annuisce appena, quasi impercettibilmente. Stringe tra le mani una coca cola ghiacciata ma, più che berla, sta giocherellando distrattamente coi cubetti di ghiaccio, che tintinnano lievemente contro il vetro del bicchiere. La cameriera li ha appena serviti eppure, per via del caldo, sono già quasi del tutto sciolti.
 
«Hai sentito Bakugo in questi giorni?» chiede alla fine Kaminari, abbandonando lo schienale e chinandosi in avanti per poggiare i gomiti sul tavolo. Tanto, girarci intorno è inutile: entrambi sanno di essere usciti per parlare di questo.
 
L’altro ragazzo nemmeno reagisce; non subito.
 
Dopo un po’ smette di giocare col ghiaccio, si decide a prendere un lungo sorso: la bibita è così fredda che sente subito una fitta di dolore a livello della fronte. Appoggia il bicchiere sul tavolino, e rimane ancora un attimo in silenzio, pensieroso.
 
Poi sorride – un po’ forzatamente, ma sorride – e alza finalmente gli occhi su Kaminari. «No, perché?»
 
Lui tentenna, mentre i suoi occhi scrutano quelli rossastri e stranamente mesti dell’amico che, a quanto pare, vuole fingere di non capire. «Mh…» sospira, muovendosi a disagio sulla sedia.
 
«Tu?» chiede Kirishima.
 
A Denki sembra quasi di vedere un improvviso lampo di vita animare finalmente i suoi occhi. Eppure, sa di doverlo deludere. «No…» biascica.
 
«Oh» commenta solo lui. Rimane in silenzio per un po’, poi si riporta il bicchiere alle labbra. Denki, che lo osserva preoccupato, non è nemmeno sicuro che stia davvero bevendo: sembra essersi bloccato così, a metà di quel gesto, perso in chissà quali pensieri.
 
Bè, ad onor del vero, lui sa bene in che pensieri sia perso l’amico.
 
«Quant’è che non vi sentite?» ritenta, cercando di apparire allegro e rilassato.
 
Kirishima sembra ridestarsi all’improvviso dalla propria trance e alza gli occhi nei suoi mentre riappoggia il bicchiere, senza aver bevuto nemmeno un sorso. «Mh, non so. Ieri gli ho mandato un messaggio, ma non mi ha risposto.»
 
Kaminari annuisce lentamente. Affonda il cucchiaino nella sua granita e se lo porta alla bocca: il sapore aspro degli agrumi gli fa quasi pizzicare il palato. «Nemmeno a me risponde più» si limita a commentare.
 
«Hey, Kaminari…»
 
Sentendosi chiamare, il ragazzo alza lo sguardo e i suoi occhi incontrano quelli di Eijiro, socchiusi e tristi. «…Pensi che stia così male?»
 
Denki deglutisce a fatica la granita, mentre il sorriso che si è sforzato di esibire fino a quel momento si incrina dolorosamente. «Io…non lo so» ammette.
 
Tra i due amici cala il silenzio.
 
«Sono preoccupato per lui» sussurra dopo un po’ Kirishima, ancora con lo sguardo basso. Anche la sua voce è bassa, stranamente bassa e flebile per uno solare ed energico come lui.
 
Kaminari annuisce. «Lo siamo tutti» conferma, e anche la sua voce suona stranamente spenta e mesta.
 
Ormai sono passate due settimane da quando Bakugo e Midoriya si sono lasciati, e tre – ovvero, dall’inizio delle vacanze estive – da quando lui e Kirishima hanno visto Bakugo per l’ultima volta.
 
Non è ben chiaro cosa sia successo tra loro: Midoriya non ha spiccicato una parola.
 
Una mattina di due settimane prima, mentre lui e Kirishima erano assieme a fare una partita alla play, lui ha ricevuto un messaggio vocale da Midoriya. Eijiro ha premuto il tasto play con noncuranza, quasi senza nemmeno mettere in pausa il gioco ma, come l’apparecchio ha iniziato a riprodurre la voce di Izuku, entrambi hanno smesso all’istante di giocare e sono ammutoliti: nell’audio il ragazzo piange e singhiozza e, dopo diversi secondi in cui non riesce nemmeno a parlare, dice a fatica che lui e Bakugo si sono lasciati. Ancora più a fatica, implora Kirishima di cercare di stare vicino a Katsuki, di non lasciarlo solo.
 
Sia Eijiro che Denki sono rimasti come gelati, per lo shock e per la sorpresa. Hanno provato a chiamare Midoriya, ma lui non ha risposto. Quindi, hanno provato con Bakugo: nemmeno lui ha accettato la chiamata.
 
Nei giorni successivi Bakugo ha continuato a non rispondere né ai messaggi né alle chiamate – e non importa se a scrivergli siano stati Kirishima, Kaminari o Sero; persino Ashido e Uraraka hanno fatto un tentativo, ma nemmeno quello è servito – mentre Midoriya…
 
Hanno organizzato un’uscita, e lui ha accettato di venire. Gli sono corsi incontro, pronti ad assalirlo con le loro domande, ma il suo aspetto li ha subito fermati: profonde occhiaie gli segnano la pelle chiara, è anche più spettinato del solito e l’espressione che ha in viso – che dovrebbe essere un sorriso, ma che è decisamente più simile ad una smorfia addolorata – non lascia molti dubbi sullo stato in cui lui versi.
 
Quindi, nessuno ha idea di cosa sia successo tra di loro.
 
L’ultima volta che li hanno visti assieme – tre settimane prima, alla festa per la fine delle lezioni – sembravano più affiatati che mai: Katsuki che ringhiava quanto lui fosse un nerd di merda e Izuku che rideva spensierato a quelli che, ormai era chiaro a tutti, più che insulti non fossero altro che una grezza forma di affetto.
 
E poi, come un fulmine a ciel sereno, si sono lasciati. Tra loro è finita. Tutto quello che c’è stato, il loro rapporto recuperato dopo anni di gelo e cattiverie gratuite, l’amicizia ritrovata, l’amore appena sbocciato… non è rimasto niente.
 
Kaminari è preoccupato: preoccupato per Midoriya, che ha mandato quell’audio così disperato da spezzare il cuore; per Bakugo, che deve essere ferito e malconcio per chiudersi in se stesso in quel modo. E, infine, è preoccupato per Kirishima.
 
La sua cotta per Bakugo – anche se Denki pensa che ormai la cosa si sia spinta un po’ troppo in là per poter essere definita una semplice cotta – è quasi di dominio pubblico all’interno della prima A e, quando Katsuki si è messo assieme a Midoriya, tutti si sono preoccupati per lui. Ma Eijiro è rimasto impassibile: quando Bakugo glielo ha detto, ha sorriso e si è congratulato con lui.
 
Denki lo ammira davvero molto, per il modo nel quale è riuscito non soltanto a sopportare la faccenda, ma anche a mantenere inalterato il proprio rapporto con Bakugo: continuano a passare molto tempo assieme, anche soli, e non sembra esserci tra di loro alcun tipo di tensione o imbarazzato.
 
Una volta, Kaminari si è deciso a parlarne con Kirishima. Una sera che erano solo loro due, mezzi sdraiati sul divano nell’area comune, gli ha chiesto come potesse essere così calmo e rilassato – perché no, lui non sta fingendo di stare bene: lo conosce abbastanza da sapere che non ne sarebbe mai in grado. A quella domanda Eijiro si è raddrizzato sul divano con un’espressione strana dipinta negli occhi, stupito da quella domanda così a bruciapelo. Poi si è rilassato, ha sorriso, e gli ha semplicemente risposto che ha sempre saputo che a Bakugo piacesse Midoriya, lo ha capito sin dal quel loro primo scontro all’inizio della scuola: era preparato a quello che sarebbe successo. Ma poi ha esitato, e la sua espressione si è fatta improvvisamente malinconica; ha aggiunto che vuole soltanto che Bakugo sia felice e che, se con Midoriya lo è, a lui va benissimo così. Si accontenterà di rimanere al suo fianco, anche solo come amico.
 
Ed è stato in quel momento che Kaminari ha capito che quella non è affatto una cotta. Ma si è guardato bene dal fare commenti al riguardo, perché la situazione di Eijiro è già abbastanza complicata così, anche senza che lui gli faccia presente quanto siano profondi e importanti i sentimenti che nutre per quella belva di Bakugo.
 
«Forse dovrei andare a casa sua.»
 
La voce di Kirishima riscuote Kaminari dai ricordi nei quali è perso. Aggrotta le sopracciglia e riprende a rimestare la granita – ormai il ghiaccio è quasi del tutto sciolto –, mentre si lascia sfuggire l’ennesimo sospiro. «Sai, non so se sarebbe una buona idea» dice, alzando gli occhi sull’amico e sorridendogli debolmente. «Se non vuole vedere nessuno, potrebbe anche finire col farti esplodere.»
 
Già, Bakugo non è uno che va per il sottile. E se Denki non ha dubbi sul fatto che, nonostante quel suo atteggiamento feroce e minaccioso, voglia davvero bene a Kirishima – e forse anche di più; certe volte potrebbe proprio giurare che anche Bakugo provi per lui qualcosa che va un po’ oltre la semplice amicizia; nonostante Midoriya -, non ha nemmeno dubbi sul fatto che non si farebbe comunque tanti problemi a scacciarlo e tenerlo lontano da sé, con le buone o con le cattive.
 
Kirishima sospira, lo sguardo basso e il morale ancora più giù. Prende a muovere distrattamente il bicchiere mezzo vuoto sulla superficie del tavolino. «Io vorrei solo sapere come sta.»
 
«Lo so, ma sai com’è fatto» prova a dire Kaminari, mentre torna ad esibire quel sorriso un po’ tirato e cerca senza molto successo di rallegrare l’atmosfera. «Dagli tempo.»
 
«Ma gliene ho già dato» protesta lui alzando gli occhi – improvvisamente animati della sua solita determinazione – in quelli dell’altro ragazzo. «Amico, non ce la faccio più ad aspettare, continuo a pensare che dovrei fare qualcosa.»
 
«E cosa vorresti fare? Andare sotto casa sua, farlo incazzare, e finire col fare rissa? Sarebbe anche peggio.»
 
«Ma…!»
 
«Abbi pazienza.»
 
I due ragazzi rimangono in silenzio per un altro po’.
 
«Come pensi che sia andata tra di loro?» torna a chiedere Kirihsima, senza preavviso. È ovvio si stia riferendo a Bakugo e Midoriya.
 
«Non lo so» risponde Kaminari, e fa spallucce. «Secondo me l’ha lasciato Bakugo, a giudicare dall’audio disperato che ti ha mandato Midoriya… E poi in una relazione c’è sempre qualcuno che ama di più, e non è certo un segreto che nella loro quel qualcuno fosse proprio lui. Non posso immaginare che sia andata altrimenti: deve essere stato Bakugo a rompere con lui.»
 
Kirishima annuisce piano, pensieroso. «Quindi forse lui non sta così male.»
 
«Forse no» concorda Kaminari. La granita ormai è troppo sciolta per mangiarla col cucchiaino, così inizia a succhiarla dalla cannuccia. Ci arriva in fondo e, inseguendo le ultime gocce di sciroppo, inspira rumorosamente l’aria. Lascia perdere il bicchiere ormai vuoto e torna ad abbandonarsi contro lo schienale, tenendo la cannuccia tra i denti e mordicchiandone l’estremità.
 
Scruta Kirishima: sembra troppo ingenuo e troppo sinceramente e innocentemente preoccupato per Bakugo per capire cosa potrebbe significare il fatto che ora non stia più assieme a Midoriya. E Denki, in qualità di amico, è abbastanza certo che spetti a lui farglielo notare. Per il suo bene, perché non crede che Eijiro possa essere davvero felice se Bakugo è felice con qualcun altro. Non felice quanto merita, almeno.
 
«Piuttosto» inizia quindi a dire Kaminari, stringendo con più forza i denti sulla cannuccia. «Hai pensato a cosa fare con Bakugo, quando deciderà di farsi vivo?»
 
Gli occhi rossi di Kirishima si spalancano. «In che senso?»
 
Denki sospira: appunto, troppo ingenuo e troppo puro per pensare a certe cose.
 
«Intendo dire… Ora è libero. Siete entrambi liberi» gli dice, lentamente ma con decisione.
 
Lui arrossisce visibilmente. Si agita, e per poco non rovescia il bicchiere con cui sta ancora giocherellando. «Ma amico, ti sembra il momento?! Voglio dire, si sono appena lasciati, e…»
 
«Lo so, lo so, non dico che dovresti fare qualcosa subito. Però dovresti iniziare a pensarci.»
 
«Non posso! Tutto ciò a cui riesco a pensare è che Bakugo deve stare davvero male per ignorare tutti noi a questo modo, e non c’è altro su cui io riesca a concentrarmi.»
 
Kaminari gli sorride con affetto, quasi intenerito. Eh sì, altro che cotta. «Magari non sta così male, forse vuole solo stare un po’ da solo per… non so, sai? Schiarirsi le idee, o questo genere di cose. Alla fine, lui e Midoriya stavano assieme da… Sei mesi, no? Forse anche di più, e non deve essere facile ritrovarsi da soli così all’improvviso.»
 
«Già…» mormora Eijiro mentre torna ad abbassare lo sguardo, pensieroso e preoccupato.
 
Il silenzio cade di nuovo su di loro – pensante e opprimente, come l’aria estiva densa e carica di umidità –, ma poi Kirishima prende di nuovo la parola. «Comunque non credo di piacergli» dice a mezza voce. È un po’ imbronciato e un po’ triste, e ha ancora gli occhi bassi.
 
«Perché no? Io dico di sì.»
 
«Perché lui è… insomma, perché dovrebbe voler stare proprio con me?»
 
«Perché non dovrebbe?»
 
Kirishima alza finalmente gli occhi in quelli di Kaminari. «Perché è praticamente un genio, e io un idiota. Non fa altro che ripetermelo» aggiunge, con una nota di imbarazzo nella voce bassa.
 
«Oh, ma Bakugo lo dice a tutti, non fa testo» ridacchia Denki.
 
Eijiro ci pensa su per qualche istante, e beve un sorso della sua bibita. «E tu perché dici che gli piaccio?» chiede dopo un po’, con un filo di voce e le guance un po’ arrossate.
 
Kaminari ammicca, mentre le sue labbra si arcuano in un sorriso compiaciuto e lui assume l’espressione di chi la sa lunga. «Perché certe volte, quando siamo solo noi tre, mi sembra proprio di essere il terzo incomodo. E poi lo si capisce dal modo in cui ti guarda certe volte, dal fatto che tu sia l’unico con cui accetta di fare squadra senza protestare, l’unico che rispetta come suo pari… è abbastanza evidente, se ci pensi. Perché credi che sia io che gli altri chiediamo sempre a te di parlare con lui, quando vogliamo uscire assieme? Sei anche l’unico a cui dà retta.»
 
«Ma…Midoriya, allora?»
 
«Non saprei. Onestamente, ho sempre pensato che tra di loro non avrebbe funzionato: Bakugo aveva troppo potere su di lui. Non era affatto una relazione paritaria.»
 
«Però a Bakugo piaceva» sussurra Eijiro, mesto.
 
Denki torna serio e scrolla le spalle. «Forse. Ma ormai non importa più» gli fa notare, semplicemente.
 
«Quindi pensi che… dovrei parlargli?»
 
«Assolutamente.»
 
«Ma…»
 
«Cosa?»
 
«Davvero a me basterebbe che lui fosse felice. Pensi che sarebbe felice, con me?»
 
Kaminari ci pensa su per un po’. Non sa cosa rispondere: Bakugo non ha certo un carattere facile, è iracondo e nervoso, perde le staffe facilmente e non si fa troppi problemi a far esplodere tutto quello – o tutti quelli – che per errore finiscono con l’intralciargli la strada. E Kirishima è forte e paziente, non il tipo da lasciarsi scoraggiare per così poco ma… bè, forse Bakugo non è proprio così poco.
 
Ma, forse, potrebbero riuscire a trovare un loro equilibrio, forse Bakugo potrebbe riuscire a diventare un po’ meno feroce e un po’ meno… distruttivo, e forse Kirishima potrebbe riuscire a tenergli testa, a tenerlo sotto controllo e contenere la sua furia, magari potrebbe persino riuscire a incanalarla verso qualcosa di costruttivo. Forse.
 
Forse, ma Denki vuole davvero credere che le cose andranno nel verso giusto. Dopo qualche altro istante di silenzio, guarda Eijiro negli occhi e gli sorride. «Penso che sareste felici entrambi.»
 
 
*
 
 
«Che cazzo fai qui?» sbotta Bakugo mentre squadra Kirishima con sguardo truce, le braccia incrociate sul petto e la schiena poggiata allo stipite della porta socchiusa, come a volergli sbarrare la strada, come a impedirgli di entrare in casa.
 
Eijiro sorride, colpevole e imbarazzato, e si gratta nervosamente la nuca. Kaminari aveva ragione: Bakugo non è affatto contento di vederlo. Eppure, non poteva proprio fare altrimenti: è più di un mese che non si sentono e non si vedono, e la sua pazienza è arrivata al limite. Gli sembrava di impazzire, a continuare a chiedersi come sta e a non ricevere da lui alcun segno di vita: meglio morire per mano sua che impazzire lentamente. «Sono venuto a vedere come stai» risponde, limpido e sincero come sempre.
 
Bakugo ringhia, il suo sguardo è sfuggente. «Ora che lo hai visto puoi anche tornartene da dove sei venuto» dice, ed è già sul punto di ritirarsi dentro casa e sbattere la porta sul naso di Kirishima, ma lui lo anticipa.
 
Scatta in avanti, e lo afferra per le spalle. «Amico, andiamo! È un mese abbondante che non ci sentiamo, non puoi chiudermi fuori così!»
 
Lo sguardo – ancora più truce – che gli rivolge Katsuki gli fa subito capire che probabilmente sta sbagliando approccio. «Dammi mezz’ora! Solo mezz’ora e poi me ne vado, lo giuro!» esclama.
 
Bakugo tentenna. I suoi occhi, rossi e furiosi, lucidi di rabbia, si specchiano in quelli speranzosi di Kirishima. «Smetterai di rompermi le palle con tutti quei merdosi messaggini?»
 
Lui deglutisce e annuisce: sì, se gli concede di passare mezz’ora assieme, smetterà di cercarlo. Per un po’, almeno. E poi, tanto, non risponde nemmeno… che importa se dovrà promettere di non cercarlo al telefono per qualche tempo. Annuisce di nuovo, con più convinzione, e i suoi occhi rossi splendono di determinazione.
 
Bakugo lo squadra in silenzio, torvo e imbronciato. Poi ringhia – di nuovo –, distoglie lo sguardo e gli dà le spalle. Sbuffa rumorosamente mentre rientra in casa. «E va bene. Hai mezz’ora. Muovi il culo» dice, brusco e coinciso come sempre.
 
Kirishima si illumina di un sorriso esultante e, entusiasta, lo segue dentro casa. Si sente un po’ come un cagnolino che fa le feste al padrone e, per un attimo, gli tornano in mente le parole di Kaminari, che dice che tra Bakugo e Midoriya non ha funzionato perché il primo aveva troppo potere sul secondo. Ma è solo un istante, e l’istante dopo quei pensieri sono già scivolati via dalla sua mente.
 
Katsuki cammina con passi lenti e strascicati, le mani affondate nelle braghe della tuta e la testa incassata tra le spalle. È facile capire che non sia affatto di buon umore, ma Eijiro non è mai stato tipo da lasciarsi spaventare dalla sua aura rabbiosa e aggressiva, e questa volta non fa certamente eccezione. Al contrario, pensa che le cose stiano andando decisamente per il verso giusto: in fondo, gli ha concesso di passare ben mezz’ora assieme, no? Visto il suo atteggiamento solitario e scostante dell’ultimo periodo, è ben più di quanto si sarebbe mai aspettato di ottenere da lui.
 
Kirishima si guarda intorno, curioso come un bambino. Si sente quasi un po’ in soggezione: ha perso il conto delle serate che ha passato a studiare e ad ammazzare il tempo in camera di Bakugo al dormitorio, ma quella è la prima volta che vede casa sua. È ampia e spaziosa, accogliente, e c’è tanta luce. Il mobilio è elegante e ricercato – sbaglia, o Bakugo una volta gli ha detto che suo padre lavora nel campo dell’arredamento?
 
«Katsuki? Chi era?»
 
Una donna sbuca da una porta ed entra in sala. Ha un sorriso deciso e capelli biondo cenere, uguali a quelli di Bakugo, solo un po’ più lunghi. È proprio bella.
 
Quando vede Kirishima – che, maledizione a lui, è certo di essere arrossito e di averle sorriso come un idiota – si illumina e il suo sorriso si fa più ampio, mentre gli va in contro senza alcuna esitazione. «Oh, non sapevo che Katsuki avesse invitato un amico a casa! È un piacere conoscerti, caro, io sono Mituski» si presenta.
 
Eijiro sta per presentarsi a sua volta e esibirsi in un ampio inchino quando Bakugo lo afferra per la collottola e gli dà un violento strattone, prima di iniziare a trascinarlo verso la rampa di scale che conduce al piano superiore.
 
«Infatti non aspettavo nessuno. Ce ne andiamo di sopra» dice, brusco, senza nemmeno degnare la madre di uno sguardo.
 
L’espressione della donna si incrina in un istante, e il suo sorriso si trasforma rapidamente in una smorfia minacciosa – Kirishima l’ha visto fare a Bakugo così tante volte, che nemmeno se ne stupisce; si limita a pensare, con un sorriso un po’ imbarazzato, che sia proprio vero che la mela non cade mai lontano dall’albero. «Katsuki! Ti sembrano questi i modi di trattare un ospite?! Non gli hai nemmeno offerto qualcosa di fresco da bere!»
 
Bakugo ringhia, e incassa ancora di più la testa tra le spalle. Ma continua a camminare e allunga comunque il piede sul primo gradino, strattonando Eijiro perché lo segua. «Tanto non si tratterrà a lungo, non rompere.»
 
Kirishima vede una vena iniziare minacciosamente a pulsare sulla fronte della donna e, mentre lei prende fiato per dirne quattro al figlio, lui la anticipa.
 
«Non si preoccupi signora Bakugo, sono a posto! Anzi, scusate per il disturbo» esclama. Si sente ancora un po’ colpevole per il modo in cui si è presentato a casa loro così, senza essere invitato e sapendo benissimo di non essere gradito. Ma, davvero, non è riuscito ad impedirselo.
 
A quelle parole la donna si calma, espira lentamente e la sua espressione si addolcisce. «Oh caro, nessun disturbo! Katsuki non porta mai nessuno a casa, è bello vedere che si sia fatto qualche amico nonostante quel suo caratteraccio!» confessa candidamente, e ora la sua espressione è tornata morbida e solare.
 
Nell’udire quelle parole, la presa di Bakugo sulla maglia di Kirishima si fa più decisa e lui gli dà uno strattone decisamente più violento dei precedenti. «Taci, vecchiaccia» ringhia a mezza voce, sommessamente, prima di accelerare il passo per non dare tempo alla madre di ribattere.
 
Kirishima le rivolge un ultimo sorriso, tra il grato per l’accoglienza calorosa e l’imbarazzato per il disturbo causato, e poi si lascia trascinare, allungando a sua volta il piede sui primi gradini. «Che gentile tua madre» tenta, mentre cerca di non inciampare sulle scale. Bakugo lo sta ancora tirando per la maglia e, sempre dandogli le spalle, si limita a grugnire tutto il suo disappunto.
 
La rampa di scale finisce.
 
Katsuki lo lascia andare, riaffonda la mano nella tasca e continua a camminare, ingobbito su se stesso e chiaramente di umore ancora più nero. «Muovi il culo, Capelli di merda.»
 
Eijiro lo segue, allegro, guardandosi incuriosito attorno mentre percorrono a passo svelto il corridoio.
 
Le pareti sono costellate di foto, e molte ritraggono i genitori di Bakugo: eccoli ad una festa, vestiti eleganti e con un calice di vino in mano; poi al giorno del loro matrimonio, felici e sorridenti e, infine, eccoli ritratti mentre trascorrono una vacanza al mare – forse la loro luna di miele. Poi inizia a comparire anche Bakugo: in alcune foto è poco più di un neonato, in molte altre un bambino coi capelli arruffati e l’aria monella; non ce n’è nemmeno una che lo ritrae da ragazzo.
 
Kirishima sorride nell’osservare quei frammenti di vita passata, ma non può fare a meno di sentirsi ancora un po’ più colpevole: gli sembra improvvisamente di essere un estraneo per Bakugo, e si sente in colpa per il modo brusco in cui ha fatto irruzione in casa sua. Gli sembra che quelli siano momenti troppo intimi, e che lui non dovrebbe vedere quelle foto: si sente uno spettatore indesiderato. Però, un pochino, è anche felice: spesso ha l’impressione di non sapere nulla di Bakugo, nulla all’infuori della sua forza e della determinazione con cui fa del suo meglio per diventare un eroe professionista e, ora, sente improvvisamente di aver fatto breccia in lui, di iniziare finalmente ad intravedere i lati più nascosti della sua vita e della sua personalità. Si sente persino un po’ emozionato.
 
Il sorriso entusiasta di Kirishima si spegne all’improvviso, mentre i suoi occhi si posano su una delle ultime foto che è stata appesa: sono Bakugo e Midoriya. Assieme.
 
Sono soltanto bambini, e si stanno abbracciando. O meglio, Izuku lo sta abbracciando con aria sognante e un enorme sorriso sul viso paffuto; Katsuki guarda dritto in camera, con le braccia incrociate sul petto e un grande sorriso compiaciuto e arrogante: in tutti quegli anni, non sembra essere cambiato affatto.
 
Kirishima sa che quella foto non dovrebbe turbarlo, perché sa benissimo quanto fossero amici da bambini e sa benissimo dell’attaccamento che Midoriya ha sempre avuto nei confronti di Bakugo. E poi è una foto vecchia, che deve avere quasi dieci anni, e che non significa niente. È soltanto un ricordo.
 
Sa che quella foto non dovrebbe turbarlo affatto; eppure, lo turba comunque.
 
Distoglie gli occhi a fatica ed inspira. Improvvisamente ha lo stomaco aggrovigliato e le mani che sudano.
 
Quella foto gli ha fatto male, gli ha ricordato all’improvviso quanto fosse profondo il legame che univa Bakugo e Midoriya – e che, forse, li unisce ancora. Mentre lui… lui non sapeva nemmeno dove abitasse Katsuki, fino ad un paio di giorni prima. E, per scoprirlo, è stato costretto a chiederlo proprio a Izuku.
 
Ed è vero che a lui basta che Bakugo sia felice, che lui si accontenterebbe di quello. Gli va bene anche rimanere al suo fianco come ha sempre fatto, come un personaggio secondario di un racconto di cui lui è protagonista, eppure… ogni tanto non può impedire a se stesso di pensare che, forse, lui stesso potrebbe rendere Katsuki felice. Cosa ci sarebbe di male, se potessero entrambi essere felici assieme?
 
Sarebbe perfetto.
 
Ma Kirishima non osa sperare tanto, perché lo conosce e sa quanto possa essere imprevedibile e complesso da capire. Sa che lui potrebbe essere la persona giusta per supportarlo e sostenerlo, sa di essere abbastanza forte da poter stare al suo fianco, e sa che probabilmente anche Bakugo ne è consapevole.
 
Ma forse lui cerca altro. Forse per questo ha scelto Midoriya: forse non ha bisogno di nessun sostegno e nessun supporto, forse vuole soltanto qualcuno che lo ammiri e lo adori incondizionatamente, o forse… chi lo sa.
 
Bakugo apre una porta sulla destra e si infila oltre l’uscio e Kirishima, ridestandosi rapidamente dai propri pensieri, si affretta a seguirlo. Si scuote, e si sforza di ignorare il groviglio di sentimenti che la foto con Midoriya ha scatenato in lui, e di sorridere come fa sempre: sa benissimo che Bakugo, se lo vedesse triste, si infurierebbe soltanto.
 
Quando mette piede nella stanza di Katsuki, Eijiro è curioso e quasi nervoso.
 
Mentirebbe a se stesso se lo negasse: molte volte si è chiesto come sarebbe stato fare coppia con lui, come sarebbe stato andare a casa sua, che aspetto avrebbe avuto, come sarebbe stato stare nella sua camera, assieme…
 
Si guarda intorno: è spaziosa e luminosa e, come la stanza che Bakugo ha all’interno del dormitorio, è ordinata e sobria. Anche qui, come alla Yuei, l’arredo è minimalista ed ogni cosa sembra avere il proprio posto: dai manubri, ai pesi e ai bilancieri adagiati ordinatamente in un angolo; ai videogiochi, riposti nelle proprie custodie ordinate in due file parallele all’interno del mobile su cui è posizionata la play station; ai manga nella libreria che sono addirittura suddivisi per colore.
 
Però, a differenza della camera alla Yuei, qui ci sono dei dettagli che sembrano essere quasi fuori posto, probabilmente residui dell’infanzia che Bakugo non ha avuto il coraggio di eliminare: un poster di All Might sull’anta dell’armadio – un po’ sbiadito dal tempo, ma ancora perfettamente conservato – e una vecchia action figure, sempre dell’ex Simbolo della Pace, sistemata sul comodino proprio a fianco della sveglia.
 
Kirishima si ritrova a sorridere, pensando che sia buffo come un ragazzo dalla personalità così rigida e pragmatica come Bakugo sia, inaspettatamente e contro ogni previsione, un nostalgico.
 
I suoi occhi smettono di analizzare la stanza e si puntano su Katsuki, mentre lui si lascia pesantemente cadere sul letto. Sospira rumorosamente, si mette seduto, e gli lancia uno sguardo torvo. «Allora?»
 
Eijiro sorride. «Come va?»
 
Bakugo fa schioccare la lingua contro il palato, irritato da quella domanda di rito. Eppure Kirishima è sempre stato un tipo diretto, perché non può saltare le formalità e dirgli subito cosa è venuto a fare? Prende fiato e sta già per dirgliene quattro ma, prima ancora di riuscire a formulare la prima parola, si blocca.
 
I suoi occhi esitano in quelli dell’amico: Red Riot ha le sopracciglia aggrottate, si gratta nervosamente la nuca e quel sorriso non è per nulla spontaneo. La sua non è una domanda di rito. Non è un “come va”, ma è un “come va?”; uno di quei “come va” che uno pronuncia quando sa perfettamente che le cose stiano andando di merda, ma non vuole forzare troppo l’altro a parlare.
 
Quindi, Eijiro sa che Midoriya ha rotto con lui.
 
Bakugo serra la mascella in un moto di stizza. Cos’è, è venuto a compatirlo? Avrebbe anche potuto starsene a casa. Lui sta benone. E stava ancora meglio prima di vedere i capelli di merda di Kirishima. «Bene» ringhia a bassa voce, minaccioso, scoccandogli una significativa occhiata di ammonimento.
 
Kirishima capisce. Smette di torturarsi il collo, e abbassa contemporaneamente sia la mano che lo sguardo. «Amico» inizia, piano, «sai che se vuoi con me puoi parlare.»
 
Bakugo si irrigidisce, e stringe ancora di più i denti. Lui non vuole parlare. Non vuole affatto parlare. Sta bene. «Ti stai giocando davvero male la tua mezz’ora» commenta, aspro.
 
L’altro torna a guardarlo negli occhi, e nemmeno lo sguardo torvo che gli viene rivolto serve a intimidirlo. «Come stai?» insiste, e ora la sua voce è ancora più bassa e la sua espressione ancora più mesta.
 
«Bene» ripete Katsuki. «Sei forse diventato sordo?»
 
Kirishima non ribatte. «Allora perché ci eviti?» chiede dopo qualche istante di silenzio. Ora che lo ha visto, Bakugo gli sembra lo stesso di sempre. Forse è più aggressivo, più arrabbiato e più feroce – come i primi tempi alla Yuei – ma non sembra così malconcio come temeva: i suoi occhi sono lucidi e affilati come sempre, non stanchi e appannati come quelli di Midoriya quando l’ha visto l’ultima volta; non sembra smagrito, non ha le occhiaie, non sembra triste, non… niente, non c’è niente in lui che lasci pensare che stia soffrendo.
 
Ma Bakugo non è mai stato un libro aperto, e Kirishima non riesce davvero a credere, nonostante quello che vede, che stia davvero bene.
 
«Perché non mi va di vedere le vostre facce da culo mentre cercate di farvi i cazzi miei come al solito» sbotta Katsuki, cupo. «Come stai facendo anche tu ora» aggiunge.
 
Eijiro tentenna appena.
 
Quella frecciata è il segno di sofferenza che stava cercando: Bakugo lo insulta spesso, gli dice che è un cretino, un idiota e che ha dei capelli di merda, ma non lo dice per ferirlo davvero. Mentre quelle ultime parole che ha detto, sono state messe lì con chiara cattiveria. Lo sta attaccando. Forse vuole scacciarlo per non farsi vedere sofferente? Kirishima non ha nessuna intenzione di lasciarsi intimorire.
 
«Siamo solo preoccupati per te» spiega, sorridendo debolmente.
 
Katsuki si tende e ringhia così forte che Kirishima pensa per un istante che stia per saltargli addosso. Invece, ride: una risata roca e aspra, che di allegro non ha proprio un bel niente. «Non ho bisogno della vostra preoccupazione.»
 
Eijiro sospira piano. Ammira da morire Bakugo per la sua forza e la sua determinazione e anche per la sua capacità di riuscire sempre a cavarsela da solo, per la sua grinta e il suo coraggio. Sa bene quanto è orgoglioso, e sa altrettanto bene quanto la situazione deve farlo incazzare: non accetterà mai la loro compassione, né la sua, né quella di Kaminari né di chiunque altro. Vorrebbe solo dirgli che lui non è lì per pietà, neanche lontanamente. È soltanto venuto perché lui aveva bisogno di stare vicino a Bakugo, non perché fosse Katsuki ad aver bisogno di lui. «Lo so, Bakugo, non è per questo che sono venuto. Sono venuto perché pensavo che…» esita, cercando le parole giuste. «…che avessi bisogno di sfogarti. Magari ti va di allenarci?» chiede, speranzoso.
 
La rabbia di Katsuki sbiadisce appena mentre lui, preso in contropiede, inarca un sopracciglio biondo. «Adesso?»
 
Eijiro annuisce con convinzione. In realtà allenarsi non è esattamente ciò a cui aveva pensato – non lo è affatto –, ma all’improvviso gli sembra il modo migliore per passare il poco tempo che l’altro gli ha concesso. Forse potrebbe anche essere il modo migliore per farlo stare meglio, dopotutto.
 
Bakugo sembra pensarci su. La sua espressione si ammorbidisce e lui abbassa gli occhi, le sopracciglia aggrottate dalla concentrazione.
 
Kirishima incrocia le dita dietro la schiena: convincerlo ad allenarsi insieme sarebbe un grandissimo traguardo, dopo un mese abbondante di silenzio e lontananza. Si augura con tutto se stesso che accetti, ma non osa sperarci.
 
«Sai cosa? Potrebbe essere una buona idea.»
 
Eijiro, a quelle parole, quasi si mette a saltare dalla gioia. «Perfetto!» esulta, stringendo la mano a pugno con convinzione.
 
Katsuki si alza dal letto e sbuffa, ma lo guarda di sbieco e gli rivolge un mezzo sorriso affilato. Si dirige verso l’armadio, lo apre, fruga un attimo nei cassetti. Quindi si volta, e tira addosso a Kirishima un paio di pantaloncini corti e una canottiera. «Muovi il culo e cambiati, sento già le mani che prudono.»
 
 
*
 
 
Quasi un’ora dopo sono entrambi seduti sul pavimento, ansanti e sudati, sfiniti.
 
«Amico mi mancavi proprio, era un po’ che non mi allenavo così» sospira Kirishima, mentre si sdraia a pancia in su, gli occhi socchiusi e il respiro pesante.
 
Bakugo sbuffa una mezza risata. «Tch, si vede che hai battuto la fiacca da quando è finita la scuola.»
 
Eijiro si tira di scatto a sedere – e quel movimento gli procura una fitta fastidiosa: sono i suoi addominali che protestano – e si imbroncia. «Eh?! Non è affatto vero!» protesta a gran voce.
 
L’altro sogghigna. «Dovremmo prenotare uno dei campi di allenamento della scuola per allenarci come si deve» suggerisce, alludendo al fatto che soltanto all’interno delle proprietà della Yuei siano legalmente autorizzati ad utilizzare il proprio quirk senza restrizioni.
 
Kirishima si illumina. «Dovremmo proprio!» esclama entusiasta. Bakugo, dopo l’iniziale momento di tensione, sembra essere tornato quello di sempre: ora è più morbido e rilassato, più amichevole. Certo, per quanto uno come lui possa essere amichevole.
 
Eijiro lo sbircia in silenzio. Si sta chiedendo se sia il caso di cercare nuovamente di parlare con lui – con il rischio non trascurabile di farlo infuriare di nuovo – o se invece sia meglio lasciare cadere il discorso, e accontentarsi di essere riuscito a passare un po’ di tempo assieme e di averlo persino visto sogghignare ben più di un paio di volte – senza contare il fatto che la mezz’ora che lui gli ha concesso è già passata da un pezzo, eppure Bakugo non dà segni di volerlo scacciare.
 
«A cosa stai pensando, con quel tuo cervello idiota? Non sforzarti troppo, inizio già a sentire il rumore degli ingranaggi che si inceppano» lo canzona Katsuki, che si è ovviamente accorto del modo in cui Kirishima continua a sbirciarlo quando pensa che lui non se ne accorga. Ma non sembra arrabbiato: ha soltanto aggrottato le sopracciglia, e lo scruta con la sua solita aria di superiorità di chi ha già capito tutto.
 
Eijiro tentenna un po’, nicchia e prende tempo. Poi si decide a parlare: quale vero uomo si tirerebbe indietro, arrivati a quel punto? «Stai davvero bene?» si decide a chiedere, di nuovo.
 
Gli occhi di Bakugo si assottigliano e le sue labbra si stringono, ma lui rimane calmo. Forse, è troppo stanco anche per arrabbiarsi e fare fuoco e fiamme. «Davvero.»
 
Katsuki non mente: sta davvero bene. Ormai è passato più di un mese, e Midoriya non gli sembra altro che un ricordo lontano. A volte, gli viene persino da chiedersi se siano davvero stati assieme per quasi otto mesi, o se piuttosto non abbia sognato tutto. A volte, gli sembra che quei ricordi siano così distanti da lui, che gli viene persino da pensare di essersi immaginato tutto, o forse di averlo vissuto in un’altra vita, o che forse quelli siano i ricordi di qualcun altro… a volte si trova persino a chiedersi se davvero la persona con cui stava Midoriya era davvero lui.
 
Nella sua mente rivede certe scene – la dichiarazione goffa di Deku e quel primo bacio così pessimo da fargli quasi storcere il naso, i primi appuntamenti in cui quello stupido nerd era così nervoso che non faceva altro che blaterare tra sé e sé e parlare di eroi, le sue ingenue dichiarazioni di amore e di affetto, la loro prima volta, quel weekend in montagna – e si chiede se davvero la persona che vede in quei ricordi al fianco di Deku sia lui.
 
Sa di esserlo, ovviamente, eppure…
 
Davvero è stato lui, la persona che ha promesso a Deku che si sarebbe impegnata per non andare su tutte le furie per nulla? Davvero è stato lui, quello che gli ha promesso che si sarebbe impegnato a mantenere la calma? È stato lui, che ha promesso a se stesso di diventare più gentile, per il bene di Deku? È stato lui davvero?
 
A ripensarci ora, sente ancora l’amaro in bocca.
 
Katsuki ha sempre pensato di non essere adatto alla vita di coppia – glielo ripetono fino alla nausea da quando è un bambino che si arrabbia troppo, che è troppo violento, che è troppo nervoso, troppo aggressivo, troppo competitivo… troppo. Eppure Deku è sempre stato convinto del contrario: Bakugo ancora maledice il giorno in cui quel fottuto nerd gli si è dichiarato e l’ha convinto ad andare contro a tutte le sue convinzioni per uscire con lui.
 
Bakugo maledice anche se stesso, per essersi lasciato abbindolare in quel modo. Eppure, sa come è fatto, si conosce piuttosto bene, lui. A differenza di Midoriya: tante belle parole, e poi…
 
Non riesce nemmeno ad essere davvero arrabbiato, Katsuki: sa che Deku non l’ha fatto apposta.
 
Sa che quando gli giurava e spergiurava che tra lui e quel bastardo di Todoroki non ci fosse nulla, ci credeva davvero.
 
Ma Bakugo è sempre stato uno in grado di vedere lontano: ha perso il conto delle volte in cui ha litigato furiosamente con Midoriya per causa di quel bastardo, per via di tutto quel tempo che passavano assieme, a studiare e ad allenarsi. Il fatto che quel nerd di merda – il suo, nerd di merda – fosse l’unica persona con cui Todoroki si apriva lo mandava in bestia: non riusciva proprio a tollerare quel rapporto esclusivo che avevano instaurato sin dalle prime settimane di scuole e che si era andato via via rafforzando col passare dei mesi.
 
Una volta, durante una di quelle litigate, Deku aveva provato debolmente a ribattere che doveva smettere di essere così geloso: in fin dei conti, anche Bakugo passava davvero tanto tempo solo con Kirishima, ma a lui certo non veniva in mente di farne una tragedia.
 
Quella volta Katsuki era stato davvero sul punto di ammazzarlo a sangue freddo, così su due piedi. Aveva sbottato che non fosse affatto la stessa cosa, e che se lui pensava di poter paragonare le due cose bè, allora era ancora più cretino di quanto pensasse.
 
Se ne era andato sbattendo la porta, inferocito e furioso. E non solo con Midoriya, ma anche con se stesso per quella menzogna: non era stato sincero.
 
Izuku non aveva poi tutti i torti.
 
Katsuki si era accorto di essere attratto da Kirishima praticamente fin da subito, fin da quell’incidente con la League of Villains alla USJ, quando loro due si erano trovati a combattere da soli e isolati dal resto degli studenti. All’inizio provava semplicemente soddisfazione nel notare il modo in cui l’altro lo ammirava, ma si era presto accorto che non era nemmeno quella la parte che lo interessava maggiormente: Kirishima era perfettamente in grado di tenergli testa, a differenza di Deku.
 
Ma, come si era accorto di essere attratto da lui, aveva subito deciso di lasciare perdere; anche perché, di lì a poco, Midoriya si era dichiarato, e loro avevano iniziato a frequentarsi.
 
Era comunque diventato amico di Kirishima – molto amico –, in modo inaspettato ma quasi inevitabile. Un paio di volte c’era stata della tensione tra loro – perché Deku aveva ragione, passavano davvero tanto tempo assieme da soli – ma Bakugo, avvertendola, l’aveva subito smorzata.
 
Era stato onesto con sé stesso: avrebbe continuato a vedere Kirishima, ma solo fin tanto che si fosse sentito totalmente padrone delle proprie emozioni e dei propri istinti, solo fin tanto che la loro amicizia non avesse finito con il rendere ancora più difficile la relazione con Deku. Per questo motivo, c’erano state volte in cui aveva dato buca a Eijiro che gli chiedeva di andare nella sua stanza per giocare alla play o guardare un film: in alcuni momenti, in cui sentiva di essere troppo furioso con Midoriya per l’ennesimo litigio, preferiva stare lontano anche da Kirishima.
 
Se lui era sempre stato onesto con se stesso – e lo era stato anche con Midoriya: certo, non gli aveva confessato che passare così tanto tempo solo con Eijiro fosse effettivamente una tentazione per lui, ma in fondo sapeva di potersi controllare perfettamente: era stato onesto, nel dirgli che non doveva preoccuparsi – la stessa cosa non poteva dirsi di Midoriya.
 
Tanti litigi e tanti giuramenti – a Bakugo sembrava quasi di poterlo ancora sentire, mentre stringeva i denti e, con gli occhi lucidi, affermava per l’ennesima volta che tra lui e Shoto non ci fosse niente – e poi…
 
Una sera, Katsuki aveva telefonato a Midoriya. Così, per nessun motivo particolare: era sera inoltrata e non riusciva a prendere sonno. Lui aveva risposto dopo diversi squilli. Era mogio e spento, la sua voce solitamente allegra e squillante era bassa e strascicata. Bakugo gli aveva chiesto se fosse successo qualcosa ma l’altro si era limitato a sorridere debolmente – lo aveva capito dal sospiro debole che aveva udito, e dal modo in cui la sua voce si era ammorbidita – e gli aveva sussurrato che sembrava sua madre, che non era accaduto nulla e che lui non avrebbe dovuto preoccuparsi.
 
Katsuki aveva indagato un altro po’, ma Midoriya era rimasto sul vago e aveva rapidamente tagliato la conversazione, dicendogli che era tardi e che era molto stanco. Lui aveva smesso di insistere e, senza stare troppo a pensarci, gli aveva augurato la buonanotte e si era messo a dormire.
 
La mattina dopo Midoriya aveva sganciato la bomba: aveva baciato quello stronzo di Todoroki.
 
Bakugo si era quasi sentito mancare.
 
Deku era lì, con le lacrime agli occhi, seduto sul suo letto che lo guardava dal basso all’alto, a dirgli che aveva baciato Todoroki.
 
Lo stesso Todoroki di cui Katsuki non avrebbe dovuto preoccuparsi.
 
Bakugo nemmeno ricordava esattamente come avesse reagito – forse aveva riso aspramente, forse aveva imprecato, forse si era lasciato sfuggire una sorta di singhiozzo; no, forse aveva soltanto ringhiato –; gli aveva chiesto che cazzo gli fosse saltato in mente.
 
Midoriya non era più riuscito a trattenere le lacrime ed era esploso, biascicando tra i singhiozzi qualcosa riguardo al fatto che non aveva pensato, era successo e basta.
 
Anche Katsuki aveva avvertito le lacrime pizzicargli gli occhi, ma era rimasto impassibile, fermo in piedi di fronte a lui. Aveva sentito il corpo pesantissimo e gli era iniziata a girare la testa. Non era riuscito a mettere assieme nessun pensiero coerente se non che Deku – lo stesso Deku che non faceva altro che ripetergli quanto lo amava, che lui fosse il migliore in tutto, e che aveva già progettato una vita intera al suo fianco – lo avesse appena tradito.
 
Deku aveva singhiozzato un “Mi dispiace, Kacchan” tra le lacrime, a fatica, e Katsuki si era sentito così male che per un attimo aveva creduto di dover vomitare.
 
Si era sentito crollare il mondo addosso.
 
Bakugo ricorda di avergli risposto che tanto lo sapeva, che sapeva che sarebbe successo.
 
E poi Deku aveva ripreso a blaterare, uno dei suoi soliti sproloqui mormorati a mezza voce e reso ancora più incomprensibile dalle lacrime e dal suo pianto disperato.
 
Katsuki non ricorda bene cosa lui avesse detto – ricorda di aver pensato che quel fottuto traditore avrebbe soltanto dovuto tenere quella fogna chiusa, che non voleva più sentire nemmeno mezza parola da lui – ma ricorda distintamente la fine di quel monologo pressoché incomprensibile. E la frase finale era stata qualcosa tipo “per quel che vale, sono stati otto mesi meravigliosi”.
 
Bakugo aveva continuato a scuotere la testa, metà piangendo e metà ridendo di una risata amarissima e incredula.
 
“Devo andare” aveva sussurrato Deku dopo qualche istante, tirando su col naso mentre si asciugava le lacrime.
 
“Vattene” gli aveva risposto Katsuki; e lui si era alzato e se ne era andato davvero, chiudendosi la porta alle spalle e senza nemmeno voltarsi a guardare indietro.
 
Quella era stata l’ultima volta che si erano visti e parlati, quel “vattene” era stata l’ultima cosa che Deku aveva sentito da lui.
 
Bakugo ora sta davvero bene, ma ricorda ancora – un po’ vagamente, per la verità; anche quelli ormai sembrano già ricordi così distanti da non sembrare nemmeno suoi – l’inferno dei primi giorni.
 
Quel senso di impotenza – perché Deku non gliene aveva parlato prima di quello che stava passando, anziché fingere fino all’ultimo che andasse tutto bene? –, quella tristezza – perché Deku, tra tutti, avrebbe dovuto essere quello sempre pronto a sostenerlo. Invece, lo aveva pugnalato alle spalle –, la solitudine – Bakugo era così abituato a tutti quegli stupidi messaggini che gli arrivavano a tutte le ore del giorno e della notte, che si era improvvisamente sentito abbandonato –, il rimpianto – lui si era impegnato così tanto per cambiare per Deku! E a cosa era servito? Proprio a nulla – e, non da ultima, la rabbia: perché sapeva che Deku lo aveva già sostituito, che probabilmente a quell’ora era già tra le braccia di Todoroki, mentre lui era stato l’unico a rimetterci davvero.
 
Katsuki non pensa che potrà mai perdonare Midoriya – non che lui sia un tipo incline al perdono, del resto.
 
È troppo arrabbiato per tutto quello che Deku ha buttato via, per tutte quelle promesse e per tutte quelle dichiarazioni fatte troppo a cuor leggero e mai mantenute; troppo arrabbiato perché quel nerd del cazzo ha deciso di buttare via tutto quello che loro avevano faticosamente costruito in quei mesi per un solo istante di debolezza.
 
Non lo perdonerà mai, anche se non rimpiange ciò che avevano.
 
Ora se ne rende conto bene: non era più lui. Era diventato una persona diversa, più mite e riflessiva, più aperta al dialogo e meno rabbiosa. E se, quando stava con Deku, pensava che questa fosse una cosa positiva – pensava di essere maturato – ora che è di nuovo solo si rende conto che no, che quello non era lui: lui è rimasto il solito di sempre. Quello era qualcun altro.
 
Bakugo si è ripromesso che non permetterà mai più a nessuno di cercare di cambiarlo – farà esplodere la fottuta faccia, al prossimo che ci proverà.
 
«Sai che se hai bisogno di me, io ci sono.»
 
La voce calma di Kirishima strappa Katsuki dai suoi pensieri: lui lo sta guardando intensamente, mezzo sdraiato e mezzo seduto, piegato indietro sugli avambracci, coi capelli che ricadono disordinati sulla fronte e la canottiera appiccicata addosso. Quella che dovrebbe probabilmente essere soltanto un’innocente frase da amico, alle orecchie di Katsuki suona come qualcosa di un po’ diverso: lo sguardo di Eijiro è troppo attento e troppo intenso, troppo profondo per essere soltanto una frase di rito detta tra amici.
 
«Lo so» risponde Bakugo.
 
Improvvisamente avverte una certa tensione tra lui e l’altro ragazzo, che gli fa bruscamente distogliere lo sguardo nel tentativo di allontanare quella sensazione.
 
Kirishima.
 
Non è che Katsuki non abbia mai pensato a lui, è che… quello non è decisamente il momento giusto.
 
All’inizio era arrabbiato a morte con Deku: lui l’aveva ingannato, ferito, tradito… poi aveva riflettuto, e gli era tornata in mente la sua espressione mentre gli diceva di aver baciato Todoroki.
 
È stato quello, quel piccolo dettaglio a fargli capire quanto anche Midoriya stesse soffrendo. E questo gli aveva riportato alla mente un sacco di cose: tutte le volte che Deku aveva avuto bisogno di lui e lui non c’era stato – non come avrebbe dovuto, almeno – tutte le volte in cui lo aveva canzonato, preso in giro, offeso… si è reso conto che, senza nemmeno accorgersene, lo ha fatto a pezzi.
 
In fondo, le cose tra loro non sono mai cambiate davvero: Katsuki ha perso il conto di tutte le volte in cui, da bambini, lo ha picchiato, malmenato e bistrattato; e, anche se ora sono cresciuti, le cose non sono poi cambiate molto: semplicemente, le ferite che gli ha inferto sono diventate psicologiche anziché fisiche.
 
Ha spinto Deku all’esasperazione. Gli ci è voluto un po’ per capirlo ma, ora che ha finalmente capito, quel pensiero continua a tormentarlo.
 
Tutte le volte in cui l’ha trattato con sufficienza, quelle in cui è stato scontroso, quelle in cui è stato arrabbiato e ha finito col prendersela con lui… lo ha davvero fatto a pezzi.
 
Katsuki scruta il profilo di Kirishima, e non può fare a meno di chiedersi se con lui non finirebbe per fare gli stessi errori.
 
L’altro ragazzo, ignaro di ciò che gli passa per la testa, gli sorride col suo solito buonumore.
 
Sì, lo farebbe di certo, certamente si comporterebbe allo stesso modo – perché lui è fatto così, perché questo è ciò che è e che non vuole smettere di essere.
 
Ma forse con Kirishima sarebbe diverso: forse lui riuscirebbe a dargli un freno, ad impedirgli di tirare troppo la corda; forse riuscirebbe a fermarlo prima che finisca con lo spezzarla, la dannata corda.
 
Ci vuole la pelle dura per stare con lui, Katsuki se ne rende perfettamente conto.
 
Bakugo si alza in piedi, si volta verso Kirishima e gli tende la mano. «Andiamo a bere qualcosa di fresco.»
 
L’amico sbatte le palpebre un paio di volte rapidamente e si illumina di uno dei suoi sorrisi tutto denti. «Certo!» Avvolge le dita attorno alla sua mano, con decisione, e Katsuki punta i piedi e lo tira su.
 
Rimangono a scrutarsi, faccia a faccia, in silenzio.
 
Se bisogna essere solidi e incrollabili per stare con Bakugo, duri come rocce, chi meglio di Kirishima può riuscirci?
 
 
 

Spazio autrice:
Lo so che ho ben altre due storie in sospeso e che dovrei concentrarmi su quelle anziché scrivere roba nuova, ma per me la scrittura è una valvola di sfogo e niente, questa storia dovevo proprio ma proprio scriverla – l’unico dilemma è stato se pubblicarla o meno, ma già che l’avevo scritta mi sono detta “perché no?”
E niente, ho sempre sdegnato lo shonen-ai, ma stavolta mi è proprio venuto spontaneo scrivere di loro – complice una striscia di fumetti che ho beccato online, sempre su questo tema: Midoriya che inizia a frequentare Todoroki, Bakugo che se ne accorge e ci rimane malissimo e Kirishima che capisce tutto e cerca di tirargli su il morale come può… e niente, qualcosa in quei disegni mi ha ricordato vecchie questioni forse mai del tutto risolte e mi ha un po’ spezzato il cuore, e dopo una serie lunga e contorta di associazioni mentali, è nata questa storia.
Avrei tanto altro da dire, ma visto che all’inizio nemmeno la volevo pubblicare, credo che me ne rimarrò invece zitta e buona; mi limito a dire che, come quel fumetto ha mosso qualcosa in me, io spero che leggere questa storia riesca a trasmettervi qualcosa, anche se mi rendo conto di chiedere tanto.
A presto!

 
 
  
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