Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: DreamerGiada_emip    22/02/2019    0 recensioni
Seguitemi, lettori dal cuore colmo di fantasia.
Avventuratevi e perdetevi all'interno di queste righe.
Vi racconterò una storia antica, nata da una leggenda e tramandata di generazione in generazione.
Accadde in un'epoca ormai lontana e dimenticata, così distante rispetto a quella in cui viviamo noi oggi.
Gli uomini hanno dimenticato ciò che accadde in tempi così addietro. Siamo cresciuti nell'illusione e viviamo nell'ignoranza.
Questa storia comincia tra i boschi, al sicuro da occhi indiscreti.
Di ciò che avvenne rimane solo una piccola e misera traccia. In quanti di voi conoscono la canzone "Figlio della Luna" di Mecano?
Vi è solo un piccolo errore, probabilmente la storia venne modificata di bocca in bocca.
Non era un bambino, ma una bellissima bambina dagli occhi d'argento.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Rimasi in quella posizione per un tempo che mi parve infinito. Raggomitolata in posizione fetale sull'erba verde, non sentivo assolutamente niente. Il mio respiro era leggero, quasi impercettibile. Continuavo a piangere lacrime silenziose e lente. Una dopo l'altra abbandonavano i miei occhi, finché non finirono anche quelle insieme alla voce. Mi rialzai lentamente in piedi, sentii le mie ossa scricchiolare a causa della posa innaturale a cui le avevo costrette. Avevo tutti gli arti intorpiditi. Iniziai a camminare per allontanarmi da qual luogo, non avevo una meta, volevo solo distanziarmi da lì. Era ancora buio, ma presto sarebbe arrivata l'alba a rischiarare i boschi. Quel luogo mi appariva molto meno splendente, sentivo già la sua assenza, sentivo già che qualcosa mi mancava. Camminai nel più completo silenzio e anche i rumori che mi aspettavo di incontrare erano svaniti, come in un muto lutto in suo nome, o forse ero solo io a non sentirli. Sollevai il viso al cielo cercando la mia compagna di vita, ma che quella notte mi aveva abbandonato crudelmente. Osservai i bassi rami dell'albero sopra di me e spiccai un salto per aggrapparmi a uno abbastanza robusto. Mi issai sopra iniziando a salire velocemente, il mio allenamento mi permise di raggiungere la cima in fretta. Mi stagliai oltre le fronde. Volevo osservare le stelle, ascoltare il suono del vento, sentire le prime cicale. Chiusi gli occhi e mi concentrai su quel profumo. Il profumo tipico dei pini e della resina, di foglie umide nel sottobosco, dei funghi, della terra bagnata, della legna marcita, delle bacche selvatiche e quello penetrante dei ciclamini. Il profumo che ormai anche la mia pelle aveva assorbito. Inspirai ed espirai lentamente.

- Il cielo farà il suo dovere, va tutto al proprio posto. - sussurrai a me stessa. Calmai il mio spirito agitato alla vista del cielo notturno. E mi domandai mestamente chi mai ci avesse dato gli occhi per osservare le stelle senza darci le ali per raggiungerle. Quando si manifestò il sole, scesi dalla giovane quercia su cui ero salita per avvicinarmi agli astri in cielo. Mi incamminai nuovamente per il bosco concentrandomi su quei dettagli che si potevano notare solo con estrema attenzione. Il profumo del bosco era un effluvio di violette nane, muschio selvatico, pece sulla corteccia dei pini ancora umidi misto a brezza mattutina. Era bello camminare per i sentieri appena tracciati tra le radici degli alberi su un tappeto di aghi di pino, nella penombra del sottobosco e guardare i raggi dell'alba filtrare leggeri tra i rami degli alberi, accompagnati solo dal cinguettio di qualche passero solitario. Quel profumo richiamava la primordiale libertà, un grido che nasce dalla nostra essenza selvaggia, e l'Amore puro per tutto ciò che vive. Il bosco ha un'anima, ha un cuore palpitante. Nel bosco vita e morte si rincorrono sulle note di una dolce melodia, una ninna nanna che ha per voce il battere cadenzato del cuore caldo della nostra madre terra.

- Kira! - sentii gridare il mio nome e la voce familiare mi risvegliò dallo stato di trance in cui mi trovavo. Senza rendermene conto ero tornata al ruscello, poco distante dal limitare del bosco. Jacob entrò nella mia visuale. Lo osservai spaesata. - La vita tra gli umani non ti piace proprio? Per questo sei tornata qui? - mi domandò preoccupato, ma negli occhi lessi anche una lieve tristezza. Non gli risposi. Mossi un passo verso di lui, poi un altro, finché non mi lanciai in una corsa per raggiungerlo. Le mie braccia s'intrecciarono intorno al suo collo e il mio viso si nascose contro il suo petto. Lo abbracciai come fosse una cosa normale, naturale, che avevo sempre fatto. Sentii la sua titubanza mischiato a un lieve imbarazzo. Quando anche lui strinse le braccia intorno a me, nuove lacrime caddero dai miei occhi per andare a bagnare la sua maglia. - Kira, che ti è successo? - mi chiese dolcemente e a bassa voce. Non riuscivo a trattenere i singhiozzi e il mio corpo era scosso da tremiti violenti. Ma in quel momento fu diverso rispetto a poche ore prima. Avevo qualcuno che i miei tremiti li bloccava, qualcuno che sosteneva il mio corpo.

- Lei... lei non c'è più... mi ha lasciata sola... - riuscii a dire con la voce spezzata. Il cuore batteva follemente veloce.

- Lei chi, Kira? - domandò ancora. Le sue mani salivano e scendevano sulla mia schiena sciogliendo i nervi tesi. Scossi la testa e lui capì che in quel momento non volevo parlarne. Allora mi tenne stretta finché il mio corpo non si rilassò completamente e le lacrime smisero di scendere. Mi iniziò ad accarezzare i capelli e, solo quando anche il mio respiro fu tornato normale, si fermò. Io mi allontanai lentamente tenendo gli occhi rivolti verso il suo petto.

- Ti ho inzuppato la maglia. - riuscii a dire dopo qualche attimo di imbarazzante silenzio. Sollevai lo sguardo ed incontrai i suoi occhi. Lui scosse la testa.

- Tranquilla, non è un problema. - mi rassicurò. - Ti va di raccontarmi quel che è successo, mentre io raccolgo un po' di legna? Prometto di ascoltarti anche se sto lavorando. - mi propose con un piccolo sorriso d'incoraggiamento. Lo osservai attentamente, chissà se sarebbe stato un grado di comprendere. Prima di iniziare, presi un lungo respiro e mi rilassai, solo allora cominciai a raccontare. Gli parlai della Madre, del mio rapporto con lei e del suo rapporto con il branco, cercai di spiegare la nostra situazione, la nostra complicità e il nostro modo di comunicare mentalmente, gli confidai dei consigli, degli insegnamenti impartitemi, infine gli raccontai di quella notte. Lui annuiva e ogni tanto faceva domande, si fermava a sorridermi e rise del rapporto tra me, la Madre e Storm. Io lo seguii nel suo lavoro continuando a parlare e più gli confidavo della mia vita, più mi sentivo leggera, come se mi fossi tolta un peso dalle spalle. Avevo un forte mal di testa, probabilmente iniziato con l'urlo e i pianti infiniti, e accentuato ulteriormente da tutto quel parlare. Quando Jacob si fermò a riposare, io mi sedetti accanto a lui. Ero stanca. Sentii che mi diceva qualcosa, ma non riuscii a distinguere le parole. Le palpebre mi si stavano chiudendo e quel mal di testa continuava a martellarmi forte le tempie. Senza nemmeno accorgermene mi appoggiai alla sua spalla e chiusi gli occhi. Ci misi un attimo a cadere tra le braccia di Morfeo, in un sonno senza sogni.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: DreamerGiada_emip