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Autore: Narcissuss98    22/02/2019    0 recensioni
La Brighton High è una normalissima scuola americana, sennonché è in realtà la custode segreta di uno dei rarissimi LibriMastri, un manuale che consente l’accesso alla magia. Saranno quattro giovani ragazze a scoprirne i magici poteri e ad aprire le loro vite alle arti mistiche, scatenando però una serie di conseguenze estremamente pericolose.
Dal secondo capitolo:
*La ragazza aprì con una sola mano il libro e iniziò a leggere:
“Unbreakable spell
A good witch could never tell
But If you are gonna cast
I promise it will last”
A quel punto le cose si fecero inquietanti nelle vite delle quattro ragazze.*
Ciao a tutti/tutte. Questo è un progetto al quale pensavo ormai da un bel po’ di tempo. Se volete sostenere me, la storia o le mie protagoniste fatemelo sapere tramite le recensioni. Aggiornerò ogni Venerdì se vedrò che suscita il vostro interesse. Grazie comunque a tutti coloro che sceglieranno di dedicare anche solo un minuto alla lettura della mia creatura.
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alicia si era persa di nuovo. Non che ci fosse tanto da stupirsi, era in quella scuola solo da una settimana e il suo senso dell’orientamento era pessimo, se non peggio. Non sarebbe stato un grande problema, sennonché la prima ora aveva come lezione aritmetica col professor Harris, un uomo che l’aveva presa in antipatia sin dal primo giorno di scuola, quando egli aveva fatto un test d’ingresso al quale lei aveva fallito miseramente. Per Alicia la matematica era una grande incognita e lei non era certo portata a destreggiarsi con tutti quei numeri, le X, le Y, tutte le lettere messe a fianco a segni e numeri, e a dirla tutta, nemmeno si impegnava. Si era sempre ritenuta una mente portata solo per le materie umanistiche. Amava la letteratura, la storia dell’arte, la filosofia e la storia in generale. Alicia aveva cercato di seguire i volti che più si ricordava dei suoi compagni di corso, una ragazza asiatica e una stangona bionda, ma subito dopo aver preso i libri all’armadietto le aveva perse di vista completamente. Ora si ritrovava nel corridoio C mentre era quasi sicura che la lezione di algebra fosse nel corridoio F. Ally si rimise a correre nei corridoi ormai deserti, le lezioni erano già iniziate da almeno cinque minuti buoni. Ci mise almeno una decina di minuti per ritrovarsi e arrivare finalmente nell’aula 16, dove il professor Harris aveva iniziato a spiegare. Non fu perciò un grande choc per Alicia il foglietto di punizione che la attendeva già sul banco al suo ingresso in sala, 17 minuti dopo il suono della campanella. Quattro ore in biblioteca dopo l'orario curricolare a sistemare lo schedario. "Cinque Yuppiah eh per me" penso la giovane ragazza, quale modo migliore per iniziare la giornata se non sapere che fino alle sette di sera sarebbe rimasta chiusa a scuola? Per tutta la restante ora Alicia pasticciò un foglio, disegnando segni e sgorbi, sentendo il sorriso sornione del professor Harris addosso. La sua invettiva artistica veniva interrotta solamente quando staccava gli occhi dal foglio per fissare il cielo dalla finestra. Gli occhi grigi contemplavano le nuvole da sotto la tenda dei suoi lunghissimi capelli castani. Aveva nostalgia della sua vecchia vita, i suoi amici, il bellissimo appartamento dove aveva vissuto i primi 16 anni della sua vita. Ora si ritrovava lontana per quelli che sembravano anni luce e i surrogati tecnologici, che servivano per tenerla in contatto con i suoi vecchi amici, come whatsapp e Skype, non la aiutavano a colmare le distanze, anzi la facevano sentire peggio. La nuova scuola, la Brighton High, non le sembrava malaccio, i ragazzi erano stati tutti gentili e disponibili, c’erano le cheerleader fighette, i maniaci dello sport palestrati, i nerd, i secchioni, insomma tutta la fauna liceale. Eppure per Alicia quello sembrava un posto dove lei non si sarebbe mai riuscita ad ambientare, ma forse era solo la nostalgia a farglielo pensare. La sua vita a Brighton era stata, per quelle poche settimane, tediosa e monotona. Il tempo che non passava a scuola lo passava leggendo o giocando con la sua gattina Diana. Non era riuscita ancora riuscita a fare conoscenza con i suoi compagni, eppure di occasioni ce ne erano state, in molti si erano dimostrati interessati alla ragazza nuova, ma lei faceva fatica a dare subito confidenza e quindi sembrava un po’ fredda e snob. Appena finita lezione di algebra Alicia fu la prima ad uscire dall’aula, felice di potersi di lasciare alle spalle le equazioni per immergersi in qualcosa che conosceva molto meglio: l’arte. La professoressa Iron le era subito stata simpatica, un po’ per quei suoi capelli a spazzola biondo cenere, quei completi dei colori improbabili e gli occhiali che cambiava ogni giorno e passavano dal verde bottiglia al viola fucsia, un po’ perché alla prima lezione aveva iniziato il programma con l’arte Rinascimentale. Alicia amava l’arte, ma soprattutto amava il Rinascimento, memore dei lunghi viaggi in Italia e delle innumerevoli visite nei più svariati musei mondiali. La lezione del giorno consisteva nei precursori del Rinascimento e in particolar modo Botticelli, Alicia per tutta l’ora consecutiva fu la persona più felice della Brighton High, e non pensò più alle tre ore di punizione che la aspettavano quel pomeriggio. Se per Alicia uscire da scuola alle sette sembrava un grossissimo problema, per Andrea era la norma. Anche lei era una studentessa Junior, ma a differenza di molti dei suoi compagni era stata abituata sin dal primo anno del liceo a seguire numerosi corsi e varie attività. Andrea era membro del comitato studentesco e del club del libro, redattrice del giornale scolastico, allieva dei corsi avanzati di latino e francese e quello di storia del femminismo. Inoltre era volontaria presso la clinica veterinaria della città e capitano della squadra femminile di pallavolo . Il suo curriculum scolastico era pieno zeppo di titoli e impegni. Lei lo riscriveva ogni anno fin dal primo anno delle medie, quando aveva iniziato a puntare a Stanford. Tutto era perfettamente organizzato, catalogato e ordinato nella vita di Andrea Foster. Nessun imprevisto poteva azzardare di mettersi tra lei e la Ivy league. Quella mattina Andrea frequentava aritmetica, francese e due ore di storia col professor McFrey, un simpatico e pingue cinquantenne irlandese. Al termine della lezione il professor la chiamò alla cattedra, e, mentre gli altri studenti si allontanavano dall’aula, lei si avvicinò al signor McFrey aspettandosi l’ennesimo complimento per qualche suo merito accademico o un vecchio compito. “Devo ammettere che sono rimasto molto scioccato quando al primo giorno di scuola non ho ricevuto come prima la tua tesina sulla rivoluzione d’ottobre ma immagino che tu ti sei presa il tempo per revisionarla fino all’ultimo. Non vedo l’ora di leggerla domani. Sarà sicuramente la migliore del corso, come al solito”. Tesina. Rivoluzione. Domani??? Andrea non aveva nessuna tesina sulla rivoluzione d’ottobre e non era consapevole di doverne presentare una per il giorno dopo, che strano scherzo poteva mai essere. “Professore, quale...” “Professore, scusi il disturbo! Ecco la mia tesina dell’estate, ho preferito consegnargliela di persona piuttosto che per e-mail” ed eccola lì una tesina di almeno una ventina di pagine che veniva consegnata a McFrey dalla peggior nemica di Andrea, la rappresentante del suo corso Veronica Lobster. Veronica e Andrea si erano sin da subito scontrate. Entrambe erano sempre state le migliori della classe dalle medie e ogni loro risultato era un continuo testa testa che le agguerriva sempre di più. A volte Andrea non sapeva se studiava più per raggiungere Stanford che per superare Veronica. “Grazie mille, Veronica. Tu e la signorina Foster siete ormai le ultime a consegnarmela, immagino che saranno le prime tesine che leggerò domani” la voce del professore era calda e confidente, egra sicuro che le sue migliori allieve avrebbero presentato due lavori eccezionali. Andrea per la prima volta nella sua vita non sapeva che pesci prendere. Come avrebbe potuto scrivere una tesi degna di battere quella che Veronica aveva scritto in un’estate nell’arco di poche ore? Appena uscita dall’aula Andrea prese da parte Veronica “ Da dove uscita questa tesina? Io non ne sapevo niente!” la faccia di Veronica celò a malapena lo stupore e la gioia “Vuoi dire che non hai fatto la tua tesi? Ma come? È arrivata la mail col compito e la data di consegna quest’estate. Per scrivere la mia ci ho messo tre settimane” detto questo Veronica fece un larghissimo sorriso e si allontanò. Andrea prese subito il cellulare e cerco su Google: rivoluzione d’ottobre, anche se avrebbe preferito cercare come evitare una crisi di panico. “Amore oggi niente divisa?” la voce calda e forte di Sean si poteva sentire da una parte all’altra del corridoio sebbene fosse diretta solo alla persona di fronte a lui. Sean era il capitano della squadra di football, un colosso di quasi 2 m dai riccioli dorati e gli occhi castani scuri. Con i suoi lineamenti quando sorrideva sembrava un orsetto peluche, ma quando lo si incontrava sul campo assomigliava più ad un toro inferocito. “No, oggi non abbiamo allenamento e poi ogni tanto è bello cambiare” a rispondere era stata la ‘più bella ragazza della Brighton High’, come veniva definita dai più, Tracie Donovan. Tracie non era certo altissima ma compensava la statura con le sue linee morbide e atletiche da cheerleader. Lo era diventata l’anno precedente e grazie ai suoi precedenti con la ginnastica ritmica e la bellezza afroamericana spiccava in mezzo a tutte le sue compagne. Quel giorno indossava un vestitino in maglia rosa cipria e sandali con zeppe. Tutti giravano la testa per guardarla, non solo per la sua mise, ma anche perché non erano più abituati a vederla senza la divisa oro e azzurro, i colori della Brighton. “Oggi si batte la fiacca eh!” Ray Mitchell era il miglior amico da sempre di Sean, nonché suo compagno di squadra, sembrava spesso l’ombra di Sean, lo seguiva ovunque e lo copiava in quasi tutto ciò che lui faceva. Tracie trovava antipatiche pochissime persone, tra queste Ray era il primo della lista. Sin da quando lei si era fidanzata con Sean, Ray la canzonava ogni volta che gli si presentava l’occasione, e, vista la frequentazione assidua con Sean, succedeva spesso. “Noi oggi abbiamo 2 ore di allenamento, certo se dovessimo solo fare due spaccate forse anche noi potremmo avere la giornata libera” Tracie era già sul punto di sbottare, aveva appena avuto un’ora da emicrania col professor Harris, le pessime sparate di Mitchell non la rilassavano sicuramente. “Ray perché non vai ad occupare i banchi per dopo? Non vorrei fare un altro anno intera in prima fila durante chimica” vedendo la ragazza sul punto di detonare, Sean aveva preferito liberare il campo prima di qualsiasi rappresaglia. “Ma certo Cap! Ci vediamo Tracie” Ray dette una pacca sulla spalla del compagno e salutò Tracie con un occhiolino al quale lei rispose con un sorriso acido. Appena Ray si allontanò dalla coppia la ragazza si rivolse secca al fidanzato “Quanto lo odio quel ragazzo. Non capisco come possa essere il tuo migliore amico. È irritante” “E dai, lo sai che lo conosco da quando avevo quattro anni. Dovresti dargli una chance” “Io? Se è da più di un anno che mi punzecchia e io non rispondo nemmeno” Tracie aveva cercato di essere il più disponibile e gentile possibile ma fra lei e Ray si era sviluppato un rapporto cane-gatto. “Non potete cercare di andare d’accordo almeno per me?” Sean aveva ripetuto quella frase almeno un migliaio di volte all’uno e all’altra, senza riscuotere successo. “Dillo al troglodita” “Okay, time out. Tra poco devo entrare in classe e non posso fare tardi sennò quello di chimica si incazza. Io finisco alle 17, ci vediamo in biblioteca?” Non andavano in biblioteca dall’anno precedente, era stato il loro posto segreto per tutto il semestre. Si vedevano li quando potevano per parlare e limonarsi fra gli scaffali in santa pace. “Ci vediamo lì” detto questo Tracie salì sulle punte dei piedi, impresa non facile con quelle scarpe, e dette un bacio sulla guancia sinistra di Sean. No matter what you know I’ll fix you with my love, And if you sa... “GINKO STEVENS togliti quelle dannate cuffiette mentre ti parlo” Masako Stevens era una donna dotata della decantata eleganza nipponica ma anche di polmoni forti e robusti. “Cosa vuoi mamma?” Gigi, ormai solo sua madre la chiamava col suo nome completo, alzò gli occhi ancora assonnati dallo sfondo del cellulare per piantarli in quelli diretti solo alla strada della madre.“Ti ho chiesto a che ora finisci oggi? Ricordati che io sono al negozio fino a tardi, ce le hai le chiavi? E il pranzo?” Per tutta risposta Gigi sbadiglio sonoramente. “Se al posto di guardare Netflix tutta la notte dormissi saresti in grado di rispondermi, e non credo danneggerebbe il tuo rendimento scolastico signorina” gli occhi di Gigi compirono una lunga parabola prima di tornare sullo schermo del telefono. Da quando aveva memoria sua madre si lamentava del suo rendimento scolastico. Gigi per tutta la vita si era sentita il peso del fratello maggiore Sam sulle spalle, lui era geniale, lei era nella media, lui capitano della squadra di nuoto, lei a malapena metteva un passo davanti all’altro senza inciampare, lui bellissimo e popolare, lei impacciata e solitaria. Ora che lui era partito per il college alla madre non restava che ammorbare la figlia rimasta sotto il suo tetto. Appena la macchina iniziò a rallentare nel viale alberato che portava alla scalinata della scuola Gigi inizio a percepire quella sensazione al quale si era abituata, come se lo stomaco le si fosse immediatamente chiuso e qualcuno le avesse riempito i muscoli di piombo. Non era male la scuola, c’era chi veniva bullizzato e sfottuto in continuazione, lei era solo in disparte ma non riusciva più a capire se lo fosse perché le piaceva o perché non ne avesse scelta. A casa si sentiva giudicata e a scuola si sentiva un puntino. Solo quando riusciva ad ascoltare musica, dipingere o leggere si sentiva al suo posto. Il problema era che queste non erano ‘attività che favoriscono la socievolezza’ come aveva detto il suo psicologo infantile quando i suoi ce l’avevano portata dopo il suo mutismo ostinato all’età di otto anni. Ci aveva rimediato solo l’iscrizione ad un corso di danza classica, ma dopo essere caduta nel golfo mistico durante il suo primo spettacolo i suoi avevano capito che non sarebbe mai stata la prossima Margot Fonteyn e perciò l’avevano ritirata. Mentre la macchina accostava Gigi non poté fare a meno di guardarsi nello specchietto, gli occhi a mandorla, i capelli castani scuro e un paio di brufoli che le costellavano il naso. “Cerca di seguire almeno oggi!” Quella frase era il loro saluto mattutino ormai da anni, per Gigi era un mantra che disattendeva quasi costantemente. Scendendo dalla macchina si rimise le cuffie e fece partire un pezzo dei BTS. Sfogliò il suo orario settimanale, la giornata iniziava male: un’ora di aritmetica, poi chimica e storia. Era proprio una di quelle giornate che meritava un bel pomeriggio in santa pace in biblioteca. Per Gigi la biblioteca era il suo porto nella tempesta, sempre deserta, eccezione fatta per qualche coppietta sporadica e rari casi di studenti alla ricerca di libri. La bibliotecaria, la signorina Gloria, ormai l’aveva presa in simpatia e la lasciava in pace, chiedendole ogni tanto di aiutarla a rimettere a posto alcuni libri. Un prezzo bassissimo da pagare per quel senso di tranquillità e rilassatezza che le procuravano quel posto.
   
 
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