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Autore: Red_Coat    23/02/2019    1 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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NdA: Come già preannunciato questo capitolo sarà dedicato interamente alla storia mai raccontata dell'infanzia di Sephiroth. Dato che non si sa praticamente nulla di ciò, tutte le scene che troverete sono completamente frutto della mia immaginazione e sono state ispirate ai piccoli tasselli di dati raccolti durante le mie ore di gioco con Final Fantasy 7, Final Fantasy 7:Crisis Core e Final Fantasy 7: Dirge of Cerberus.
Per l'occasione, durante questo capitolo e quello seguente che chiuderà il cerchio, tornerà la prima persona e quindi Victor Osaka come narratore principale. Questo per dare un maggiore impatto emotivo alla lettura, che se fosse stato scritto in terza probabilmente avrebbe un pò "perso"sotto questo punto di vista.
E poi lo sapete, quando si parla di Seph, Vic vuole fare le cose per bene e quindi preferisce farle da sè ;)
Per quanto riguarda il rapporto fraterno tra Victor e Sephiroth, dato che Osaka è un mio personaggio anche questa è una mia idea ed è ispirata al principio dello Yin e dello Yang secondo cui (informazioni prese da
cultura.biografieonline.it) "Tutto il Cosmo si basa sui due principi opposti Yin e Yang: l’uno non può esistere senza l’altro, come la notte non può esistere senza il giorno e viceversa, sono cioè interdipendenti. Nessun elemento dell’Universo può essere solo completamente Yin o solo completamente Yang. Ognuno dei due elementi contiene il seme del proprio opposto. Sono tra loro complementari, aumentano e diminuiscono, si alimentano a vicenda per essere in equilibrio. L’azione complementare e alternata dello Yin e dello Yang muove ogni cosa nell’Universo, operando nel Tempo e nello Spazio. Dalle interazioni dello Yin e dello Yang nascono il movimento e la vita nell’Universo. Yin e Yang sono i due principi che mantengono l’ordine naturale del Tao, il flusso vitale che scorre incessantemente attraverso tutto il Cosmo, e che ha dato origine a tutto.
Gli ideogrammi con cui sono scritti Yin e Yang, possono essere tradotti come “il lato in ombra della collina” per lo Yin e “il lato soleggiato della collina” per lo Yang. La tradizione attribuisce allo Yin la Luna, il buio, la notte, il freddo, la passività, l’inerzia, la debolezza, il negativo, l’inverno e l’autunno, l’umido, il nascosto, l’introversione, il basso, la terra, l’acqua, il vuoto, le energie distruttrici, l’ovest; è rappresentato dal colore nero. Allo Yang invece il Sole, la luce, il giorno, il caldo, l’attività, il movimento, la forza, il positivo, l’estate e la primavera, il secco, il manifesto, l’estroversione, l’alto, il cielo, il fuoco, il pieno, le energie vivificanti, l’est; è rappresentato dal colore bianco. È importante precisare che Yin e Yang non hanno alcun significato morale tra buono e cattivo. Yin e Yang non si escludono, ma è il loro rapporto reciproco che si modifica.
"
Inoltre, oltre ad essere stati costruiti su questi principi, Victor e Sephiroth hanno sempre avuto un rapporto pressochè gemellare nel comprendersi a vicenda, pur non essendo realmente gemelli.
Sephiroth, se ben ricordate, essendo stato cresciuto con la convinzione di essere superiore a tutti mal sopporta la sagacia di Victor e la loro vicendevole complementarietà, ma nello stesso tempo si rende conto di avere un fratello e di non essere più solo, quindi vive una situazione di "lotta interiore" tra la rabbia e la gelosia per quel ragazzo che non riesce a "controllare" e "spiegare" e il senso di protezione che prova comunque verso di lui.
Yin e Yang, come ho appena detto.
In ultimo ringrazio Shilyss per avermi insegnato come mettere le note a margine :D ;)
Ricordo che tutte le immagini presenti in questo capitolo sono state prese da internet e modificate leggermente con un filtro effetto dipinto, quindi appartenengono comunque ai rispettivi proprietari.
Bene, fine delle note di intro.
Buona lettura, e non scordatevi di alzare il volume:

Traccia musicale vivamente consigliata durante la lettura: Hijo de la luna (cover di Gerónimo Rauch)





Frammenti di memoria - Prima parte

 

Frammento N. 0.1
Radici


«Quasi trent'anni fa un equipe di scienziati al servizio della neonata Shinra Inc. trovò addormentata nel ghiaccio una creatura umanoide, alla quale misero il nome in codice di J.E.N.O.V.A ...»

È un attimo. Un breve intenso attimo.
Mi basta solo sentire quel nome e la mia mente pare come spezzarsi, folgorata da una scossa molto più violenta delle altre volte.
Tutte.
Da questo capisco ogni cosa.
Quando mi piego in ginocchio urlando di dolore, la testa nelle mani e i denti stretti, la mascella rigida, capisco che non può essere colpa di Sephiroth.
Lui non è mai stato così violento, non con me.
Non lo farebbe mai, in nessun caso al mondo.
Mi manca il respiro, tremo, poi all'improvviso tutto sembra fermarsi e la conferma dei miei dubbi arriva con un'immagine inconfondibile, un flashback che mi riporta indietro a quando visitai Nibelheim e il suo reattore per la prima volta e vissi i ricordi del mio Niisan.
È lei, la creatura per cui impazzì e la stessa che ora gli permette di materializzarsi.
Incandescenti occhi violacei, pelle blu, lineamenti umani e giovani, lunghi capelli albini e un casco sulla testa che le fa da corona e recita il suo nome: JENOVA.

Prendo un grosso respiro, ma non serve. Tossisco forte, più e più volte ed è come se una mano premesse contro la mia gola per soffocarmi.
Mi pare persino di sentirla ridere. Questa è lei, ne sono sicuro.
È quella madre che credeva di aver ritrovato, ma non sono più tanto certo sia quella giusta.
Non può essere lei sua madre.
Così, di botto, così come è venuta la sua immagine scompare e mi sento mollato a terra come un sacco vuoto.
Rialzo la schiena e spalanco gli occhi riprendendo fiato, istintivamente mi porto la mano al collo e tossisco.
Il cuore batte a mille, la vista è lucida ma mi sento comunque stordito.
Mi ritrovo in ginocchio e spaesato guardo il buio spoglio del tunnel intorno a me.
Jim mi è ancora davanti, mi guarda come se sapesse.
È triste.

«Va meglio?» mi chiede.

Devo rifletterci un istante prima di rispondere, devo riavermi, ma alla fine mi limito ad annuire e mi rialzo barcollante in piedi, appoggiando poi la mano destra alla parete di freddo cemento.

«C-cosa ... Cos'era?» chiedo, ma in realtà lo so già.

La domanda più corretta è: Perché?
Quella creatura non sa agire diversamente?
Anche Sephiroth ... Anche lui ...
Ora ricordo! Successe anche a lui, a Nibelheim, quando vide il nome di JENOVA scritto sull'architrave della porta blindata che la nascondeva.
La sento parlare ancora, ma la sua voce stavolta non mi provoca tanto dolore, è disturbante e distorce per qualche attimo la realtà.

"Anche tu sei mio figlio."


Il mio cuore si ribella.
Scuoto il capo, infastidito.
Così è questa la sua voce. Si è rivelata.
Adesso so di chi era la voce che mi diede un ultimatum durante il mio periodo di riposo dopo la perdita della mano.
Mentre stringevo Hikari, di cui mi ero appena innamorato, lei mi disse che avrei dovuto scegliere.
Proprio allora, perché?
Lo capisco solo adesso, dopo tutti quegli eventi e quell'ultima, avara affermazione.
È un modo per imporre il suo dominio su di me, ma io non glielo permetterò, non importa il male che potrà farmi!

«Luna vuoi essere madre,
ma non c'
è nessuno che adempia il tuo volere.
Dimmi luna d'argento:
Cosa pretendi di fare con un bambino di carne ed ossa?
»
[Traduzione letterale dalla versione originale]


"Tu! Chiunque tu sia, non sai neanche cosa vuol dire essere madre." le rispondo "Come puoi pretendere da me e Sephiroth l'amore di un figlio?".
Scusami, Sephiroth. Ma ... io conosco il volto di mia madre, e non è lei.
Una madre è colei che ti culla quando stai per addormentarti, ti cura quando stai male, ti consola quando hai paura.
Jenova ha solo finto di farlo con lui, ma in realtà non c'è mai stata. Sephiroth non ha mai avuto una madre, anche se è stato difficile per lui sopportarlo. Probabilmente sarà difficile se non impossibile guardare in faccia la realtà, ma ... è questa.
E non cambierò mai idea, io so cosa significa.
Torno a guardare Jim negli occhi, ergendomi nuovamente dritto e sicuro sulle mie gambe.

«Ho una sola madre.» decreto, serio ma con gli occhi lucidi nel ripensare a lei.

Chissà cosa sta facendo ora...
L'ho lasciata da sola ... Sono partito all'improvviso come al mio solito.
Sono anche un pessimo figlio, oltre ad essere stato un pessimo marito.
Spero davvero di ritrovarla al mio ritorno.
È vedova. È anziana.
Quando tutto questo sarà finito dovrò chiamarla.

«Qualunque cosa ne dica la scienza, io ho una sola madre. Colei che mi ha cresciuto.»

Perché è lì che mi condurrà sempre il cuore. A quella donna che mi è stata sempre vicina e che sa tutto di me, anche ciò che ancora io non conosco.
Forse in questo Jenova è avvantaggiata, lei può leggere nei nostri pensieri.
Ma una madre ama i suoi figli e non userebbe mai questi meschini giochetti per far loro del male, in nessun caso.
Non potrebbe riuscirci senza provare anch'ella dolore, anche se fosse necessario per la loro sopravvivenza.
Lo scienziato sorride e annuisce, comprensivo.

«Ho visto il tuo test del DNA, posso confermarlo.
Tu hai una sola madre e un solo padre. Erriet Inoue e Yoshi Osaka.» assente con commossa sicurezza.

Sorrido di nuovo, sento di stare per piangere ma mi trattengo, perché ora che ci penso ...
È vero. Io conosco le mie vere radici, ma Sephiroth ...
Lui non sa chi sia la donna che lo ha messo al mondo.
Non può essere stata JENOVA, perché le successive parole di Jim sono chiare.
Mi fa segno di seguirlo, e mentre riprende a camminare continua.

«Gast era alla ricerca degli antichi. La Shinra aveva sentito dire che erano grandi guerrieri oltre che esperti conoscitori del Pianeta, e sapendo dei suoi studi su quella civiltà lo aveva ingaggiato per trovarne i segni. Quando scoprirono quella creatura credettero di aver fatto centro.
La scambiarono per un Cetra, e col suo DNA iniziarono a effettuare esperimenti di saldatura genetica.
I primi non andarono a buon fine. Molti morirono, altrettanti finirono per impazzire tramutandosi in bestie. Fino a che ... le cose iniziarono ad andare meglio, gli esperimenti, anche se falliti, cominciarono a fornire abbastanza dati per permettere di capire come far funzionare il tutto.
Un giorno a Gast venne l'idea di provare a costruire il guerriero perfetto da zero.
Un embrione creato a tavolino non avrebbe potuto fallire.
Iniziarono a provarci, e dopo diversi embrioni morti uno mostrò segni incoraggianti.
Lo iniettarono nella moglie del professor Hojo, e iniziarono a lavorarci.»

Mentre parlava siamo scesi sempre più giù, attraversando il lungo cunicolo scuro e male illuminato dalle luci di emergenza automatiche che vanno e vengono, probabilmente a causa dell'impianto troppo vecchio per funzionare a dovere.
C'è silenzio, solo i miei passi risuonano sul pavimento in cemento, e la voce di Jim sembra perdersi.
È come se fossi finito dentro allo stomaco di un enorme, inquietante mostro marino. Però, questo non mi impedisce di recepire anche i più piccoli dettagli di quel racconti che mi sta a cuore più di qualsiasi altra cosa.
Voglio sapere, tutto.
Voglio essere in grado di capire il mio Niisan come non ho mai fatto prima, perché solo così potrò essergli d'aiuto.
Ma certe cose non credevo sarebbero emerse dalla sua storia.
Non appena odo quelle parole mi blocco di colpo e lo guardo, rabbrividendo.

«Hojo?» chiedo, e i brividi aumentano «Hojo è ... Suo padre?»

È ... la cosa più orribile che io abbia mai sentito.
Quel verme ... non può essere il padre di Sephiroth, non è possibile!
Anche se ...
Jim annuisce serio e affranto. È una conferma dolorosa. Capisco perché Sephiroth non me ne abbia mai parlato, anche io mi sarei vergognato di un padre così meschino!
Ma ...

«E sua madre? Hai detto che era ...»
«Si conobbero allora, non so dirti altro.»

Mi blocca lui. Sembra nervoso.

«Sai ...» si scusa poi «Io conobbi Sephiroth quando era già qui, quindi non so che aspetto avesse la sua madre biologica.»
«Ma se è morta dovresti averla conosciuta.» replico.

Questo è il punto nodale. Più di qualsiasi altra domanda, è a questa che Sephiroth ha cercato una risposta senza mai trovare quella giusta.
Chi è la sua vera madre? Ho una sensazione in corpo, e il nervosismo di Jim me lo conferma. Non credo che Sephiroth voglia più saperlo, ma non mi arrenderò ugualmente. È la mia natura, voglio una risposta e la avrò.
Jim sembra capirlo guardandomi negli occhi, e titubante risponde.

«Se fosse scesa nel lifestream avrei potuto conoscerla, si.»

Mi taccio e lo guardo negli occhi, lui sostiene il mio sguardo e sembra quasi sperare che capisca.
Poi, ad un tratto, riprende a camminare e io decido di non riprendere il discorso.
Ho capito cosa vuole dirmi. Lui non conosce la madre di Sephiroth, ciò significa che o è uno spettro che non ha mai raggiunto il lifestream, o non è ancora morta.
Dovrò cercarla personalmente, ma almeno ho qualche informazione in più.
E quando arriviamo di fronte ad un'altra porta blindata, mentre la apre Jim mi lascia un ultimo indizio, piuttosto inequivocabile.

«Vincent Valentine.» mi dice, e mi torna in mente l'uomo capace di trasformarsi in bestia che mi ha aggredito nel mio ultimo scontro con Strife.

Vincent. Mi pare si chiamasse così …

«È l'unica persona che ha conosciuto di persona la dottoressa. In maniera anche abbastanza approfondita ...»

Ci rifletto un ultimo istante prima che la porta si apre e Jim torni a far finta di niente, facendomi cenno con la mano di entrare per primo.
Obbedisco, e mentre le luci automatiche si accendono illuminando di un bianco quasi accecante i dintorni statici, lui mi lancia un occhiolino.
Seguirò il mio istinto appena uscirò di qui, promesso.
Lo farò per entrambi Sephiroth, ma soprattutto per te.

\\\


Frammento N. 0.2
Il bambino nel cristallo


Un ambiente asettico e spoglio, ecco ciò che mi accoglie nel grembo del mostro.
Un lunghissimo corridoio con pareti di metallo grigio chiaro e pavimenti in linoleum bianco che ad un certo punto vira sia a destra che a sinistra dividendosi in due, e sul quale si affacciano ad intervalli più o meno regolari porte di metallo pressurizzato.
È un ambiente pulito, anche troppo, e anche se sono passati anni dall'ultima volta che qualcuno è stato qui non devo fare molta fatica per sentire la puzza di disinfettante che torna ad appestarmi il naso e i vestiti.
Storco le labbra in una smorfia. È disgustoso.
Mi copro il naso con un braccio e faccio qualche passo, scrutando i dintorni.
C'è un silenzio assordante.
La suola rinforzata in metallo dei miei stivali fa si che ad ogni mio passo, anche leggero, segua un ticchettio metallico. A volte impercettibile, altre più deciso. Dipende da me, ma mi fa rabbrividire comunque.
Tutto in questo posto mi fa rabbrividire.
A cominciare dal fatto che questa, per non so quanti anni, è stata l'unica casa di Sephiroth, un bambino senza madre né padre.
Come ha fatto a crescere qui? Sembra più una prigione che una casa, non ha nulla di famigliare.
Le mura fredde, le stanze tutte uguali, l'aria gelida e irrespirabile per colpa del disinfettante.
Dio, mi sento male io stesso a star qui!
Credevo di essermi lasciato alle spalle la claustrofobia che ho sviluppato stando chiuso dentro alle capsule per le infusioni di Mako, strette il giusto che bastava per ospitare un corpo umano immobile.
Ma qui è peggio!
Questo posto sembra fatto apposta per farmi impazzire! È grande ma la mente non lo recepisce. Ogni angolo è uguale, ogni piastrella è identica alle altre. Una grande scatola dalle pareti insormontabili e infrangibili.
Una prigione di vetro, o di cristallo, nel vero senso della parola.
Sotto metri di terra.
Una tomba in pratica.
Continuo a pensare a Sephiroth.
Un bambino, costretto a crescere in una tomba.
Improvvisamente sento gli occhi bruciare, mi manca il respiro, e quando qualcosa di salato bagna le mie labbra mi accorgo di star piangendo.
Il pianto di un bambino squarcia il silenzio.
È acuto, doloroso. Quasi straziante.
Mi riprendo all'istante e mi guardo intorno, il cuore che batte all'impazzata, e scopro che Jim se n'è andato.
Sono solo e non so dove sia quel bambino che piange.
Anche se so chi è.
Così seguo il mio istinto paterno, che me ne accorgo adesso non mi ha più abbandonato anche dopo la morte di mio figlio, e quello di fratello.
Corro incontro a quel pianto, spalanco un paio di porte rompendone con veemenza la serratura.
Un colpo secco di pistola e queste saltano, ma sono accessi a stanze vuote.
Dov'è?
Perché sta piangendo come se dovesse morire da un momento all'altro e perché non ci sono altri spettri all'infuori di lui?
Dovrebbe succedere qualcosa, adesso! Se queste immagini e sensazioni sono attimi cristallizzati nel tempo dovrebbe!
Un rumore di passi, un'ombra che corre nella sua direzione, un cambiamento d'aria. Qualunque cosa! Non è possibile che la sua memoria sia la sola qui!
Eppure non succede nulla, e allora sono costretto a fare appello a tutto il mio sangue freddo.
Respiro profondamente, chiudo gli occhi e continuo a farlo fino a che il mio cuore non si calma.
Poi con gli occhi della mente cerco di misurare la distanza tra me e lui con domande che lì per lì possono sembrare stupide, ma alla fine mi aiutano.
Com'è il suono della sua voce? Distante? Vicino?
Arriva da destra o da sinistra? No, è fuori da questa stanza.
Esco nel corridoio, richiudo gli occhi e continuo.
Destra! Ma sembra distante ... Ovattato.
È dietro ad una porta chiusa, in fondo al corridoio!
Mi accorgo che su alcune porte vi è scritta la destinazione per quella stanza.
Nursery!
Devo cercare una nursery o qualcosa di simile!
Questo laboratorio è stato costruito per nascondere lui, deve esserci una stanza destinata ad ospitare un neonato o un bambino!
Va bene Vic, concentrati!
Chiudo di nuovo gli occhi, appena qualche istante per controllare che le mie supposizioni siano quelle giuste.
Si, in fondo al corridoio, porta chiusa.
Lo raggiungo e svolto a destra.
Mi ritrovo davanti ad una porta blindata che non ha nulla scritto sopra di sè, ma è affiancata da una finestra di vetro infrangibile dietro al quale vedo una culla.
Gioisco: L'ho trovato!
E arrivo a piangere mentre tiro fuori la pistola dal fodero e la punto contro la serratura.
Sparo il colpo, la serratura salta e la porta si apre. Ma alla fine mi sento distrutto.
Decido di ignorarmi, la priorità non sono io adesso.
C'è un bambino che sta piangendo in quella stanza e sono stanco.
Sono stanco di sentirti piangere, Sephiroth.
Entro nella stanza, mi avvicino alla culla e ti vedo.
Un bel bambino pasciuto, occhi leggermente violacei che sembrano quasi trasparenti come biglie di vetro, e morbidi capelli albini.
Sono ancora i capelli di un neonato.
Io ... Non so come siano in realtà i capelli di un neonato. Keiichi l'ho incontrato quando aveva già tre anni e Aicha non so nemmeno che faccia abbia, anche se lo immagino avrà preso sicuramente da sua madre. Ma insomma non l'ho nemmeno vista nascere e ...
Comunque ... adesso so come sono quelli del piccolo Sephiroth.
Fragili. Morbidi e profumati, come quelli di tutti i neonati.
Questi però oltre a ciò sono bianchi.
Lattei come la sua pelle di ceramica ... come quelli di un figlio della luna.
Mi guarda, quel bambino. Sembra quasi chiedersi chi sia questa faccia nuova, questo uomo che non ha mai visto.
Finalmente hai smesso di piangere, anche se brontoli ancora un pò.
Sorrido, e allungo una mano dentro alla tua culletta. Prima ancora di riuscire a sfiorarti una manina afferra il mio dito indice e lo stringe forte, quasi fino a farmi male.
Continuo a sorridere, mentre il mio viso torna a macchiarsi di lacrime.
Prendo in braccio quel bambino di luna, sembra sia vero sul serio.
È bello.
Come sempre.
Ma ricomincia a piangere e per qualche istante non so che fare.
Mi guardo intorno.
Ci sono solo apparecchiature mediche, che se ne fa un bambino di questo?
Un ciuccio, qualcosa per giocare? Non c'è niente qui!
Poi mentre ti guardo scorgo qualcosa che avevo dimenticato.
Nella tasca del mio soprabito c'è una bambolina fatta con materiali di riciclo, quella che Keiichi mi aveva fatto per starmi sempre vicino quando sarei partito per raggiungerti.
La estraggo fuori incredulo, la guardo senza sapere che pensare. Il neonato ride, inizia ad allungare le mani verso quel giocattolo e io glielo offro volentieri.
E mentre lo guardo giocare inizio a piangere, sorridendo tra le lacrime e facendo ogni sforzo possibile per non abbandonarmi a quel momento. Ma è inutile.
Perché ... Lo sai già, Sephiroth.
Mio figlio ti chiamava "il cavaliere dei sogni".
E ogni sera stringeva al petto una tua bambola per avere il coraggio di affrontare i suoi incubi da Cetra.
In fondo, se il grande Sephiroth che era pure suo zio era con lui, i suoi incubi non lo avrebbero nemmeno sfiorato.
Jim riappare alle mie spalle.
Sorride.

«Da quanto tempo era qui questa memoria?» chiedo, la voce tremula.

Lui torna a farsi serio.

«Lui aveva due mesi.» mi risponde «E quella sera nessuno venne a vedere perché piangesse.»

Cosa?

«Nessuno?»

Guardo il bambino che continua a giocare tranquillo tra le mie braccia, con la bambolina che dovrebbe raffigurare me ma in realtà sembra più un SOLDIER dal lungo soprabito nero, e dai capelli neri come le piume di un corvo.
Jim scuote il capo, rammaricato.

«Questo posto era aperto da poco meno di un mese, il personale era ancora poco...»

Si, ma era Sephiroth!

«Non c'erano ricercatori? Gli aiutanti del professor Hojo?»
«Non tutti eravamo stati invitati. Io per esempio sarei arrivato la settimana successiva.»

Sto iniziando ad arrabbiarmi.

«Si, d'accordo. Ma un bambino piangeva qui, dov'erano le persone che dovevano accudirlo?»

Jim abbassa il capo.
Non riesco a non sentirmi ... Profondamente indignato.
E le cose non migliorano quando mi risponde, senza guardarmi negli occhi.

«Dormivano. La prima ricercatrice accorse la mattina successiva, ma Gast ormai se n'era accorto e li riprese tutti. Qualcuno perse il posto, e per questo da quel giorno fecero molta più attenzione ...»

Non ci credo.
Non posso crederci, mi rifiuto!

«Dormivano??»

Tu piangevi e loro dormivano??
Jim non mi risponde, non saprebbe cosa dire in realtà e un po' posso capirlo.
Lui non è mai stato padre, non può capire.
Ma io si! Io si, cazzo!
Un bambino di due mesi lasciato solo per una notte intera a piangere e sgolarsi nelle profondità di una fottuta caverna!
Ma che credevano?
Che accidenti avevano in mente quei fottuti scienziati del cazzo?!
Un neonato ha bisogno di cure costanti!
Deve sentire il contatto umano, si sveglia ogni due minuti perché ha fame, ha sete, vuole giocare o semplicemente per controllare che la sua mamma sia ancora lì!
È così difficile da capire, per la miseria?!
Ci vuole tanto a comprenderlo? Ti hanno strappato alle braccia di tua madre appena nato per cosa?? Portarti a vivere in questa fottuta tomba e lasciarti solo a piangere e agitarti alla ricerca di un misero contatto umano??
Ma più di tutto ...

«Hojo dov'era?» chiedo, lanciando uno sguardo torvo a Parson mentre stringo quel piccolo corpicino dentro le mie braccia.

Già.
Quell'uomo assurdo e vomitevole. Quella nullità, pallone gonfiato che si crede il dio della scienza. Dov'era lui, che si vanta di essere tuo padre?

La risposta mi lascia un pesante amaro in bocca, ma non è inaspettata.

«Lui ...» replica Parson in imbarazzo, abbassando il capo «Stava analizzando gli ultimi dati, ha preferito lasciare che fosse Gast ad occuparsene.»

Tsh! Ovviamente.
Cosa potevo aspettarmi da un simile mostro senza cuore? Che si prendesse cura di suo figlio?
Per lui non era altro che l'ennesimo esperimento.
Non mi sorprende che alla fine Sephiroth abbia accettato Gast come padre, invece di lui.
Abbasso di nuovo lo sguardo sul bambino e ti rimetto nella culla. Mi riprendo il giocattolo visto che è tornato a dormire, e lo copro per bene prima di concludere con malcelato disgusto, carezzando la guancia morbida e calda.

«Scienziati. Sanno come far nascere un bambino, ma poi sono totalmente incapaci di prendersene cura.»

Esseri inutili e spregevoli, tsè!

 



\\\

Frammento N. 1
Bambole rotte


«No!»

Esco dalla stanza, e non appena fuori quell'urlo mi fa gelare nuovamente il sangue nelle vene.
È un grido di un bambino disperato e spaventato.

«No! No! È mmio!» singhiozza, ribellandosi.

Mi sembra di risentire la voce di mio figlio dal modo smozzicato e impreciso in cui pronuncia quelle sole parole, come se non ne conoscesse altre.
Da questo capisco che stavolta quel ricordo, dovunque sia, non deve avere più di tre anni o giù di lì.
Mi affretto verso il fondo del corridoio, verso una porta pressurizzata che stranamente è già aperta, e faccio appena in tempo ad affacciarmi per vedere la straziante scena i cui protagonisti sono un piccolo Sephiroth di appena un paio di anni e Hojo. Anche se mi dà le spalle lo riconosco da quella coda di cavallo in cui ha sempre usato legare i suoi capelli unti e neri come la pece, o la pelle di una biscia.
Il piccolo Sephiroth stringe tra le braccia un grande peluche di un Moguri, difendendolo ad ogni costo dal professore, che all'improvviso glielo strappa dalle mani spintonandolo con violenza.

«Adesso basta, marmocchio viziato!» urla fuori di sé.

Il peluche si strappa in due, cotone e perline fuoriescono dalla "ferita", Sephiroth spalanca gli occhi sconvolto e lo faccio anche io.
Mi sento male per lui, è difficile non immaginare di essere al posto del povero bambolotto.
Quello che succede dopo è inevitabile.
Sephiroth inizia a urla, piangere, sbattere le mani e le gambe. Si aggrappa al camice di Hojo e inizia a tempestargli di pugni le gambe, ma un sonoro schiaffo in pieno viso la fa smettere all'istante.
Sobbalza e trattiene il fiato, lo faccio anche io.
Sono sconvolto.
Ma la rabbia prende presto il sopravvento e quando sto per muovermi qualcuno interviene per me.

«Ma che succede?»

Il professor Gast entra di corsa nella stanza e nota il disastro, preoccupato guarda entrambi.
Sephiroth allora si fionda ad abbracciarlo, e ricomincia a piangere con dolore.
È talmente scosso che sembra affogare nei suoi singhiozzi, mentre Hojo lo guarda con disgusto e io guardo con disprezzo e odio lui.
Stringo i pugni.
La pagherà, non appena ne avrò l'occasione. Pagherà anche per questo.

«Su, su. Non c'è bisogno di piangere così.» la voce di Gast che tenta di consolare il piccolo mi distrae nuovamente.

Lo prende in braccio, Sephiroth affonda il volto nel suo collo e continua a piangere inconsolabile.

«Hojo, non credi di aver esagerato stavolta?» chiede al collega.

Che ribatte con rabbia e disprezzo.

«Sarà il nostro più grande esperimento, il SOLDIER più potente di tutti i tempi! Da lui dipende la nostra gloria, deve smetterla di giocare con le bambole e dedicarsi a qualcosa di più remunerativo!»

Quindi se ne va agitando nervoso le braccia e mormorando con il suo grugno più truce.

«A volte penso di aver sbagliato la madre biologica dal quale farlo nascere. È frivolo e piagnucoloso come lei!»

Mi si gela ... il sangue nelle vene.
Conosco anche io Hojo di persona, so quanto può essere vile, eppure ... Non riesco a credere che abbia pronunciato quelle parole così ... non so come definirle!
Non esiste un termine adatto, e "cattive" o "maligne" sarebbe troppo riduttivo.
Vedo il piccolo Sephiroth alzare per un istante gli occhi dietro alle spalle di Gast e osservare quell'uomo orribile andarsene, calpestando ciò che resta del suo peluche.
Il suo sguardo è dei più tristi e confusi, i suoi occhi sono pieni di innocenza.
Forse, anzi con molta probabilità, si sta chiedendo cosa gli hanno fatto lui e sua madre per apostrofarli con simili taglienti parole.
Perché non è un'illusione, non può esserlo.
Le ha pronunciate davvero.
E chissà quante volte ha avuto la crudezza e il coraggio di farlo di fronte a Lui.
Ma la scena non si ferma qui.
Sephiroth ritorna a piangere, si stringe di più a Gast e lo scienziato lo coccola un po' mormorando parole gentili ma mai facendo accenno ad una eventuale ricomparsa del pupazzo.
Questo lo so anche io: Ad un bambino che ha appena perso il suo giocattolo l'unica cosa che varrebbe da conforto sarebbe la promessa di vederlo riparato, "guarito".
Invece Gast non lo fa mai, piuttosto gli accarezza la testolina sussurrandogli che non è la fine del mondo, che troveranno una imprecisata soluzione al danno, e che un ometto coraggioso me lui non dovrebbe piangere.
Neanche ci prova a voler restituirti il giocattolo perduto, ché è l'unica cosa che dovrebbe fare.
Sephiroth è ancora un bambino, cos'altro dovrebbe voler desiderare se non di avere cose come giocattoli in ogni luogo della sua fredda stanzetta e un orsacchiotto da stringere durante le notti e con cui giocare tutte le volte che lo desidera??
Stringo più forte i pugni, l'odio non sparisce dai miei occhi e l'indignazione mi si lega in gola e attorno allo stomaco.
Gast.
Nemmeno lui è stato un padre per te, Sephiroth. Anche se tu eri troppo piccolo per vederlo, perché recitava la parte del poliziotto buono e tu eri troppo affamato di amore.
Due carcerieri per un bambino con l'argento vivo addosso, che non sognava altro che fare la stessa vita di tutti i bambini.
Dopo un po’ ti stanchi di piangere, ti strofini gli occhietti arrossati, gonfi e lucidi con le piccole manine e mormori, piagnucolante, spezzandomi il cuore.

«Mamma ... 'oglio mamma. 'ove? 'oglio! 'oglio!»

Un grido disperato un po' deformato dall'inesperienza di linguaggio tipica di quell'età, e dai singhiozzi che ancora ti straziano il petto.
Riprendi a piangere, mentre io ho smesso di respirare e ho di nuovo gli occhi lucidi e un magone assurdo in gola.
Gast ti guarda per qualche istante senza dire nulla, poi si inginocchia alla tua altezza e sfiorandoti i capelli con una carezza ti risponde con una bugia, che da adesso in poi per te sarà l'unica verità. La più importante di tutti dentro a quello scrigno in cui ti hanno crudelmente e scioccamente rinchiuso.

«La tua mamma si chiamava JENOVA, Sephiroth.
E ti voleva tanto bene, te lo posso assicurare.
Te ne vorrà per sempre.»

Perché tutte le mamme lo fanno, nulla di nuovo al mondo. E di sicuro anche la tua madre biologica lo avrebbe fatto, se ne avesse avuto la possibilità.
Ma non quella creatura infida. Lei no. Lei vuole solo distruzione e dolore, sono le uniche cose che conosce forse, e tu non lo saprai mai per colpa loro.

«Luna adesso sei madre,
ma chi fece di te
una donna non c'
è.
Dimmi luna d'argento
come lo cullerai
se le braccia non hai?
»
[Dalla versione italiana]


Stupidi esseri umani!
Anche se adesso, come previsto, ricominci a piangere e ti butti al collo del professor Gast come a ringraziarlo per questo, di aver riempito la tua mente innocente di assurde e pericolose bugie.
Non posso perdonarlo, non potrò mai più farlo.
Perché sapeva, lo sapeva che stava sbagliando, e lo ha fatto ugualmente per un proprio esclusivo profitto.
Non c'è giustizia, né in cielo né in terra o in altro mondo, neanche in un altro universo, che possa giungere a donare il perdono per quegli uomini.
Ora mi rendo realmente conto di chi sia il vero mostro pericoloso tra loro e te, e confermo ciò che pensavo, che sia ingiusto giudicarti senza conoscere tutto questo.
Ingiusto e indegnamente superficiale.

\\\
 

Frammento N.2
Il principe in gabbia

 

La scena si dissolve di fronte ai miei occhi, e nuovamente Jim Parson riappare al mio fianco, anche se lì per lì io non me ne accorgo.
Sono troppo impegnato a ricacciare in dentro le lacrime.

«Da quel giorno, Sephiroth non fu più lo stesso.»

La sua voce mi riporta alla realtà ma solo in parte, creando un eco lontano nella mia testa.
Sento un rumore di vetri rotti, un fracasso enorme, qualcuno urla e all'improvviso altre memorie appaiono.
Sono degli infermieri, corrono allarmati verso un giovane uomo col camice bianco che è appena stato scaraventato fuori dalla porta ove vi era la nursery.
È ferito, in maniera anche abbastanza grave.
Ha un buco nel petto all'altezza del cuore dal quale gronda sangue, si contorce urlando poi ad un tratto smette di farlo, e non ho bisogno di guardare le espressioni dei suoi colleghi chini su di lui per capire che è morto.
Riesco a vedere quel bambino, oltre il vetro infrangibile.
Ha gli occhi sgranati, rosi dalla fuori e arrossati dal pianto.
È un po’ più alto e snello, ciò significa che devono essere passati forse un paio di anni adesso, e i suoi vestiti candidi e le sue manine sono macchiati di sangue.
Nella destra stringe tremante una siringa, del liquido verdastro cola da esso mentre lui continua gelido a guardare la scena, con un misto di orrore, rabbia e sollievo negli occhi.
Riesco quasi a percepire cosa stia pensando.
Probabilmente quel ricercatore era andato lì per iniettargli il composto di Mako nelle vene. Ma fanno male, quelle dannate iniezioni.
Un male cane, troppo insopportabile per un bambino che già si sente un orfano inascoltato, un prigioniero nelle viscere della terra.
Forse non è mai uscito da questo rifugio, non può permettersi di giocare e deve sottoporsi a tutti i prelievi e i controlli di quegli uomini che lo trattano come uno dei loro esperimenti, non come un essere umano.
Ha una grazia indescrivibile ... Mentre se ne sta eretto e altero ad osservare l'orrenda scena.
Lo sguardo è di chi non si pente minimamente di ciò che affatto perché sa che non dovrebbe farlo.
Legittima difesa. La chiamano così i "sani di mente", no?

«Sephiroth!»

Gast sopraggiunge assieme ad Hojo, sono stati allertati probabilmente dalle urla e dal trambusto.

«Ma che diavolo ...!» la faccia di Faremis Gast è una maschera di cera.

Hojo invece ride, con quella risata fastidiosa e stridula.
Il bambino torna ad animarsi, rivolgendogli una smorfia di pericoloso distretto mentre la manina destra stringe di più il bisturi grondante di sangue.

«Finalmente!» dice il Professor Hojo, vittorioso «Ce ne hai messo di tempo prima di svegliarti, eh?»

Sono sicuro che stia per ammazzarlo, osservo senza fiato il loro rapido scambio di sguardi e faccio un passo indietro vacillando quando, senza il minimo urlo, Sephiroth si fionda su di lui brandendo il bisturi, pronto a pugnalarlo.
Ferendosi di striscio ad un braccio Gast lo blocca in tempo iniettando nel suo braccio del tranquillante, e questo mi ricorda qualcosa.
Sephiroth gli cade tra le braccia intontito, ma ancora vigile, e con un tonfo sonoro il bisturi cade a terra.
Mentre lo prende tra le braccia e lo conduce sul letto, sdraiandolo sulle lenzuola divelte, ordina ai ricercatori di portare via il cadavere e ripulire tutto, poi mentre Hojo torna ai suoi affari infischiandosene, Gast si china al suo capezzale e inizia a carezzargli piano la fronte sudata.
Mi fa ... male vederti così, Sephiroth.
Sei solo un bambino di quattro o cinque anni, costretto a sottoporti a esperimenti che ti renderanno il più forte di tutti ma che non sopporti.
Per liberartene hai appena ucciso un uomo, ma non è servito.
Sei ancora qui, e continuerai ad esserlo fino al momento della tua ammissione in SOLDIER.
Non riesci a muoverti, probabilmente per via del tranquillante o di qualsiasi altra cosa sia ciò che Gast ti ha iniettato nelle vene per farti stare buono.
Eppure anche adesso, mentre lo guardi supplicante ma offeso ... continui ad avere quella specie di aura orgogliosa, accentuata dal tuo aspetto etereo e pallido come la luna.
Come se fossi davvero suo figlio, che sfortunatamente caduto dal cielo è stato raccolto da questi esseri primitivi senza un cuore.
Un principe in gabbia, prigioniero di cuori avidi che non hanno scrupoli a sfruttarti per raggiungere la loro gloria. Anche se sei solo un bambino.
Stringo i pugni, chiudo gli occhi per qualche istante e quando li riapro la scena è svanita.
Jim mi appoggia una mano sulla spalla, sento il freddo tipico che si prova ad essere sfiorati da uno spettro ma dura appena qualche istante.
Parson mi sorride appena, triste.

«A causa di quello che era successo col peluche, Faremis Gast e il Professore avevano deciso che il bambino aveva abbastanza energia da sprecare negli allenamenti, così dal giorno successivo gli fu permesso di accedere alla palestra, con tanto di simulatore come quello del reparto SOLDIER.
I primi allenamenti furono duri, erano condotti da un first class che gli insegnò tutto quello che c'era da sapere ma, per ordine del Professor Hojo, non si risparmiava in severità
Tuttavia ben presto iniziò ad andare meglio, e quando a tre anni Sephiroth fu costretto alle sue prime iniezioni trovò una valvola di sfogo.»

Sgrano gli occhi, sempre più senza parole.

«Tre anni??» mormoro sconvolto.

C'è un limite di età entro cui si può ambire a entrare in SOLDIER, ed è dai 13 a 19 anni. Questo proprio perché prima si sarebbe troppo piccoli per sopportare le iniezioni, dopo troppo grandi perché queste abbiano il dovuto effetto.
Ma questo con Sephiroth non è valso, anzi probabilmente è stata proprio la sua esperienza ad aiutare a costruirlo.
È orrendo! La Shinra è orrenda, quei due uomini e la sua squadra di mentecatti lo sono stati!
Prima gli si impone il divieto al gioco e poi lo si sottopone alle iniezioni?! Non è un caso, e definirla una punizione è riduttivo.
È un inferno, e Sephiroth per quale motivo c'è finito?!


«Ma era un bambino con una forza sovrumana e il DNA di una calamità piovuta dal cielo ...» soggiunge Jim, fermandosi di nuovo a guardarmi negli occhi.

Scuote le spalle e non aggiunge altro, non ne ha bisogno.
Ecco quando è stato che la rabbia ha cominciato a divampare nel cuore del piccolo principe d'argento.
Una rabbia atavica di cui ora io conosco il motivo e le primissime conseguenze.
Come quel giorno a Nibelheim, anche questa era una tragedia prevedibile quella a cui ho appena assistito, e probabilmente non sarebbe stata nemmeno l'ultima prima di quelle fiamme devastanti dietro al quale te ne saresti andato.

 

\\\

Frammento N.3
Il trono
[1]

C'è una grande stanza rettangolare, sulla destra al centro del grande corridoio principale.
Ed è da li che provengono le strazianti urla che mi fanno gelare il sangue nelle vene e mozzano il respiro.
Ho la pelle d'oca nel guardare ciò che avviene all'interno, oltre un altro vetro infrangibile chiuso appena da una veneziana verde acqua.
C'è un laboratorio, una miriade di macchine che emettono una miriade di suoni metallici sommessi, ronzii e altri versi simili, un lungo bancone pieno di provette e strumenti sulla destra e scaffali e credenze dall'altro lato.
In fondo vedo quella che dev'essere una cella frigorifera chiusa con una porta in lega meccanizzata.
E poi, al centro, c'è quell'enorme, spaventoso trono posto su una pedana rettangolare larga quasi due metri per due.
È una sedia interamente in metallo scuro, con uno schienale altissimo e quelli che sembrano ceppi all'altezza di polsi, caviglie e collo.
È a questi che un decenne Sephiroth è legato, e si divincola, si agita e urla come se gli stessero strappando il cuore dal petto a crudo, senza anestesia.
Dentro al suo braccio destro affonda l'ago di una flebo da un litro e mezzo del liquido verdastro per le iniezioni e ci sarebbero tanti altri particolari da osservare ma io non riesco a sopportare oltre quella vista e cado in ginocchio a terra scuotendo il capo e piangendo.
Tapparmi le orecchie non serve, le tue grida sono talmente forti da giungere ugualmente e riportarmi indietro nel tempo, a quando al tuo posto c'ero io.
Non posso sopportarlo.
Non sopporto che tu venga trattato così! Nessuno dovrebbe esserlo, tu più di tutti!
Piango, ma persino le mie lacrime mi sembrano inutili mentre sento le parole che ti rivolge il Professor Gast, che nel frattempo (non so come ci riesca) sembra ignorarti destreggiandosi con le sue maledette attrezzature scientifiche!

«Bravo ragazzo. Ancora un poco e abbiamo finito. Un ultimo sforzo.»

Bravo ragazzo ...
Questa è una maledetta tortura da cui non si può scappare, e lui osa anche prendersi gioco di te?! Tu che meriteresti di avere il mondo e l'intero universo ai tuoi piedi come riconoscimento della tua maestosa forza e come risarcimento per tutto questo dolore!
Come hai fatto a sopportarlo, Sephiroth? Come?
Come hai trovato la forza di andare avanti, nonostante questa allucinante pena?
Forse è questo il punto.
Tu non sei mai sceso da quel trono, nonostante tutti gli sforzi fatti.
Ed io mi sento inutile, viziato.
Vorrei aiutarti, ma nessuno può farlo.
È troppo grande tutto questo per un bambino di dieci anni! È troppo grande per chiunque ed io sono solo un viziato.
So cosa vuol dire avere una madre, una famiglia.
Sono sempre stato al riparo, mentre tu ... tu pativi tutto questo da martire innocente.

«Io ...» mormoro, in ginocchio sul pavimento mentre tutto scompare, la voce rotta dal dolore e dal pianto «Io vorrei ... sono un incapace e un debole, perché avrei dovuto esserci! Ora che lo so io avrei voluto farlo!» sbottò rabbioso, battendo un pugno sul metallo sotto i miei piedi «Ma non ...» scuoto il capo, lasciando a metà la frase.

Non sono in grado nemmeno di trovare le parole, non ce ne sono di adatte e utili a queste atrocità. Le tue urla sono le ultime a sfumare, mentre nel mio cuore e intorno a me la cacofonia di angoscia e pensieri fanno a botte col silenzio quasi assordante.
Mai come adesso mi sono sentito debole, inetto e indegno di starti vicino.

\\\

«Ne hai abbastanza? Ti sei già stancato di vedere oltre il ghiaccio?»

La voce di un Sephiroth più vicino ai miei ricordi, più adulto e severo, mi riscuote chiarificando la mia mente e costringendola a ritornare sui binari della realtà.
Una scossa mi attraversa gli occhi, rivedo il suo sguardo severo e gelido, so perché.

«Tu, che hai voluto sfidarmi a questa scommessa e violare il confine, adesso sei soddisfatto? Abbastanza da arretrare ...»

Mi manca di nuovo il fiato, come se i polmoni si fossero stancati di fare il loro lavoro.
Un'altra immagine nei miei occhi, il fuoco di Nibelheim.
Devo urlare per farmi sentire, per far sì che la mia voce riesca ad essere udibile.

«No!»

Mi alzo in piedi barcollando, tremo.
Il tempo pare fermarsi, persino Sephiroth esita per qualche istante.

«Io ... Io no.» ripeto, in un soffio, meravigliandomi di me stesso, di come faccio a rimanere ancora in piedi dopo questo.

Eppure lo faccio.
Anche quando la fronte sotto la ciocca albina ritorna a dolere e gli occhi a bruciare.
Perché, Sephiroth, quante altre volte ancora dovrò ripetertelo che non sto giocando?
Non l'ho mai fatto, almeno non in questa vita.
Ho lottato come un pazzo per arrivare fin qui, per spingerti a questo.
Ho accettato le iniezioni, la vita di SOLDIER, gli scherni, la solitudine. Ho accettato di dover abbandonare la mia vita, la mia famiglia, di dover voltare le spalle ai miei amici e a mio padre.
Ho scalato una montagna ghiacciata, percorso chilometri a piedi, solcato acque impetuose e affrontato tempeste e agguati e ogni altro genere di pericolo.
Solo per te, Niisan.
Potrei perfino vendere la mia anima al diavolo se non fosse già marchiata a fuoco come maledetta per aver seguito e sostenuto te. Solo te.
Eppure ancora insisti nel sostenere che la mia non è altro che una beffarda goliardia?

«No?» ripeti, stizzoso, impaziente e allibito «No, cosa?»

Quasi volessi provocarmi.
Stringo i pugni. Lo so cosa stai facendo. Mi stai sfidando, ma a questo gioco sono sempre stato molto bravo. Chiedi ad dottor Fujita se non ci credi.

«Io sono Victor Osaka, non Vittorio Blain.- rispondo, calmo e sentito -E se qualche volta ho forse desiderato di scappare via è stato solo perché sono un essere umano.»

Non posso andare contro alla mia natura effimera, anche se lo è solo in minima parte. So di aver sbagliato, ma sono ancora qui Sephiroth.

«Sono sempre stato dalla tua parte, lo sai. Anche adesso ... avrei voluto essere con te, ma non è colpa mia se ho avuto una vita diversa, se siamo nati in due tempi e in due luoghi differenti. Avrei volentieri condiviso con te ...» mi fermo, per riprendere fiato e guardarmi intorno «...questo strazio, se me ne fosse stata data la possibilità.»

Sento di nuovo gli occhi bruciare. La vista si appanna per qualche istante e le lacrime iniziano a rigare il mio volto triste.
Respiro a fatica, ma visto che mi ha spinto a contendere voglio andare in fondo fino alla fine. Voglio che sappia ciò che penso, tutto.

«Sarei stato con te, e avrei potuto quanto meno starti vicino ...» il dolore ritorna, le labbra si piegano in un'altra smorfia «Forse avremmo sopportato meglio insieme, ma ...»

Abbassò il capo, sprofondo le mani nelle tasche del soprabito.
Un drappello di lacrime si stacca dalle mie guance e si schianta sul pavimento.
Scuoto le spalle.

«È andata così, Sephiroth. E mi dispiace ...» concludo in un soffio «Mi spiace tanto, anche perché questa è l'unica cosa che so dire.»

Non posso fare altro, Sephiroth! Capisci?
Oltre a partecipare al tuo dolore io non posso fare altro, ed è ciò che mi affligge ancor più gravemente. Mi fa sentire doppiamente inutile!
Smetto di parlare, tu di rispondermi.
Cala il silenzio tra di noi e mentre continuo a piangere in silenzio e senza singhiozzi riprendo a vagare nei corridoi vuoti e silenziosi, la luce bianca e intensa dei neon a stordirmi e una improvvisa strana stanchezza addosso.
Sospiro, più volte nel tentativo di levarmela dalle spalle, ma senza riuscirci.
E alla fine, spinto da quel desiderio irrealizzabile di starti accanto mi ritrovo nuovamente sulla soglia della tua camera, e alzando gli occhi ti rivedo.
Quel bambino di dieci appena, i capelli corti sopra il collo.
Sei sdraiato sul tuo letto voltandomi le spalle, sembri dormiente.
Sorrido intenerito e mi avvicino, mi siedo sul bordo del letto e allora ti sento.
Non ti volti a guardarmi, ma ti limiti a mormorare, contrariato e pensieroso.

«Perché mi ritrovo sempre a farmi domande, quando ci sei tu? Adesso, me lo dici che dovrei fare con te?»

Il mio sorriso non svanisce, anzi si accentua un po’ assumendo una nota dolcemente divertita.
Non rispondo, rimaniamo a pensare e dopo un po’ la tua voce da bambino ritorna a replicare.

«Dovrei avercela con te per tutto questo? O perdonarti?»

Sospiro. Mi sento ... confortato.
Non devi chiedere Sephiroth.
Lo sai bene che nessuno di noi due ha davvero qualcosa da farsi perdonare dall'altro.
Comunque ...

«Fai ciò che senti di voler fare ...» rispondo, pacatamente e con la pace nel cuore «Accetterò qualsiasi decisione. Ad ogni modo non smetterò di starti accanto ...»

Adesso ti sento muoverti.
Ti volti a guardarmi, forse solo col capo o con mezzo busto. Ma sento il tuo sguardo su di me e quando alla fine ritorni a parlarmi posso quasi vedere la tua espressione corrucciata.
Sospiri.

«Seriamente Victor Osaka: Perché sei ancora qui?
Tu mi servi, ma potresti voltarmi le spalle e andartene, ribellarti e probabilmente saresti più bravo di Strife a farlo. Potresti salvarti, ma continui a voler restare. Perché? Rispondi con criterio.»

Mi viene ... Quasi da piangere, ma mi trattengo a fatica.
Mi chiedi perché, Sephiroth?
Stai davvero chiedendomi perché?
Annuisco, chiudo gli occhi e me li stropiccio con pollice e indice della mano sinistra.

«Perché mi hai salvato la vita, Sephiroth. E so che lo faresti ancora, perché ... perché sei mio fratello, e alla fine e questo che conta, per entrambi.»

Poi mi sdraio sul cuscino e sospiro. Ho gli occhi brucianti e i sensi confusi, è da tanto che non dormo in un letto come si deve e credo di aver subito abbastanza scossoni emotivi per oggi.
Anche per te, alla fine di questo inferno, giungeva la notte e il dolce riposo.
Chissà se avrai mai pensato a tua madre in questi momenti.
Chissà se, chiudendo gli occhi, avrai mai sognato quel calore di un abbraccio confortante alle tue spalle, lo stesso che adesso sento io quando, del tutto inaspettatamente, ti rigiri totalmente verso di me e passi le tue piccole ma forti braccia sotto le mie, stringendoti a me e appoggiando la tua testa contro la mia schiena.
Rabbrividisco, tornando a chiedermi come sia possibile.
Jenova non può esserti di aiuto adesso, ma Vittorio mi ha detto che tra noi è diverso, io sono un antico e ho il tuo stesso DNA nelle vene, sono i tuoi occhi.
Sarà per questo che tutto mi sembra sempre così reale?
Non lo so, e sinceramente non mi importa più di tanto saperlo. Mi va bene sia così.
Non siamo mai stati così vicini, io e te.
Non ci siamo ... mai comportati da fratelli come adesso.
Ora lo siamo, Sephiroth?
Mi stai dando l'opportunità di esserlo, anche solo per l'illusione di una notte?
È un perdono questo, Niisan?
Non ne ho idea, per ora mi accontento del sollievo che provo nel poter restare qui a confortarti, lasciando che tu ti stringa a me e che il tuo cuore sappia di non essere solo.
Non più. Mai più.
Tuttavia ... riguardo alla mia risposta.

«Può darsi.» rispondi «Ma non è una motivazione abbastanza soddisfacente.» severo come al solito ma continuando a tenermi stretto, quasi avessi paura di lasciarmi andare.

Sorrido.

«Allora vedrò di trovarne un'altra che ti sia più confacente.» rispondo.

M'impegnerò a trovare per te tutte quelle risposte che possano davvero rispondere alle tue domande.
Te lo prometto, Sephiroth. Le cercherò fino a trovarle come ho fatto con le mie.

 

«Se la luna piena
poi diviene

è perché il bambino
dorme bene.


Ma se sta piangendo
lei se lo trastulla
cala e poi si fa culla.
» (x2)

[Dalla versione italiana]

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Gast: «Sephiroth, ho una sorpresa per te.»

S:«... cos'è?»

G:«Eheh, quello che vedi.»

S:«Questa?»

G:«Si. È una spada forgiata apposta per te.»

S:«... Ma è troppo grande! Come farò a maneggiarla?»

G:«Non devi preoccuparti per questo. Ora sei alto quasi un metro e non hai nemmeno compiuto sette anni, ma vedrai che presto raggiungerai la statura giusta.
Tu nel frattempo inizia ad esercitarti, sono sicuro che diventerete buoni amici, eheh.»

S:«... Va bene. Ma come dovrei chiamarla?»



Jim: «Quella fu la prima volta che si conobbero, lui e la Masamune.
E almeno su una cosa il Professor Gast aveva avuto ragione: sarebbe davvero diventata la sua unica compagna, nel bene e nel male in quel luogo e altrove.»

 

(Continua ...)

 

 

 

 

 

 

 


[1]Visitando i laboratori nei sotterranei della residenza Shinra in una delle stanze ci “accoglie” come una presenza abbastanza inquietante una sedia come quella descritta in questo frammento, che probabilmente veniva utilizzata dagli scienziati proprio per esperimenti che comprendessero umani o creature dalla forma umanoide, vivi ovviamente, e che fossero purtroppo coscienti. In un flashback di Vincent, sempre in Dirge of Cerberus, ne abbiamo la conferma. Sfortunatamente anche lui ha avuto modo di provare questo orribile strumento di tortura, non vi dico come perché non riesco nemmeno a pensarlo e per evitarvi spoiler.

   
 
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