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Autore: taisa    23/02/2019    5 recensioni
Bulma ha le potenzialità per realizzare tutti i suoi sogni, ma può riuscirci mantenendo un segreto chiamato Vegeta?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Le conseguenze delle proprie azioni

“E se fosse l'antenna?” gli domandò la moglie, sbirciando da dietro le sue spalle. Brief era un uomo molto paziente e con calma mormorò “No, cara, l'antenna va benissimo” le spiegò premendo i pulsanti del telecomando. “Sei sicuro?” si assicurò lei, “Certo”, doveva solo resettare alcuni canali che erano andati perduti a causa della recezione.
Il campanello suonò all'improvviso, distogliendo Panchy dal lavoro del marito, con sollievo di quest’ultimo. Si voltò verso la porta del salotto e bisbigliò “Chi sarà?” parlottando tra sé. Ciabattando fuori dal soggiorno superò il piccolo corridoio che portava in cucina.
L'ingresso della casa si trovava lì, e quando lo aprì si trovò faccia a faccia con la figlia maggiore. “Hai dimenticato di nuovo le chiavi?” le domandò apprensiva. Tights fece spallucce “Mi sono accorta di averle lasciate a casa quando ero ormai a poche fermate da qui” le spiegò varcando la soglia.
La giovane donna si guardò attorno “Bulma mi ha detto che ha aggiustato il mio computer. È in casa?” le chiese non avendo visto la sorella da nessuna parte. La madre scosse il capo, “Sta ancora dormendo” la informò “Ieri era molto stanca e non me la sono sentita di svegliarla” era domenica dopotutto e la giovane non aveva impegni mattutini.
Tights guardò l'orologio appeso in cucina “Dormendo? Ma è quasi l'una” sottolineò. “Davvero?” si rese conto Panchy, volgendo a sua volta lo sguardo verso il quadrante “Oh! Si è fatto tardi, devo pensare al pranzo” si rese conto. Si era distratta dal trafficare del marito col televisore e non aveva tenuto conto dell'orario.
“Beh, io vado a vedere se Bulma è ancora viva” ironizzò la figlia, dopo essersi liberata della giacca invernale che abbandonò su una delle sedie attorno al tavolo.
Dopo aver varcato il corridoio s'incamminò verso le scalinate che portavano al piano di sopra. “Resti a pranzo con noi?” sentì la madre domandarle quando mise il piede sul primo gradino. Tights ci pensò per un istante “Sicuro” le rispose.
Esitò per un istante, prima d'intraprendere la scalata, voltandosi verso il salotto dove vide il padre trafficare con la TV. “Ciao papà” lo chiamò.
L'uomo non si voltò neanche, restando concentrato sul suo lavoro. Si limitò a sollevare una mano in segno di saluto. Quando era in modalità riflessiva sembrava sempre che il mondo sparisse, questa era una cosa che la figlia minore aveva senza dubbio ereditato da lui.
Raggiunto il pianerottolo in cima alle scale svoltò l'angolo e bussò alla porta della camera da letto di sua sorella, parallela alla stanza che era stata la sua, nella quale erano ancora custoditi i ricordi di un'adolescenza ormai andata.
“Ehi dormigliona, è ora d'alzarsi” esordì aprendo la porta, per trovarsi ad osservare una stanza buia. Di Bulma vide solo una ciocca di capelli spuntare da sotto le coperte. “Sorellina” la chiamò scuotendola. In risposta ottenne soltanto un contrariato mugolio.
Quando finalmente si mosse, Bulma si voltò verso la scura figura in piedi accanto al suo letto e la osservò per un breve istante. Impiegò alcuni secondi prima di riconoscerla “Tights?” chiese per sicurezza, la voce ancora impastata dal sonno. “Sì, sono io” la rassicurò lei “È ora di alzarsi” le ripeté.
L'idea non piacque molto alla minore che in tutta risposta si rotolò sul fianco per tornare nella posizione che aveva da poco abbandonato “Ancora cinque minuti” farfugliò. “Non penso proprio” decretò la giovane donna, decidendo di scostarle le coperte.
Sotto la calda trapunta si stava bene al calduccio, ma quando le furono sottratte Bulma rabbrividì a causa dell'improvviso cambio di temperatura. “Ehi!” brontolò, guardando Tights con un'espressione contrariata.
Normalmente ci sarebbero state proteste e imprecazioni, ma quel giorno Bulma si sentì troppo stanca per dar loro voce. Sconfitta dalla vitalità di sua sorella, non poté fare a meno di sollevarsi dal materasso. “Sono sveglia!” farfugliò non troppo convincente.
Tights la osservò “Cosa ti prende?” le domandò. Bulma cercò le ciabatte che aveva lasciato accanto al letto e si alzò in piedi. Sbadigliò “Nulla, è solo che in questi giorni non riesco a dormire molto bene” le spiegò, grattandosi la pancia ancora mezza addormentata.
Quando decise che era giunto il momento di farsi strada verso il bagno, un primo segno di lucidità si fece largo nella sua mente. Si fermò “Il tuo computer è sulla mia scrivania” le disse indicandolo, prima di uscire.

***

Nonostante fossero passate due settimane dall'accaduto, Vegeta sentiva ancora il sangue ribollirgli nelle vene quando ci ripensava. I danni alla sua moto erano stati onerosi da riparare.
L'aveva portata da uno specialista che lo aveva già aiutato in passato e la carrozzeria era stata perlopiù rimessa a nuovo, gli specchietti sostituiti ed era stata riverniciata. Non sarebbe mai più tornata come nuova, ma questa era la cosa più vicina che potesse sperare.
Tuttavia quando i suoi occhi si posavano sulle ammaccature ancora evidenti gli veniva voglia di prendere a pugni qualcosa… o qualcuno.
Erano anni che voleva sostituire la vecchia carretta, ma non era mai riuscito a mettere da parte denaro sufficiente. Tra le spese del bar, l'affitto dell'appartamento, spese legali, tasse e vari pagamenti non era mai stato in grado di racimolare abbastanza denaro per comprarsi una vettura decente. Vendere la precedente moto era stato l'unico modo per mettere da parte i soldi da investire in quella nuova.
Quella vecchia lo faceva sempre arrabbiare, ma aveva imparato a convivere col fatto che, ogni volta voleva andare a farsi un giro, rischiava di tornare a casa col carro-attrezzi.
Perché aveva deciso di arrendersi con il rottame e prenderne finalmente una nuova? Perché a Bulma piacevano le moto.
Spesso era capitato che ne parlassero e lei non aveva mai nascosto che le sarebbe piaciuto fare un giro lontano solo loro due. Questo non era di certo possibile con il ferro vecchio che al massimo li avrebbe portati fino alla fermata dell'autobus.
Se non altro i danni subiti dalla sua nuova moto non avevano toccato il motore. Sì la carrozzeria aveva subito qualche ammaccatura che però era stata prontamente riparata e ora che l'aveva riportata a casa dopo un periodo di riparazioni era di nuovo pronta a partire.
Non fece in tempo a posteggiarla davanti alla propria casa, o ad estrarre le chiavi, quando Nappa uscì dal magazzino con un sacchetto dell'immondizia tra le mani. Liberatosi della spazzatura si avvicinò a Vegeta. “Ehi vedo che l'hai rimessa a nuovo” commentò quando l'altro scese dal veicolo.
Tolto il casco Vegeta osservò la moto “Tsk” brontolò osservando una di quelle fastidiose contusioni ancora evidenti.
Due uomini apparvero al cancello che circondava il cortile. Si guardarono attorno ed entrarono. I proprietari del locale il fissarono con velato fastidio. Si scambiarono uno sguardo non troppo contenti che due sconosciuti stessero varcando la loro proprietà.
Nappa fece un passo avanti, il fisico possente ben in mostra, “Possiamo aiutarvi?” domandò non troppo amichevolmente. Vegeta appoggiò il casco sulla moto ed incrociò le braccia.
“Sì” rispose uno di loro “Stiamo cercando il titolare di questo posto” aggiunse indicando il bar. “Siamo noi” rispose di nuovo Nappa. I due sconosciuti si scambiarono a loro volta un'occhiata d'intesa, “Chi di voi due è un certo Vegeta?” “Chi lo vuole sapere?” replicò il diretto interessato.
L'uomo che aveva parlato fino a quel momento infilò la mano in una tasca ed estrasse un distintivo, “Polizia” si presentò “Signor Vegeta, è pregato di venire con noi” lo informò. “Tsk, e se non volessi?” ringhiò lui con sguardo minaccioso.
“Mi ha frainteso, la mia non era una richiesta” precisò il primo, il suo collega estrasse dalla cintura un paio di manette “È in arresto per aggressione. Le consiglio di non opporre resistenza” aggiunse.
“Che cosa?!” esclamarono in coro Nappa e Vegeta. Non che ci fosse bisogno di chiederlo, ma “Di che cosa state parlando?” s'intromise l'energumeno. Il secondo poliziotto lo guardò per un attimo, poi si rivolse all'uomo per la quale erano venuti “Guldo ha sporto denuncia nei suoi confronti con l'aggravante che rischia di perdere la vista da un occhio” “Immagino sappia di cosa stiamo parlando” aggiunse il collega.
Vegeta non disse nulla.
“Perché questo trattamento? Che ne è dei suoi diritti? Normalmente non si va in carcere per una denuncia di aggressione” cercò di difenderlo Nappa. “Ha ragione, di solito no, come il suo amico sa molto bene” l'agente che aveva appena parlato si voltò a guardare Vegeta che corrugò le sopracciglia, “Ma se l'imputato viene ritenuto pericoloso o recidivo dovrà attendere la sentenza definitiva in carcere”.
L'altro agente gli mostrò ancora le manette, “Cos'ha deciso? Viene con noi con le buone o dobbiamo aggiungere resistenza all'arresto alla sua denuncia?” gli domandò.


CONTINUA…

  
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