Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: pattydcm    23/02/2019    2 recensioni
Una ragazza viene trovata morta con inciso sul braccio uno strano disegno. Sherlock viene chiamato ad indagare e scopre che la ragazza è rimasta intrappolata in una brutta rete. Non vuole però che John lo aiuti nelle indagini, questa volta. Sarebbe, infatti, per lui troppo pericoloso stargli accanto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 5
 
<< E’ come una stilettata, dottore. La sento forte qui e poi si irradia da tutte le parti, togliendomi il respiro >>.
L’uomo anziano e curvo gli spiega con fatica ciò che prova. La mano destra all’altezza dello stomaco e un’espressione addolorata nella quale John si ritrova. Dalla visita ipotizza la presenza di un’ulcera gastrica, che va ad unirsi all’ernia iatale e al morbo di Crohn localizzato all’altezza del colon.
“Eccoti tra una ventina d’anni, Johnny, se continui così”. John sospira. Ha ormai smesso di ribattere alle battutacce che la sua mente gli ripropone usando la voce e il tono sprezzanti di sua sorella.
<< Troppe cose non digerite >> dice rendendosi conto troppo tardi di aver parlato ad alta voce. Il paziente annuisce curvandosi ancora di più.
<< Ha ragione. Se avessi dato voce a tutte le cose che ho preferito, invece, ingoiare forse ora non sarei ridotto così male >> sussurra con un filo di voce.
<< Penso che ci sia sempre tempo per farlo. Fa parte della cura: da una parte le medicine dall’altra i sassolini tolti dalle scarpe >>.
<< Eh… lei è giovane, dottore, e quando avevo ancora la sua età forse avrei potuto. Ora… ora sarebbe tutto inutile. Sono vecchio e stanco e mi tocca sopportare. Solo non ci posso stare. Potrei anche volerlo e persino cavarmela, in altre circostanze. In queste condizioni, invece… >> scuote il capo lasciando incompleto il suo pensiero.
John avverte il suo stomaco dolere della stessa fitta così ben descritta dall’uomo che ha di fronte. Dovrebbe fare degli esami, ma teme già il responso e come è noto i medici sono i peggiori pazienti, quindi si risparmia la fatica. Sa bene di cosa avrebbe bisogno. Quel bacio innocente lo ha tenuto sveglio per buona parte della notte. Lo ha spinto a introdursi furtivo in casa sua come un ladro, prepararsi in fretta e scappare via, nonostante il suo coinquilino non ci fosse. Anzi, forse proprio per quello.
“Chissà dove sei andato e con chi sei, ora” pensa. Il colpetto di tosse del suo paziente lo riporta alla realtà. Compila svelto la ricetta, sentendo il bisogno di mandarlo via, e gliela porge con un sorriso, spiegandogli pazientemente la posologia dei farmaci. Lo accompagna alla porta, ma questi si ferma sui due piedi ancor prima che possa aprirla e lo guarda serio. Deve essere stato un bell’uomo da ragazzo. Quegli occhi di un azzurro ormai opaco sono intensi, penetranti e capaci di mettere in soggezione, ora che ha assunto questa postura quasi marziale.
<< Riconosco quello sguardo, dottore. So che dovrei farmi i fatti miei, ma sono vecchio abbastanza per fregarmene e lei è ancora giovane per potersi salvare. La rabbia. E’ questa che ci uccide facendoci bruciare. La lasci andare. Non serve a nulla tenerla qui >> dice puntando il dito nodoso verso al pancia di John. << Provi a guardare cosa questa copre. Perché noi uomini copriamo tutto con la rabbia. Spesso una profonda tristezza o una grande paura. A volte persino un grande amore >> dice e lo stomaco di John si contrae. << Scusi se mi sono permesso, ma rivedo molto di me in lei e se poco posso fare per me, ormai, beh… forse sarò meno un inutile vecchio se posso fare qualcosa per lei >>.
Le parole accorate dell’uomo sono come un balsamo per lo stomaco contratto, che si distende un po’ avvolto da un inebriante calore.
“Se papà ci avesse mai parlato così… quante cose sarebbero diverse oggi, Johnny?”.
 John abbraccia quest’uomo. Compie questo gesto insolito mosso più da un bisogno personale che da una tacita richiesta del paziente. Il vecchietto ne resta stupito, ma accetta quello che anche per lui è un dono. Gli picchietta imbarazzato la spalla.
<< La ringrazio >> sussurra John prima di lasciarlo andare.
<< Anch’io >> risponde l’uomo asciugando distrattamente gli occhi lucidi.
<< Abbia cura di lei e per qualunque cosa sa dove trovarmi >>.
L’uomo esce dalla stanza nello stesso momento in cui il cellulare gli comunica l’arrivo di un messaggio. Resta immobile, come avesse sentito il click di una sicura tolta ad un’arma puntata contro di lui. Si avvicina con passo incerto al telefono e lo guarda a lungo prima di prenderlo. Un messaggio da Sherlock e lo stomaco si contrae.
“Non dirmi che adesso non riuscirai a guardarlo in faccia per quello stupido bacetto?”.
Scaccia l’idiozia detta da Harriet e legge il breve testo.
 
Baker Street. Vieni se puoi. Se non puoi viene lo stesso. Ho bisogno di te. SH
 
Uno dei suoi soliti testi, si potrebbe dire. John, però, resta imbambolato su quelle ultime quattro parole. Leggere di questo bisogno che ha di lui ha il potere di allentare le tensioni che gli artigliano i visceri.
Toglie svelto il camice e corre via. Sara gli fa appena un cenno con il capo, ormai rassegnata a vederlo scappare a metà turno, e lui non sta certo a perdere tempo con inutili spiegazioni. Corre alla metro e grazie a una serie di coincidenze prese al volo giunge in tempo record a casa.
<< Hai fatto in fretta >> lo accoglie Sherlock seduto alla sua poltrona. Al centro della stanza trova Greg e George, l’uno confuso, l’altro nervoso e imbarazzato.
<< Che succede? >> domanda trafelato avvicinandosi ai due in piedi.
<< E’ quel che mi sto chiedendo anche io, John >> dice Greg, le mani ai fianchi mentre sposta il peso da uno all’altro piede. << Io e Sherlock abbiamo passato la mattinata a spulciare tutti i casi di suicidio avvenuti in Inghilterra negli ultimi sei mesi. In 31 di questi abbiamo trovato il disegno della Fenice >>.
<< 31? >> domanda John stupito. << E come mai non è stata notata questa coincidenza? >>.
<< Perché non abbiamo i suoi occhi, John >> dice Greg. << In questi ultimi due casi il disegno era ben visibile. Uno addirittura inciso sulla pelle. Negli altri, invece, non saltava subito all’occhio >>.
John si stranisce del silenzio da parte di Sherlock. Una sua battuta qui se l’aspettava quasi con tempismo teatrale, invece niente. Lo guarda e lui ricambia lo sguardo. Scuote la testa e John capisce che non gli ha ancora detto nulla del Fenix e di tutta quanta quella storia.
<< Poi lui è tornato qui >>, continua Greg, << e dopo poco mi richiama chiedendomi di raggiungerlo e chi ti trovo insieme a lui? >> dice voltandosi verso il figlio con un’espressione tra l’arrabbiato e il preoccupato. << Quando vi deciderete voi due di mettermi a parte di quel che sta accadendo? >> domanda il detective e Sherlock volge nuovamente lo sguardo a John. Vuole sia lui a informarlo. Lui che a dare brutte notizie e molto più preparato e bravo del consulente. Fosse stato chiunque altro lo avrebbe ragguagliato senza problemi, ma  si tratta di Greg questa volta.
John annuisce e si prepara prendendo un bel respiro. Parla lentamente, scandendo bene le parole, come gli avevano insegnato durante la specializzazione e come tante volte ha fatto al cospetto di parenti addolorati e commilitoni affranti. Mentre gli spiega ciò che Sherlock gli ha illustrato la sera prima e quanto George ha raccontato loro quella mattina, non distoglie mai lo sguardo dai volti di Greg e di George, pronto subito a intervenire in caso di malessere o di una crisi di nervi.
Il detective impallidisce sempre più man mano che il racconto prosegue. Gli occhi gli si fanno grandi di stupore e spesso scuote il capo incredulo, scoccando un’occhiata al figlio. Quando John conclude il suo pezzo, Greg porta entrambe le mani a coprire il viso e le tiene lì premute per un lungo istante, respirando lentamente.
John volge lo sguardo a Sherlock, che ha assistito dalla sua poltrona restando perfettamente immobile. Annuisce abbozzando un sorriso e il dottore capisce di aver svolto bene il suo compito.
<< Papà… io… scusa se non sono venuto da te, ma… tu mi parli sempre così bene di lui e… e non volevo farti preoccupare >>. George trema leggermente. Trattiene a stento le lacrime, tenendo gli occhi bassi. Quando Greg si volta verso di lui lo guarda appena, incapace di sostenere il suo sguardo. Il detective sorride posando la mano sulla spalla del figlio.
<< Ti sei preso cura di tua sorella. Hai fatto quello che avrei dovuto fare io. Grazie, George >> gli dice portando la mano alla guancia glabra carezzandola con il timore quasi di romperlo. Il viso di George si strizza come una spugna e in un attimo gli vola al petto, abbracciandolo forte mentre da sfogo alle lacrime. Greg lo sostiene, lo culla con la stessa dolcezza con la quale lo ha tenuto tra le braccia appena pochi anni fa. Nelle notti di febbre e malanni. Nei momenti di paura e incubi. A seguito di litigi e capricci. Ma anche quando semplicemente si addormentava sereno sentendosi al sicuro e protetto tra le braccia forti del suo papà.
<< Lizzy è al sicuro, Sherlock? >> gli chiede, la voce rotta dalla commozione.
<< Sta per arrivare >> risponde il consulente. Il volto inespressivo e leggermente più pallido del solito. John si accomoda alla sua poltrona, cercando di rincuorarlo con la sua vicinanza. Intimamente sente il bisogno, a sua volta, di rincuorare se stesso avendolo vicino, perché quella bellissima scena di amore incondizionato ha messo a dura prova il suo equilibrio interno già abbastanza scosso negli ultimi giorni.
<< Lei non si aspetta di trovarci qui? >> chiede Greg.
<< No >> risponde Sherlock.
<< Si arrabbierà >> dice George ancora fermo nell’abbraccio del padre e per nulla intenzionato ad allontanarsene.
<< Beh… siamo in quattro, penso che riusciremo a gestire la rabbia di una singola donna, no? >> dice Sherlock e gli altri lo guardano stupiti.
<< Non hai mai avuto a che fare con una donna furiosa, Sherlock? >> gli chiede John. Il consulente ci pensa su per qualche istante. Più di una volta sembra stare per rispondere per poi cadere nuovamente nel silenzio riflessivo.
<< Effettivamente no. Almeno non direttamente. Ho sentito tante volte le tue innumerevoli ex gridarti contro >>.
<< Il più delle volte proprio a causa tua >> ribatte John facendo ridere i due Lestrade.
<< Bah, se basta così poco. Sono davvero strane queste femmine, mi chiedo proprio cosa ci troviate! >> sbotta con uno svolazzo della mano molto equivoco e del tutto insolito, che mette in imbarazzo gli altri tre.
Sherlock riceve un messaggio e contemporaneamente il campanello suona.
<< Eccola che arriva. Spero proprio che non abbia preso da tua moglie, Giles. Anche se non posso dire quanto sia meglio il tuo di carattere >> dice Sherlock facendo sbuffare il detective.
<< Guarda che lui si chiama, Greg >> dice George indicando il padre.
<< Lascia perdere, George. E’ fatica sprecata! >> gli dice questi, ormai rassegnato a sentirsi affibbiare tutti i nomi che cominciano per G.
Bussano alla porta e John si alza per andare ad accogliere la terza Lestrade. Si ritrova al cospetto di una giovane donna dall’espressione triste coperta dai lunghi capelli lisci tinti di nero. Questi, come un sipario, lasciano appena aperto uno spiraglio a far intravedere gli occhi truccati in modo pesante con uno spesso strato di matita scura e rimmel, il volto reso ancor più pallido dalla cipria e la bocca colorata da un rossetto nero. Una collana ricavata da una striscia di pelle tagliata in più punti le fascia il collo ricadendo morbida sul piccolo seno perfetto, stretto da un corpetto nero con inserti bordeaux. Una gonna morbida le cinge la vita magra cadendo irregolare a metà delle cosce toniche coperte da collant strappati in più punti. Ora capisce perché Sherlock ha ingaggiato un punk per stare dietro alla ragazza.
<< C’è il signor Holmes? >> sussurra Lizzy scostando appena una metà della coltre di capelli con la mano piccola dalle unghie laccate di nero. I molti bracciali che ha al polso tintinnano prima scendendo verso il gomito, poi ricadendo verso il polso quando riporta la mano sul fianco.
John la invita ad accomodarsi e lei fa risuonare le suole dei pesanti anfibi borchiati muovendo appena due passi oltre la soglia per poi fermarsi. Ritrovare lì, in piedi al centro della stanza, il padre e il fratello ha l’effetto di farla subito scattare, come un gatto colpito da poche gocce d’acqua.
<< Avevi detto che avresti mantenuto il segreto! >> strilla Lizzy additando il fratello che balza verso di lei come una molla.
<< L’ho fatto finchè non ho temuto tu commettessi un’altra stupidaggine! >>.
<< Sta zitto! >> grida la ragazza tentando di avventarsi sul fratello. Greg scatta e, con una rapidità collaudata da anni di esperienza, placca l’una ed entra in difesa dell’altro. John e Sherlock lo guardano ammirati.
<< Ora ci diamo una calmata tutti quanti, chiaro! >> tuona e sebbene siano ancora scossi, entrambi i ragazzi annuiscono ammutoliti. Prende la sedia riservata ai clienti e John porta in salotto le due sedie del tavolo della cucina. I tre Lestrade si accomodano una a destra, l’altro a sinistra e il padre al centro.
<< Perché sei venuta qui, Lizzy? >> le chiede Greg.
<< Peter mi ha consigliato di venire a parlare con lui >> dice indicando Sherlock. << Mi ha detto che lo conosce >>.
<< Chi è Peter? >> chiede Greg aggrottando le sopracciglia. Volge lo sguardo a Sherlock che annuisce dandogli a intendere che è tutto a posto e il detective coglie il messaggio e si ammansisce.
<< Sì, lo conosco >> conferma Sherlock e la ragazza sembra rassicurarsi.
<< E perché ti ha detto di venire qui? >> le chiede Greg. Lizzy sfrega le punte delle scarpe da tennis l’una contro l’altra, il volto nascosto totalmente dai capelli, e sembra che la sedia sulla quale siede sia diventata improvvisamente scomoda.
<< Sherlock mi ha parlato del portale Fenix e so che tu ne sei rimasta coinvolta. Cosa sta succedendo, piccola >> sussurra Greg scostandole appena il fascio di capelli dal viso. La ragazza volge i grandi occhioni spaventati su di lui e morde le labbra scure. Il fratello annuisce incoraggiandola.
<< Daisy Cooper frequentava l’ultimo anno nella mia scuola. È da lei che ho sentito del portale Fenix. Ne stava parlando a delle amiche in bagno a scuola. Io sono rimasta ad ascoltare e quella stessa sera mi sono iscritta. All’inizio è stato bello, ma ora… ora è un inferno >> le lacrime scendono a dipingerle righe nere sulle guance.
<< Un… inferno? >> le domanda Greg. Lizzy annuisce asciugando le lacrime con la mano.
<< Mark mi ha detto che ha ricontrollato il test che mi ha fatto all’inizio e ha scoperto di essersi sbagliato. Non ho i requisiti necessari per restare nel gruppo >>.
<< Ti hanno fatto un test? >> domanda John offrendole dei fazzoletti di carta.
<< Sì. Per iscrivermi ho dovuto rispondere a una lunga serie di domande e passare una selezione. Dicevano fosse per motivi di privacy >>.
<< Come no! >> sbotta George incrociando le braccia al petto.
<< Chi è Mark? Uno dei gestori del portale? >> domanda Greg. La ragazza scuote il capo.
<< No, è il mio tutor >> dice e il pianto le rende difficile proseguire il racconto.
<< Questo tutor non è un adulto, né uno psicologo o un professionista simile >> prosegue al suo posto Sherlock. << Fenix si nasconde dietro la facciata di voler insegnare ai ragazzi l’importanza dell’automutuo aiuto. Dopo un primo periodo di ascolto e dopo averlo invitato ai seminari pubblici, questo tutor dice al nuovo iscritto che ha i requisiti per poter divenire a sua volta tutor e aiutare altri coetanei in difficoltà. Lo abbindola con promesse di successo e riconoscimento sociale e inizia a invitarlo ad eventi privati tenuti da adulti che dicono di essere professionisti. Solo dopo altri test e un’ulteriore selezione si ottiene il grado di tutor e inizia la gara per ottenere sempre più nuovi iscritti. È compito dei tutor far conoscere il sito e i suoi benefici ed è sempre loro compito eliminare coloro che escono dalle regole del portale. Che è quello che sta capitando a te, non è così Lizzy? >>
La ragazza annuisce stupita. Sbatte le palpebre sui suoi occhioni carichi di trucco, incredula di fronte alla perfetta analisi fatta dal consulente.
<< Io… non so quale regola posso aver violato. Non capisco. Ero così felice che mi avessero invitata a un seminario privato >> sussurra asciugando nuove lacrime. << Daisy Cooper, però, quando mi ha vista lì non l’ha presa bene. Mi ha chiesto cosa ci facessi e poi ho visto che parlava di me a uno dei Master >>.
<< Master? >> domanda Greg.
<< Uno dei ‘professionisti’ che tiene i seminari, è così che si fanno chiamare >> risponde Sherlock.
<< Sì, esatto. Quando sono arrivata a casa ho ricevuto un messaggio da Mark che mi diceva che non potevo proseguire >>.
<< E da quel momento hanno iniziato a bullizzarti >> dice Sherlock a Lizzy, nuovamente sorpresa dalle sue intuizioni. Greg fa viaggiare lo sguardo stupito dal consulente alla figlia mentre George scuote il capo sconsolato.
<< Sei vittima di bullismo? Dio, avevo capito che c’era qualcosa che non andava, ma non pensavo questo >> dice Greg passando la mano tra i capelli. A quel gesto di nervosismo la figlia nasconde ancora di più il volto dietro la coltre di capelli facendosi piccola piccola.
<< Le sue ‘amiche’ hanno iniziato a darle addosso >> dice George disgustato. << la accusano  di voler sabotare l’organizzazione, di essere una spia del sistema e che si dovrebbe vergognare per aver tentato di danneggiare un portale che fa di tutto per aiutare i giovani in difficoltà. Hanno messo in rete delle sue foto… imbarazzanti >> dice arrossendo. << Le hanno persino consigliato di suicidarsi >>.
<< Come fai a sapere tutte queste cose >> grida la sorella scattando in punta alla sedia, le mani aggrappate alla seduta.
<< Perché ti ho tenuta d’occhio, Lizzy! Mi avevi promesso che saresti andata dalla psicologa della scuola, che ti saresti fatta aiutare >> grida di rimando il fratello, la voce rotta dall’emozione.
<< E’ quEllo che ho tentato di fare >> urla disperata. << pensavo davvero mi potessero aiutare e per un po’ è stato davvero così >>.
<< Quelli ti stanno solo aiutando ad ammazzarti! Non ti è bastata l’alt… >>.
<< Sta zitto! >> urla la ragazza balzando in piedi.
<< Basta voi due! >> urla Greg alzandosi a sua volta. << Se gridate non arriviamo da nessuna   parte >> dice rivolto a Lizzy cercando di mantenere la calma. La ragazza torna a sedere scoccando, però, occhiatacce al fratello che sostiene imperterrito il suo attacco.
<< Tuo fratello ha ragione >> dice Sherlock catturando l’attenzione dei tre Lestrade. << E’ proprio quello il loro scopo, Lizzy. Spingerti al suicidio. Lo fanno con tutti quelli ritenuti pericolosi ai fini reali del portale >>.
<< Pericolosi? >> sussurra la ragazza. << Perché sarei pericolosa? >> domanda incredula.
<< Perché hanno scoperto che sei figlia del migliore detective attualmente in carico a Scotland Yard >> risponde Sherlock. Greg e Lizzy lo guardano stupiti.
<< Lo sapevo che era per quello! >> esclama orgoglioso George e Sherlock annuisce soddisfatto di lui.
<< Io… io non capisco comunque perché dovrebbero buttarmi fuori per il lavoro che fa mio padre. E’ un portale di auto mutuo aiuto >>.
<< Ma non l’hai ancora capito che quella gente fa il lavaggio del cervello a chi si iscrive? >> sbotta George, incredulo dell’ingenuità della sorella. << Signor Holmes, le dica cosa ha scoperto >>.
<< Sta indagando sul Fenix? >> domanda stupita la ragazza.
<< Sono stato chiamato ad occuparmi del caso di suicidio di Rosaline Jackson e le indagini mi hanno portato al Felix e ha scoprire cosa questo in realtà sia >> risponde Sherlock che racconta alla ragazza i retroscena accennati dal fratello. Lizzy lo guarda con la stessa espressione stupita di suo padre e a intervalli regolari scuote il capo incredula delle cose che sta sentendo.
<< Oddio >> sussurra portando entrambe le mani alla bocca. << E ne sono venuta fuori indirettamente grazie al tuo lavoro, papà >> dice posando la mano sul ginocchio del padre.
<< Non vedo l’ora di farlo sapere alla mamma e che si rimangi tutte le volte in cui dice che il tuo lavoro non serve a nessuno salvo che a te >> aggiunge George assestandogli una bella pacca sulla spalla.
Greg guarda incredulo i sorrisi compiaciuti dei suoi figli. Porta le mani ai loro volti che accarezza sempre con quella paura di romperli o danneggiarli.
<< Ragazzi miei >> sorride loro. << So che nell’ultimo periodo la situazione è stata a dir poco disastrosa. Io voglio che sappiate, però, che per voi ci sono e ci sarò sempre, anche se io e la mamma non stiamo più insieme. Lizzy, metteremo fine a questa brutta situazione, te lo prometto. Tu, per favore, promettimi che mi parlerai di qualunque cosa ti capiti, soprattutto di quelle in cui hai bisogno di aiuto >>.
<< Non volevo che tu soffrissi anche a causa mia >> singhiozza la ragazza affondando il viso nella sua mano che delicata la accarezza. Crea un contrasto marcato la mano scura di Greg contro la pelle pallida truccata della figlia.
<< Non ho alcun motivo di soffrire perché tu non hai fatto niente di male >>.
<< Solo perché Peter è arrivato in tempo >> confessa strizzando forte gli occhi. A Greg manca il respiro al pensiero dello scampato pericolo. Volge lo sguardo a Sherlock in un muto ringraziamento che il consulente accoglie inclinando appena il capo. << Tutti quei messaggi… tutta quella cattiveria… quelle foto truccate che hanno messo in giro dicendo che fossi io… stavo per      crollare >>.
George rabbrividisce e Greg rinnova la carezza sulla sua guancia glabra.
<< Quando ho incontrato Peter ero in biblioteca. Guardavo giù dal balcone del quarto piano. Mi è sempre piaciuto quel posto e non c’era nessuno. Pensavo che fare un salto da lì non sarebbe stato male. Come il tuffo dal trampolino alto in piscina, l’ho fatto mille volte. Non sarebbe finito allo stesso modo, ma sono… dettagli >> minimizza abbozzando un sorriso.
<< Dettagli che tuo padre sa gestire >> si intromette John, al quale non è sfuggito il modo improvviso in cui il suo viso ha perso ogni colore. Lo stomaco gli rimanda una stilettata forte e deve reprimere un gemito. Sherlock gli scocca appena un’occhiata preoccupato.
<< Posso immaginare perché vi siate preoccupati >> continua. << Vostro padre è parecchio provato nell’ultimo periodo, ma è sempre Gregory Lestrade, la pietra miliare di Scotland Yard. Merita di sapere come stanno i suoi figli e voi meritate di potergli raccontare ciò che di bello e anche ciò che di meno bello vi trovate a vivere >>.
<< Sì, ma della sua sofferenza… chi se ne occupa? >> chiede Lizzy piangendo in silenzio.
<< Io >> dice Sherlock cogliendo tutti di sorpresa. << Se lui non è in forma o, peggio, se dovesse essere trasferito per negligenza o per qualche colpo di testa perderei la possibilità di partecipare alle indagine, il che sarebbe a dir poco seccante! >> sbotta stizzito.
<< Questa non è una bella cosa da dire >> ribatte Lizzy scattando sulla difensiva.
<< Tesoro, ti assicuro che è il miglior complimento che potessi ricevere da parte sua >> la tranquillizza Greg. Il sorriso che il detective regala al consulente è talmente bello da portare quest’ultimo a distogliere lo sguardo imbarazzato. John si rende conto di quanto importanti siano l’uno per l’altro e stranamente il suo stomaco non viene trafitto da alcuna fitta dolorosa. Li guarda, anzi, commosso e compiaciuto. Questi due uomini così distanti, ma accomunati dall’amore per il lavoro che fanno. La continua lotta per cercare di portare alla ribalta la verità e fare in modo che sia fatta giustizia è la qualità che a lui manca. È abituato, John a obbedire agli ordini. Ad agire prima ancora di pensare, sia come soldato che come medico. Si rende conto di avere così tanto da imparare da questi uomini che ha l’onore di poter definire amici. Oddio, Greg sicuramente. In quanto a Sherlock…
<< Secondo te, Lizzy, perché Daisy e Rosaline si sono suicidate? Sembravano due tutor senior, da come le hai descritte >> chiede Sherlock alla ragazza distogliendo John dai suoi pensieri.
<< Io… non lo so. La notizia dei loro suicidi ha stupito anche me. Il seminario privato si è svolto a casa di Rosaline, che ha approfittato dell’assenza dei suoi per mettere a disposizione la sua casa. Il Master era molto gentile con lei e la ricopriva di attenzioni… troppe attenzioni, secondo me >>.
<< Era un adulto? >> domanda John.
<< Sì, un uomo sulla cinquantina >>.
<< Maledetti bastardi, approfittarsi così dei ragazzini >> ringhia tra i denti Greg.
<< Una amica mi ha detto che Daisy non poteva sopportare Rosaline. In effetti, con la scusa di essere la cocca del Master, se la tirava abbastanza >>.
<< Per attirare l’attenzione di lui, la Cooper gli ha detto di chi eri figlia e questo deve aver passato un brutto quarto d’ora, temendo di veder piombare nell’appartamento tutta Scotland Yard. La cosa non deve essergli piaciuta e ha deciso di punire le ragazze. Avrà usato la tattica del cyberbullismo e dell’istigazione al suicidio per punirle di aver messo in pericolo      l’organizzazione >>.
<< Oddio! Ma allora è stata per colpa mia? >> domanda Lizzy, gli occhioni già colmi di pianto. John e Greg scoccano un’occhiataccia al consulente, che si rende conto troppo tardi di aver, forse, parlato in modo troppo diretto.
<< Non hai nessuna colpa, Lizzy. Le colpe sono di quegli uomini e quelle donne che hanno messo in piedi tutto questo casino >> tenta di mettere una pezza John.
<< Sapresti riconoscere queste persone? >> le chiede Greg carezzandole leggero i capelli
<< Sì. Avevo anche alcune foto fatte alle riunioni, ma pochi giorni dopo che mi hanno buttata fuori mi hanno rubato il telefono >>.
<< Oh, ci ha pensato tuo fratello a recuperarle >> dice Sherlock continuando a inviare e leggere messaggi dal cellulare. Lizzy scocca un’occhiata stupita al fratello che sorride sprezzante del pericolo. Non gli urla contro, questa volta. Scuote il capo rassegnata prima di sorridergli.
<< E sono state anche molto utili >> aggiunge Sherlock.
<< Davvero? >> domanda Greg stupito. << Sherlock… sei sicuro di non dovermi aggiornare sulle indagini che stai conducendo? >> gli chiede incrociando le braccia al petto.
<< In effetti è arrivato il momento di farlo >> dice alzandosi in piedi. << Ma lascerò che sia lui a ragguagliarti >> dice sorridendo in direzione della sua stanza. John segue il suo sguardo e si alza di scatto quando vede un ragazzo sconosciuto fermo a pochi passi dalla cucina.
<< Fox[1]? Cosa ci fai tu qui? >> gli chiede Greg anche lui balzato in piedi.
<< Tu lo conosci? >> gli domanda incredulo John.
<< Non abbiamo molto tempo e rimanderei a dopo le presentazioni, se non vi dispiace! >> dice il ragazzo in tono gentile ma deciso. << Abbiamo individuato dove si trovano i Master dei seminari che sono stati tenuti qui a Londra >> dice ponendosi tra la poltrona di John e la sedia sulla quale è seduta Lizzy, che lo guarda come fosse ipnotizzata << Greg, ti consiglio di mandare una pattuglia a questi indirizzi >> gli dice porgendogli un biglietto. << Le accuse sono di adescamento, corruzione di minore, scambio di materiale pedopornografico, incitamento alla pedoprostituzione, alla prostituzione e al suicidio >>.
<< Ce ne sono tante da sbatterli in galera a vita >> annuisce Greg. << Sai bene, però, che dovrò fare rapporto e non voglio sentir parlare di esclusive giornalistiche e simili cazzate, Fox >>.
<< Io e i miei colleghi lavoriamo affinchè la verità venga a galla, detective. Non intralciamo la giustizia, anzi, quando è possibile la aiutiamo >> ribatte il ragazzo sorridendo cordiale.
<< Hai notizie da Sky sul portale? >> domanda Sherlock. Il ragazzo porta la mano all’orecchio destro e si lascia sfuggire un’imprecazione in spagnolo.
<< Mi spiace, Billy, ma dovremo chiedere l’aiuto del Governo Inglese >>.
<< Speravo di potermelo risparmiare >>.
<< Pure io. Quel portale purtroppo è inespugnabile e per arrivare a chi c’è dietro a tutto questo casino Sky ha bisogno di maggior potenza >>.
<< Va bene. Greg, coordina le operazioni e raggiungici quanto prima al Diogenes Club >>.
<< Avremmo bisogno anche del tuo aiuto per convincere il Governo Inglese a collaborare >> aggiunge Fox, scambiando un’occhiata d’intesa con Sherlock. Questi gli sorride. Lo stesso sorriso che John gli aveva visto dedicare al chitarrista. Osserva attento questo altissimo ragazzo dalla pelle pallida quanto quella del consulente ma spruzzata di efelidi e i capelli ricci rossi come una fiamma viva. Gli occhi verdi di lui incontrano i suoi e a sua volta lo osserva attento. John avverte lo stomaco chiudersi e, per quanto il ragazzo sia attraente e in apparenza gentile e dai modi affabili, sente una profonda antipatia. In qualche modo, per quel che sta capendo, lo ha rimpiazzato affiancando Sherlock nelle indagini.
<< Il… Governo Inglese sarebbe Mycroft? >> domanda Greg e Fox si volta verso di lui per annuire. Il detective ride sonoramente. << E mi spiegate in che modo pensate che io possa aiutarvi a convincere suo fratello a fare qualcosa? >>.
Sherlock scocca un’occhiata al ragazzo e John si rende conto che stanno comunicando senza aprire bocca. Una serie di piccoli cenni del capo ed espressioni appena accennate, quelle che non sfuggono mai alla perspicace vista del consulente e a quanto pare anche a quella di Fox.
<< Do ut des[2], Lestrade. È possibile che vedendomi coinvolto nelle indagini, insieme al team di cui faccio parte, Mycroft non ne voglia sapere di venirci in aiuto. Nei tuoi confronti, invece, ha un conto aperto che finora non ha saldato e penso sia il momento di farlo. Lui può togliere definitivamente dalla rete quanto circola sul conto di tua figlia, salvarle la reputazione, in un certo senso, e aiutare te a salvare qualcuno a cui tieni molto. Proprio come tu hai fatto a suo tempo e tutt’ora fai per lui >>.
<< Le avete pensate proprio tutte, eh? >> annuisce Greg ammirato.
<< Come sempre, Greg >> sorride il ragazzo ringraziandolo inchinando appena il capo.
<< Allora è bene che mi muova. Voglio portare dentro quei bastardi quanto prima >>.
<< Posso venire con te? >> gli chiede George.
<< Non se ne parla nemmeno! >> risponde deciso Greg. << Riporta tua sorella a casa di vostra madre e mettetevi a fare i compiti >>.
<< Lizzy può benissimo portarsi a casa da sola! >> ribatte George piantando le mani ai fianchi.    << Avanti, papà, ho preso anche io parte alle indagini! Non avessi copiato le foto di quei bastardi Sherlock e… questo tipo >>, dice indicando incerto Fox, << non sarebbero riusciti ad individuarli >>.
<< Non ha tutti i torti >> lo appoggia Sherlock.
<< Ma temo che la gloria dovrà limitarsi a questo >> aggiunge Fox scoccando un’occhiataccia a Sherlock. Un’occhiataccia molto simile a quelle che è solito scoccargli lui, nota John e lo stomaco torna a dolergli. Sherlock sbuffa, ed ecco che sembrano nuovamente parlare senza emettere parola.
<< Concordo con te, Fox >> dice perentorio Greg. << Sei stato eccezionale, ma può diventare pericoloso e non voglio dovermi preoccupare per te, intesi >>. George sbuffa, ma annuisce accettando di tornare dalla madre in compagnia della sorella.
<< Oddio, ma tu… tu sei Peter >> esclama la ragazza additando Fox con voce talmente acuta da far trasalire tutti quanti… tranne il diretto interessato. Questi le sorride e annuisce senza distogliere lo sguardo da quello esterrefatto di lei.
<< Degna figlia di tuo padre >> dice facendola arrossire. << Mi dispiace averti mentito, ma se non avessi agito in incognito non ti saresti fidata di me e non potevo rischiare che decidessi di compiere quel brutto salto. Pensi di potermi perdonare? >> le chiede con voce morbida e sguardo ammaliatore. La ragazza arrossisce ancora di più, abbozza un sorriso e annuisce distogliendo lo sguardo.
John non crede a quanto ha appena sentito. Questo ragazzo sarebbe lo stesso che ha scorto nel vicolo con Sherlock? Certo era vestito di nero, come adesso, ma quella che ha ora indosso ricorda la divisa di uno dei corpi speciali dell’esercito, uno di quelli inviato a compiere missioni non del tutto lecite. Un logo rosso campeggia sulla spalla sinistra: il muso stilizzato di una  volpe avvolto da una coda simile una fiamma. John strabuzza gli occhi e si lascia sfuggire uno sbuffo. E’ lo stesso logo lo che ha visto sul corpo della chitarra suonata dal ragazzo che ha trovato in casa con Sherlock. Volge lo sguardo al suo coinquilino che lo stava tenendo d’occhio già da prima. Le sue labbra si incurvano a dare forma a un sorriso e annuisce alla sua muta domanda.
Il dottore non sa se sentirsi sollevato a meno dall’aver scoperto che i due ragazzi con i quali ha beccato il suo coinquilino corrispondono alla stessa persona. Una persona che sembra comunque conoscerlo bene. Anche troppo bene. Una fitta lo colpisce nuovamente allo stomaco.
<< Ragazzi, avanti, fuori da qui. Tornate a casa a fare i compiti! >> intima loro Greg indicandogli la porta. I due giovani Lestrade abbandonano il 221B l’una ancora rossa, l’altro strascicando i piedi. Quando li sente scendere i gradini Greg si avvicina a Fox e gli punta il dito contro il petto.
<< Prova ancora una volta a fare uno dei tuoi giochetti da seduttore con mia figlia e mi dimenticherò che l’hai salvata, ci siamo capiti Fox? >> dice colpendolo con l’indice accusatore.
<< Certo, Greg >> annuisce senza scomporsi dinanzi alla sua rabbia. << Anche se il mio intento non era certo quello di sedurre tua figlia >> aggiunge.
<< Non me ne frega niente, Fox. Lei è una ragazzina e a restare ammaliata da uno dei tuoi sorrisi ci mette un attimo. E io ce ne metto due a farti passare la voglia, anche se lo fai solo per lavoro. Cristo, cosa mi tocca dire! >> aggiunge alzando gli occhi al cielo. << Tu altri amici tranquilli come John no, eh? >> dice a Sherlock scoccandogli un’occhiataccia.
<< Non sapevo che il capitano Watson fosse una persona tranquilla >> ribatte Fox guardandolo serio. Porta distrattamente la mano sinistra ad afferrare il polso destro e John comprende al volo il motivo della discussione tra Sherlock e il punk nel vicolo. Il consulente accenna un gesto di diniego col capo a Fox che per tutta risposta indurisce ancor di più lo sguardo.
“Ti sei cacciato in un bel guaio, Johnny!” gli dice l’Harriet nella sua testa e John sente crollargli sulle spalle tutto l’imbarazzo del mondo.
<< Tranquillo ed equilibrato molto più di voi due lo è sicuramente >> ribatte Greg avvicinandosi alla porta. << E credo che sarà più utile di quanto lo sia io al Diogenes Club >>.
<< Io non verrò al club, Greg >> lo avverte John.
<< E perché? >> gli chiede questi stupito.
<< Sono stato… sollevato da questo caso >> sospira, disprezzando quella scena da vittima delle circostanze. Greg strabuzza gli occhi. Volge le spalle alla porta e pianta le mani ai fianchi, rivolgendo a Sherlock uno sguardo di rimprovero molto simile a quello dedicato ai figli per sedarne la lite.
<< Come diavolo ti è saltato in mente di ‘sollevare John dal caso’? >> sbraita.
<< Era troppo coinvolto >> ribatte Sherlock inacidendosi, come è solito fare quando si sente a disagio.
<< Troppo coinvolto? >> ribatte a gran voce il detective. << Non lo hai ancora capito che senza di lui perdi la bussola? >>.
John sente di essere arrossito ed è mortalmente in imbarazzo.
<< Beh, dai, in qualche modo avrà fatto prima di conoscere me >> tossicchia. Greg lo guarda con tanto d’occhi e scuote il capo sconsolato.
<< Fammi sbattere in galera gli stronzi che hanno tentato di spingere mia figlia al suicidio e poi ti racconterò qualche aneddoto. Così capirai tante cose e forse la smetterai di prenderti a bastonate! >> sbotta Greg. << E tu vergognati! >> punta l’indice contro Sherlock. << Non si mette da parte un amico solo perché ne arriva un altro dal passato >>.
<< Non ho fatto assolutamente nulla di simile >> ribatte Sherlock stizzito.
<< Posso anche darti il beneficio del dubbio, ma è questo quello che sembra stia accadendo >> scocca un’occhiata contrariata a Fox. << John, ti concedo io di partecipare alle indagini. Mi aspetto di trovarti al cospetto di Mycroft. Non ho per nulla voglia di affrontare da solo anche quell’altro fenomeno! >> esclama e discende i gradini lasciando il 221B.
<< Benissimo. e non ho ancora incontrato tuo fratello >> sbotta Fox passando la mano tra i ricci. La porta, poi, all’orecchio e borbotta un’imprecazione. << E’ meglio che ci muoviamo, Billy, ogni attimo è prezioso. Muoviti a raggiungere il Diogenes Club se non vuoi rischiare di diventare figlio unico >> dice dirigendosi verso la camera di Sherlock.
<< Ma si può sapere dove sta andando? >> domanda John.
<< Esce dalla finestra della mia stanza, la stessa dalla quale è entrato >> risponde Sherlock con nonchalance. John lo guarda con tanto d’occhi. << E’ l’unico modo per eludere le telecamere di sorveglianza controllate da mio fratello >> dice indicando con un gesto del capo la finestra alle loro spalle.
<< Capisco >> borbotta John. << No, aspetta, non è vero! Non ci capisco un cazzo, invece! >> sbotta battendo le mani sullo schienale della sua poltrona. << Cosa cazzo sta succedendo, Sherlock? Chi diavolo è quel tipo e perché ti ha chiamato Billy? >>.
<< E’ una lunga storia >> sospira Sherlock. << E non abbiamo molto tempo >>.
<< Non credere di cavartela così >> gli punta contro il dito. << A indagine conclusa pretendo di essere messo a conoscenza di ogni cosa, Sherlock, sono stato chiaro? >>.
<< Trasparente >>.
<< Sarà meglio! Benchè l’idea di saperti figlio unico mi alletti abbastanza, penso sia il caso di raggiungerlo al Diogenes Club. Andiamo! >> ordina e, docile come un cagnolino, Sherlock lo segue.
 
 
[1] Se volete saperne di più su Fox e i suoi colleghi, leggete la mia ff ‘Hasta la verdad, siempre!’
[2] ‘Io do affinchè tu dia’ dal latino
   
 
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