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Autore: pattydcm    23/02/2019    3 recensioni
Nel corso in un’indagine, Sherlock viene ferito al viso e i suoi occhi sono messi fuori combattimento. Continuerà, però, a lavorare sul caso, facendo fronte allo sconforto per il suo handicap.
John lo aiuterà a portare avanti le indagini per poter fermare il pericoloso dinamitardo che sta terrorizzando Londra. Gli farà una proposta che cambierà le loro vite e risulterà fondamentale per la risoluzione del caso: gli chiederà di lasciare che sia lui i suoi occhi
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4
 
Gli occhi di Sherlock sono ancora iniettati di sangue. Le iridi sembrano essersi leggermente scurite. Sono di un grigio pallido e John lo interpreta come un buon segno. Il consulente, però, non accoglie con entusiasmo la notizia. Fissa il vuoto, nello stesso modo inquietante usato prima di uscire dal 221B dove ora si trovano.
Il dottore si siede e ripulisce le mani unte dalla pomata alla nifedipina appena somministrata. Quel silenzio e quello sguardo perso gli chiudono lo stomaco.
<< Sherlock >> dice posando la mano su quella di lui, abbandonata sul bracciolo della sua poltrona. Questi si scuote appena sospirando. << Dove sei? >> gli chiede sentendolo lontanissimo, perso nel buio in cui lui non riesce a trovarlo.
<< Qui >> risponde restando immobile.
<< No. Non sei qui. Non stai neppure riflettendo sul caso. Dimmi dove sei >> insiste stringendogli la mano fredda.
<< Sono nel buio, John >> risponde con voce piatta e priva di alcun colore emotivo. << Nel buio dei miei occhi spenti e nel buio di questo blackout mnemonico. Mi sento così… inutile >>.
<< Inutile? Hai fiutato odore di sangue, Sherlock. Che sia legato o meno al caso del dinamitardo hai scoperto un possibile omicidio solo annusando l’aria! >>.
Sherlock non ribatte. Né per dargli dell’idiota, né per minimizzare quanto è stato in grado di fare. Continua a fissare il vuoto e sporadicamente sospira. Lo stomaco di John si chiude e il calore delle lacrime gli brucia gli occhi. Scuote il capo. Non ne vuole sapere di lasciarsi andare. Non possono disperarsi entrambi, altrimenti non ne escono più. Si porta nella direzione verso la quale è voltato e si inginocchia. Gli prende il viso con entrambe le mani e questa volta sì che riesce a scuoterlo.
<< Cosa fai? >> gli chiede afferrandogli i polsi con le sue grandi mani fredde.
<< So che non è la stessa cosa e che non ci troveremo subito comodi, ma penso che in quella baracca oggi abbiamo fatto un primo tentativo >>.
<< Un tentativo di cosa? >> gli chiede lasciando scivolare le mani lungo i suoi avambracci fino all’incavo dei gomiti.
<< Permettimi di essere i tuoi occhi. Non sono brillante come te e devo imparare a osservare, ma posso aiutarti >>.
<< Hai dimenticato cosa ti ho detto prima di uscire da qui stamattina? >> sbuffa lui cercando di liberarsi delle sue mani che, però, continuano a restare imperterrite sul suo viso.
<< E tu hai dimenticato cosa ti ho risposto? Stiamo indagando su un caso. Un caso pericoloso, dal momento che lo stronzo che ti ha ridotto così continua a fare i suoi comodi. Non posso e non voglio tirarmi indietro e l’unica possibilità che abbiamo, l’unica possibilità che hai, e fidarti dei miei occhi >>.
<< E cosa dovremmo fare? >>.
<< Partire da ciò che abbiamo, come hai detto lasciando la baracca. Abbiamo delle foto e tu ora hai una mappa mentale. Abbiamo un poster mancante e sappiamo che in qualche modo c’entra con il caso >>.
<< Ho già vagliato mille volte tutto quanto nel mio Mind Palace e non riesco a trovare niente >>.
<< Allora smettila di fare tutto da solo e lavoriamoci insieme, cazzo! >>  ringhia affondando le dita sul suo viso.
<< Mi stai facendo male, John >>.
<< Scusami >> dice liberandolo dalla sua stretta. Sherlock massaggia le guance arrossate per poi appoggiare i gomiti alle ginocchia.
<< Hai ragione. Se siamo a questo punto è perché non ho condiviso con nessuno ciò che avevo scoperto >>.
<< Questo faceva parte del tuo metodo. Ora devi modificarlo, date le circostanze. Quando queste rientreranno potrai tornare a fare il misterioso per potertene poi uscire con la soluzione geniale al caso irrisolvibile >>.
Sherlock ridacchia scuotendo piano il capo.
<< Credi davvero che rientrerà, John? >> gli chiede e una lacrima scivola via dal bendaggio. Non sa se siano lacrime di tristezza o i suoi occhi che tentano a tutti i costi di ritornare a regime. Gli accarezza la guancia per cancellarla.
<< Sì, Sherlock. Ribadisco ciò che ti ho detto ieri: tornerai a guardare tutti dall’alto al basso facendoci sentire degli inutili esseri insignificanti >>.
<< E idioti >> aggiunge lui. Ridono entrambi e poi Sherlock fa qualcosa di insolito e capace di togliergli il fiato. Prende con la sua mano fredda quella di John ancora appoggiata alla sua guancia e vi posa sopra le labbra. Le tiene lì, senza l’accenno di un bacio. Lì, a contatto della sua pelle e il cuore di John perde un colpo.
<< Ti ringrazio ostinato dottor Watson >> sussurra sulle sue dita. << E’ giunto il momento, allora, che impari a osservare >>.
<< Sarà un duro colpo per l’umanità, ma temo sia inevitabile, sì >> scherza sfiorandogli il labbro inferiore, quello che non ha subito l’aggressione dell’ustione. Sherlock emette un mugolio che fa nascere un brivido lungo la schiena del dottore. Fissa quelle belle labbra invitanti e vorrebbe solo posarvi sopra le proprie e al diavolo le conseguenze.
Il campanello li interrompe e mentre lui silenziosamente impreca, Sherlock si alza in piedi all’improvviso.
<< Mycroft! >> dice storcendo il naso. Porta una mano al bendaggio e sembra a disagio all’idea che il fratello lo veda così. John ha appena il tempo di rimettersi in piedi quando Mycroft fa il suo ingresso.
<< Buon pomeriggio >> lo saluta John e questi risponde con un cenno della testa.
<< Cosa vuoi? >> domanda brusco Sherlock e le braccia tornano ad incrociarsi al petto. Strette, tese. Anche il fratello le nota e scocca un’occhiata a John, che distoglie lo sguardo.
<< Ci vuole del the, che ne dici Mycroft? >> chiede dileguandosi in cucina.
<< Molto volentieri, John, ti ringrazio >> risponde questi muovendo qualche passo verso il fratello.
<< Allora, Sherlock, come va? >>.
<< Cosa vuoi? >> ribadisce il consulente.
<< Credo sia il minimo da parte mia venire qui a vedere come stai dato quanto è successo >> risponde Mycroft paziente. << Mi spiace, anzi, non essere potuto venire prima. A Hong Kong c’era una vera e propria tempesta e tutti i voli sono stati sospesi >>.
<< Potevi evitare di tornare per me, fratello >> lo ignora Sherlock. << Come vedi sto bene >>.
<< Davvero? >> ribatte lui sarcastico. << A me sembri un po’… cieco >>.
<< Una condizione momentanea che non mi impedisce di lavorare >> fa spallucce il consulente tornando ad accomodarsi. Il fratello si siede sulla poltrona di John e questi li raggiunge con il the. Mette la tazza tra le mani di Sherlock e si siede sul bracciolo della sua poltrona.
<< Ho visionato i referti >>.
<< Si chiama violazione della privacy, Mycroft, non te l’hanno insegnato in uno degli innumerevoli corsi di laurea che hai frequentato? >> ribatte acido Sherlock. La mano gli trema appena e qualche goccia di the cade sul piattino, senza causare troppo danno. A Mycroft non è sfuggito quel tremore e scocca un’altra occhiata a John che questa volta non può ignorarla.
<< Sta portando avanti le cure indicate >>.
<< E immagino che tu lo stia aiutando in questo >>.
<< Sono il suo dottore, che lo aiuti è il minimo >>.
<< Ovviamente >> il sorriso tirato di Mycroft è tra le cose che meno tollera sulla faccia della terra. Non può permette che anche lui agisca in modo cinico nei confronti di Sherlock, già abbastanza provato.
John scuote il capo con decisione. Il maggiore degli Holmes lo guarda curioso e lui ripete il gesto. L’espressione sul volto di Mycroft cambia del tutto. Sorride, cosa alquanto strana, e annuisce per poi alzare l’indice della mano destra. Indica prima John poi se stesso e in ultimo la porta. Il dottore capisce al volo e annuisce prontamente.
<< Beh, fratellino, devo ammettere che sono molto preoccupato, ma vederti così sicuro di te e sapere che hai John accanto mi rassicura >>.
<< Sono felice per te >> ribatte acido Sherlock sorseggiando il suo the.
<< Vi prego di tenermi aggiornato sul decorso di questa… condizione momentanea e se avete bisogno di qualunque cosa non esitate a contattarmi >>.
<< Penso proprio che ce la caveremo egregiamente senza doverti disturbare >> sentenzia Sherlock.
<< Ti ringrazio per la disponibilità, Mycroft. Ti terrò aggiornato e se sarà il caso non esiterò a contattarti >> dice, invece, John generando una smorfia di disapprovazione sul volto del consulente.
<< Bene, allora vi saluto >>.
<< Accompagnalo pure, John. Siete proprio degli idioti se pensate di potermela fare così facilmente >> sbotta Sherlock, rivolgendo la testa prima in direzione del fratello e poi del dottore. I due uomini si guardano stupiti e per John vedere la sorpresa sul volto di Mycroft è una vera novità.
Escono dall’appartamento senza dire niente. Discendono i 17 gradini e si fermano sulla strada. John accosta la porta alle sue spalle.
<< Penso che farebbe meglio a chiuderla del tutto >>.
<< Ma come diavolo ha fatto, Mycroft? >>.
<< Ho imparato, col tempo, a non stupirmi più di nulla quando c’è di mezzo mio fratello >> sospira l’uomo regalandogli un altro sorriso forzato. << E’ terrorizzato, John >> aggiunge serio. << E’ passato molto tempo dall’ultima volta che l’ho visto preda del terrore >>.
<< Chi non lo sarebbe al suo posto. E lui ha dalla sua il vantaggio di avere sensi sviluppati e una memoria fotografica eccezionale >> ribatte John stropicciandosi il viso. << Temo la caduta depressiva, Mycroft >> ammette appoggiandosi di peso al portone. << Ci sono momenti in cui resta immobile, il viso impassibile e gli occhi fissi nel vuoto. Lo sto forzando a occuparsi del caso perché temo che se si fermasse crollerebbe >>.
<< Crollerà >> sentenzia l’uomo senza alcun tatto. << Tutte le volte che è crollato è stata una rovina, John >>.
<< Teme che se la cecità dovesse rimanere permanente lo farai rinchiudere in una qualche struttura >> gli dice e Mycroft distoglie lo sguardo prontamente. << Non farai sul serio? >>.
<< Quale altra alternativa vedi, John? Pensi che se l’ipotesi dell’oculista risultasse fondata si adatterebbe senza alcun problema? Sherlock non sa adattarsi, non ha mai saputo farlo. Si è sempre ribellato a tutto >> sospira carezzando nuovamente la fronte imperlata di sudore. << La farebbe finita, John, lo sappiamo entrambi >>.
<< Lo temo anche io, Mycroft, ma fidati di me, per favore. Sto cercando di aiutarlo e forse ho trovato il metodo giusto >>.
<< E quale sarebbe? >>.
<< Sarò i suoi occhi. Gli descriverò ciò che non può vedere per aiutarlo a completare le deduzioni che già imbastisce con gli altri sensi >>.
<< John, hai idea di quanto questo lo renderebbe dipendente da te, molto più di quanto non lo fosse prima che quel bastardo lo accecasse? >> dice tra i denti. Per la prima volta John si rende conto di quanto davvero Mycroft si preoccupi per il fratello. Non è solo smania di controllo la sua, a quanto pare.
<< Questo non è un problema per me >>.
<< A no? E la vita privata per la quale lo accusi sempre di metterti i bastoni tra le ruote? >>.
<< Da tempo ci ho rinunciato, Mycroft. Sherlock mi ha salvato a modo suo e io voglio salvarlo a modo mio, lasciamelo fare per favore >>.
<< Sacrificheresti la tua vita per un debito di riconoscenza, dunque. Non lo accetterebbe mai e neppure io posso accettarlo. Se dovessi lasciarlo >>, dice scoccandogli un’occhiata torva, << il crollo sarebbe ancora più distruttivo e non voglio vederlo soffrire più di quanto non stia soffrendo ora. Più di quanto non abbia sofferto in passato! >>.
<< Non è un debito di riconoscenza, Mycroft, e neppure un sacrificio. È quel che voglio. Non mi piace, però, parlare come se questa cecità fosse ormai certa >> aggiunge mettendo a tacere una sua nuova replica, cosa che lo infastidisce. << E’ meglio che torni dentro. Non voglio neppure immaginare la quantità di deduzioni con le quali mi accoglierà. Ti auguro una buona giornata Mycroft >> dice entrando in casa.
Lo lascia sui tre gradini del portone che gli chiude in faccia senza remore. Cerca di non badare alla voce che continua a chiedergli se sia certo di quanto ha appena detto. La cecità di Sherlock è provvisoria, ne è più che sicuro. In questo momento è più preoccupante il rischio che cada in depressione ed è suo dovere tenercelo fuori.
“Sì, ma se mister governo avesse ragione? Se restasse cieco, Johnny”. Questa volta è la sua parte più insicura e diffidente che si presenta, insieme a una fastidiosa sensazione di ansia mista a tristezza.
“Sarebbe comunque vivo” ribatte deciso.
“E per il timore che prenda la stessa decisione di Bryan sei pronto a sacrificare la tua vita? Non state neppure insieme”.
“Non mi importa”.
“Con Bryan almeno c’era una relazione”.
“Facevamo solo sesso”.
“Beh, era già qualcosa di più di questo. Qui fai la badante, a gratis e senza nemmeno il contentino del ‘pagamento in natura’. Finiresti col fare il servo alle stesse condizioni”.
“Smettila!”
“Sei lì che ci speri, non è così? Speri che rendendoti indispensabile al punto da essere i suoi occhi cada ai tuoi piedi. Dai, diciamola tutta: che si pieghi davanti a te!”.
“Non è assolutamente vero!”.
“E quel che hai tentato di fare prima che cos’era, allora? Prendergli il viso tra le mani, avvicinarti a lui senza lasciargli scampo? La chiamano violenza su portatore di handicap, sai? E il tuo piano ha tutta l’aria della circonduzione di incapace”.
<< Smettila! >> esclama colpendosi forte la fronte.
<< John… tutto bene? >>.
 La signora Hudson lo guarda perplessa dalla porta del suo appartamento. Le rivolge un sorriso stentato borbottando mezze parole senza senso.
<< E’ la presenza di quell’uomo. Ogni volta che viene crea scompiglio >> sospira la donna. << Come sta Sherlock? >> gli chiede in un sussurro volgendo appena lo sguardo alla sommità delle scale.
<< Stazionario >> risponde lui trovando sicurezza nei termini medici.
<< E tu, caro? >>.
“Prossimo al crollo” ribatte la voce di prima, ma lui scuote il capo per metterla a tacere.
<< Bene >> sorride. << E’ meglio che salga, ora >>. La signora annuisce e lo lascia andare. Resta ferma, appoggiata alla ringhiera, finchè non si chiude la porta alle spalle.
Sherlock è seduto alla sua poltrona, le mani congiunte sotto il mento. Muove appena la testa quando entra in casa.
<< Che ne dici di metterci a lavoro, John? >>.
<< Dico che abbiamo perso fin troppo tempo, Sherlock >>.
 
   
 
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