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Autore: pattydcm    23/02/2019    2 recensioni
Nel corso in un’indagine, Sherlock viene ferito al viso e i suoi occhi sono messi fuori combattimento. Continuerà, però, a lavorare sul caso, facendo fronte allo sconforto per il suo handicap.
John lo aiuterà a portare avanti le indagini per poter fermare il pericoloso dinamitardo che sta terrorizzando Londra. Gli farà una proposta che cambierà le loro vite e risulterà fondamentale per la risoluzione del caso: gli chiederà di lasciare che sia lui i suoi occhi
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 11
 
Per la seconda volta, il risveglio inizia dal percepire i rumori. Prima ovattati e lontani, poi sempre più presenti. Il ‘bip’ cadenzato delle apparecchiature mediche gli dice che, sì, è di nuovo in ospedale. Per la seconda volta nel giro di neppure due giorni. Può segnarlo tra i suoi record personali.
La propriocezione lo informa che le lenzuola che lo coprono sono di un tessuto spesso e ruvido. Cotone grezzo, lavato e inamidato troppe volte. Non le sente però direttamente a contato con tutto il corpo. Pare ci sia un camice, questa volta a vestirlo. Sente di avere le gambe e le braccia ancora più pesanti di quanto non fossero state il giorno precedente. Deve essere stato lo sforzo di aver trascinato Donovan prima lungo il corridoio poi a carponi su per le scale.
Ha gli occhi bendati. Di nuovo. La cosa buona è che questa volta non prova lo stesso dolore della precedente. Sente gli occhi indolenziti e affaticati, sì, ma non è presente la sensazione di avere aghi incandescenti a trafiggerli, né il bruciore del viso.
Anche questa volta ha un ago nell’incavo del braccio destro, ma nessun elettrodo sul torace. Decisamente un buon segno, nonostante faccia fatica a respirare. L’aria, però, non è pesante e densa, ma spruzzata a forza dentro di lui dalla cannula sotto il suo naso.
Percepisce un respiro regolare provenire da non molto lontano rispetto a dove si trova sdraiato.  Si interrompe per poi riprende, sollevato forse dalla sua reazione.
Sente l’odore di un’acqua di colonia leggera e vagamente speziata. È ancora intensa, segno che è stata messa da poco. Deve essere mattina presto, quindi. Sente anche un retro profumo di Argan unito all’acqua di colonia.
<< Mycroft >> sbuffa.
<< Felice di saperti sveglio, fratellino >> risponde questi posando appena la mano calda e asciutta sulla sua abbandonata sopra il lenzuolo << Si dice tu sia stato eroico ieri sera. “Cieco eppure capace di salvare se stesso e un’agente di Scotland Yard”, titolano i giornali. Prevedo un incremento del lavoro nel prossimo futuro. Buon per voi, me ne compiaccio >>.
<< Davvero? >> gli chiede, infastidito dalle notizie che sbattono in prima pagina la sua provvisoria cecità. << Come sta Donovan? >>.
<< L’agente scelto ha la gamba destra rotta in due punti. L’hanno operata. Se la caverà con qualche mese di gesso e tanta fisioterapia. E’ ricoverata su questo piano, qualche stanza più in là >>.
Benchè poco la tolleri, sapere Donovan fuori pericolo è davvero una bella notizia.
<< Ti informo che i miei occhi si stanno riprendendo. Ora vedo delle ombre, non è più tutto buio >> gli dice con una nota di orgoglio.
<< Sì, la tac che ti hanno fatto evidenza il veloce rientrare della scomoda situazione che ti ha colpito >> dice con una palese nota di sollievo nella voce.
<< Non lo credevi possibile, vero? >> lo stuzzica, forse solo per mettere a tacere la parte di lui che gongola dell’interessamento del fratello.
<< Sto iniziando a  pensare davvero che nulla per te sia impossibile, fratellino. Per te e per il tuo… amico >> dice portando enfasi sull’ultima parola.
<< Dov’è John? >> gli chiede stupito del non saperlo al suo fianco.
<< Praticamente svenuto su una delle poltrona della sala d’attesa. Hai sempre il brutto vizio di ridurlo ai minimi termini, quel povero dottore >>.
<< E’ più resistente di quanto immagini >> ribatte, ma il tono che voleva essere stizzito e offeso gli esce, invece, dolce e palesemente innamorato. Sente il respiro di Mycroft fermarsi per qualche istante e intuisce che anche il sorriso che si rende conto di avere sulle labbra deve essere molto eloquente. Quasi sfacciato. << Immagino che Anthea ti aspetti qui fuori >>.
<< Sì, ho una riunione diplomatica tra due ore >>.
<< Ma… che ore sono? >> .
<< Le sette del mattino >>
<< E da quanto tempo sei qui? >>
<< Ho raggiunto l’ospedale non appena John mi ha comunicato dell’esplosione  e di come tu fossi rimasto coinvolto e tratto in salvo >>.
<< E sei rimasto qui per tutto questo tempo? >>.
<< Non è la prima notte che passo al tuo capezzale, Sherlock >> risponde Mycroft, infastidito dal suo indagare l’ovvio. << Certo, speravo di non doverne vivere altre. Cinque anni di tregua, a quanto pare, sono stati troppi >>.
<< Almeno questa volta non sono qui a seguito di un’overdose >> dice mettendosi a sedere. << Grazie per l’assistenza. Penso che ora tu possa andare, non voglio trattenerti oltre: le sorti del mondo dipendono da te >> dice sporgendosi verso di lui. Cerca a tentoni il suo ginocchio e quando lo trova vi picchietta su due volte in modo ironico. Mycroft gli prende la mano nelle sue e la trattiene a sé. Una stretta determinata e decisa che da tempo non avvertiva.
<< Sei stato… eccezionale, Sherlock >>.
Il consulente resta senza parole. È davvero un complimento quello che gli ha appena fatto il fratello? A quanto pare sì. Non percepisce nessun segno di sfottò o di ironia nella sua voce, né tensione nelle sue mani. Potrebbe quasi giudicarle affettuose, per quanto Mycroft e l’affetto siano agli antipodi. Si limita ad annuire e a stringere appena la mano.
<< Approfittane per riposare ancora un po’. Non ci sono casi in questo momento, né persone da rincorrere, decisioni da prendere o deduzioni da fare. Hai dormito solo per sette ore, infondo, e il neurologo ti ha raccomandato il riposo >>. Con delicatezza posa la mano destra sulla sua spalla e lo spinge giù. Gli rimbocca le coperte e poi leggera posa una carezza sulla sua guancia. << Dormi >> gli dice tornando a sedere.
Sherlock resta immobile. Senza parole. Il torace bloccato e il respiro difficile da prendere.
<< Ho… avuto paura, Mycroft >> ammette in un sussurro, spezzando lo strano silenzio nel quale le cure di suo fratello li ha gettati. Il respiro interrotto a metà lo informa di come questi sia stupito delle sue parole. << Da quando mi sono scoperto cieco, ci sono stati momenti in queste ore di buio in cui ho sentito di non potercela fare. Una sensazione peggiore di quando ero preda delle crisi d’astinenza. Quelle prima o poi finivano. Non potevo sapere, invece, se il buio sarebbe finito. Ho avuto paura di non essere più in grado di lavorare e anche di cosa avresti fatto tu se fossi rimasto cieco. Ricordi la prima comunità in cui mi mandasti? >>.
<< Sì, Sherlock, mi ricordo >> dice in tono greve. Il respiro lento gli lascia intendere quanto non siano proprio piacevoli neppure per lui quei ricordi.
<< Mi tenevano legato al letto, ti dicevano di non fidarti di ciò che ti dicevo perché i tossici sono degli ottimi bugiardi e manipolatori. E tu ci hai creduto e non mi hai dato retta finchè una volta hanno stretto troppo forte lasciandomi i lividi. Lì non hai potuto evitare di farti venire il dubbio che forse il bugiardo non fossi io.  Pensarmi in una condizione simile e in più cieco mi ha tolto il fiato, Mycroft. Ho pensato seriamente che se mi avessero diagnosticato una cecità definitiva l’avrei fatta finita piuttosto che rischiare una simile reclusione >>.
<< Lo so, Sherlock >> dice con un sospiro. << Mi… dispiace per quanto è successo. Potessi cambierei il passato, ma purtroppo questo è l’unico potere che non ho >> gli dice stringendogli la mano. Sherlock la trattiene stringendola nella sua e Mycroft accetta quella muta richiesta di vicinanza.
<< Dormi >> gli dice nuovamente, accarezzando col pollice il dorso della sua mano.
 
   
 
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