Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: pattydcm    23/02/2019    2 recensioni
Nel corso in un’indagine, Sherlock viene ferito al viso e i suoi occhi sono messi fuori combattimento. Continuerà, però, a lavorare sul caso, facendo fronte allo sconforto per il suo handicap.
John lo aiuterà a portare avanti le indagini per poter fermare il pericoloso dinamitardo che sta terrorizzando Londra. Gli farà una proposta che cambierà le loro vite e risulterà fondamentale per la risoluzione del caso: gli chiederà di lasciare che sia lui i suoi occhi
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 14
 
O’Neel è immobile, da tre ore. Lo sguardo perso nel vuoto e nessuna intenzione di spiccicar parola. Greg porta avanti l’interrogatorio, ma sembra lui stesso non vedere l’ora di togliersi da lì.
Sherlock li osserva dal vetro unidirezionale. È il suo primo giorno senza il bendaggio e si sta abituando alle lenti scure che gli coprono bene gli occhi. Vede ancora solo ombre, ma riesce a distinguere la scena dinanzi a sè.
O’Neel è stato dimesso dall’ospedale solo il giorno prima e questa mattina alle 8 in punto è stato portato nella stanza degli interrogatori.
<< Di questo passo non andremo da nessuna parte >> sbuffa Sherlock infastidito dal divieto che il commissario capo gli ha imposto. Non vuole dargli la possibilità di interrogare il dinamitardo. Lo ha ringraziato per il suo lavoro, ma ora spetta a Scotland Yard fare la sua parte.
“Buffone!” pensa Sherlock che ha promesso a John di fare il bravo per il bene dei suoi occhi. Il dottore gli si avvicina e posa una mano sulla sua schiena.
<< Va bene, ma sia chiaro che io verrò con te >> dice John, che ha già intuito le sue intenzioni. Il suo dottore ha davvero imparato ad osservare grazie alla sua brutta disavventura. E quando si tratta di osservare lui le sue deduzioni sono ancora più precise.
Fregandosene degli out out imposti dal commissario capo, Sherlock prende la cornetta del telefono e contatta il detective nell’altra stanza. Lo intravede alzarsi e rispondere, quasi sollevato dell’opportunità che gli sta dando di allontanarsi da quell’uomo inespressivo.
<< Lascia provare me >> gli propone e Greg, per quanto sappia di andare contro l’ordine di un superiore, annuisce e li raggiunge.
<< Nessun gesto avventato, Sherlock >> gli intima chiudendosi la porta alle spalle. Questa è la prima occasione che ha di ritrovarsi faccia a faccia con l’uomo che lo ha accecato, è normale che Greg tema che lui o John gli vogliano saltare al collo. << Hai un’ora >>.
<< Mi basterà molto meno >> dice sicuro di sé uscendo seguito da John. Questi lo precede all’interno della stanza degli interrogatori. Il loro ingresso sembra scuotere O’Neel. Sherlock percepisce il suo respiro accelerare leggermente, benchè non sembri manifestare alcun nervosismo.
Sherlock si siede dinanzi a lui e John si posiziona in piedi al suo fianco.
<< Agente può abbassare le luci, per favore? >> chiede al Bobby che silenzioso piantona uno degli angoli della stanza. L’agente esegue e Sherlock toglie gli occhiali e li appoggia sul tavolo. O’Neel ridacchia. Per ore è stato zitto e immobile e gli è bastato così poco per causargli una reazione.
<< Ti ho tirato un gran bello scherzo >> ridacchia folle. Quella risata gli accappona la pelle e gli toglie il fiato. Un lampo gli compare dinanzi agli occhi, come fosse una piccola esplosione, e ciò che teneva bloccati i ricordi nel suo Mind Palace salta. Quella frase lo riporta al momento in cui ha rincorso O’Neel. Lo vede voltarsi verso di lui senza interrompere la sua fuga.
<< Sto per tirarti un gran bello scherzo! >> gli grida per poi estrarre da sotto la giacca la bomboletta e spruzzargli il getto urticante negli occhi.
Ora tutti i ricordi lo investono, togliendogli il fiato. L’incontro con O’Malley, le deduzioni dinanzi alla bacheca nel suo nascondiglio e il tassello mancante trovato grazie al poster nella baracca del dinamitardo sul Tamigi.
<< Sherlock tutto bene? >> gli sta chiedendo John. La sua voce sembra arrivare da molto lontano. Risale lentamente nel mare di ricordi che lo hanno travolto come uno tzunami. Riemerge prendendo una grossa boccata d’aria.
<< Mai stato meglio, John >> risponde volgendo lo sguardo a O’Neel. Le ombre sono più nitide. Non solo più macchie indistinte, come poco prima, ma figure sfocate. Ci dev’essere una qualche connessione tra i suoi ricordi e il problema agli occhi, ma non è questo il momento per indagare.   
<< Un gran bello scherzo, sì >> ribatte Sherlock abbozzando un sorriso.
<< Sono stato bravo, vero? >> si pavoneggia O’Neel per poi ridere forte.
<< Davvero molto bravo >> conferma Sherlock.
<< Io avrei preferito farti saltare la testa, come a quel porco di O’Malley >> ringhia sputando fuori con disgusto il nome del frate. << E’ quella la giusta fine per voi luridi succhia cazzi >> sentenzia sicuro di sé, appoggiandosi allo schienale della sedia. << Lui, però, mi ha detto che accecarti sarebbe stato più divertente. ‘Senza i suoi occhi stregati non è che un omuncolo privo di alcuna qualità’, mi ha detto e devo dire che è vero. Cosa sei ora tu, se non un povero cieco? >> cantilena sporgendosi verso di lui.
Una delle deduzioni alla quale era giunto prima dell’incidente è legata a questo ‘lui’ che ora il ragazzo tira in ballo. Il suo inconscio lo stava rimettendo sulla giusta strada quando lo ha portato a chiedere a Lestrade di fargli il favore di indagare sul materiale che O’Neel era solito usare per le sue bombe. Le differenze nella qualità degli ordigni che di volta in volta ha utilizzato sono evidenti. Ora sa che era stato O’Malley a parlargli di questo benefattore, come il dinamitardo lo chiamava, che lo stava aiutando a compiere la sua impresa.
<< Così hai avuto bisogno di rivolgerti al consulente criminale per poter attuare il tuo piano >> dice e percepisce il respiro del ragazzo fermarsi un istante, stupito del suo sapere chi gli avesse consigliato di tiragli quello scherzo così divertente. Alle sue spalle anche John resta senza fiato.
<< Oh, ti sbagli >> ride O’Neel ritrovando fiducia in sé. << E’ stato lui a venire da me >>.
Questa Sherlock non se l’aspettava. Si impone di non dare a vedere quanto la notizia lo abbia stupito e spera che anche John faccia altrettanto. Percepisce il respiro del dottore prima fermarsi e poi accelerare, ma sa quanto grazie ai suoi trascorsi militari sia in grado di mettere su una vera e propria faccia da poker quando vuole.
<< Siete collaboratori, quindi >>.
<< Oh, sì >> ride allegro. << Mi procura tanti bei giocattoli per assemblare le mie bombe >>.
<< Il gioco a quanto pare, però, è finito >>.
<< No, signor Holmes. Il gioco non finisce mai >> gli dice serio. << Ci sono ancora due grandi bombe da far esplodere >>.
<< E le farà esplodere lui per te? >>.
<< Questi erano i patti: io accecavo te e lui mi aiutava a compiere la mia vendetta >>.
Sherlock resta senza parole. A quanto pare Moriarty ha ingaggiato questo pazzo al solo scopo di privarlo della vista. Perché mai? Gli aveva detto che gli avrebbe bruciato il cuore. Cosa c’entrano i suoi occhi con il suo cuore?
“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.
Il proverbio si impone nella sua mente.
<< Non ti rendi conto che già portandoti a tenermi a distanza sta ottenendo il suo intento? >> aveva detto John.
Sherlock chiude gli occhi e scuote lento il capo. È tutto qui. Quel pazzo ha ingaggiato un dinamitardo, con tutte le conseguenze che questo ha comportato, solo per spingerlo ad allontanare John. E lui, proprio come questi gli ha fatto notare, aveva quasi fatto sì che il suo intento si avverasse. Per Moriarty è solo un giochetto macabro e infantile. Fargli sperimentare la cecità. Togliergli il prezioso bene della vista per far sì che si rendesse conto che nulla per lui è impossibile. La rete di Moriarty tocca ogni settore importante d’Europa, se non del mondo intero. Non c’è nessuno che lui non possa avere, nulla che non possa ottenere.
“Tranne me!” pensa e un brivido di paura e orgoglio lo attraversa.
<< E così, Nathan, ti sei lasciato usare. Anche questa volta ti hanno illuso e usato >>.
Il respiro del ragazzo si ferma, così come ogni suo muscolo.
<< Cosa vorresti dire? Io non mi faccio usare, non più! >> grida battendo il pugno sul tavolo. Il Bobby fermo all’angolo muove un passo verso di loro e Sherlock gli intima di fermarsi con un gesto della mano.
<< Non è colpa tua. E’ parte integrante del tuo DNA >> dice tenendolo sotto il tiro dei suoi occhi opachi. << Te lo ha trasmesso tua madre, Nathan >>.
<< Non osare fare il nome di mia madre, maledetto pervertito >> scatta in piedi il ragazzo.
<< Oh, ma io il suo nome non lo conosco. Nel tuo certificato di nascita c’è scritto padre ignoto e madre sconosciuta. Sembreresti essere apparso dal nulla. Figlio di te stesso. Roba molto religiosa, non trovi? >>.
<< Non bestemmiare, maledetto. Io so chi era mia madre! >>.
<< Davvero? >>.
<< Certo, una volta compiuti 18 anni ho fatto delle ricerche e ho scoperto che era una suora domenicana. È stata stuprata da quel porco di O’Malley, che ha ritrattato l’accusa quando gli è stata mossa. Quella stronza della madre superiora l’ha buttata fuori dal convento accusandola di essere un demone seduttore. Lei non aveva nessun altro posto dove andare >> grida il ragazzo, la voce strozzata dal pianto. << Ha vagabondato per nove mesi e quando è arrivato il momento di partorire non ha saputo fare altro che recarsi dalle sue consorelle. Quelle stronze, però, l’hanno ulteriormente oltraggiata omettendo il suo nome dal mio certificato di nascita per non portare il disonore nella loro congregazione >>.
<< Così tu hai visto bene di far saltare in aria ogni luogo gestito dall’ordine dei domenicani >>.
<< Meritano solo di bruciare tra le fiamme dell’inferno per quello che le hanno fatto >> grida battendo i pugni sul tavolo.
<< E per quello che hanno fatto anche a te >> dice Sherlock e il ragazzo si congela sul posto.
<< Tu cosa ne sai di quel che mi hanno fatto? >> ringhia colpendo ancora una volta il tavolo. Sherlock resta immobile e alle sue spalle sente John agitarsi per la piega che sta prendendo l’interrogatorio.
<< So che sei stato affidato all’orfanotrofio domenicano di Londra che ti ha trovato una bella famiglia di origini irlandesi. Con questa sei tornato in Irlanda, ma il destino ha voluto che perdessi i tuoi nuovi genitori in un tragico incidente quando avevi solo 18 anni. Hai deciso, allora di unirti ai frati dell’ordine domenicano, seguendo forse un richiamo inconscio. È lì che hai scoperto cosa è successo a tua madre. Deve essere stato terribile per te sapere che la nuova famiglia che avevi scelto era la stessa che aveva ucciso tua madre. La stessa che attraverso O’Malley stava uccidendo anche te >>.
<< E tu come fai a saperlo? >> gli chiede stupito.
<< Perché è stato lui stesso a dirmelo >>. Il ragazzo si lascia cadere a sedere sulla sedia. << E’ venuto da me per implorarmi di fermarti. Mi ha raccontato del vostro incontro al convento di Cork e di come abbia avuto per te attenzioni troppo esplicite e a te non gradite. A quanto pare, però, non si è dato pena di tirarsi indietro dinanzi ai tuoi rifiuti. Eri talmente disperato di aver trovato l’inferno la dove speravi nel paradiso da tentare di ucciderlo facendogli esplodere la cella. Questa mossa, però, ti si è ritorta contro. Tu sei finito in manicomio e lui sbattuto fuori dal convento. Ha scoperto solo una volta venuto qui a Londra chi eri. Lo ha scoperto proprio grazie a Domiziana alla quale poi ha tentato di affidarti. Diceva di essere pentito di quanto ti ha fatto >>.
<< Quel porco non sapeva cosa fosse il pentimento! >> ringhia il ragazzo.
<< Concordo con te >> gli dice e ne percepisce lo stupore. << Era un uomo viscido, che voleva redimerti solo per lavarsi la coscienza e ha chiesto a me di farlo quando ha capito che non ce l’avrebbe fatta con le sue sole forze. Tu, però, non sapevi che fosse lui tuo padre, non è così? >>.
<< No. Lo avessi saputo lo avrei ucciso molto tempo prima! >> dice tra i denti. << L’ho scoperto solo il giorno dopo averti accecato. È stata quella suora a dirmelo. Le aveva chiesto di mantenere il segreto. Si è resa sua complice e sono felice sia morta >> ride di una risata agghiacciante. << Quando è venuto da me maledicendomi per ciò che ti avevo fatto gli ho reso il ben servito e gli ho fatto esplodere quella maledetta bocca che mi premeva contro ogni giorno. Quella lingua oltraggiosa con la quale lasciava sul mio corpo scie di sudicia bava >>. Il ragazzo prende la testa tra le mani e ansima in modo struggente. << Non potevo permettergli di vivere. Non dopo quanto avevo scoperto >> piange apertamente. << Lui mi ha usato. Diceva che ero la sua bambola e io ho invertito i ruoli e ho fatto quello che tutti i bambini prima o poi fanno alle bambole: l’ho distrutto >>.
<< Anche Moriarty ti sta usando, Nathatn >> dice Sherlock che prova una profonda pena per questo ragazzo vittima di così tanta e ingiusta violenza.
<< No, ti sbagli! >> ringhia battendo i pugni sul tavolo. << Lui mi ha aiutato. È stato l’unico a capire quanto siano stati ingiusti con me e mi ha incoraggiato nel portare avanti la mia vendetta >>.
<< Che però è rimasta incompiuta! >> insiste per portarlo a rivelare i suoi piani. Il ragazzo ride euforico.
<< Questo lo dici tu, mio piccolo topino cieco >> cantilena alzandosi in piedi. << I frati neri hanno vita breve, ormai. Cadranno e travolgeranno tutti coloro che percorrono il loro cammino. Nel giorno di massima celebrazione esploderanno in mille piccoli pezzi e tu non potrai salvarli, Sherlock Holmes. Cosa può fare un povero topolino cieco braccato da un enorme gatto nero? >>.
Quelle parole senza senso hanno tutta l’aria di una profezia. Sherlock la studia, rivedendola pezzo per pezzo nella sua mente e quando trova la soluzione si alza in piedi con furia tale da far cadere la sedia. Esce dalla stanza accompagnato dalle risate isteriche del ragazzo.
<< Cosa cazzo sta succedendo, Sherlock? >> lo accoglie Greg nervoso, chiudendo la porta della stanza unidirezionale alle spalle di John. << C’è Moriarty dietro questa storia? Il pazzo dinamitardo dell’altra volta? Cos’è un proseguimento di quell’assurdo gioco che ha ingaggiato con te? >>
<< In un certo senso temo di sì, Lestrade >>.
<< Cos’era quella frase senza senso, Sherlock? Aveva tutta l’aria di una profezia >>.
<< Lo è John >> annuisce ammutolendo i due uomini e i tre agenti presenti nella stanza. << Ci ha indicato il luogo delle prossime due esplosioni >>.
<< Due esplosioni? >>.
<< Sì, Lestrade e questa volta saranno enormi e maledettamente serie >>.
<< Ti prego, dimmi che l’hai decifrata e che mi sai dire dove avverranno >> lo implora il detective afferrandogli le spalle.
<< Certo che l’ho fatto >>
<< Oh, dio ti ringrazio >> esclama il detective stringendolo tra le braccia.
<< Che giorno è oggi? >> gli chiede liberandosi dal suo abbraccio.
<< Il primo luglio, perché? >>.
<< Lestrade, questa è la tua occasione per dimostrarmi che Scotland Yard vale qualcosa! >> gli dice afferrandolo per il bavero della camicia. << Quei due pazzi hanno piazzato una notevole quantità di esplosivo sul Blackfriars bridge >>.
<< Il ponte dei frati neri![1] >> esclama John portando le mani alla testa. << Quel ponte è sia stradale che pedonale, se dovesse davvero saltare in aria causerebbe migliaia di morti! >>.
<< Cristo! >> esclama Greg. << Non oso immaginare quale sia l’altro >>.
<< Il monastero dei frati domenicani >> lo informa Sherlock facendolo impallidire.
<< Tu mi stai dicendo che dovrò far chiudere il terzo ponte di Londra, mettere in sicurezza tutto ciò che si trova sia su una sponda che sull’altra, e stiamo parlando di inezie come il Waterloo bridge, il Blackfriars Railway bridge, le Inns of court, la Blackfriars station e persino la Tate modern art gallery e l’Oxo , ed evacuare un intero monastero di frati? >>.
<< Sì, Lestrade e grazie al mio brutto vizio di non stare alle regole hai esattamente... che ore sono? >>.
<< Le undici e mezza >> gli dice John.
<< Hai dodici ore e mezza per fare tutto quanto >>.
Greg porta le mani ai capelli, prende un profondo respiro e inizia a impartire ordini come un matto. Chiama gli artificieri e lì fa convergere in zona insieme a tutto uno squadrone di volanti dirette in tutti i punti caldi da lui elencati poco prima.
<< Sherlock, ti rendi conto che se quel ragazzino ti ha giocato un altro bello scherzo questa volta la prossima testa che salterà come quella di quel frate sarà la mia, vero? >> gli dice Greg afferrandolo per il braccio.
<< Non è uno scherzo, Lestrade >> ribatte liberandosi dalla sua stretta. << Preoccupati delle pessime intenzioni dei tuoi superiori, piuttosto che della veridicità delle mie deduzioni >>.
<< E con questo cosa vorresti dire? >>.
<< Il commissario capo non mi ha concesso di interrogarlo fin dall’inizio, facendoci perdere ore preziose. Se a questo aggiungi il fatto che è stato lui a insistere affinchè partecipassi alle indagini, proprio lui così contrario all’uso di professionisti esterni, se unisci i punti puoi farti un’idea di chi lavori per Moriarty anche all’interno del corpo di polizia di cui fai parte >>.
<< Tu mi stai dicendo che il mio capo è un venduto, Sherlock? >>.
<< Venduto o ricattato, Lestrade. Non conosco ancora tutti i particolari, ma so che Moriarty ha ingaggiato O’Neel per accecarmi e che il tuo commissario si è intromesso in modo sospetto, dal momento che sarebbe bastato aspettare che tu venissi a propormi il caso come fai sempre >>.
<< Sono accuse grosse quelle che gli stai muovendo contro, Sherlock >>.
<< Lo so, Lestrade. Tu coordina le operazioni e lascia a me questa parte della patata bollente  >>.
<< Cosa vuoi fare? >>.
<< Trovare le prove che inchiodano il tuo capo. Sarà solo l’ennesima pedina, ma non può passarla liscia >>.
<< Va bene, Sherlock, fai tutto ciò che ritieni necessario. Io ho un po’ di cose da fare adesso >>.
Il detective esce dalla stanza e lui e John lo seguono. Due agenti stanno scortando O’Neel in cella. Questi ride ancora. Letteralmente piegato in due dalle risate, costringe i poliziotti a trascinarlo.
<< Non ce la farete mai! >> grida allegro. << I frati neri cadranno e con loro si compirà la mia vendetta >>.
L’eco delle sue grida si espande per gli uffici di Scotland Yard.
 
 
 
[1] Chiamato così perché la tunica dei frati domenicani è caratterizzata da un cappuccio e copri spalla neri.
   
 
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