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Autore: time_wings    27/02/2019    1 recensioni
[STORIA CONCLUSA]
Una what if in piena regola. Budapest, città magica. Il freddo delle strade e la caccia ad un supercriminale porterà i due eroi protagonisti ad incontrarsi in un bar, dopo dieci anni dal loro ultimo incontro. Nello scomodo locale della città ungherese, un mare di ricordi investirà i due malcapitati, sommersi da rimpianti quiescenti e dolorosi forse. Quanto coraggio serve per far crollare le barriere dell’insicurezza? Quanta forza ci vuole per incrociare lo sguardo dell’amarezza?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Shouto Todoroki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Aver accettato quel lavoro aveva sicuramente avuto i suoi risvolti positivi. Budapest era strepitosa. Todoroki non era certo tipo da entusiasmarsi, in più con i suoi modi abitudinari e tradizionali, non era incline alle lunghe trasferte. Nonostante ciò, quella città sembrava avere qualcosa di magico, qualcosa che lo richiamava dal profondo, senza che potesse spiegarsi perché, né dove questa forza inarrestabile volesse condurlo. Tutto ciò che sapeva era che il frastuono del suo mondo caotico era ora ovattato da uno strato di soffice neve, che ricopriva la città, regalandole un paesaggio incantevole.
Il criminale a cui dava la caccia era un osso duro. Era capace di localizzare un bersaglio, se questo si trovava al massimo ad un chilometro di distanza da lui, il che gli garantiva continuamente un vantaggio niente male, oltre che la possibilità di compiere furti e omicidi, semplicemente aggirandosi per le strade. Il suo punto debole, però, era che poteva visualizzare un solo bersaglio per volta. La tattica da adottare era quindi una sola: attaccarlo mentre attaccava. Il che, oltre che essere contestabile, dal punto di vista etico, perché voleva dire permettergli e anzi sperare in un crimine, per poi catturarlo, era anche piuttosto difficile, vista l’abilità con cui utilizzava la sua Unicità, ovvero per pochi secondi, rendendo il suo potere immediatamente operativo. Se fosse diventato un eroe, ci sarebbe stato estremamente utile. Pensò Todoroki, in una delle sue ronde notturne. I crimini del “GPS umano” erano stati finalmente considerati pericolosi dalle agenzie giapponesi ed era nata una grossa competizione. Chissà quanti altri eroi in borghese si aggiravano per le stesse strade ungheresi, in cerca dello stesso criminale e di una gloria smisurata, che non era certo il motivo che spingeva Todoroki ad acciuffarlo.
Era proprio per questa ragione che quella notte si decise ad abbandonare la sua testardaggine per lasciare posto alla stanchezza. Le gambe lo condussero autonomamente tra le strade magicamente innevate di Budapest, facendolo fermare davanti ad un bar sgangherato, che sapeva di legno ammuffito e d’inverno. Il calore che emanava fu abbastanza da convincere Todoroki ad entrare. Non aveva certo intenzione di bere troppo, anzi, la missione restava, in ogni caso, la sua priorità. Non poteva assolutamente rischiare si sfiorare il suo bersaglio e lasciarselo scappare per colpa di una sbronza difficile da smaltire. No, aveva solo bisogno di una birra che lo riscaldasse dal gelo di Budapest. Pensò agli altri eroi in città e non poté che chiedersi come gestissero le difficoltà meteorologiche. Se addirittura lui aveva problemi a rimanere al caldo, non osava immaginare quanto fosse difficile per gli altri. Un sospiro triste scappò dalle labbra di Todoroki, prima che aprisse la porta del bar ed un’aria tiepida lo avvolgesse, accogliente.
“Buonasera e benvenuto alla locanda delle rose nere!” Squittì una ragazza bionda, da dietro il bancone, sorridendo, mentre Todoroki si avvicinava per ordinare: “Posso essere d’aiuto?” Domandò, mentre il ragazzo si sistemava su uno degli sgabelli rossi.
“Una Kaltenberg.” Esalò, beandosi del calore del bar. Se c’era un’altra cosa che apprezzava dell’Ungheria era decisamente la Kaltenberg. La ragazza sorrise, sistemando un tovagliolo nero davanti a lui e procedendo a spillare la birra. Nel locale c’era un’atmosfera piacevole, anche se in condizioni normali Todoroki l’avrebbe giudicato decisamente troppo affollato: “Interessante. Qual è la tua Unicità?” Domandò la ragazza, poggiando la birra sul bancone e puntando gli occhi verdi su di lui, curiosa.
“Sono mezzo ghiaccio e mezzo fuoco.” Esalò atono Todoroki, che si sentiva davvero a disagio a parlare con una sconosciuta, per di più di se stesso.
“Oh, wow, ma dev’essere fantastico. Puoi regolare la temperatura della doccia? Oh, io ci metto sempre un sacco di tempo, non puoi…” La ragazza puntò improvvisamente gli occhi sulla porta del locale, interrompendosi bruscamente: “Altri clienti. Devo accoglierli, mi dispiace.” La biondina sembrava profondamente costernata, ma Todoroki, dal canto suo, era sollevato ed estremamente grato a chiunque fosse entrato, per averlo strappato dalla sua indesiderata conversazione con una barista chiacchierona. “Buonasera e benvenuto alla locanda delle rose nere!” Sentì di nuovo.
Al peggio, però, non c’è mai fine, si sa, perché Todoroki tornò alla realtà non appena sentì la voce del misterioso benefattore che l’aveva salvato da una tempesta di domande e che, ahimè, era tutto tranne che sconosciuta.
Una voce squillante gli sembrò sovrastare la confusione generale del locale, che esordì con un inconfondibile quanto agghiacciante: “Woooow, locanda delle rose nere? Che nome fantastico! Ma poi è davvero una locanda? Ci sono davvero le stanze, come nei film medievali? Anche se non vedo scale, quindi mi sembra strano.”
Oh, non c’erano dubbi. Conosceva solo una persona più ficcanaso e logorroica della barista bionda. Todoroki stentava a crederci: Midoriya Izuku era davvero a Budapest come lui? Aveva paura di controllare con uno sguardo, aveva paura di ricadere in quella trappola asfissiante e oscura. Eppure non riuscì a controllarsi, quando si girò in direzione di quella voce, avvertendo una fitta allo stomaco, non appena un ciuffo di capelli verde scuro spuntò nella folla, a qualche sgabello di distanza da lui. Gli sarebbe bastato qualche passo e l’avrebbe raggiunto, l’avrebbe potuto sfiorare, salutare e ricordare insieme i tempi del liceo, della U.A., quando non c’erano ancora missioni impossibili, pressioni e stress. Quando tutto aveva avuto inizio.
 
Dio, se solo potessi riscaldarmi! Pensò Midoriya, aggirandosi infreddolito per le strade pazzamente fredde di Budapest. La città era carina, questo sì, ma non era proprio il suo genere, no, lui era lì per una missione. Il suo compito era trovare un GPS umano, per di più prima che lo facessero altri eroi. A lui della competizione fregava ben poco, a dir la verità. Era sempre stato un grande sostenitore della giustizia ed era proprio per questo motivo che era lì, a Budapest, convinto di aver perso definitivamente l’uso delle dita dei piedi. Quindi per quanto detestasse quel freddo che reputava davvero eccessivo, anche per l’Ungheria, era come al solito determinato a portare a termine il suo compito, a qualunque prezzo. Però davvero, avrebbero dovuto fare qualcosa per quelle luci. I lampioni emanavano una luce inospitale e soffusa, come se il freddo riuscisse ad intimidire e spegnere anche lei. L’atmosfera era spettrale. Il contrasto del bianco candido della neve sulle strade con il buio tetro dei palazzi era inquietante, cupo. Pensò ai suoi amici e a cosa avrebbero pensato se fossero stati lì con lui. Oh, ne era certo: Uraraka avrebbe preso a camminare come un pinguino, con uno sguardo buffo e le sopracciglia aggrottate, cercando di lamentarsi il meno possibile e rabbrividendo scuotendosi tutta ad ogni minimo alito di vento; Iida avrebbe sicuramente cercato il modo più pratico e veloce per passare il minor tempo possibile al freddo, mentre Kacchan si sarebbe limitato a qualche imprecazione saltuaria, cercando di mostrarsi poco infreddolito e insofferente, lasciandosi scappare qualche 'che città di merda' tra i denti. Poi pensò a Todoroki, Dio, l’avrebbe amata, ne era certo. Avrebbe amato l’aria gelida, il bianco etereo della neve, il silenzio, l’odore del freddo. La sua mente non poté fare a meno di vagare. Avrebbe voluto vederlo sorridere per i fiocchi di neve che si mescolavano ai suoi capelli rossi, rendendolo irresistibile con i capelli interamente bianchi.
All’improvviso, però, il suo flusso di pensieri fu interrotto bruscamente. Midoriya credette di star sognando: quello era un bar! Prima ancora che potesse decidere se entrare o meno, i suoi piedi fino ad allora congelati si sciolsero per un ultimo movimento disperato verso la porta di quella che adesso Midoriya leggeva essere La locanda delle rose nere. Varcò la soglia, attirato dal calore e dal desiderio di una cioccolata calda.
“Buonasera e benvenuto alla locanda delle rose nere!” Una ragazza bionda lo accolse: “Woooow, locanda delle rose nere? Che nome fantastico! Ma poi è davvero una locanda? Ci sono davvero le stanze, come nei film medievali? Anche se non vedo scale, quindi mi sembra strano.” Tirò fuori dalle tasche le poche banconote che aveva, per accertarsi di poter pagare. Aveva una banconota da 5000 fiorini ungheresi. Perfetto. Midoriya si rendeva conto di essere troppo sollevato per smettere di essere tanto entusiasta e si lasciò condurre dalla scoppiettante cameriera, che si adoperò subito per portargli la cioccolata calda più buona che avesse mai bevuto. La bevanda gli morì in gola, però, quando scorse una testa rossa e bianca alla sua destra, lasciandolo spiazzato, mentre tutto il resto, attorno a lui svaniva.

Todoroki avvicinò il bicchiere alle labbra e mandò giù il primo sorso di birra, mentre un mare di ricordi e di rimpianti lo assaliva, senza che potesse fermarlo.

Note dell’autrice: Buondì. Riportiamo un po' di TodoDeku nel fandom! Questa storia è un esperimento. Un esercizio di stile, di idee e chi più ne ha più ne metta. Non voglio davvero anticipare nulla su questa storia, alla quale mi sono anche inspiegabilmente affezionata, nel corso del tempo. Per vari chiarimenti sulla struttura aspettate il prossimo capitolo, perchè questo è più un prologo, a dire il vero. In totale sono 8, tutti già pronti. Non so bene con che frequenza pubblicarli (non li ho mai avuti tutti preparati, abbiate pazienza, senza un po’ d’ansia e di ritardi non sono più io), pensavo uno alla settimana, ma fatemi sapere che ne pensate. Vi sarei davvero grata se aveste voglia di lasciarmi un qualunque commento per farmi sapere che ne pensate! Grazie a tutti per aver letto, in ogni caso!
Adieu,

El.

P.S. Nel caso in cui ve lo steste chiedendo "megbánás" è ungherese e significa "rimpianti".
   
 
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