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Autore: vali_    27/02/2019    3 recensioni
[Seguito di "Wash Away"]
Sam, dopo aver perso Jessica, è tornato a cacciare con suo fratello, nonostante continui a credere che la sua vita potrebbe essere molto di più che inseguire mostri e un incubo infinito. Dean si sente meglio ora che ha nuovamente suo fratello al suo fianco, ma Ellie gli manca più di quanto voglia ammettere e, quando una persona a lui cara lo cerca per chiedergli di occuparsi di un problema che la riguarda, non esita un istante a prendere l’Impala e correre da lei.
… “«Scusa Sam, ma non andiamo in Pennsylvania».
La smorfia che compare sulla faccia di suo fratello è un misto tra il disperato e lo spazientito, ma a Dean poco importa di come prenderà questo cambio di programma. «Come? Ma se avevamo detto—»
«Non importa quello che avevamo detto» prende fiato e lo guarda intensamente; non ha voglia di discutere, ma almeno deve dargli qualche informazione su questo cambiamento improvviso. Tanto poi sa che, durante il viaggio, Sam lo riempirà di domande comunque
”…
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Prima stagione, Seconda stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Some things are meant to be'
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Note: Buonasera! Vi sto scrivendo prima di mezzanotte e nel giorno giusto, sto per urlare al miracolo! *sventola pon-pon in aria per fare festa*
Scemenze a parte, anche questo capitolo è incentrato sulle vicende del telefilm, o meglio, su di esse riscritte con Ellie in mezzo. Spero che la cosa non sia un assurdo minestrone di nonsense e che vi piaccia.
Mando un forte abbraccio a tutti coloro che stanno leggendo e seguendo la storia. Mi sembra che stiate aumentando e la cosa può farmi solo piacere.
A mercoledì prossimo, buon proseguimento di settimana! :***

Capitolo 25: Goodbyes
 
 The most painful goodbyes are the ones
That are never said
And never explained.
 
(Bilal Nasir Khan)
 
 
Il cielo è particolarmente azzurro, quest’oggi. Un po’ troppo, nonostante sia un primo pomeriggio di fine agosto e non trova giusto che non se lo stia godendo nel modo in cui vorrebbe, sorseggiando una birra fresca in un parco o in qualsiasi altro posto che non sia pieno di pozzanghere e tralicci della corrente.
Dean osserva uno dei suoi borsoni aperto davanti a lui dentro il bagagliaio dell’Impala, anch’esso spalancato. È quello pieno di armi e ne ammira la forma mentre, con la mano appiccicata all’orecchio, attende per l’ennesima volta che al di là del telefono che tiene stretto tra le dita compaia una voce amica. Sospira rumorosamente quando realizza che non è così ed è costretto a chiudere il cellulare per la centesima volta in questa lunga giornata.
 
È da poco dopo che sono partiti che prova a chiamare Ellie e lei non ha risposto neanche una volta. È arrabbiata e una parte di lui lo comprende perfettamente, ma allo stesso modo non capisce perché se la stia prendendo così tanto. Non sanno in che razza di posto è tenuto papà, tantomeno in che condizioni lo troveranno o quanti demoni ci saranno ad aspettarli. Era un rischio che non voleva farle correre.
È vero che lei ha fatto tutt’altro, quando si è trattato di sistemare la faccenda “vendichiamo Jim”, ma qui è completamente diverso. Non poteva di certo affrontare quell’energumeno di mostro da sola in mezzo a una foresta, mentre lui ha Sam e insieme riusciranno a cavarsela. Se a entrare in un edificio pubblico fossero in tre desterebbero troppi sospetti, mentre così è più sicuro. Insomma, erano molto più i pro che i contro, per questo l’ha lasciata a casa di Bobby, dove almeno è al riparo da qualsiasi problema. Quel posto è il più sicuro che Dean conosca e, anche se qualcosa dovesse minacciare la casa, Bobby ne sa una più del Diavolo e riuscirebbe a proteggerla senza alcun problema.
 
Sono qui da quasi dieci minuti. Si tratta di uno spiazzo un po’ fuori città, posto vicino a un ponte con dei grossi piloni di cemento armato e un luogo che, a giudicare dall’aspetto – pieno di carretti con sopra mucchi di sassi e ghiaia – potrebbe essere un cantiere. O una vecchia fabbrica edilizia, qualcosa di simile. [1] Ci sono anche un paio d’alberi, ma è essenzialmente deserto.
L’idea è quella di lasciarci la macchina, così da avere un posto sicuro dove tornare e avvicinarsi più di soppiatto al luogo indicato da Meg. Hanno già controllato la cartina: non è tanto lontano da qui.
 
Fissa il cellulare, indeciso sul da farsi, quando la voce del fratello gli arriva alle orecchie. «Sei silenzioso» Dean stringe le spalle, gli occhi ancora bassi «Ellie non ti risponde?»
«No. Mi sa che l’ho fatta incazzare sul serio» si gratta dietro la nuca, un po’ in imbarazzo – lo è sempre quando si trova a parlare di Ellie con Sam –, ma gli viene in mente un’idea. Gli si avvicina – Sammy sta leggendo il libro che gli ha dato Bobby prima che partissero da quando sono scesi dalla macchina – e lo guarda negli occhi «Mi dai il tuo telefono?»
Sam lo fissa con aria di rimprovero «Dean… »
«Beh, che c’è? Se pensa che sei tu a chiamarla magari risponde».
Suo fratello lo guarda con aria di sufficienza, come a dirgli che la sua è l’idea più idiota che abbia mai avuto «Non è stupida. L’hai chiamata finora, tu pensi che non capisca che—»
«Mi fai provare o no?»
 
Magari è stato troppo brusco, lo riconosce, ma non ha voglia di tante moine: è nervoso per papà, per questa storia di Ellie che ce l’ha con lui e per un sacco di altre cose che la riguardano e mettersi a discutere con suo fratello è proprio ciò che vorrebbe evitare con tutto il cuore. Oggi non è un buon momento per farlo.
Sam rotea gli occhi prima di consegnargli il suo cellulare. Dean compone il numero – ormai lo sa a memoria – e lo appoggia all’orecchio, ascoltando il suono familiare degli squilli e finalmente, dopo tre di questi, arriva una risposta.
«So che sei tu, Dean. E sai che ti dico? Se avevi così tante cose da dirmi mi avresti portata con te!» e Dean non fa in tempo neanche a risponderle che Ellie ha già riattaccato. Sbuffa sonoramente borbottando un «Che cazzo» appena udibile all’orecchio di Sam che, invece, lo osserva divertito. Gli restituisce il telefono e lo guarda di traverso «Non è un buon momento per prendermi in giro, Sam».
Suo fratello piega le labbra in una smorfia pensierosa, poi sorride appena. «Non essere così nervoso. Andrà tutto bene con papà, vedrai. E anche con Ellie». Dean stringe le spalle, puntando gli occhi sulle armi nel borsone che ha già provveduto a preparare, per niente convinto delle parole del fratello. Sente ancora gli occhi di Sam addosso, però. «Anche se lei, effettivamente, non ha tutti i torti».
Alza la testa, guardandolo male; ci avrebbe giurato che avrebbe voluto dire la sua. «Si, invece. Ha torto marcio».
«Io dico di no» Dean continua a guardarlo storto, ma Sam non si scompone. «È sempre venuta con noi, perché stavolta è diverso?»
«Perché stiamo andando da papà ed è pericoloso».
Sam sorride sarcastico «Quale delle nostre ultime caccie non lo era?» Dean si morde il labbro, abbassando nuovamente gli occhi sul borsone. «Ormai lei è di famiglia. Lo è per me, immagino lo sia anche per te e… beh, credevo che la cosa ti facesse piacere».
Alza la testa sbuffando aria dal naso «Ed è così. Sto bene con lei e sono contento di come stanno andando le cose. Anche se ogni tanto litighiamo… »
Sam stringe le spalle «Quello è normale».
«Ma papà… »
Dean guarda il fratello sgranare appena gli occhi «Non l’hai voluta portare con noi per questo? Perché a lui non piace?»
«No, non è questo. È… è che le cose che capitano a lei io le so gestire. Non voglio che si faccia male per qualcosa che riguarda solo noi».
Sam ci riflette un attimo «Non la ritieni in grado? Perché credo che se ti sentisse si offenderebbe tantissimo».
«No, assolutamente. È brava in questo lavoro e si impegna tanto per dare il massimo. Solo… solo non voglio che si faccia male per papà che di lei non ha nessuna stima. Non se lo merita».
Sam stringe le labbra in una linea sottile «Se lo dici tu» e torna a sfogliare le pagine del libro che gli ha affidato Bobby, lasciandolo a riflettere. Dean è nervoso, però, e decide di rovistare nel borsone e ricontrollare tutte le armi che vi ha riposto.
 
Non pensa di avere torto. Non stavolta. Ellie è così testarda, quando vuole, e ci tiene a far valere le sue ragioni, ma stavolta non ha ragione. Non del tutto, almeno.
Sospira appena, sbuffando aria dal naso. Può prendere in giro Sam e anche lei, ma sa benissimo che c’è dell’altro dietro il suo complesso ragionamento, qualcosa che ha a che fare con papà. Sa che adesso la priorità è trovarlo e portarlo da Bobby – che ha promesso di non sparargli se lo vede e già questo gli sembra un grande risultato –, ma non riesce a non pensare a quello che è successo nei giorni scorsi. Perché è vero che la missione è particolarmente pericolosa, che in due saprebbero gestire il tutto meglio che in tre e tutto il resto, ma la verità è che aveva una paura fottuta che, dopo averlo aiutato, papà le avrebbe comunque dato contro. È una cosa stupida, ma lo conosce e sa che non cambierà idea su Ellie, non dopo essere stato così categorico nei suoi riguardi. Non voleva leggere altra delusione nei suoi occhi, non dopo che si sarebbe esposta in prima persona per aiutarlo.
 
Sono giorni che ci pensa, da quando papà gli ha parlato in quel modo. Sa che Ellie è totalmente sincera quando gli dice che è felice di stare con lui e della loro vita insieme, è sicuro delle sue parole perché gli ha dimostrato le sue intenzioni più volte e la sua voce è sempre così vera e colma di emozione che gli mette i brividi ogni volta. Tuttavia, però, non riesce a smettere di pensare che quello che gli ha detto papà, in fondo, è vero. Non tanto la parte in cui Ellie ad un certo punto comincerà a pretendere tutte quelle cose che ha elencato – una famiglia, un tetto sulla testa eccetera –, ma per il fatto che lui, con la vita che fa, non potrà mai darle niente di tutto questo.
È una bugia quella che si racconta spesso: non è vero che non vorrebbe una famiglia. Non si sarebbe mai sognato di mettere la testa a posto, quello sì, ma non può negare – almeno a se stesso – che l’idea di una donna con cui condividere la vita e un branco di marmocchi intorno non gli dispiacerebbe. Ma è altrettanto vero che non potrebbe mai fargli vivere quello che ha vissuto lui, imbracciare un fucile a quattro anni per proteggere un bambino più piccolo da tutto quello che c’è fuori e istruirlo come ha fatto papà. Così come non può sperare di poter vivere in una casa se non nel modo in cui fa Bobby, continuando a cacciare. E visto che non ha un dollaro in tasca tanto vale continuare a fare quello che fa e spostarsi di continuo, l’Impala l’unico tetto sicuro a cui far ritorno.
Per questo è preoccupato, perché più ci pensa più si sente un egoista. Dovrebbe volere per Ellie un futuro migliore, più luminoso e promettente di quello che può dargli lui che è fatto di sangue e fatica non ripagata, di sudore e notti insonni passate tra vecchi libri e appostamenti infiniti anziché come dovrebbero passarle, appiccicati l’uno all’altra a godere del loro stare insieme. Ellie si merita molto, molto di più.
 
È cattivo da pensare, ma a volte spera quasi che lo lasci per non trascinarla con lui. Ci pensava spesso, nell’anno in cui non si sono parlati. Si ripeteva che era meglio così e una parte di lui sperava fortemente che fosse lontana da tutto quel casino e di non ritrovarla, perché lontano da lui e da Jim avrebbe condotto un’esistenza normale, sarebbe stata fuori da quella merda. È contento di come sono andate le cose, poi, perché è un egoista e gli piace averla con sé, sapere che l’ha scelto e che è disposta a fare tanti sacrifici per stare con lui. Se fosse più altruista troverebbe il coraggio di lasciarla andare, ma ogni volta che la guarda pensa che è rimasta da sola e che deve proteggerla.
 
Con la coda dell’occhio vede Sam avvicinarsi e ciò lo distrae. Si volta leggermente a destra e lo vede pulire l’angolo del bagagliaio aperto dell’Impala e disegnarci sopra con una matita bianca.
Gli si avvicina velocemente, la fronte aggrottata «Che stai disegnando sulla mia macchina?»
Sam continua imperterrito, fregandosene del suo monito. Ha fatto un triangolo dentro il quale vi è un cerchio in cui sta disegnando una stella a cinque punte. «È una Trappola del Diavolo. I demoni non possono attraversarla».
«E allora?»
Sam si sposta, andando vicino all’altro angolo della portiera. «Trasformo il bagagliaio in una cassaforte».
Dean sfuma un lato del triangolo con le dita, assicurandosi del fatto che questo sgorbio andrà via quando deciderà di toglierlo. Continua a guardare Sam dubbioso «E allora?»
«Allora» Sam toglie la polvere dall’angolo del bagagliaio e riprende a disegnare lo strano simbolo «Ci nascondiamo la Colt mentre prendiamo papà».
«Sei impazzito? La Colt ce la portiamo».
«Non possiamo, Dean. Ci sono rimaste solo tre pallottole. Non possiamo usarle per dei demoni qualsiasi, ma per quel demone».
«No» si avvicina al fratello «Dobbiamo salvare papà, Sam, e per farlo dobbiamo usare ogni mezzo».
Lo guarda chiudere il librone e alzare gli occhi su di lui «Sai quanto si incazzerebbe se usassimo tutte le pallottole? Non vorrebbe che portassimo la pistola».
Dean alza la voce «Non m’importa, Sam! Non m’importa quello che vuole papà e poi… poi da quando importa a te?»
Sam lo guarda dritto negli occhi «Io voglio uccidere questo demone. Un tempo lo volevi anche tu! Insomma, sei tu quello che è venuto a cercarmi all’università» Dean sbuffa un sorriso amaro, abbassando lo sguardo «Tu mi hai trascinato in questa situazione, io voglio solo farla finita».
Scuote appena la testa, alzando gli occhi sul fratello «Tu e papà vi somigliate più di quanto pensassi. Entrambi non vedete l’ora di sacrificarvi per la causa, il che è lodevole, ma poi sarò io a dovervi seppellire!» Sam non gli dice niente, lasciandolo libero di sfogarsi «Ti sembro egoista, eh? A te invece importa solo della vendetta».
Sam scuote la testa «Questo non è vero» e Dean fa una smorfia ironica «Io voglio salvare papà, ma loro si aspettano che portiamo la pistola e quando ce l’avranno ci uccideranno tutti» Dean abbassa gli occhi di nuovo «Quella Colt è la nostra unica speranza e tu lo sai bene. Non possiamo portarla» sente ancora il suo sguardo addosso, fisso e insistente.
Sbuffa aria dal naso e alza gli occhi «D’accordo».
«Dico sul serio».
«Ho detto d’accordo!» sfila la Colt dal taschino interno della giacca e la mostra a Sam prima di poggiarla nel bagagliaio. Suo fratello lo scruta per qualche istante, poi gli gira intorno e si allontana. Non lo controlla più e a Dean non ci vuole molto a riprendere l’arma e infilarla velocemente nel retro dei pantaloni prima di chiudere la portiera del bagagliaio. Sorride tra sé: è stato come rubare le caramelle a un bambino. 
 
Sam sarà anche bravo a voler giocare d’astuzia, ma a Dean poco importa. L’unica cosa che gli interessa è salvare papà e per difendersi vuole essere pronto. Sapere di avere un asso nella manica da usare all’occorrenza, poi, è tutto meno che sconveniente.
 
*
 
Siede su una sedia malandata della cucina di Bobby, la gamba destra incrociata sotto l’altra che, invece, sta a penzoloni, oscillando ogni tanto da destra a sinistra e viceversa. Il braccio sinistro sotto la testa piegata di lato, Ellie segue la matita muoversi sul foglio di carta pulito del suo taccuino mentre disegna il profilo di una bambina che annusa una margherita. Il telefono, a pochi centimetri dal suo viso, ha smesso di squillare neanche dieci minuti fa.
 
Sta facendo di tutto pur di ingannare il tempo. Bobby la fa facile: «Trovati qualcosa da fare», le ha detto, ma a parte fare il pranzo e cucinare una bella crostata con la marmellata di pesche che ha trovato al banco quando stamattina è andata a fare la spesa, al momento non ha trovato di meglio. Ci sarebbe da pulire di là, che lo studio è di nuovo un disastro e ci sono pure macchie di sangue di Meg sparse in un paio di punti, ma c’è mister parlo con tutti i cacciatori del mondo e devo fare ricerche che gli ha severamente vietato l’accesso e quindi non può fare nulla.
Deve aspettare che la crostata sia cotta, poi, perciò ne ha approfittato per prendere il suo taccuino e fare dei disegni, ma non è ispirata né tantomeno concentrata quindi è finita a cercare di riprodurre una delle foto che le aveva scattato la mamma quand’era piccola, ma il risultato non è eccellente. Ha cancellato la linea del naso almeno tre volte perché le era venuta storta… è che proprio non ci sta con la testa.
 
È così arrabbiata con Dean. Si sente messa da parte, scansata nel momento in cui lui poteva avere più bisogno di una mano in più. Le ha fatto tante di quelle storie quando si è trattato di uccidere il Formichiere e vendicare suo papà e, adesso che lui è nella stessa situazione, la lascia fuori. Ad Ellie non lo avrebbe mai permesso, avrebbe fatto di tutto pur di aiutarla e a lei, invece, non è stato riservato lo stesso trattamento. Tutt’altro.
È stupido litigare prima di una caccia così importante. Ovviamente spera che tutto andrà per il meglio, ma potrebbe succedergli qualcosa – a lui, a Sam o allo stesso John – e potrebbe passare del tempo prima di rivederlo e ad Ellie dà fastidio litigare e non averlo vicino per poter fare pace quando la rabbia le passa. È una cosa infantile, forse, ma crede che sia più semplice porre fine a una lite guardandosi negli occhi e, non avendo questa possibilità ora che Dean è lontano, teme che durerà troppo per le lunghe e sarà difficile sanarla. Più tempo passa e peggio è; o almeno, questa è la sua idea.
 
Ricorda quando litigavano quando erano lontani, nei mesi precedenti alla morte di papà. I motivi potevano essere i più svariati, da una stupidaggine a una cosa più seria, come quando Dean si lamentava perché non riuscivano a vedersi, e passavano giorni prima di richiamarsi. Un paio di volte Ellie era arrivata a pensare che Dean non lo avrebbe fatto più. Il fatto che sono entrambi molto orgogliosi non li aiutava di certo a chiarirsi in fretta.
 
Sospira appena, seguendo il filo dei suoi pensieri e lo fa più forte quando il telefono ricomincia a squillare. Osserva il nome di Dean comparire di nuovo sul display.
«Se non la pianti di lasciar suonare il cellulare a vuoto, la prossima volta rispondo io».
Ellie alza la resta e di fronte a lei trova Bobby, accanto allo stipite della porta che separa lo studio dalla cucina con una mano poggiata su un fianco. Il solito abbigliamento da cacciatore – camicia, gilet marrone e un paio di logori jeans – e gli occhi piccoli seminascosti dal solito berretto, lo guarda e sbuffa sonoramente «Ti prego, non ti ci mettere anche tu. Almeno la prossima volta imparerà a non lasciarmi qui».
Bobby fa una smorfia «Oh, vedo che ti fa proprio piacere passare un po’ di tempo con questo povero vecchio».
La sua voce fintamente arrabbiata le strappa un sorriso. «Non è per questo. Anzi, se potessi, con te ci starei di più».
«E allora cos’è che ti ha fatto arrabbiare tanto?»
Il telefono smette di suonare ed Ellie si lecca le labbra. Appoggia le braccia sul tavolo e intreccia le dita di entrambe le mani tra loro «Il fatto che non mi ha voluto portare con loro. Cavolo, quando dovevamo uccidere il Formichiere ha fatto tutto il contrario di ciò che gli avevo chiesto, ha insistito così tanto per venire con me e ora che glielo chiedo io, che voglio dargli una mano in una cosa che è importante per lui e Sam, mi lascia qui».
Bobby sembra rifletterci su, ma la piega che prendono le sue labbra le fa capire che ha già in mano la risposta. Incrocia le braccia al petto e la guarda negli occhi «E tu, se avessi potuto, non avresti voluto lasciarlo qui o in qualunque altro posto che fosse lontano dal pericolo?» Ellie si morde il labbro inferiore senza rispondere. L’avrebbe fatto, sì. E non se ne sarebbe pentita. Non fa in tempo a rispondergli che il telefono ricomincia a suonare «Dai, muoviti a rispondere che se sono a Jefferson City non potrà chiamarti ancora a lungo. E questa canzoncina mi dà sui nervi».
 
Lo guarda tornare nell’altra stanza come niente fosse, un sorriso da presa in giro dipinto sulla faccia barbosa, e sospira rumorosamente prima di afferrare il cellulare e premere il tasto verde per poi appoggiarlo all’orecchio.
«Pronto?» la voce di Ellie è mesta e bassa, indecisa. Una parte di lei vorrebbe aver ignorato anche questa telefonata.
Dall’altra parte, invece, un sospiro veloce le fa capire che Dean le ha appena sorriso «Finalmente, cazzo… pensavo non volessi rispondere più».
Ellie stringe le labbra in una linea sottile «Ero molto tentata. Te lo meriteresti perché sei uno stupido».
Lo sente sorridere di nuovo, più deciso; gli sembrerà una bambina arrabbiata, ha pronunciato quelle parole come se avesse il broncio per un capriccio. «Ellie… »
«No, niente Ellie. Perché non mi hai voluto portare con te? E non dirmi che è perché è pericoloso perché riattacco».
Lo sente sospirare forte «Era meglio così. Non so in che condizioni troveremo papà e—»
«Allora è per questo? Per tuo padre? O perché pensi che io non sia in grado?»
«Per nessuno di questi motivi. È solo che non voglio che corri rischi inutili».
Il suo tono è calmo, troppo, ed Ellie aspetta un po’ prima di rispondere «Ma quante volte abbiamo discusso su queste cose e quante volte ci siamo promessi di non lasciarci fuori? Mi fai pensare che credi che per te io non sia abbastanza… tosta».
Lo sente sorridere di nuovo «Oh, invece lo sei, tesoro».
Aggrotta le sopracciglia e riflette un attimo sul tono con cui ha pronunciato quella frase, troppo malizioso per essere serio, e sospira appena «Non sto parlando di sesso, Dean. Dico sul serio».
«Anche quella è una cosa seria».
«Dean!»
Lo sente sorridere ancora «Va bene, ho capito. Però non cambia la sostanza del problema. Insomma io… io voglio solo proteggerti».
«E io guardarti le spalle. Me lo devi lasciar fare, però».
Lo sente sorridere nuovamente, sospirando appena «Va bene, ho capito. Abbiamo finito con la ramanzina?»
«Forse» Ellie fa una piccola pausa, mordendosi l’indice della mano sinistra prima di parlare ancora «Dove siete adesso?»
«A Jefferson City».
«Avete trovato il posto dove è nascosto John?»
«Non ancora. Stiamo costeggiando il fiume a piedi, speriamo di trovarlo al più presto. Se Meg non ha mentito, non dovrebbe essere tanto lontano da qui».
Ellie si lecca le labbra «È impossibile che l’abbia fatto, Dean. Dopo quello che gli abbiamo fatto… »
Lo sente borbottare qualcosa, forse in risposta a qualcosa che gli ha detto Sam. «Aspetta, penso che ci siamo» fa una piccola pausa «Quel Sunrise di cui parlava Meg. È un complesso di appartamenti. Il figlio di puttana è molto furbo».
Ellie ci riflette un attimo «Se possono possedere la gente… »
«Possono farlo con chiunque, esatto».
Avverte la voce di Sam in lontananza «E quindi farci aggredire».
Si passa la mano libera sulla fronte «Sarei molto più tranquilla se potessi essere lì con voi a darvi una mano».
«Io lo sono sapendo che sei da Bobby, invece» non glielo dice con un tono arrabbiato, ma pacato, protettivo. «Dai, ti chiamo quando troviamo papà. Te lo prometto».
Ellie sbuffa aria dal naso «Ok».
«Ci sentiamo più tardi».
«Ciao… Dean?»
«Sì?»
Ellie sospira di nuovo «Sta attento» e lo sente sorridere «Come sempre».
 
Chiude la telefonata e appoggia il cellulare sotto il mento, riflettendo sulle parole di Dean e sperando con tutto il cuore che vada tutto per il meglio.
 
La sera stessa, è passata da poco la mezzanotte quando Dean le scrive un messaggio: “È tutto a posto, papà è salvo. Torniamo presto”.
Ellie, nel letto della sua stanza che non gli è mai sembrato così grande e vuoto, tira le labbra in un sorriso. Gli risponde velocemente, dicendogli di riposarsi e non prova vergogna nello scrivergli che le manca. È vero, sono passate solo poche ore da quando l’ha visto e non è come quando sono stati dei mesi interi senza vedersi, ma Ellie ormai è abituata alla sua presenza. Passano le giornate intere insieme, condividendo qualsiasi cosa e, adesso che è lontano, le sembra di non vederlo da un sacco.
Sa che non riceverà risposta, perché Dean non è uno sdolcinato e probabilmente starà anche ridendo di lei, ma non ha importanza. Voleva solo che lo sapesse.
 
Si addormenta abbastanza tranquilla, quindi, cullata dall’idea che è tutto a posto e che una volta stabilito come comportarsi con il demone agiranno di conseguenza. Magari tornando qui per delle ricerche o proseguendo da qualche altra parte per provare a stanare quel bastardo, chi lo sa. Ellie, comunque, al momento non se ne preoccupa. L’importante è che stiano tutti bene e che Dean torni presto ad abbracciarla.
 
*
 
Bobby è sempre stato un padre in fondo. Anche se nessuno glielo ha mai detto, anche se è scappato dal volerlo diventare davvero quando ne ha avuto l’occasione. [2]
Eppure si è ritrovato ad accudire due bambini non suoi, a cercare di farli giocare con le palle da baseball anziché con le pistole, perché di quelle e di armi e fuoco ne avevano già abbastanza. Ha cercato di trattarli come bambini e non come soldati e quando è arrivata anche lei, quella ragazzina con le trecce e il viso pulito, non ha potuto non affezionarsi. Anche se non ammetterebbe a nessuno dei tre, neanche sotto tortura, quanto gli vuole bene. È una cosa da vecchi imbecilli.
 
Sa con certezza che un bel pezzo del suo cuore stanco e arrugginito ha fatto un sonoro crack quando Sam lo ha chiamato poco fa, dicendogli che hanno avuto un incidente e che Dean sta male, che è in coma e che rischia la pelle.
Sam gli ha chiesto di incontrarsi per rimorchiare l’Impala e portarla tra gli altri rottami di casa sua. Ha acconsentito, ovviamente, ma non sa come affrontare Ellie, che è in cucina e non sa ancora niente.
Ieri sera l’aveva vista abbastanza tranquilla. Non del tutto, ovviamente, perché è chiaro che avrebbe preferito andare con Sam e Dean e vedere la situazione di persona, ma il messaggio di quel testone le aveva dato un po’ di serenità.
Era di sopra, nella sua stanza, ma è corsa giù a dirglielo come una furia, pensando che anche lui volesse sapere come andavano le cose. Bobby, chiaramente, ha apprezzato il gesto.
 
Entra in cucina titubante, non sapendo bene come riferire ciò che è accaduto. Sam l’ha pregato di farlo al posto suo e Bobby non credeva davvero che il compito fosse così arduo.
 
La trova con un piatto in mano, intenta a metterlo a posto insieme agli altri che ha trovato nella lavastoviglie che ha mandato ieri sera. Gli sorride «Ehi brontolone, che fai?»
Bobby tira le labbra in una linea sottile. Non sa dove trovare le parole «Mi ha… mi ha chiamato Sam. Devo—»
Lei lo guarda allarmata «Oh, stanno bene?»
Deglutisce «Non esattamente. Dobbiamo… dobbiamo andare in un deposito per le auto vicino Columbia, in Missouri». [3]
Ellie abbassa le braccia, il suo sguardo confuso e spaventato «Che è successo?»
Bobby si lecca le labbra; cerca di non allarmarla ulteriormente «Hanno avuto un piccolo incidente e… e devo rimorchiare l’Impala fino a qui».
La guarda deglutire «Si sono fatti male? Stanno bene?» non attende neanche che Bobby le risponda e parla ancora «Ma Dean… perché ti ha chiamato Sam? Dov’è?»
Bobby si lecca nuovamente le labbra, sbuffando aria dal naso «In ospedale» non riesce a dire altro, troppo consumato dall’angoscia e dalla preoccupazione che sente. L’unico suono che proviene da lei è il rumore del piatto che le scivola dalle dita, infrangendosi a terra in mille pezzi.
 
*
 
Osserva il panorama fuori dal finestrino, gli alberi scorrere veloci accanto alla strada, il sole alto in cielo che illumina tutto il paesaggio mentre qualche nuvola gli passa a fianco, senza sfiorarlo. Ellie si morde le labbra, prima di controllare che ore sono: quasi le tre del pomeriggio. Sono in macchina da più di sei ore e il maledetto deposito che gli ha indicato Sam sembra ancora lontano.
 
Per il lavoro che fanno sono costretti a spostarsi molto, ma ad Ellie un viaggio non era mai sembrato tanto lungo. Si è mordicchiata tutte le unghie e tutte le pellicine intorno ad esse; non le capitava da quando la mamma stava male. È così tesa che si metterebbe a urlare ed è convinta che neanche quello le darebbe poi così sollievo.
 
Bobby non ha detto molto. È silenzioso, nervoso anche lui e, per qualche strana ragione, non si prodiga neanche a nasconderlo. Ellie riesce a comprendere bene la sensazione. Dev’essere dura per lui, che ha visto quei due ragazzi crescere. È come se fossero i suoi figli e sapere che stanno male non dev’essere una passeggiata.
 
Ellie ha chiamato Sam subito dopo che sono partiti. Poi l’ha rifatto un paio d’ore dopo e avrebbe telefonato ancora, un’altra volta almeno, se Bobby non le avesse detto di non farlo. Non ci aveva pensato, ma effettivamente non aveva torto: chiamare in continuazione in una situazione tanto delicata non avrebbe fatto che allarmarlo. Ha preferito dargli un po’ di pace.
Durante la prima telefonata, Sam le ha detto che di quello che è successo ne avrebbero parlato a voce, ma che in pratica dopo l’incidente Dean ha riportato ferite al fegato e ai reni oltre a un trauma alla testa, chiaramente la cosa più preoccupante. Ellie non sa come sia riuscita a trattenere le lacrime, dopo aver sentito quelle cose. John, invece, se l’è cavata con un braccio rotto.
 
Capisce che sono arrivati dopo un po’, quando Bobby mette la freccia a sinistra verso l’entrata di quello che ha tutta l’aria di essere un deposito di auto. Ci sono una fila di macchine, molte ammassate su altre, a destra e a sinistra di una stradina sterrata, una specie di piccolo capanno costruito con della lamiera, probabilmente la rimessa per gli attrezzi, e un altro più grande più avanti, verso il fondo.
Ellie guarda Bobby parcheggiare il suo vecchio camioncino sul lato destro della stradina e sfreccia fuori, vedendo Sam poco distante. È in piedi con le braccia lungo i fianchi; sembra distrutto.
Si chiude lo sportello alle spalle e gli corre incontro. Quando gli è di fronte, lo guarda negli occhi con fare apprensivo; i suoi sono molto tristi. Ha lo zigomo sotto l’occhio destro gonfio e violaceo e qualche taglietto qua e là sul viso, uno sul naso, un altro sotto l’occhio destro e un altro ancora sul labbro inferiore. Ellie gli poggia una mano su un braccio, facendogli una piccola carezza, e lo guarda preoccupata «Come stai? Che è successo?»
Bobby li affianca e Sam stringe le spalle, sospirando appena «Un casino, Ellie. È successo un casino». Le sue parole sono piene di amarezza e dispiacere; si lecca le labbra e prende fiato. «Dean si è accorto che c’era qualcosa di strano, in papà. Pensavamo di essere attaccati e papà voleva la Colt, ma lui ha capito che c’era qualcosa di insolito e gliel’ha puntata contro. Aveva ragione, perché papà era posseduto da un demone… da quel demone» Ellie sgrana gli occhi «L’acqua santa non funziona con lui, per questo non ce ne siamo accorti. Ci ha incollati al muro e ha torturato Dean. Ha smesso quando papà ha avuto la meglio con lui e per qualche minuto è riuscito a dominarlo. Mi ha chiesto di sparargli per uccidere il demone, ma io non… »
Ellie incrocia le braccia al petto «Non te la sei sentita. Avresti ucciso anche lui» Sam annuisce senza proferire parola e lei deglutisce, nervosa. Può solo immaginare cosa abbia provato in quei momenti. «Io avrei fatto lo stesso».
Lo guarda fare nuovamente spallucce «Il demone è fuggito, ovviamente, e… e noi abbiamo ripreso l’Impala per scappare. Un camion ci ha travolti. Lo guidava un uomo posseduto da uno degli scagnozzi di Occhi Gialli. Ero l’unico cosciente e, quando ho chiamato i soccorsi, ci hanno caricato su un elicottero e ci hanno portato all’ospedale».
Ellie annuisce, pensierosa. È Bobby a parlare al posto suo «Tuo padre come sta?»
«Poteva andargli peggio. Se l’è cavata con un braccio rotto. Quello che sta peggio è Dean». Ad Ellie si stringe lo stomaco a sentire quelle parole; Bobby deve notarlo, perché sposta l’argomento di conversazione «Andiamo a vedere l’Impala, dai».
 
Ellie annuisce e lo segue; Bobby fa altrettanto.
Tra tutte quelle macchine ridotte in pessimo stato, all’Impala non va di certo meglio, purtroppo: la trovano poco più in là, posta accanto ad altre ridotte anche peggio. Ha la parte destra schiacciata verso l’interno, il tettuccio piegato verso il dietro e il cofano spostato di diversi centimetri dall’assetto originario. Ellie rabbrividisce al solo vederla così, pensando a quanto dispiacerà a Dean quando la vedrà in queste condizioni.
«Oh, accidenti» la voce di Sam è abbastanza svilita «Dean non la prenderà bene».
Ellie sospira appena. Già.
Continuano a camminarle intorno «Senti, Sam» Ellie guarda Bobby scuotere la testa «Non vale la pena ripararla» alza il cofano che si stacca con facilità, come se fosse un foglio di carta preso dalla metà di un quaderno, e lo abbassa nuovamente «Io direi di svuotarla e venderla come ferro vecchio».
Sam recupera dal sedile posteriore il suo computer e guarda Bobby negli occhi «No» la parte superiore si stacca, proprio come il cofano dell’Impala, mentre i tasti sembrano saltati in aria. Sospira appena «Se lo facessi Dean mi ucciderebbe».
Ellie annuisce in direzione di Bobby. «Sì, sì… quando starà meglio l’aggiusterà» e la sua sembra quasi una preghiera, perché Dean tiene troppo a questa macchina per volerla distruggere. Non possono fare una cosa simile.
Bobby continua a dire ancora la sua «Non c’è niente da aggiustare» gira intorno all’auto «La carrozzeria è andata e il motore è distrutto. Non c’è neanche un pezzo che si può salvare».
Sam, dall’altra parte dell’Impala, tiene la testa bassa. «Ascoltami, Bobby» alza gli occhi in direzione del vecchio cacciatore; è estremamente serio «Anche un solo pezzo da salvare è sufficiente. Non rinunceremo a recuperarla».
 
Ellie stringe le labbra in una linea sottile, trattenendo un piccolo sorriso. Il tono orgoglioso e serio con cui Sam ha pronunciato quelle parole è per lei motivo di grande orgoglio. Vorrebbe tanto che Dean fosse qui per provare la stessa sensazione.
 
Bobby lo guarda intensamente «Va bene, ho capito» ed Ellie tira un sospiro di sollievo a sentirglielo dire. «Cosa posso fare per te?»
Sam stringe le spalle «Papà mi ha chiesto di liberare il bagagliaio, ma lo possiamo fare anche quando verremo a riparare l’Impala. Mi serve solo il borsone con i vestiti di Dean per quando uscirà e… e la Colt». Ellie aggrotta le sopracciglia e Sam ricambia il suo sguardo «Me lo ha chiesto papà. Dice… dice che ci serve per difenderci dal demone, nel caso ci attaccasse». Ellie annuisce e lo guarda: neanche lui sembra molto convinto delle sue stesse parole. Lo osserva infilare una mano nella tasca sinistra della sua giacca marrone e porgere qualcosa a Bobby. Si tratta di un foglietto «Papà ha chiesto di prendergli questa roba».
Bobby lo scruta, visibilmente perplesso «Ma che ci deve fare?»
«Si protegge dal demone» la voce di Sam ancora una volta non suona pienamente convinta e l’espressione che ha sul viso conferma il pensiero di Ellie: ha gli occhi piccoli, la fronte lievemente aggrottata… fa così quando non è totalmente sicuro di qualcosa. Bobby lo guarda qualche istante negli occhi, poi li riabbassa a leggere il foglietto. «Che c’è?»
Ellie guarda il vecchio cacciatore scuotere la testa nervosamente «Oh, niente, solo—»
«Bobby» ora la voce di Sam è più decisa, gli occhi aguzzi «Che succede?»
Il vecchio cacciatore stringe le labbra in una linea sottile; sembra alquanto nervoso. «Beh, io… non credo dovrei—»
«Bobby, parla» è chiaro che Sam non è intenzionato a ricevere un no come risposta; Ellie osserva Bobby sbuffare aria dal naso. «È che non mi sembrano gli ingredienti per un incantesimo di protezione. Tutto qui».
Sam aggrotta le sopracciglia «E a che diavolo servono?» mentre l’altro abbassa gli occhi e tace per un lungo istante; Sam stringe i pugni «Sono per evocare il demone?» Bobby stringe le spalle ed Ellie potrebbe giurare di sentire il sangue di Sam ribollirgli nelle vene. «È incredibile: neanche il fatto che Dean sta morendo frena il suo desiderio di vendetta».
 
Ellie stringe le labbra tra i denti mentre un brivido le percorre la schiena. Sam glielo aveva detto al telefono che la situazione è molto delicata, che la cosa che preoccupa di più il dottore è il trauma alla testa, perché ci sono tracce di edema cerebrale, ma non vuole pensare neanche per un istante che Dean ci rimetterà la pelle. E non dovrebbe farlo neanche Sam… devono essere speranzosi.
 
Ci è già passata con la mamma. L’ha vista lottare con tutte le sue forze fino alla fine, aggrappandosi alla vita con le unghie e con i denti. Poi lei non ha avuto la meglio, ma Dean è forte, e andrà tutto bene. Deve essere così.
 
Decidono di recarsi in un posto che conosce Bobby dove riusciranno a trovare gli ingredienti che ha richiesto John; anche se è sicura che Sam vorrebbe strozzarlo in questo momento, gli ha comunque chiesto una cortesia. Lo affronterà a tempo debito. Poi, Bobby rimorchierà l’Impala e tornerà a Sioux Falls mentre Ellie e Sam si recheranno da Dean.
 
Va con Sam, che ha rubato un’auto per venire qui dall’ospedale. Dice che non è molto lontano.
Salgono in macchina – una vecchia Ford station wagon che Sam ha promesso di rimettere al suo posto quando avrà finito con Bobby; neanche lui, come Ellie, è un fanatico di questo genere di cose – e lo guarda mettere il moto facendo combaciare un paio di fili, lo sguardo concentrato. Si toglie il ciuffo ribelle dalla fronte quando sente il motore rombare e fa retro marcia, immettendosi poi nella carreggiata.
 
Ellie si morde le labbra e non riesce a trattenere per sé il pensiero che le ronza in testa. «Sam, io… io vorrei chiederti una cosa».
Lui non si volta, gli occhi sulla strada «Dimmi».
Intreccia le mani in grembo, nervosa «Vorrei… vorrei sapere se Dean mi ha detto una bugia. Mi ha scritto ieri sera, mi—»
«Lo so» si volta appena un istante, le labbra piegate in una smorfia minuscola «L’ho visto scrivere un messaggio di tutta furia. Immaginavo che fosse per te. E… no, non ti ha mentito se ti ha detto che andava tutto bene. Era così: non sapevamo ancora che il demone possedesse papà. Era tutto a posto… per quanto possano definirsi “a posto” le nostre giornate. O le nostre vite in generale».
La smorfia che si dipinge sul viso di Ellie è un misto tra l’amareggiato e il disilluso. «Prima o poi andrà meglio».
 
*
 
Ellie odia gli ospedali. Sa che è una sensazione che appartiene a molte persone, che è un rifiuto che vive nella mente di molti, ma è sicura che in pochi detestano quel posto tanto quanto lei: i muri bianchi, la troppa igiene e quell’odore di candeggina e disinfettante che le dà il voltastomaco. Tutto in questo posto ha un non so che di asettico, di apatico.
Si ferma un secondo davanti all’ingresso, aspettando che le porte automatiche le scorrano davanti. Nonostante l’ospedale di Buckley sia a miglia e miglia di distanza da questo, è triste constatare che questi maledetti posti siano tutti identici: la stessa disposizione dei mobili, la reception, perfino le infermiere le sembrano le stesse. Pare di essere risprofondati nello stesso incubo.
 
Ellie si incammina seguendo Sam in silenzio. Sale una fila di scale, si guarda intorno.
Ricorda ancora il giorno preciso in cui ha cominciato a odiare questo luogo. Era maggio e fuori il sole picchiava forte. La mamma era lì per il primo check-up dopo che le era stata diagnosticata la malattia e lei aveva insistito per accompagnarla perché non voleva lasciarla da sola. L’avevano fatta spogliare e sdraiare su un lettino e, quando è tornata a casa, Ellie ha vomitato anche l’anima dopo quello che aveva visto, per quello che avevano detto alla mamma. Non ricorda di aver provato una sensazione tanto brutta, dopo.
 
Sam entra in una stanza ed Ellie prende fiato e si fa coraggio, perché deve essere forte come allora, come lo è stata per la mamma. Lo segue e la visione che le si para davanti le blocca il fiato.
Trova Dean sdraiato su un letto, le mani appoggiate sul grembo e gli occhi chiusi. Ha un tubo sul naso, un altro sulla bocca tenuto su da un laccio bianco ed è circondato da macchinari.
Ellie deglutisce, appoggia il borsone con i vestiti di Dean accanto alla porta e gli si avvicina, appoggiando le mani sul bordo del letto. Continua a guardarlo: ha un taglio sulla fronte e uno sulla guancia, più qualche graffietto qua e là sul viso.
 
Sbatte le palpebre un paio di volte cercando di resistere all’istinto che le suggerisce di accucciarsi in un angolo e piangere forte. Il solo vederlo lì, steso e immobile come una statua di sale, le porta a galla troppi ricordi dolorosi. Se ci aggiunge che è Dean a essere ridotto così potrebbe seriamente scoppiare a piangere.
Sam le si mette accanto, tirando su il borsone pieno degli ingredienti che ha richiesto suo padre. Ellie si volta appena verso di lui; è abbastanza provato. «Ti dispiace fargli compagnia mentre vado da papà?»
Stringe le labbra in una linea sottile. La sua proposta non la fa impazzire, perché ha già affrontato la perdita di qualcuno a lei caro da sola e non vorrebbe che la cosa si ripeta. È anche vero che Sam andrà a due passi da qui e non può tenerlo legato a lei. Tornerà presto, oltretutto.
Annuisce «Certo che sì. Vai pure, io… io ti aspetto qui».
Passerà a vedere come sta John più tardi, per educazione e per il rispetto profondo che nutre nei confronti di Sam e Dean, ma adesso vuole stare un po’ con lui.
 
Sam le rivolge una smorfia piena di gratitudine e si volta, dirigendosi verso la stanza di suo padre. Ellie si siede accanto a Dean sul letto, cercando di non occupare troppo spazio anche se a lui non può dare fastidio perché non può sentirla. Lo guarda con attenzione: se non fosse per quegli orribili tubi, sembrerebbe che sta dormendo.
Si sporge appena con il viso e gli posa un bacio sulla fronte, accarezzandogli poi i capelli chiari. Lascia che la sua mano scenda sulla sua guancia un po’ ispida per la barba lasciata lì da qualche giorno e gli sorride appena, sentendo gli occhi un po’ più lucidi.
 
È assurdo vederlo così, con gli occhi chiusi e incapace di muoversi. Dean è un ragazzo attivo, pigro solo quando si tratta di fare ricerche e leggere vecchi manuali polverosi e saperlo ridotto in questo modo, pieno di graffi sul viso e privo di conoscenza, le provoca una grande tristezza.
Spera con tutto il cuore che si riprenda presto. Non può neanche pensare all’idea di perderlo.
 
Si scosta quando si rende conto che sta per scoppiare a piangere – di solito, quando gli sta così vicino, lui le parla e il solo fatto che adesso non possa farlo la intristisce – e si alza, scorgendo dall’altra parte del letto, accostata alla parete, una sedia su cui sono stati appoggiati dei vestiti.
Era talmente tanta la foga di vedere come stava Dean che non si è nemmeno guardata intorno. La stanza, per essere quella di un ospedale, non è orrenda. Anzi, probabilmente nei motel ha visto di peggio. Le pareti sono tinteggiate di un azzurro particolare, su quella di fronte alla porta c’è una finestra, con le tendine rigorosamente abbassate, per evitare che filtri troppa luce, e su quella alla sua destra, in fondo, c’è una specie di comò, alla destra del quale c’è una piccola abat-jour mentre alla sinistra c’è la sedia. Ellie le si avvicina e dai colori – grigio topo e jeans – capisce a chi appartengono quei vestiti. Dean non si era cambiato prima di partire da Bobby e, a quanto pare, non ha avuto né tempo né modo di farlo neanche dopo.
 
Afferra la maglietta grigio topo che Dean indossava sotto la camicia di jeans e la trova, oltre che sporca di sangue, tagliata in più punti, più o meno sopra la pancia. Ellie tira su col naso: dev’essere il regalo che gli ha fatto il demone quando l’ha torturato. [4] La ammucchia insieme, si dirige verso il cestino posto accanto al tavolo di fronte al letto e ce la butta dentro. Il sangue va via, i buchi sul cotone no. E se Ellie può disfarsi di tutto ciò che l’ha portato in questo letto, lo fa ben volentieri.
Si muove nuovamente verso la sedia, intenta a mettere a posto anche la camicia di jeans e i pantaloni, quando un rumore familiare le arriva alle orecchie. Alza la testa: Dean è immobile, ma le macchine che lo controllano suonano impazzite, in un concerto di bip fin troppo familiare per Ellie che sente il cuore scoppiare, tanta è la paura che sente. Si avvicina velocemente al bordo del letto e preme il pulsante d’emergenza dal filo che pende dietro la testiera, così forte da rischiare di romperlo.
Quel suono le rimbomba nelle orecchie e presto si aggiunge alle urla di alcune infermiere che accorrono veloci chiedendo ad altre di sbrigarsi, circondando poi il letto di Dean.
 
Ellie le guarda spaesata e quello che si sussegue è troppo veloce perché possa realizzarlo fino in fondo: le infermiere che sollevano le lenzuola e la maglietta bianca di Dean e le chiedono di andare fuori, l’arrivo di Sam che deve aver sentito, Ellie che lo raggiunge e si lascia stringere, il braccio sinistro di Sam attorno alla schiena che trema e lei con lui, le lacrime che non riesce a trattenere e gli occhi fissi su infermieri e dottore che tentano con un paio di ferri e il massaggio cardiaco di riattivare il cuore di Dean che non dà segni di vita. È tutto così veloce, così frenetico, ogni suono è ovattato ed Ellie riesce a sentire solo il suo cuore accelerato dalla paura e il respiro a bocca aperta di Sam, spaventato e confuso tanto quanto lei.
Non riesce a capire se ciò che si sussegue sono secondi, minuti o addirittura ore, la paura è così grande che non riesce a quantificare nulla. Guarda i dottori praticare il massaggio cardiaco a Dean che infine riesce a riprendersi, il suo battito torna regolare e lei sente quasi mancare il respiro dal sollievo che sente.
 
Sorride commossa, le guance rigate dalle lacrime e alza la testa verso Sam che la stringe più forte, ma fissa il vuoto. Sembra turbato, come se avesse visto o sentito qualcosa di strano. Ellie, se solo si sforzasse, potrebbe udire le rotelle del suo cervello arrovellarsi in cerca della risposta a una domanda che lei, invece, non si è nemmeno posta, troppo lieta di ascoltare i dottori esclamare che il cuore di Dean batte ancora.
 
È presto per cantare vittoria e questo lei lo sa, ma la forza con cui Dean sta cercando di sopravvivere è di certo un buon carburante alla speranza che nutre ogni istante di rivederlo sorridere.
 
*
 
Siede sulla sedia alla sinistra del letto di Dean, abbastanza vicino da poter visualizzare bene il monitor della macchina posizionata alla destra del letto che tiene sotto controllo il suo cuore e per potergli stringere la mano sinistra, ora adagiata sul lenzuolo bianco.
 
Sono passati diversi minuti dalla crisi che ha avuto, ma ai dottori risulta stazionario. Nessun miglioramento, ma nemmeno nessun peggioramento che, viste le sue condizioni, è meglio di nulla.
Ellie sa bene come ci si sente in queste situazioni: un non miglioramento è molto meglio di un peggioramento, perciò cerca di vedere il tutto con un po’ di ottimismo. Non aiuterà Dean a stare meglio, ma i suoi nervi sicuramente sì.
 
Sam è appoggiato allo stipite della porta, le braccia conserte e gli occhi fissi su Dean. È da quando ha avuto quella crisi che è strano.
Il suo sguardo si fissa su di lei «Non hai sentito niente, prima?»
Ellie lo guarda aggrottando la fronte «Prima quando?»
«Quando Dean stava male, prima che il suo cuore riprendesse a funzionare regolarmente».
Lei stringe le spalle «No, io… io non ho sentito niente» storce la bocca in una smorfia confusa «Perché?»
Sam si lecca le labbra «Un… un eco. Tipo un grido, qualcosa che sembrava un “Stai lontano”, ma in lontananza. Mi sembrava fosse la voce di Dean» Ellie allarga gli occhi e, inavvertitamente, stringe la sua mano appena più forte. «Lo so, forse è una pazzia, ma… ma prima, quando ero da papà, stavamo litigando e… e a un certo punto il bicchiere pieno d’acqua che stava sul suo comodino è caduto a terra e si è rotto. Da solo. Come… come se qualcuno l’avesse spinto».
Ellie sbatte le palpebre un paio di volte, assorbendo le sue parole e cercando di dargli un senso. «Quindi tu credi che lo spirito di Dean sia qui da qualche parte?»
Sam stringe le spalle «Non lo so, è un’ipotesi. Potrei anche essermelo immaginato».
Abbassa gli occhi e sorride appena, una piega minuscola che le increspa le labbra. Intreccia le dita a quelle di Dean e accarezza con il pollice il dorso della sua mano «Un bicchiere che s’infrange da solo non è un’allucinazione. Soprattutto se lo avete visto in due».
 
In fondo, tutto tornerebbe: Dean odia vedere Sam e John litigare. Se avesse assistito fisicamente alla scena, sicuramente avrebbe fatto del suo meglio per farli smettere.
 
Sam piega le labbra in una linea sottile, la cosa più simile a un piccolo sorriso che gli abbia visto fare da che è qui. «Allora pensi che valga la pena indagare».
Ellie annuisce «Credo di sì».
Lo guarda appoggiare una mano allo stipite della porta «Vado… vado a dirlo a papà» lei annuisce di nuovo, ma a giudicare da quanto ci sta impiegando Sam a incamminarsi, capisce che vuole dirle qualcos’altro. Infatti, non tarda a farlo «Scusa se ti lascio da sola, ma non—».
Ellie gli sorride appena «Non preoccuparti. Fai quello che devi» e Sam stavolta le rivolge un sorriso appena più convincente, le labbra leggermente piegate all’insù, prima di sparire oltre il corridoio.
 
Ellie capisce come si sente, la sensazione di vuoto e spaesamento che si provano in momenti come questo. Lui sta cercando di superarla dandosi da fare, cercando di non stare con le mani in mano e di capire cosa sta succedendo al di là delle condizioni di salute di Dean.
Non gliene fa una colpa, chiaramente. Anzi, tutt’altro: Sam non è uno che si dà per vinto e questo è il suo modo per aiutare suo fratello.
 
Rimane a lungo da sola, in silenzio. Osserva Dean, le linee definite del suo viso e la cascata di piccole lentiggini che gli imperlano gli zigomi, le lunghe ciglia che penzolano dalle palpebre chiuse e i capelli corti sopra la fronte. Gli accarezza la mano sinistra, la pelle del dorso tosta e morbida e quella dei polpastrelli un po’ più ruvida per colpa di qualche callo dovuto alle armi che Dean impugna continuamente.
Ad Ellie piacciono tanto le sue mani: sono grandi e sempre calde al contrario delle sue che sono spesso fredde. Dean a volte la prende in giro per questo, perché anche adesso che è estate – anche se è quasi giunta al termine – le ha spesso ghiacciate e ride, dicendo che le manca la circolazione. Succede soprattutto quando fanno l’amore: quando è in procinto di togliergli i vestiti o di abbracciarlo, a volte lui si scosta, brontolando perché gli fa venire i brividi se lo tocca con quelle manine gelate. Gli dà fastidio soprattutto quando gli sfiora il collo o lo accarezza in basso sulla schiena, allora Ellie lo fa apposta, per vederlo ridere.
Sorride appena seguendo quel ricordo, ritrovandosi a tirare su col naso. Osserva tutte le linee del suo palmo con attenzione e la porta alla bocca, posandoci sopra un lieve bacio.
 
Inevitabilmente, molte idee le affiorano alla mente. Per quanto si sforzi di non farlo, proprio come faceva con la mamma, una parte di lei non riesce a non pensare al peggio. Forse perché c’è già passata e, visto com’è finita, sperare non le è servito a niente. Vuole essere forte e non farsi abbattere da sciocchi pensieri, ma non può fare a meno di immaginarsi la sua vita senza Dean e avverte immediatamente un pizzicore agli occhi, insieme alle mani tremarle.
 
Negli ultimi mesi, la sua presenza è stata fondamentale: è stato Dean a rimetterla in piedi dopo la morte di papà, a insegnarle a fidarsi di se stessa e del suo istinto e a proteggerla, ogni volta che lo ritenesse necessario. È stato lui a rimettere insieme i pezzi quando era distrutta, a tenerla stretta la notte quando gli incubi la attanagliavano e a farla parlare quando lei non voleva farlo con nessuno. Le ha insegnato a tirare calci e pugni e a difendersi dai mostri della notte e l’ha stretta forte al petto quando non c’era nessun altro a farlo e lei si è sentita più viva e forte tra le sue braccia, più sicura. E adesso non può accettare di poter perdere tutto questo, di dovervi rinunciare per colpa di un fottuto demone e non può fare a meno di tirare nuovamente su col naso, lasciando che qualche lacrima le esca dagli occhi. Stringe più forte la mano di Dean e piange sommessamente, la mano libera a coprirle la bocca, come se lo disturbasse quando è fin troppo consapevole che lui, in realtà, non può nemmeno sentirla.
 
Non vorrebbe pensare al peggio, ma non riesce a non accostare l’immagine che ha di fronte – Dean pieno di tubi inerme su un letto – a quella della mamma, quando stanca e piena di speranza le stringeva la mano come sta facendo con lui adesso.
 
Si sfogherebbe ancora, rilasciando lacrime e la tensione che ha accumulato nelle ultime ore se non si trovasse la figura di John Winchester sulla porta.
Si asciuga velocemente le guance e lo guarda da capo a piedi: la barba lunga di qualche giorno un po’ brizzolata gli incornicia i tratti duri del viso, gli occhi stanchi e i capelli spettinati. Ha un taglio sul labbro e indossa la “divisa” tipica dell’ospedale: maglietta bianca e pantaloni azzurri. Sulle spalle, una specie di vestaglia celeste che non può indossare completamente per colpa della fasciatura al braccio destro, tenuto su con un tutore.
 
John la guarda negli occhi prima di posarli su Dean «Come sta?»
Ellie stringe le spalle «È stazionario. Non migliora, ma almeno non peggiora».
Lo guarda aggrottare appena la fronte «E questo ti sembra positivo?»
Il suo tono non è arrabbiato o derisorio, ma piatto. Ellie decide di rispondere usando la stessa intonazione «Sì. L’ho imparato quando stava male la mia mamma». John la fissa senza rispondere. Si appoggia meglio allo stipite della porta, portando la mano sinistra sul braccio ferito. «Come stai?»
Lo osserva fare spallucce «Un braccio rotto non è il peggiore dei mali».
Ellie annuisce «Vuoi sederti?»
«No, sono… solo passato a vedere come sta Dean».
 
Stringe le labbra in una linea sottile. Non rimarrà a lungo e lei non sa se provare rabbia o sollievo. Non si sente mai a suo agio quando John è nei paraggi, ma la irrita la sola idea che non starà per molto qui, con suo figlio, che sta rischiando la vita su un letto d’ospedale.
 
Rimangono in silenzio per un po’. Ellie non sa cosa dire: non ha mai avuto un vero dialogo con John e, per quanto si sforzi a dimenticare, le parole che ha detto a suo padre su di lei le rimbombano nella testa ogni volta che se lo ritrova davanti. A giudicare da come la guarda, poi, non pensa abbia cambiato idea sul suo conto, perciò a maggior ragione trova difficile instaurare un qualsiasi tipo di conversazione.
 
È lui a farlo qualche minuto dopo. «Com’è morta tua madre?»
Ellie lo osserva un po’ perplessa. Non si aspettava parlasse, né tantomeno che le facesse una domanda così «Aveva un tumore. Allo stomaco» John la guarda come se volesse saperne di più «Me l’ha portata via in meno di un anno» poi annuisce, pensieroso. «Perché me lo chiedi?»
Stringe appena le spalle «Tuo padre me ne aveva parlato, un paio di volte».
A quelle parole, Ellie allarga gli occhi, stupita. «Ma davvero?»
John annuisce «Ti sembra strano?» e lei sorride ironica «Beh sì, considerando che a me non ha neanche mai detto cosa ricordasse di lei. O cosa gli era piaciuto tanto da indurlo ad andarci a letto».
 
John piega le labbra in un sorriso divertito ed Ellie quasi si stupisce: è abbastanza certa di non averlo mai visto ridere. Sicuramente non a una sua battuta, almeno.
 
La guarda negli occhi «Tuo padre era fatto così, penso che tu lo sappia. Non era un gran chiacchierone».
«Con me non lo era affatto».
«Nemmeno con me lo era moltissimo. Ma eravamo due persone piuttosto taciturne, i discorsi si smorzavano in fretta. Forse era per questo che andavamo d’accordo: condividevamo lo stretto necessario».
«Fino a che non avete litigato».
 
Ellie lo guarda dritto negli occhi. A questo punto, visto che sono entrati nel discorso è intenzionata ad arrivare fino in fondo. Tanto di qualcosa devono pur parlare.
 
John sospira appena, portando una mano sul braccio ferito «Eravamo arrivati a un punto in cui le nostre strade dovevano dividersi: io dovevo cercare il demone e lui doveva prendersi le sue responsabilità e occuparsi di te. Era tuo padre, era suo dovere» e fin qui… «A lui non è stato bene e se l’è presa. Se avesse capito le mie esigenze, non saremmo arrivati a questo punto. Questo è sicuro».
«Ti sarebbe dispiaciuto di più quando è morto?»
 
John la guarda in modo più freddo dopo quelle parole, quasi deluso, ma Ellie non può farci niente, perché non riesce a trattenersi: è più forte di lei. Ha mandato giù troppi bocconi amari per troppo tempo per colpa sua.
 
John la scruta a fondo «Il fatto che io non abbia pianto sulla sua tomba non significa che non mi sia dispiaciuto per lui. Era uno dei miei più cari amici. Ed era un grande cacciatore. Lavorare con lui era piacevole, nonostante a volte avevamo un approccio diverso». Sembra molto sincero nel pronunciare quelle parole ed Ellie decide di credergli. In fin dei conti, probabilmente avrebbe storto il naso anche se le avesse telefonato, considerando com’è diffidente nei suoi confronti. «E comunque, in un certo senso ti capisco: anch’io spesso mi faccio la stessa domanda che tu ti poni su tuo padre e tua madre, quando penso a te e Dean».
Ellie storce il naso, sorridendo amara. Doveva aspettarsi un contrattacco da parte sua «Beh, so da sola di non essere perfetta. Soprattutto di non esserlo per Dean, ma a lui vado bene così e questo è ciò che conta di più. O no?»
John fa una smorfia strana, per quanto cerchi di nasconderla. «Non fraintendermi: io non vorrei questa vita per i miei figli. Preferirei di gran lunga che avessero un tetto sulla testa e fossero al sicuro, non con il fucile sempre spianato e il terrore addosso che un mostro li colpisca quando meno se lo aspettano. Ma ormai è questa la nostra vita e ho paura che tu non sia in grado di reggerla a lungo».
Ellie sorride sghemba; doveva aspettarselo, ma deve apprezzare che almeno ha trovato il modo e il coraggio di dirle ciò che pensa in faccia. Non è poco. «Pensi che io non sia tosta abbastanza?»
«Non ho detto questo» prende una piccola pausa ed Ellie pensa che sta cercando le parole giuste per dirle che è una fallita. «Non ho potuto vederlo con i miei occhi, ma Sam mi ha detto che sei brava. Non eccellente, ma brava» sgrana gli occhi: stenta a credere che le stia dicendo queste cose «E, anche se non ci credo al cento percento» ecco, era troppo bello per essere vero «Mi fido di più del giudizio di Sam che di quello di Dean, che è ovviamente più di parte».
Ellie sorride amara «Ovviamente».
«Ma quello che voglio dirti è che non ho paura di te perché non hai abbastanza esperienza, ma piuttosto per la tua…  “natura”. Perché non sei nata cacciatrice e tutto questo, prima o poi, ti stancherà. E vorrai trascinare Dean con te».
Si lecca le labbra, guardando John dritto negli occhi «Quando ho conosciuto Dean, sapevo chi fosse. E non ho mai voluto cambiarlo. Nemmeno quando… » quando ho capito di essermene innamorata. Ellie stringe le labbra tra i denti di fronte a quel pensiero – così spontaneo e prepotente –, sforzandosi di tenerlo per sé. Chiude di più il pugno, stringendo appena più forte la mano di Dean e sospira appena di fronte a un’ammissione tanto bella in un contesto così doloroso. Era così evidente che non comprende come abbia fatto a realizzarlo solo adesso, nonostante fosse sotto il suo naso da così tanto tempo: basta pensare a quante cose ha fatto solo perché è stato lui a chiederglielo, a quanto si è aperta e quanto è stato semplice farlo. Era chiaro, forse anche a lei, da tanto tempo. Eppure l’ha realizzato fino in fondo solo ora. Incredibile come la paura di perdere qualcosa o qualcuno riesca a smuovere tanto le coscienze. Prende fiato, cercando di concentrarsi nuovamente su John «Nemmeno quando le cose tra di noi hanno preso una piega diversa. Non vedo perché dovrei farlo ora o in futuro».
 
John la scruta a fondo, rimanendo in silenzio. Forse vuole capacitarsi se gli sta dicendo o meno la verità, ma Ellie non è mai stata tanto sincera: ha sempre saputo che Dean è un cacciatore e che la caccia è la sua vita e mai si è sognata di cambiare la sua natura o di trascinarlo in un contesto diverso. Anche quando è andata a lavorare, quel periodo dopo aver ucciso il Formichiere, alla fine è stata lei a tornare sui suoi passi e a voler riprendere la caccia. Perciò… davvero, a meno che Dean non volesse fare il contrario, Ellie non si sognerebbe mai di cambiare la sua natura o di costringerlo a fare un’altra vita. Nutre troppo rispetto nei suoi confronti per fare una cosa simile.
 
Non capisce se John le creda o meno; ciò che è certo, è che una risposta del genere non se l’aspettava. Lui si muove, si scosta dallo stipite della porta e la guarda nuovamente prima di girare le spalle. «Torno di là, sono stanco. Tienilo d’occhio».
Ellie annuisce, convinta che non le avrebbe mai detto nulla di simile in un contesto differente. Lo osserva sparire oltre la porta e stringe più forte la mano di Dean per poi accucciarsi su di lui, la testa appoggiata a entrambe le braccia e gli occhi rivolti verso il suo viso. Lo scruta in silenzio, desiderando segretamente di trovarsi in una stanza diversa e di poter avere i suoi occhi fissi nei suoi. Stringe più forte la sua mano mentre ascolta il bip delle macchine che lo tengono sotto controllo farsi ogni tanto più intenso, gli occhi colmi di speranza e la testa carica di aspettative. Ti prego tieni duro.
 
*
 
Sam è di ritorno dopo una mezz’oretta. Ha con sé una busta di carta marrone e, dopo aver posato gli occhi su Ellie – ora seduta composta sulla sedia –, guarda Dean. Sospira appena «Io credo che tu sia qui da queste parti» e poi la scruta «Se fosse così, ci prenderà in giro per questo, ma… è il solo modo per parlarci».
Lei lo osserva curiosa e, quando Sam estrae dalla busta una Tavola Ouija, di quelle che si usano per comunicare con gli spiriti. O almeno, è questo che si dice a riguardo.
 
Ellie sorride appena: se Dean fosse davvero qui, come crede Sam, di certo non esiste modo migliore per scoprirlo e “parlare” con lui.
Si alza in piedi e lo osserva aprire la scatola e sedersi a terra per poi estrarre la tavola, un pezzo di cartone con su disegnate le lettere dell’alfabeto, accompagnate in alto dalla scritta “Sì” o “No”.
Ellie si siede accanto a Sam e, quando vede muovere l’apposito aggeggio di plastica con un buco in mezzo, spalanca gli occhi dalla sorpresa, insieme a lui che sorride. «Oh, lo sapevo».
Il sorriso, però, si spegne velocemente sul viso di entrambi: Dean gli parla di una caccia che sta conducendo all’interno dell’ospedale, di qualcosa che prende le persone che indica con il suo nome: un mietitore. E quando alla domanda “È venuto anche per te?” Dean risponde con un secco “Sì”, Ellie percepisce le mattonelle bianche e nere sparire e la terra mancarle sotto i piedi.
 
Sente in lontananza le parole di Sam che ragiona tra sé e si alza per poi uscire, forse intento a cercare il padre nell’altra stanza, la mano sinistra a coprire gli occhi e la sensazione netta e intensa di una mano appoggiata sulla sua spalla destra.
 
Non si può sconfiggere la morte, soprattutto quando questa avviene per cause naturali. Ellie ci è passata con la mamma e lo sa: se il male che hai dentro è più forte di medicine e cure, non c’è niente che possa fermarlo. Ma Dean non ha una malattia ed Ellie è a conoscenza di molte più cose rispetto a quando c’era la mamma in queste condizioni, perciò anche lei si alza in piedi, facendo leva sulle cosce. Va incontro a Sam e, quando entra nella stanza dove sa essere ricoverato John, lo trova lì accanto, gli occhi sgranati sul letto vuoto.
Ellie alza lo sguardo verso di lui e lo guarda comprensiva. Sam ha i pugni chiusi e, in qualche modo, lei comprende la rabbia che sente. «Mi aveva promesso che non avrebbe cacciato il demone. Non finché Dean non sarebbe stato bene». [5]
Gli accarezza il braccio sinistro, stringendo le labbra in una linea sottile. «Non pensarci, adesso. Preoccupiamoci di tuo fratello».
Guarda Sam stringere il pugno più forte prima di annuire, deciso. «Sì. Lui ha la priorità». Si allunga verso il borsone di suo padre e ne estrae il diario, per poi fare rotta nuovamente verso la stanza di Dean, seguito da lei. Si siede sul letto accanto a suo fratello e apre quel vecchio quaderno, cercando tra le pagine ciò che gli interessa. Ellie gli va vicino, interessata a leggere e lo osserva fermarsi su una pagina che parla di mietitori. Sia lui che Ellie – e, probabilmente, anche Dean – leggono tutte e tre le pagine dove John ha annotato con cura ogni notizia sui mietitori, ma non trovano nulla che possa fare al caso loro ed Ellie sente sbriciolarsi un altro pezzetto del suo cuore.
 
*
 
Siede sulla sedia accanto al letto, quella su cui, nonostante la notte sia stata tremendamente lunga, non riuscirebbe a riposare neanche se ci provasse.
 
Sam chiude il diario con un tonfo secco dopo averlo letto da cima a fondo. Si alza dal letto di Dean e gli gira intorno, guardando il fratello come se potesse rispondergli. «Sei qui, Dean?» Ellie tira su col naso; sa che si riferisce al suo spirito, lo stesso con cui prima hanno parlato attraverso la Tavola Ouija, ma non può evitare di pensare che vorrebbe che parlasse con Dean in carne ed ossa, che fosse lui a rispondergli. Lo guarda sospirare appena e farsi più vicino a lei che stringe la mano di Dean quasi di riflesso. «Sai, non ho trovato niente» parla in prima persona, sicuramente si sente terribilmente responsabile. «Non so come aiutarti… ma continuerò a provare. Continueremo a farlo» guarda Ellie che ricambia il suo sguardo, annuendo decisa. «Ma anche tu devi lottare» fa una piccola pausa, portando le mani ai fianchi «Insomma non puoi… non puoi lasciarci soli con papà. Lo sai che ci scanneremo» sorride appena ed Ellie con lui, le lacrime agli occhi; per quanto si sforzi, sa che non riuscirà a trattenerle a lungo. E non è la prima volta, oggi, ma è così provata da tutta questa situazione che non riesce a non lasciarsi andare. Anche Sam è molto emozionato. Ellie lo guarda sospirare forte «Dean tieni duro. Non puoi andartene, non ora… proprio ora che ci siamo ritrovati». Fa ancora una pausa «Mi senti?» ma né lui né Ellie ricevono un segno della sua presenza, qualcosa che gli faccia capire che Dean è insieme a loro.
 
Rimangono in silenzio per un po’; Ellie intreccia le dita della mano sinistra di Dean, calde lacrime che le rigano le guance. A lungo sono solo i suoi singhiozzi e il continuo tirare su col naso di Sam a riempire la stanza ed è un rumore improvviso dopo un tempo indefinito, poi, a cambiare tutto: Dean, dapprima immobile e privo di conoscenza, spalanca gli occhi ed emette un profondo sospiro, come se tornasse a respirare dopo ore di apnea, per poi cominciare a tossire, infastidito dai tubi infilati sul naso e sulla sua gola. Ellie si alza in piedi, gli occhi fuori dalle orbite per la sorpresa, e chiama i dottori a gran voce insieme a Sam, stravolto quanto lei, pregandoli di aiutarli.
 
Fortunatamente, questi accorrono in fretta: chiedono a Sam ed Ellie di farsi da parte, mandandoli in un angolo della stanza, e rimuovono tubi e macchinari a Dean, controllando tutte le funzioni respiratorie e ciò che lo teneva in quelle condizioni.
Il dottore parla chiaro: gli organi maciullati sono a posto, l’edema cerebrale è sparito e tutti i parametri sono ottimi. È come se Dean avesse ricevuto un miracolo.
 
Una volta uscito, Sam ed Ellie si accostano al suo letto. Non le sembra vero di riuscire a parlargli di nuovo, di poter sentire nuovamente il suo sguardo su di lei.
Lui sembra strano, però. Ellie se ne accorge subito: è come se… come se non fosse contento. O disturbato da un pensiero scomodo.
Ha il braccio destro sopra il ventre e si è tirato su, la schiena appoggiata ai cuscini rialzati. Ellie lo guarda voltarsi verso il fratello «È venuto un mietitore per me?»
«Sì».
Dean lo guarda perplesso «Che ho fatto?»
«Non lo so… Dean, davvero non ti ricordi niente?»
«No» ed Ellie pensa che sia un peccato: la sua memoria avrebbe potuto far luce sul suo misterioso – e miracoloso – risveglio improvviso, ma alla fine è più importante che stia bene del resto. Non desiderava nient’altro. Dean stringe gli occhi, toccandosi con la mano destra il ventre, sotto lo sterno «Ho solo qualcosa… che mi blocca lo stomaco» deglutisce, guardando ancora il fratello «C’è qualcosa che non va». Sam lo guarda perplesso, ma non fa in tempo a replicare. Dean allunga una mano verso Ellie, stringendole la sinistra. Le sorride appena; non è il sorriso luminoso che le rivolge spesso, ma vederglielo fare già le riempie il cuore. «Mi sembra di non vederti da una vita» ma Ellie aggrotta la fronte, stringendo le palpebre «Stronzo».
Dean spalanca gli occhi, fingendosi offeso «Sto cercando di dirti una cosa carina e mi dai dello stronzo?»
Lei stringe le labbra in una linea sottile «Beh, sì. Considerando che mi hai detto che andava tutto bene e invece ti ho trovato in un letto d’ospedale».
Lo guarda sbuffare aria dal naso, mentre Sam sorride divertito «Pensavo ti fosse passata».
Ellie stringe le spalle, abbassando gli occhi sulla mano di Dean «Sì, ma… ma mi sono presa un bello spavento. Insomma, ti preoccupavi tanto per me e guarda com’è andata a finire».
 
Dean vorrebbe replicare, ma il bussare alla porta gli fa distogliere l’attenzione. Ellie alza gli occhi e vede John che gli sorride. È vestito, stavolta, con una camicia grigia scura e un paio di jeans scoloriti. È visibilmente stanco, come sempre, ma il suo sorriso è il più radioso che Ellie gli abbia mai visto fare da che lo conosce.
 
Punta gli occhi su Dean «Come ti senti figliolo?» che ricambia il suo sguardo con un’espressione piuttosto serena «Bene, credo. Sono vivo».
John sorride ancora «Questa è la cosa importante».
Sam, invece, lo guarda duramente «Dove sei stato ieri notte?»
John si prende un momento prima di rispondere «Dovevo occuparmi di alcune cose».
«Puoi spiegarti meglio?» il tono di Sam non ammette bugie come risposta, tanto che le repliche di Dean che lo prega di lasciar stare non servono a niente. «Hai inseguito il demone?»
«No».
«E come mai non riesco a crederti?»
John fa qualche passo in avanti, avvicinandosi ai suoi figli. Guarda Sam negli occhi «Possiamo non litigare?» che lo osserva confuso «Sai, la metà delle volte non so neanche perché litighiamo. Ci massacriamo» sorride «Senti, Sammy, io ho fatto degli sbagli… ma chi non li fa?» il suo sguardo passa da Dean a Sam «Non voglio litigare più, d’accordo?»
 
Ellie deglutisce. C’è qualcosa di strano in John, è troppo… accomodante, troppo sorridente. Per carità, sarebbe un bene se lo fosse sempre, ma proprio perché solitamente non lo è fa pensare che ci sia qualcosa di strano, sotto. Anche Sam, a giudicare da come lo guarda – la fronte aggrottata e gli occhi stretti –, ha la stessa sensazione. «Papà ti senti bene?»
John sorride ancora «Sì. Sì, sono solo un po’ stanco. Anzi, ti dispiacerebbe andare a prendermi una tazza di caffè?»
Sam lo fissa perplesso «S-sì… sì, certo» e ad Ellie non sembra il caso di rimanere nella stessa stanza con Dean e suo padre che, a giudicare da come lo guarda, forse vorrebbe rimanere da solo con lui, perciò lascia la presa sulla sua mano e segue Sam fuori dalla porta, lasciando John e Dean da soli.
 
Ellie e Sam raggiungono il bar in silenzio. Lei lo guarda ordinare un caffè alla barista, una ragazzina bionda con i capelli lunghi legati in una coda di cavallo, gli occhi castani e il viso gentile, e prova a rompere il ghiaccio. La testa di Sam, a giudicare dal suo sguardo perso nel vuoto, sembra un groviglio di pensieri.
Gli sorride appena «Tu credi che… che Dean starà bene?»
Lui la guarda un po’ distratto. «Sì, io… io penso di sì» si morde appena il labbro inferiore «Perché me lo chiedi?»
Ellie stringe le spalle «Non lo so. È che è successo tutto così in fretta: prima stava per morire e ora è come nuovo… non so, ho solo paura che sia troppo bello per essere vero».
Sam annuisce senza rispondere e non dice più una parola. Ellie fa altrettanto e non solo perché il caffè è pronto e devono tornare su per darlo a suo padre prima che si freddi, ma perché ha la vaga sensazione che non abbia tanta voglia di parlare.
 
S’incamminano verso la stanza di Dean, percorrendo il corridoio principale, quello che Ellie spera di abbandonare presto. Vorrebbe non vederlo mai più.
Cammina spedita dietro a Sam che la precede e si blocca quando è anche lui a farlo. Lo vede voltare la testa verso la porta di una stanza situata sulla destra, come catturato da qualcosa, ed Ellie si affaccia, curiosa. Spalanca gli occhi, però, non appena lo fa: John è riverso a terra, il braccio sinistro verso l’alto e una macchia scura al centro del petto.
 
Tutto, nuovamente, riprende ad andare con l’acceleratore: Sam lascia cadere il caffè, gettandosi sul padre e chiamando aiuto, mentre Ellie corre a chiamare Dean che la guarda con gli occhi sgranati e pieni di paura quando lei lo raggiunge; lo aiuta ad alzarsi e ad andare nella stanza dove dottori e infermieri stanno tentando di rianimare suo padre.
Fanno stare Sam e Dean sulla porta, ma a nulla valgono gli sforzi del personale medico: il cuore di John Winchester si ferma alle dieci e quarantuno.
 
Ellie, più indietro rispetto ai ragazzi, chiude gli occhi, uno sbuffo d’aria le esce dal naso. Per quanto lei e John non si siano mai sopportati granché, una cosa così non l’avrebbe mai augurata neanche al suo peggior nemico. E questa, di certo, non era la fine che sperava per lui.

 

[1] Il luogo descritto è quello che s’intravede nell’episodio 1x22 “Devil’s trap”. Non sono riuscita ad aggiungere chissà quali dettagli, perché la telecamera è – giustamente, direi – per la maggior parte del tempo puntata su Sam e Dean, perciò questo è il meglio che ho potuto fare XD
[2] Riferimento alla storia di Bobby che ci viene raccontata nell’episodio 7x10 “Death’s door”.
[3] In un sito dove sono catalogati tutti gli episodi di Supernatural, ho trovato scritto che l’episodio 2x01 “In my time of dying” si svolge nel Nebraska, nella Contea Sioux. Considerando che, però, questo posto è situato a molte miglia da Jefferson City, che è la città dove Sam e Dean trovano John, ho modificato un po’, cercando un posto più vicino. L’incidente è accaduto a Shiloh, nell’Illinois, e ho scelto Columbia perché più vicina della Contea Sioux. Ok che hanno trasportato via i ragazzi e John in elicottero, ma anche per il trasporto dell’Impala credevo fosse meglio un luogo meno distante da quello dell’incidente.
[4] Riferimento a ciò che accade verso la fine dell’episodio 1x22 “Devil’s Trap”.
[5] Riferimento all’episodio 2x01, precisamente alla scena in cui Sam confida a John che pensa che lo spirito di Dean sia con loro.
  
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