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Autore: Amy W Gildeary    27/02/2019    2 recensioni
Il conte Girolamo Riario una volta disse: «Quando si deve trasmettere un messaggio, preferisco servirmi di mezzi che gli altri non userebbero».
Una donna, ad esempio.
E se papa Sisto IV non avesse avuto un figlio, ma una figlia?
E se il bellicoso Santo Padre avesse deciso di sfruttarla come arma per i suoi subdoli piani, approfittando dell'effetto sorpresa?
Cosa sarebbe successo se avesse avuto lei il compito di attaccare Firenze e di ottenere i servigi del geniale artista Leonardo da Vinci?
-
«Sapete chi sono?», domandò la giovane donna, chinando di poco la testa di lato; la voce morbida e vellutata, senza alcuna traccia di turbamento. «Sono Gemma Riario. Contessa di Imola, guida della Santa Romana Chiesa e nipote di Sua Santità, papa Sisto IV».
[...]
«Sì, lo so», commentò la contessa, con un sospiro annoiato. «Rimangono tutti sempre molto sorpresi di vedere una donna», continuò, con una naturalezza e una tranquillità a dir poco disarmanti, ben poco appropriati al contesto. «Volevano un figlio maschio. Lo avrebbero chiamato Girolamo. Ma poi sono arrivata io».
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leonardo da Vinci, Nico, Nuovo personaggio, Zoroastro
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender
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Il Gioiello del Vaticano
Capitolo 13 - Gli Amanti

 

 

 

Nei Tarocchi, la carta degli Amanti esprime amore come bellezza spirituale, come legame universale attraverso l’espressione di un sentimento. Simboleggia l’amore puro, gli ideali. Indica i desideri migliori, il potere di scelta, il libero arbitrio.
Al negativo, però, esprime dubbio e indecisione, cose che sono in sospeso e non si realizzano, esitazione, prova attraverso una tentazione.

 

 

 

Leonardo passò per l’ultima volta l’affilata lama lungo il profilo del mento, prima di sciacquarla nell’acqua e gettarla senza cura in un angolo qualsiasi della stanza. Si appoggiò con la schiena alla vasca e rimase in silenzio a fissare al soffitto.

Aveva così tanti pensieri per la testa che non riusciva a decretare quale catturare e seguire, per cui decise che la scelta migliore era ignorare ogni cosa e cercare di distrarsi. Lentamente si lasciò scivolare lungo la liscia superficie alle sue spalle e si immerse completamente nell’acqua, trattenendo il fiato e serrando con forza gli occhi.

Rivide lo sguardo di Lucrezia nell’aula di tribunale, dopo l’emissione della sentenza, e non riusciva a togliersi dalla testa quella fastidiosa sensazione che gli aveva annodato lo stomaco: nel suo sguardo non c’era solo tristezza e pietà, c’era un dolore che la stava mangiando viva, un senso di colpa straziante. E più l’artista cercava di trovare una spiegazione a tutto ciò, più si rafforzava in lui un terribile presentimento.

Quando i polmoni iniziarono a bruciare per lo sforzo, Leonardo riemerse dall’acqua, respirando profondamente per riprendere fiato. Non solo non riusciva a spiegarsi la sua presenza al processo, ma avrebbe proprio fatto volentieri a meno di vederla.

Eppure, in un minuscolo angolo della sua mente, troppo piccolo per essere raggiunto, da Vinci sapeva perfettamente qual era il suo vero desiderio, la persona che effettivamente avrebbe voluto vedere, nonostante gli eventi degli ultimi giorni.

Voleva vederla. Voleva toccarla. Voleva baciarla.

Magari proprio in quella vasca.

Ma scosse energicamente la testa, bloccando la sua fantasia sul nascere. Aveva capito fin da subito l’effettivo piano dietro a quell’accusa, e quei suoi assurdi pensieri erano nettamente in contrasto con lo stato d’animo che avrebbe dovuto avere.

Sbuffò sonoramente e si stropicciò gli occhi con aria stanca. La sua mente stava lavorando troppo e, se non si fosse fermato in tempo, avrebbe ottenuto solo un fastidioso mal di testa.

Per sua fortuna, il cigolio della porta d’ingresso della sua bottega gli fornì un’ottima via di fuga da tutta quella confusione: Zoroastro e Nico avevano già fatto la loro comparsa per assicurarsi che stesse bene, per cui l’unica persona rimanente era Vanessa. Il tempo di un saluto e di qualche rassicurazione, e sarebbe potuto tornare a mollo nell’acqua calda.  

            «Sto bene, Vanessa», esclamò Leonardo, alzandosi in piedi ed uscendo dalla vasca, circondato da deboli filamenti di vapore tutt’intorno al suo corpo.

Riacquistò la sua tipica espressione da artista presuntuoso ed arrogante e si diresse verso le scale, senza preoccuparsi di mettersi qualcosa addosso.

Non appena mise piede sui gradini più in alto, scorse una figura di spalle, coperta dalla testa ai piedi da un semplice mantello nero.

            «C’è una meravigliosa vasca piena d’acqua profumata, al piano di sopra», iniziò Leonardo, più seccato di quanto non volesse sembrare. «E vorrei trovarla ancora calda quando-…», ma le parole gli morirono in gola quando la donna di fronte a lui si voltò.

Gemma impiegò giusto un secondo per perdere la sua aria distaccata ed indifferente, e ancora meno tempo per voltarsi di nuovo di spalle.

            «Artista, è così che accogliete una donna nella vostra bottega?», domandò, il tono della voce fermo ma ben diverso dall’espressione, decisamente più turbata, che aveva in volto. Per sua fortuna, però non poteva essere vista.

            «Dipende dalla donna in questione, contessa», rispose tranquillamente da Vinci, per poi rendersi conto dell’assurdità di quella situazione: avrebbe dovuto sentirsi infuriato, infastidito, o come minimo in imbarazzo, eppure nessuna di quelle emozioni sembrò scalfirlo.

            «Temo di appartenere ad un livello decisamente superiore rispetto alle vostre solite compagnie», commentò la giovane Riario, riacquistando il suo tipico tono tagliente.

Leonardo approfittò di quei pochissimi secondi per acciuffare un paio di pantaloni dal mobile al suo fianco, cercando di essere allo stesso tempo il più veloce e il più silenzioso possibile.

            «La vostra stima nei miei confronti crolla tragicamente, quando non parliamo della mia genialità», continuò a tono l’ingegnere, approfittando delle sue parole per coprire il rumore della stoffa, mentre indossava i pantaloni.

Gemma era perfettamente consapevole di quanto tempo stesse perdendo, ma era più forte di lei: non appena lei e Leonardo iniziavano una conversazione, tutto diventava una gara a chi dei due sarebbe riuscito a prevalere sull’altro. E, purtroppo per lei, azzuffarsi verbalmente con quell’artista era una tentazione irresistibile.

            «Credo che definirla stima sia esagerato», continuò la nobildonna romana, senza riuscire a celare un sorrisetto malizioso sulle sue labbra.

Alle sue spalle non aveva udito altro che silenzio, ma ad un tratto avvertì perfettamente dei passi avvicinarsi a lei, lenti e calcolati.

            «Non la pensavate così quando mi avete supplicato di sottomettermi a Roma», mormorò da Vinci, ormai sempre più vicino alla ragazza.

            «Confondete le suppliche con le minacce, artista», rispose la contessa, combattendo l’irresistibile tentazione di voltarsi.

Non si accorse che l’uomo era ormai alle sue spalle fino a quando non sentì le sue parole ad un soffio da lei, e fu difficile trattenere un sussulto.

            «Nel vostro caso, sembrano coincidere», bisbigliò Leonardo, abbassandole lentamente il cappuccio del mantello.

Era così abituato a vederla costretta in complesse ed austere pettinature quando indossava la divisa del Vaticano, che rimase molto sorpreso nel vedere i suoi capelli completamente sciolti, acconciati in morbidi ricci che sembravano implorare le sue mani di accarezzarli.

La vide mantenere lo sguardo dritto davanti a sé, e capì di essere riuscito a rivestirsi senza farglielo sapere.

            «Ero convinto che nulla riuscisse a turbarvi», la provocò di nuovo, avvicinandosi volutamente al suo orecchio e mantenendo il tono della voce basso e roco.

            «Credete davvero che un pittore sia in grado di turbarmi?», si difese lei immediatamente, ma sapeva benissimo che, finché rimaneva di spalle, dimostrava il contrario.

Decise di correre il rischio, facendo affidamento sulla sua incredibile capacità di celare le sue emozioni, e si voltò lentamente verso l’artista, sostenendo il suo sguardo. Con la coda dell’occhio notò i pantaloni e, suo malgrado, si sentì sollevata.

            «Sapevo che eravate vestito», mormorò la contessa, ritrovata tutta la sua sicurezza.

            «Avete un udito strabiliante o avete sbirciato?», la provocò lui, alzando le sopracciglia con eloquenza.

            «Non sopravvalutatevi, ho visto di meglio», rispose lei prontamente, con uno sguardo di sufficienza.

Suo malgrado, il sorrisetto impertinente ed arrogante di Leonardo crollò di colpo a quelle parole, mentre quello della contessa si fece ancora più soddisfatto.

Gemma lo superò, iniziando a camminare per la bottega e concedendogli qualche secondo per raccogliere i cocci del suo orgoglio infranto. Anche se non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, in cuor suo sapeva che si era spostata solo per non cedere alla tentazione di osservare quanto del corpo dell’artista non era coperto dai vestiti. Inoltre quelle sue prime parole, riguardo ad una vasca di acqua calda che non doveva essere sprecata, suonavano fin troppo stuzzicanti alle sue orecchie.

            «Allora perché siete qui, quando avete evidentemente di meglio da fare?», domandò da Vinci, maledicendosi subito dopo per il tono da cucciolo offeso che non era riuscito a nascondere.

Gemma si destò dai suoi pensieri, decisamente poco consoni alla situazione, ed indossò di nuovo la maschera della fredda ed imperturbabile contessa Riario.

Si voltò di nuovo verso di lui, con un sorrisetto appena accennato, e congiunse le mani davanti a sé.

            «Volevo mettervi in guardia, artista», iniziò lei, con tono freddo e deciso.

            «Avverto una nota di preoccupazione, contessa», rispose Leonardo, ritrovando un po’ della sua tipica arroganza e marcando notevolmente il suo titolo.

Nel mentre, si era concesso alcuni istanti per osservarla. I suoi abiti erano quelli di sempre, la cupa ed austera divisa papale, ma notò come il mantello e i lunghi capelli sciolti coprissero perfettamente il simbolo del Vaticano. Senza quell’emblema cucito all’altezza del cuore, sembrava una fanciulla come tante altre, libera da obblighi e missioni.

E Leonardo si chiese come sarebbe stato conoscerla in altre circostanze. Un giovane uomo che conosce una giovane donna, niente di più.

            «Continuate a sopravvalutarvi», rispose lei con una finta aria dispiaciuta, abbattendo per la seconda volta il sorriso dell’artista. «Permettetemi di essere chiaria», aggiunse, avvicinandosi di qualche passo. «Voi non siete niente di più di un mero strumento, un investimento. Semplicemente, detesto gli imprevisti durante un affare».

Da Vinci avrebbe voluto dirsi turbato, o quanto meno intimidito da quelle parole, ma invece fu distratto da tutt’altro. Il suo sguardo sfuggì al suo controllo ed indugiò ovunque: sul suo viso, sui suoi occhi, sulle sue labbra, sui suoi capelli, sulla sua camicia così accollata. Troppo accollata.

            «Quanto accaduto questa settimana non è altro che la dimostrazione del potere di Roma. Dunque, siete ancora convinto che la vostra fedeltà a Firenze vi manterrà in vita?»

La voce di Gemma lo riportò con i piedi per terra, e lo costrinse a recuperare la sua tipica arroganza, nonostante il duro colpo assestato da un commento in particolare. Un piccolo dettaglio nel discorso della contessa, però, gli fornì una perfetta distrazione.

            «Detestate gli imprevisti?», ripeté l’artista, e la contessa capì immediatamente, dal suo tono e del suo ghigno, che stava per esserle restituito il favore. «Deduco quindi che quell’accusa di stregoneria non rientrasse nei vostri piani», aggiunse lui, avvicinandosi di qualche passo, tanto da costringerla ad indietreggiare per sostenere il suo sguardo.

Gemma avrebbe voluto prendersi a schiaffi da sola: talmente presa dal desiderio di zittirlo a dovere, si era tradita senza nemmeno accorgersene. Doveva trovare al più presto una soluzione o la sua visita di intimidazione le si sarebbe ritorta contro.

            «Ogni cosa è stata attentamente calcolata», rispose la giovane Riario, con il suo tipico atteggiamento freddo e distaccato. «Non avete mai corso il rischio di finire sul rogo».

            «Non riesco a spiegarmi il perché, ma ho la netta sensazione che stiate mentendo», ribatté l’artista, con non poco sarcasmo.

            «Mi assumo io il compito di spiegarvi più accuratamente la situazione: le esplosioni fuori dalla prigione sono state l’imprevisto», iniziò la contessa, incrociando le braccia al petto. «È stato subito chiaro chi ne fosse l’artefice».

Leonardo annuì distrattamente, fingendo di credere alla spiegazione appena fornitagli, ma notò chiaramente i tratti del viso di Gemma: non più rilassati e sicuri, ma tesi e nervosi.

Nonostante tutto, ancora non riusciva a spiegarsi il motivo dietro la sua visita. Evidentemente i Pazzi avevano assunto il comando della situazione, alterando il piano inizialmente elaborato dalla contessa, ma grazie al suo ingegno era riuscito a scappare dalla pena di morte. Ma allora perché la nipote del Papa aveva fatto tanta strada per incontrarlo di persona?

            «Supponiamo, per un istante, che io creda al vostro maldestro tentativo di salvarvi», iniziò lui, con tutta l’arroganza di cui era capace. «Ancora non mi è chiaro il perché della vostra presenza qui, a Firenze, nella mia bottega», continuò Leonardo, e ad ogni parola il suo tono di voce era sempre più basso e la distanza tra lui e la contessa sempre più insignificante.

Gemma tentò di indietreggiare ancora ma si ritrovò con le spalle al muro, letteralmente. Nonostante la fastidiosa sensazione di sentirsi in trappola, recuperò tutto il suo autocontrollo e la sua maschera non si incrinò.

            «Non mi avete ascoltata, artista», mormorò lei, il tono di voce che si era adeguato a quello di da Vinci. «Vi sto mettendo in guardia: questo processo è solo una minuscola dimostrazione di quello che Roma è capace di fare, pur di ottenere ciò che vuole».

            «Ovvero me?», l’anticipò Leonardo, raggiungendola contro la parete. Poggiò una mano a lato del suo viso e l’altra sul tavolino al suo fianco, imprigionandola.

            «Ovvero voi», confermò Gemma, con un sorriso freddo e tagliente.

Dietro al turbamento nel vedere tutte le sue vie di fuga bloccate, la contessa percepì perfettamente qualcos’altro, una sensazione che non avrebbe mai dovuto provare in una situazione del genere, e ancora meno con colui che era suo nemico e bersaglio.

            «Non dovreste avere più cura del vostro strumento?», la provocò da Vinci, sottolineando il modo in cui lei stessa lo aveva definito, poco prima.

Gemma stava per rispondere con una delle sue frasi provocatorie, ma Leonardo avanzò improvvisamente verso di lei, fermandosi solo all’ultimo secondo, ad un soffio dal suo viso, bloccandole così qualsiasi risposta sul nascere. Lo vide indugiare con lo sguardo sulle sue labbra, e il ricordo del loro primo incontro le ritornò in mente con prepotenza.

Leonardo sembrava decisamente intenzionato a raggiungere il suo scopo, ovvero annullare del tutto quella distanza a dir poco logorante; tuttavia, non azzardò alcuna mossa, caricando l’atmosfera di aspettativa.

La contessa Riario rimase in silenzio qualche altro istante, prima che la sua impazienza avesse la meglio.

            «Che intenzioni avete?», mormorò in un soffio, e d’istinto l’artista serrò gli occhi con forza.

I tratti del viso di lui rivelavano chiaramente tutta la sua frustrazione e il suo conflitto interiore, la lotta tra il desiderio di baciarla e il ricordo del suo ruolo in quella battaglia. La contessa lo notò e, per quanto fosse sbagliato, lo provocò ulteriormente.

            «Potrei anche decidere di assecondarvi», aggiunse lei, facendo scivolare lo sguardo sulle sue labbra.

            «Ah sì?», domandò Leonardo con un filo di voce, senza concedersi il tempo di capire se fosse giusto o meno indagare oltre.

            «Chi può dirlo, artista», mormorò Gemma, chinando la testa di lato e mordendosi il labbro inferiore.

            «Non siete tentata dall’idea di scoprilo?», chiese da Vinci, genuinamente curioso, mentre le sue labbra si incurvavano in un sorrisetto dei suoi.

            «Scoprire che cosa?», ribatté la contessa, la voce ridotta ad un sussurro e la mente ormai lontana dal vero motivo della sua visita.

            «Cosa potrebbe succedere…», iniziò Leonardo, avvicinandosi nuovamente al suo viso, fino ad arrivare ad un soffio da lei. «…se sceglieste di lasciarvi andare…», proseguì, mentre le sue mani le cingevano la vita, avvicinandola a sé. «…di pensare a voi stessa, per una volta, ignorando il vostro ruolo e i vostri ordini…», e lentamente iniziò ad accarezzarle i fianchi, risalendo lungo tutto il suo corpo. «…se provaste a dimenticare che sono il vostro bersaglio», concluse in un sussurro, giungendo con le mani al nodo che legava il suo mantello.

            «Ho quest’impressione che voi invece scordiate facilmente che sono vostra nemica», replicò Gemma, fingendosi perplessa.

Eppure, se quella piccola dimenticanza comportava tutto il resto, tutte le attenzioni e tutti i gesti dell’artista per lei, rinfrescargli la memoria sarebbe stato un vero peccato.

            «Perché sono un artista», rispose lui semplicemente, lasciando cadere il pesante mantello a terra.

Da quel punto, le sue mani non si mossero di un centimetro, e si dedicarono al primo bottone della giacca del Vaticano, facendolo scorrere con una lentezza a dir poco straziante fuori dall’asola.

            «Dunque?», domandò la contessa, poco soddisfatta della risposta.

            «Riesco a vedere il mondo con occhi diversi», spiegò lui, continuando il suo percorso, un bottone alla volta. «Lotto contro i limiti, e mi rifiuto di vedere solo bianco o nero, ma cerco anche tutti gli altri colori», continuò, finché la giacca non fu aperta per metà.

            «Continua a non essere una risposta», obiettò Gemma, mentendo spudoratamente: aveva capito perfettamente quale fosse il punto di vista di Leonardo, ma proprio per quel motivo voleva sentirlo proseguire, ascoltare finalmente qualcuno che riuscisse a pensare fuori dagli schemi, che riuscisse…

Quasi trasalì, rendendosene conto.

Che riuscisse a vederla come nessun altro faceva.

            «Potrebbe essere un invito», mormorò da Vinci, mentre le sue abili dita d’artista raggiungevano la seta della sciarpa e si dedicavano al nodo che la affliggeva. «Ad andare oltre i ruoli che gli artefici di questa recita hanno scelto per noi», e anche la morbida stoffa scura che le avvolgeva il collo cadde a terra.

            «Un invito ancora poco allettante, non trovate anche voi?», domandò la contessa, nel tentativo di prendere tempo.

E nel tentativo di calmare quella sensazione di tepore che le stava stringendo il petto. Non sapeva che cosa stesse succedendo, o più probabilmente aveva paura di conoscere la risposta, ma sentirlo parlare in quel modo, di fuggire dalle maschere, dalle menzogne, dalla solitudine… la stava colpendo più di quanto non credesse possibile.

Leonardo si concesse qualche altro secondo di tempo, abbastanza da dedicarsi ai primi bottoni della camicia, prima di rispondere, con le labbra piegate in un piccolo sorriso.

            «Posso renderlo più attraente», mormorò, mentre le dita indugiavano sul prossimo bottone lungo il suo percorso, senza dare segno di volerlo lasciare. «O persuadere la diretta interessata», aggiunse, chinandosi abbastanza da pronunciare le ultime parole al suo orecchio.

            «In che modo, artista?», domandò la contessa, sottovoce, cercando di combattere la tentazione di chiudere gli occhi e abbandonarsi a quello che stava per giungere.

            «Perché rovinare così la sorpresa, Gemma?», ribatté Leonardo, cedendo per l’ennesima volta alla tentazione di baciarla lungo tutta la linea del collo, dall’orecchio a scendere fino all’incavo con la spalla. «È sufficiente un », aggiunse, concentrando le sue attenzioni in un punto ben preciso.

Era pronto a qualsiasi risposta, frecciatina, battutina, offesa… Non si aspettò minimamente di sentirla sospirare e, per quanto si fosse sforzata di soffocarlo, quel piccolo segno di cedimento non passò affatto inosservato all’artista.

Incentivato, le lasciò qualche altro bacio nell’incavo del collo, prima di mordicchiare appena appena la morbida e candida pelle di quel punto tanto sensibile.

            «Solo una volta, Gemma», mormorò, facendola rabbrividire per il suo caldo respiro così vicino al suo corpo. «Un’occasione per fuggire dalle bugie, dagli inganni, dalle manipolazioni…», proseguì, mentre le sue dita ricominciavano a dedicarsi ai bottoni successivi, sfiorandole di volta in volta la pelle.

Nessuna risposta giunse alle sue orecchie, di nuovo, eppure per Leonardo fu un segnale tutt’altro che scoraggiante. Ad un soffio dal suo viso, sentì il suo respiro farsi più rapido e conciso, e questo gli diede man forte per risalire la linea del suo collo, bacio dopo bacio, fino alla guancia.

            «Un’occasione di libertà», mormorò lui, con un filo di voce, prima di lasciarle un lungo bacio sulla fronte.

Gemma stava per cedere. Ormai non poteva più negarlo, lo sentiva fin troppo chiaramente. In gola. Nel petto. Nel cuore.

Quando sentì le labbra piegarsi in un , capì di non avere più alcun controllo su quello che stava succedendo. E la possibilità che le sue difese e i suoi limiti crollassero era un rischio che non poteva permettersi.

            «Attendo il vostro, di », mormorò la contessa, poggiando le mani sui polsi di Leonardo e allontanandoli da sé stessa.

La gola le si serrò dolorosamente, vedendo la delusione tutt’altro che celata sul volto dell’artista, ma si rifiutò di cedere: se fosse rimasta, non se ne sarebbe più andata.

Si limitò a spostare lo sguardo sul suo mantello, che ben presto lasciò il pavimento della bottega, e allo stesso modo Gemma, senza mai voltarsi indietro.

 

 

 

Angolo dell’autrice

Buonsalve a tutt*!

Fa un po’ caldo qui dentro o sbaglio?

E se dico che questo è probabilmente il mio capitolo preferito tra tutti, sbaglio di nuovo?

È una scena che ha preso vita da sola nella mia mente, le parole sono uscite da sole e quando la rileggo mi vengono ancora i brividi. Diciamo pure che Leonardo e le sue proposte sono una bella mina all’autocontrollo di chiunque…

Sarà l’ultimo incontro tra i due nemici, prima della partenza di Leonardo lontano da Firenze. Be’, si sono sicuramente lasciati molto a cui pensare. Entrambi.

Al prossimo capitolo, tra due settimane!

Un bacione

Amy W. Gildeary

   
 
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