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Autore: JoSeBach    28/02/2019    0 recensioni
*Attenzione: scena di suicidio nel primo capitolo!* (incompiuta)
Da quando Randall è precipitato in quelle rovine, Hershel non è più lo stesso: sembra vuoto, apatico, come se lui stesso stia affogando in quelle tenebre...
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Angela Ledore, Erik Ledore, Hershel Layton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Tematiche delicate
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Alphonse Dalston POV

Hershel è scappato dall'aula non appena è suonata la campanella della prima ora. È vero, sta sempre di più saltando le lezioni, non allarmando nessuno degli insegnanti o compagni: è sua abitudine dirigersi al bagno a fissare le diverse ante che occasionalmente oscillano per il vento o per la gente. Ma saltare anche la prima ora... forse è perché adesso, oltre a essere considerato un assassino, alcuni professori e studenti lo chiamano psicopatico o maniaco. Grazie tante, lo state proprio aiutando... Se Randall è morto non è certo per colpa sua. Randall è sempre stato uno sbruffone che ha sfidato le leggi della fisica e del buon senso. Il Bratscot non era dato a caso e le severe punizioni del signor Ascot erano in parte giustificate per la spavalderia di quell'idiota. Ma ora che è venuto a mancare... tutti a fare i comprensivi e i compassionevoli. «Povero Randall...» «Non meritava una fine del genere». Persino Erik continua a ripetere queste frasi come un disco rotto, non che lui abbia mai avuto un'idea diversa a riguardo. Ma cosa c'è da rintristirsi per un ragazzino opportunista ed egoista come lui, da far persino piangere Angela per i suoi desideri folli? Morire in delle rovine come il fratello della sua ragazza... bravo, complimenti!
Ma comunque lei come si è permessa di incolpare Hershel? Poteva proprio risparmiarselo. Però, a causa della sua influenza, la gente le ha dato corda, arrivando anche a dire che è un assassino, che se lo ha ucciso di proposito è per conquistarsi la mano di Angela, o per i soldi, o per altri motivi assurdi e senza fondamento.

Ciò non toglie che dopo tre settimane di torture l'esasperazione porta la vera vittima ad andarsene dall'aula già alla prima ora. Ho chiesto al prof Smith se potevo andare a vedere come stava Hershel, ma mi ha completamente ignorato. L'ho chiesto anche alla prof Brown ma in tutta risposta mi ha lanciato uno sguardo fulmineo e minaccioso, persino quando ha augurato a tutti buona giornata. Augurato a tutti, forse anche a Randall, ma non a Hershel. Pare che l'intera città sia quasi alla ricerca del suo sangue-

«Signor Dalston―si rivolge a me il prof Collins―può rispondere alla mia domanda?»
I miei compagni (fatico a chiamarli così) ridono sotto i baffi, vedendomi preso alla sprovvista: sono sicuri che farò una figuraccia.

«Scusi, professore, può-»
Un pesante tonfo. Caduta libera. Non è troppo lontano. Proviene dal bagno.
Non mi faccio attendere e mi rizzo in piedi, pronto a correre quei corridori che mi avrebbero portato al bagno. I richiami del prof non mi fermano.

Rischiando di scivolare, raggiungo il bagno. Posso intravedere delle dita coperte di... sangue?! Inizialmente, mentre avanzo verso il centro della stanza, osservo i particolari più marginali: forse la mia coscienza mi dice di analizzare una cosa per volta. O forse è per non guardare l'inevitabile.
Ma insieme ad alcune lacrime, lo sguardo cade sul ragazzo coperto di sangue, le maniche arrottolate all'altezza della spalla, gli avambracci completamente tagliati e la gola rovinata. Tasto il polso lacerato, c'è battito.

«Hershel... cos'hai fatto?» Mi inginocchio immediamente dopo aver preso un panno e lo premo sulla ferita più profonda. Sento dei passi avvicinarsi alla scena del delitto: alcuni studenti e il prof Collins. A giudicare dalla sua espressione, mista tra rabbia ma anche preoccupazione e compassione, pare lui sia l'unico ad aver compreso la gravità della situazione. Nonostante ciò, è immobile. Come gli altri del resto: alla mia richiesta di chiamare l'ambulanza non ho visto alcun muscolo muoversi.

«Allora?!» insisto. Ora corrono verso la segreteria. Alcuni sono rimasti alla soglia a osservare. Tra questi c'è Josh, che sospetta Hershel come un assassino e responsabile anche della scomparsa del suo gatto, Robin. Ha una faccia da pesce lesso, più del solito: le palpebre non sembrano muoversi, lasciando che l'occhio esplori per il meglio lo scenario. La bocca è cascante, il mento insieme a lei, scoprendo la lingua supina e impedendo ogni suono. Che idiota. Ma il mio sguardo si focalizza su Hershel. L'esasperazione l'ha portato a tanto?
«Andrà tutto bene...» lo rassicuro anche se, non riuscendo a garantirlo a me stesso, come posso farlo credere agli altri? Il suo volto è sporco solo di sangue. Gli occhi sono vuoti, quasi senz'anima. Le palpebre cadono coprendo l'assenza di vita, un primo velo sul cadavere. Prima di potermi disperare, mi accorgo che il battito è ancora lì. Il respiro è debole, ma c'è.

I soccorsi sono arrivati immediatamente, subito dopo la chiamata del pro, hanno preso Hershel e si sono dileguati. Ora mi ritrovo con la camicia e le mani zeppe di sangue. Identifico l’arma del delitto, facilmente individuabile per la sua superficie lucida e tagliente: un rasoio. Non ho il coraggio di toccare quell’arnese, così lo spingo con la punta della scarpa verso l’angolo ancora puro. Mi sento vuoto quanto gli occhi di colui che è più di là che qua. Ma cosa gli impedisce di diventarlo? E se-

Una mano si appoggia sulla mia spalla, fermando i miei pensieri. Volgo la testa verso l'individuo: il prof Collins. È ovviamente sconvolto: non ha mai avuto niente contro Hershel, forse un po' di delusione, ma niente di più. Certo però che non ha mai provato a confortarlo. Almeno io ho tentato, anche non mi rispondeva mai. Si allontanava e basta.

«Dalston, ti chiedo un favore. Dimmi che lo farai.»

«Ma cosa dovrei-»

«Prima dimmi che lo farai.»

Rispondo titubante. «Spari.»

«Io non posso lasciare le mura scolastiche: ho degli studenti da visionare.» Si sente il boato dei ragazzi che chiedono spiegazioni. «Ma so di potermi fidare di te...―continua―Quindi vai dai Layton e informali dell'accaduto."

Lo guardo negli occhi. Si può vedere la sua incredulità riguardo agli eventi di pochi minuti fa. Voglio dire, sembrava quasi ovvio che sarebbe potuto succedere tutto questo dopo il discorsetto di Angela e il comportamento degli altri, eppure ho sempre cercato di negarmelo, inutilmente. Cosa starà pensando il professore? E i Layton come reagiranno? Ma non posso tirarmi indietro ora. Devono saperlo. «Vado subito.»

Con un cenno del capo, il professore mi dà un silenzioso bocca al lupo. Io faccio altrettanto con la mano e mi precipito per i corridori verso l'uscita.
Corro fuori dal cancello della scuola. Qualcuno mi sta gridando dietro, forse uno studente o un altro insegnante ignaro dell'accaduto, ma non m’interessa. Busso freneticamente alla loro porta. Non so cosa dire esattamente e come. Prima che mi possa preparare psicologicamente, mi apre la signora Layton. Sono molto evidenti le occhiaie: le rughe le rendono più difficile nascondere gli effetti collaterali delle sue preoccupazioni.

«Alphonse? Non dovresti- Mio Dio, cosa ti è successo!?» I suoi occhi sono spalancati dall'orrore provocato dal liquido cremisi.

«Hershel è all’ospedale.»

Il suo volto si contrae, come se le rughe stessero lottando tra di loro. Ma gli occhi non sanno cosa fare nel panico. È molto preoccupata, ma cerca di contenersi almeno nella voce. «Alphonse. Cos’è successo?»

Esito. «… Non lo so.» Cerco di formulare qualcosa come scusa, ma non mi chiede l'intera storia. Veloce come il vento, chiama a gran voce il marito. Nel fare ciò, prende la giacca e il berretto. Dalle scale vedo raggiungerci il signor Layton. Anche lui non è da meno in preoccupazione.

«Lucille, cos’è successo?»

«Arthur, dobbiamo andare all’ospedale.»

«Perché? Non ti senti bene?―poi, notando la mia presenza all’uscio―E cosa ci fa Dalston qui?»

«Ti spiegherò dopo, tesoro. Ora, andiamo.» Gli lancia le chiavi dell’auto. «Alphonse, verrai con noi.»

Mi limito ad annuire e li seguo verso l'automobile. Salgo nella vettura. Notando lo sguardo terrorizzato di Lucille, chiudo la giacca, per nascondere la macchia cremisi sulla camicia. Sembra averla tranquilizzata un po', ma credo sia solo una mia impressione.

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Aggiornato. Non ritengo Mascotte sia un'offesa degna di Randall e Alphonse, quindi ho utilizzato la forma inglese Bratcot.
  
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