IL VOLER NAUFRAGARE
Tutto questo morire dentro.
Questo voler naufragare, a tutti i
costi.
Nel sangue e con le ossa rotte,
aggrapparsi rabbiosamente all’inganno
visivo,
non ce la faranno a farmi perdere il
senso
di un orientamento che non sa di
vita,
che non segue una rotta
che mi lascia rollare senza sosta
su questa distesa di acqua sporca
dove la plastica galleggia
ahimè, galleggia.
Ed io galleggio con essa;
galleggio per inerzia, non c’è un
domani
che la sorte possa offrirmi, perché
in fondo
sono il naufrago che non desidera
i soccorsi,
sono il naufrago che cerca l’isola
deserta
dove vivere di cocco e di Natura.
Sono disidratato, ma non importa;
ai miei occhi appare solo la visione
lontana
del giorno in cui, deridendomi, mi
hai accusato
di non avere neanche lo spirito di
sopravvivenza.
Purtroppo ce l’ho, ma non è come tu
immagini.
La mia è quella voglia perversa
di lasciarsi coccolare da quei demoni
che vivono dentro,
nel cuore e nella mente,
nel buio degli angoli
dove non cammina mai la gente.
Non seguo una trama, non ho binari,
la vita è com’è e l’accetto come me
la vendono ogni dì,
nella mia deriva costante.
Alla faccia dei ghiacciai sciolti
dell’Artico
la notte qui resta bianca di brina
con il giorno che è vento rabbioso
che sferza questa mia povera pelle
arrossata
dalle intemperie e dall’addiaccio.
Ecco qual è il vero problema, la base
di tutto!
È che non ho la testa.
Non è vero che non ho spirito di
iniziativa,
di sopravvivenza,
ma solo che non so ragionare.
Se lo sapessi fare
avrei devastato questo mondo fatto di
quadri
e di ritratti vecchi e coperti dalla
patina
della polvere dei secoli e del nuovo
millennio.
Se avessi avuto il dono di una mente
geniale
avrei devastato l’idea di essere
umano,
l’idea di Dio;
avrei reso l’Umano un Dio,
robotica che si mischia con la
materia dell’anima,
meccanismi che non si inceppano nel
tempo
che non lasciano solo orme fugaci
intrappolate nel rapido scorrere di
un momento.
Se avessi una buona mente
non mi sarei limitato a restare
scintilla fugace
dopo oltre un quarto di secolo di
vita;
lo studio filosofico dei concetti,
la tua cattiveria bigotta
non mi aiuteranno.
È tutto questo sudiciume che cerco di
levarmi di dosso,
la noia stessa di chi mi ha generato.
La polvere della materia di cui sono
composto.
Non ho la testa per affrontare tutto
questo,
allora Dio mi lasci alla deriva,
io non pongo più alcuna sfida.
Confido nell’atollo deserto
senza fari né riflettori,
dove l’alba è un dono quotidiano
e la notte è una culla naturale.
NOTA DELL’AUTORE
Altra poesia un pochino drammatica, interpretatela voi come
preferite ^^ grazie ancora e di tutto.