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Autore: _Lightning_    02/03/2019    4 recensioni
I Vendicatori hanno sconfitto Thanos, salvato la Terra e riportato l'universo alla normalità. Ma, almeno per Peter, il lieto fine non è ancora arrivato.
Tony si ritrova a sospirare di nuovo, in un moto spossato. [...] Riporta gli occhi a Peter e la sua espressione diventa seria, quasi austera, come quando è dietro la sua maschera in missione – e in realtà lo è. Non può permettere che Peter si trovi a passare un’altra notte insonne: ha accettato il compito di guidarlo, e ciò include arginare i demoni che non è ancora in grado di respingere da solo. E, soprattutto, non può permettere che le sue ultime parole siano quello straziante “mi dispiace” perso nella cenere che continua a perseguitarlo negli incubi.
[post-Infinity War non canonico // Tony&Peter // What If? // PoV Multiplo]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'As if it never happened'
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4
Tu sei responsabile della tua rosa
 
 
“Oh, be strong
Don't turn your heart
We're all
You're all
For all
For always

Let us cling together”
 
[Teo Torriatte (Let Us Cling Together) – Queen]
 
 
 
          Ben avrebbe saputo cosa fare.

Di tutti i pensieri che hanno continuato a frullare nella testa di May nell’ultima settimana, questo è il più insistente, il solo che sia riuscito a farsi strada attraverso il suo cranio per andare ad annidarsi nei recessi più profondi del suo cervello.

Ben avrebbe saputo cosa fare.

Aveva questo modo innato di relazionarsi con Peter che faceva aprire il ragazzo come non ha mai fatto con lei. Avrebbe saputo cosa dire adesso, come gestire quel silenzio terrificante, lo stesso che aveva inghiottito entrambi dopo la sua morte. May è cosciente del fatto che, se non ha perso suo nipote all’epoca, è stato solo grazie a Spider-Man. È ancora angosciante pensare a Peter che combatte il crimine per le strade di New York indossando solo una tuta sdrucita e un paio di occhialetti per sei mesi, ma sa che è stato esattamente quello a impedirgli di crollare, fornendogli invece uno scopo. Era andata fuori di testa quando l’aveva scoperto, e ancor di più quando aveva intuito la complicità di Stark nella faccenda, ma aveva anche realizzato che gli aveva probabilmente salvato la vita grazie alla nuova tuta potenziata. In fondo era grata che l’avesse tenuto d’occhio e si erano riappacificati abbastanza in fretta – ma era comunque stata a un passo così dall’incenerirlo via telefono per averla tenuta all’oscuro di tutto.

Dopodiché, la situazione con Peter le era sfuggita di mano.
C’erano stati molti rimproveri, discussioni infinite, battibecchi, liti, panico: lui aveva quindici anni, non aveva alcuna idea di quello in cui si era cacciato, poteva morire – e lei invece non capiva, non aveva idea del perché fosse diventato Spider-Man, e lo sottovalutava, perché sapeva ciò che stava facendo. Per giorni si erano rivoltati in quell’inferno di litigi inconcludenti come mai era accaduto prima.
Alla fine, Peter si era messo il suo costume ed era uscito di casa sbattendo la porta per “schiarirsi le idee”; May l’aveva lasciato andare d’impulso e senza scenate per pura esasperazione. Non si era fatto vivo per tre giorni di fila, e May aveva passato quel tempo a incolparsi per non aver tentato di fermarlo, con la netta sensazione che il suo mondo avesse iniziato a sgretolarsi nel momento in cui Peter aveva varcato la soglia. Forse per non tornare, proprio come Ben. E anche allora, era riemerso il pensiero che suo marito avrebbe saputo cosa fare per impedire a Peter di andarsene.

Tony si era sicuramente sentito preso tra due fuochi, quando una mattina si era ritrovato Peter alla porta del Complesso proprio mentre era al telefono con la zia del suddetto nel tentativo di rassicurarla. Ma aveva comunque giostrato in scioltezza l’intera situazione, ospitando Peter senza battere ciglio e tenendola contemporaneamente aggiornata sugli sviluppi in corso. In qualche modo, era riuscito a convincerlo a tornare a casa entro sera, e May aveva avuto l’impressione che Peter avesse ricevuto la sua buona dose di ramanzine anche su quel fronte. A dispetto del suo modo di fare flemmatico, Tony sapeva essere inflessibile, quando voleva.

Peter le era sembrato molto più pacato nel momento stesso in cui aveva rimesso piede nel loro appartamento, con gli occhi fissi sulle scarpe e il costume rosso e blu che faceva capolino con naturalezza da sotto la felpa. L’aveva abbracciata con impeto e si era scusato per tutto, anche cose per cui non avrebbe mai dovuto scusarsi. Poi erano arrivate di nuovo le parole, le spiegazioni che si era rifiutata di ascoltare fino ad allora, i perché e i percome, le ragioni per cui aveva scelto di intraprendere quella strada. E lei non aveva saputo trovare alcuna obiezione.

La consapevolezza l’aveva sommersa come una valanga: non poteva fare nulla per fermarlo. Era la sua scelta, la sua responsabilità, come l’aveva chiamata lui, con un tono solenne che le aveva ricordato quello di Ben. È quello che in fondo ha sempre pensato anche lei: Peter è la sua responsabilità, l’unico motivo per cui è andata avanti dopo aver perso Ben, ma non può neanche rinchiuderlo in una campana di vetro solo perché ha paura di perderlo. Così aveva deciso di lasciargli fare ciò che voleva… con l’aggiunta di alcune regole ferree, un coprifuoco tassativo e la stretta sorveglianza di Tony. Peter aveva accettato il tutto con evidente insofferenza, ma vi si era anche attenuto senza fiatare, con relativamente poche contravvenzioni nel corso di quei due anni, e May si era abituata a vivere con un connubio di orgoglio, angoscia e senso di colpa a rimestare continuamente i suoi pensieri.

Quando aveva saputo che Peter era sparito, morto, una parte di lei aveva urlato ancora una volta che Ben avrebbe saputo far di meglio che lasciarsi scivolare a terra scossa dai suoi stessi singhiozzi mentre pregava Tony, Dio, il destino, chiunque di riportarle il suo ragazzo. E anche se quel desiderio è stato infine esaudito, adesso non sa cosa farsene. Ben lo saprebbe.
Peter non è tornato. Quella è solo la sua forma fisica accasciata sul letto, con le lenzuola tirate fin sopra al naso come nell’infantile convinzione che possano proteggerlo dai mostri nell’armadio.

May si appoggia allo stipite della porta mentre veglia su di lui. Sono le sei del pomeriggio ed è già così stanca che potrebbe addormentarsi lì in piedi senza neanche accorgersene, ma è anche troppo nervosa e frustrata per riuscire a rilassarsi davvero. Ha passato l’ultima ora al telefono con Tony, cercando di convincerlo che non c’è alcun problema se si trattiene per quella notte a Malibu. Anche lui ha bisogno di staccare per un po’, come chiunque altro, e la situazione di Peter non cambierà certo nel giro di una notte, quindi farebbe bene a godersi quella breve gita fuori porta con Pepper senza darsi pensiero. May dubita che riuscirà a tenere del tutto a bada il suo senso di colpa, considerando quanto le era sembrato stressato e quanto ha insistito affinché lo chiamasse in qualunque caso, ma più di così non può fare.
Subito dopo si erano trovati a parlare del più e del meno, entrambi consapevoli che ogni argomento ruotava sempre attorno al medesimo ragazzo muto e insonne, e May non riesce a ricostruire cosa, esattamente, abbia innescato il diverbio.

Forse l’insistenza di Tony nel voler contattare “un esperto” per Peter; forse il proprio commento riguardo a come ciò che ha funzionato per lui poteva non funzionare per Peter; forse la sua osservazione piccata su come lui, al contrario di lei, avesse almeno una vaga idea riguardo a cosa poteva essere utile per Peter; forse la propria secca replica su come lui non fosse esattamente la persona più indicata ad avere voce in capitolo. May sa solo di averlo rimbeccato bruscamente di punto in bianco, spingendolo a troncare la chiamata con uno dei suoi soliti commentini ironici dai sottotoni caustici.
Si è pentita della propria reazione nel momento stesso in cui le ha attaccato, ma tutta quella situazione li tiene sulle spine da giorni e si era aspettata che degenerasse, prima o poi, e il caratteraccio di Tony non aiuta.

In realtà ha seriamente preso in considerazione il suo suggerimento sin dalla loro chiacchierata notturna, e ancor più dopo che le ha riferito di come Peter sembrasse effettivamente cosciente quando gli aveva parlato. Ma se il ragazzo rifiuta di muoversi, non può certo costringerlo a vedere uno psicologo. In passato trascinava regolarmente un testardo e molto poco collaborativo Peter di sei anni dal dentista, ma le sue braccia sottili non possono contrastare la sua forza ora sovrumana. È riuscita a malapena a metterlo a letto, e sa che è solo perché lui gliel’ha permesso: se si fosse opposto non l’avrebbe smosso di un millimetro e ritiene poco saggio far intervenire Iron Man o chi per lui per farlo andare in terapia.

May vuole comunque credere che stia meglio: ha mangiato, reagisce ai rumori di tanto in tanto, sembra più cosciente di ciò che lo circonda. Qualcosa sembra essersi sbloccato, chissà come. Un paio di volte si è persino alzato in piedi, facendo qualche passo esitante e instabile, con le braccia strette quasi allo spasmo attorno al busto. Però la sua bocca è ancora sigillata, al contrario dei suoi occhi. Le ombre violacee attorno ad essi si sono approfondite, sembrando ancor più scure in contrasto con il suo volto cereo. Ogni tanto le sue palpebre tremano e fremono come se si stessero sforzando di sostenere un peso invisibile, ma non cedono al sonno: May inizia a trovare prove tangibili del discorso di Tony sul voler rimanere svegli, anche se non ne comprende il motivo.

Per lei è come guardare un’ombra del ragazzo vivace e chiassoso che le aveva illuminato la vita dal momento in cui aveva posato gli occhi su di lui. Rinuncerebbe alla propria voce, se potesse donarla a lui per sentirlo parlare o ridere di nuovo. Le è comunque inutile, visto che tutto ciò che dice si infrange sui muri di silenzio che circondano Peter.

 
§
 
Il silenzio viene rotto un’ora dopo dal trillo del suo cellulare. May sobbalza, seduta sul letto ai piedi di Peter; lui non batte ciglio. Guarda lo schermo e si acciglia vedendo che è Tony, di nuovo. Sospira e pondera se lasciarlo squillare a vuoto, ma sarebbe un colpo basso alla sua ansia. E magari vuole solo mettere una pietra sopra alla loro discussione. Si alza e si sposta sulla soglia della camera, rivolta verso il corridoio, prima di accettare la chiamata.

«Sì?» esordisce, non del tutto scortese, ma comunque fredda.

In risposta riceve un insolito silenzio che la incita a parlare di nuovo:

«Tony? Mi senti?»

«Non dare di matto,» dice infine la voce dell’uomo dall’altro lato, e le rughe sulla fronte di May si accentuano per la confusione.

Ha a malapena il tempo di registrare quelle parole che sente un improvviso sfrigolio provenire dalla sua destra. Volta di scatto la testa e quasi le sfugge il telefono di mano quando si trova a fissare il cerchio di un brillante rosso-arancio appena apparso a mezz’aria nel suo salotto. Soffoca un gridolino di sorpresa nel palmo, mentre cerca di dare un senso a quello che sta guardando.
Nell'arco di pochi secondi, un uomo dall’aspetto bizzarro, alto e moro, è sbucato dal nulla in salotto. Indossa una veste blu di fattura orientale, coronata da un enorme mantello rosso che fluttua attorno alla sua figura; un massiccio medaglione bronzeo gli pende dal collo, appena sopra la larga cintura di cuoio che gli fascia la vita.

«Signora Parker,» esordisce garbato, con voce profonda, chinando appena la testa. «Sono il Dottor Strange, Stregone Supremo. Perdoni l’intrusione,» aggiunge, come realizzando in quel momento la circostanza insolita.

May poggia la schiena al muro, con una mano al petto martellante e l'altra avvinghiata al cellulare mentre riprende fiato per lo spavento. Conosce l’uomo, almeno di nome e di vista, e sa che non è ostile: è coi Vendicatori e ha avuto un ruolo fondamentale nel salvare il mondo, o almeno così ha colto dai telegiornali e da qualche commento estemporaneo di Tony. Fatica comunque a ricomporsi.

«Lieta di… conoscerla, signor Strange,» formula infine, con un sospiro stremato. «A cosa devo il piacere?» aggiunge subito dopo, già sospettandolo, ma prima che lui possa rispondere, qualcun altro lo fa al posto suo.

«Lui è l’esperto!» annuncia una voce nota, suonando stranamente lontana.

Il Dottore alza gli occhi al cielo.
May impiega qualche istante a realizzare che il cerchio luminoso sta ancora vorticando al centro del salotto, e che la voce proviene proprio da lì. S’inclina appena di lato per guardare alle spalle dello Stregone, e questi si fa da parte per non ostruirle la visuale. Attraverso l’abbagliante portale intravede quello che sembra un salone ampio e luminoso affacciato sull’oceano. Tony è in piedi oltre la soglia del cerchio, ma è rivolto alla sua sinistra mentre parla, rendendo inudibili le sue parole. Sembra nel bel mezzo di un’accesa discussione, visto il modo in cui sta gesticolando.

«Stark,» abbaia seccamente il Dottore, «Ti dispiace tagliar corto?»

Tony volta la testa e solleva le sopracciglia, apertamente scocciato.

«Così non stai guadagnando punti per ottenere quell’invito di nozze,» lo schernisce con uno sbuffo, prima di attraversare il portale con un saltello disinvolto. «Ehi, May,» la saluta spigliato, prima di approcciare Strange.

Subito dopo Pepper fa capolino dall’altro lato, fissando in cagnesco il proprio fidanzato con le braccia severamente incrociate, prima di rivolgere a lei un’occhiata costernata:

«Mi scuso da parte sua. Non sono riuscita a farlo ragionare.»

Le sue parole sono attutite ma perfettamente comprensibili, e contengono una ben distinta traccia di rimprovero rivolto all’uomo in questione.

«È tutto a posto, so che lo fa in buona fede,» la rassicura May, scoccando a Tony un’occhiata pungente ma venata d’affetto mentre lui è già intento a bisticciare col Dottore riguardo a quella che sembra una diatriba su scienza e magia con riferimenti al teletrasporto.

«Come va?» la distoglie Pepper, con un’evidente ombra di preoccupazione a segnarle il volto.

May stenta un sorriso sottile.

«Potrebbe andare peggio. Almeno è qui,» aggiunge, lanciando uno sguardo laterale alla porta di Peter, e Pepper si limita ad annuire. «Grazie per il supporto,» dice poi, di getto e incapace di esprimere quanto sia grata sia a lei che a Tony.

Pepper in fondo è in una situazione delicata quanto quella di Peter, e riconosce lo sforzo che sta facendo nel lasciare che Tony si assenti così spesso.

«Vogliamo tutti che Peter stia meglio,» replica lei con la consueta premura, accompagnata da un sorriso solidale.

«Signore, mi dispiace interrompervi, ma non posso tenerlo aperto per sempre,» s’intromette Strange, svicolando senza complimenti da Tony e mettendo in chiaro che non ha tempo da perdere.

Pepper e May si scambiano un rapido cenno di saluto e Tony riesce a far pervenire dall’altra parte un affrettato “torno per cena!” prima che il portale si restringa alle dimensioni di una pallina da tennis e scompaia nel nulla con uno sfrigolio di scintille.

Il Dottore compie un ultimo, elegante gesto delle mani guantate prima di raccoglierle in grembo prendendo a guardarsi attorno con discrezione, in attesa. I lineamenti affilati gli danno un’aria perennemente annoiata, ma gli occhi di un azzurro quasi trasparente sono brillanti e acuti. Tony è ora insolitamente silenzioso e continua a scoccare occhiate alla porta di Peter, con linee di tensione prima represse che iniziano a farsi strada sul suo volto.

«Suppongo che sia qui per mio nipote,» esordisce infine May, rivolgendosi al suo ospite inatteso.

«Esatto. Stark pensa che io possa esservi d’aiuto e, viste le circostanze, sono stranamente incline a concordare con lui,» afferma con fare sicuro di sé.

Tony libera uno sbuffo silenzioso, ma non commenta; invece, si accosta a lei e rimane al suo fianco, ascoltando a braccia conserte.

«E in che modo?» indaga May, senza curarsi di nascondere la propria circospezione.

Una scintilla di speranza si è accesa nel suo petto a quelle parole, ma non può permettersi di alimentarla finché non sarà sicura di non rimanere delusa. Illudersi la distruggerebbe definitivamente.

«Sono un medico, e inoltre ho familiarità con le Gemme e il loro potere. Potrei essere in grado di identificare la fonte del problema, e forse anche risolverlo.» Strange sembra non dar peso al suo atteggiamento e rimane imperturbabile. «Se può consolarla, sembra che Peter non sia il solo ad aver accusato effetti collaterali dopo essere stato imprigionato nel Regno dell’Anima. Ci sono state diverse testimonianze riguardo a persone affette da svariati sintomi a livello mentale, da allucinazioni ad attacchi di panico e terrori notturni,» continua, pacatamente ma con schiettezza.

May non lascia trapelare la sua preoccupazione, ma contrae le dita e sente il peso gelido della paura nel suo stomaco; Tony sposta il peso da un piede all’altro a disagio e sembra sul punto di intervenire, ma si trattiene quando il Dottore riprende a parlare:

«La reazione del ragazzo sembra essere abbastanza moderata, da quanto mi è stato riferito, quindi non c’è ragione di pensare che peggiorerà. Ma prima o poi la carenza di sonno avrà effetti deleteri, a dispetto della sua resistenza fuori dal comune,» aggiunge, con fare significativo.

May decide che ha sentito abbastanza per dare a questo strambo Dottore una possibilità, e ogni minuto perso a parlare è un minuto di riposo in meno per Peter.

«La porto da lui,» annuncia, dirigendosi verso la sua stanza.

Strange le si accoda con prontezza, mentre Tony li segue con passo indolente.
May non può negare di essere nervosa al pensiero che Strange entri in contatto con Peter: una parte di lei teme, o forse spera, che ciò scateni una reazione imprevista. Apre comunque la porta e si fa da parte per lasciar entrare il Dottore. Tentenna brevemente, chiedendosi se annunciare l’ospite al nipote, ma realizza che non avrebbe senso e che non si accorgerà comunque di nulla.

Tony si ferma accanto a lei, le mani affondate nelle tasche, mentre Strange entra nella stanza ed esamina l’ambiente con occhi attenti prima di concentrarli su Peter, a malapena visibile sotto il suo cumulo di coperte e con la schiena rivolta alla porta. Sembrerebbe dormire, se non fossero tutti coscienti del contrario. Il Dottore le rivolge uno sguardo interrogativo, a chiedere il suo permesso, e lei glielo concede con un cenno del capo.

«Faccia ciò che deve,» lo incita semplicemente, giocherellando con le mani in mano.

Strange si avvicina a Peter, osservandolo a distanza, le sopracciglia corrugate con fare quasi intrigato. Si china leggermente accanto a lui, guardandolo in faccia e senza fare il minimo gesto per toccarlo. Chiude brevemente gli occhi, come tentando di percepire qualcosa di invisibile, per poi riaprirli di scatto e girarsi verso di loro.

«Potete farlo mettere seduto? Non vorrei allarmarlo facendolo io,» dice, raddrizzandosi con le mani raccolte dietro la schiena.

«Certo. Anche se dubito se ne accorgerebbe,» May scrolla le spalle, accostandosi al letto.

«È più cosciente di quanto sembri,» replica il Dottore, ancora impassibile.

May coglie quelle parole che vanno subito ad alimentare la piccola scintilla nel suo petto, ma non risponde e si concentra nel cercare di far sedere Peter. Sembra non avere la minima intenzione di muoversi a dispetto dei suoi sforzi e delle sue parole rassicuranti, bloccato in uno dei suoi momenti di scarsa collaborazione. May si lascia sfuggire un sospiro frustrato, al che Tony si fa prontamente avanti per aiutarla, ignorando le sue obiezioni.

«Dai, ragazzino, non farmi chiamare l’armatura,» borbotta tra i denti, vincendo infine la sua resistenza e sollevandolo di peso con le braccia a fare leva sotto le ascelle.

Fa una smorfia per lo sforzo che gli stuzzica le ferite ancora in via di guarigione, ma riesce a portarlo seduto sul bordo del letto. Peter si accascia contro di lui e sta a capo chino, ma rimane in posizione e Tony si ritrae in fretta, sfregandosi la spalla sinistra con una smorfia turbata che balena sul suo volto.

«Ecco fatto,» dice con un lieve affanno, facendo un gesto a Strange che si è sensibilmente tenuto a distanza, osservandoli però attento.

«Grazie,» risponde con un piccolo cenno del capo, per poi porsi di fronte a Peter.

Si toglie i guanti: le sue mani sono scosse da un leggero tremito e sembrano insolitamente rigide, solcate per tutta la loro lunghezza da cicatrici profonde e slabbrate, come se qualcuno le avesse squarciate per poi ricucirle rozzamente. May lo tiene d’istinto sotto stretta osservazione, monitorando ogni sua mossa. Nell’esaminare Peter, si sforza in modo evidente di non toccarlo più di quanto strettamente necessario. La prima parte della visita sembra procedere in modo piuttosto normale: Strange esamina gli occhi apparentemente ciechi del ragazzo, poi poggia due dita prima sul suo polso e poi sul collo per misurare il battito. Quella parvenza di normalità viene sovvertita non appena il Dottore si siede sul pavimento a gambe incrociate e inizia a far guizzare le mani qua e là a mezz’aria, seguendo uno schema preciso e articolato, come se stesse sciogliendo un nodo invisibile. Dei sinuosi filamenti rosso-arancio scaturiscono dalla punta delle sue dita. May trasalisce, ma combatte l’istinto di intervenire vedendo che Tony non sembra affatto allarmato, e si trattiene finché i filamenti non strisciano verso Peter, avvolgendo le loro spire attorno ai suoi polsi. Tony le posa una mano gentile sulla spalla, bloccando il passo che aveva appena compiuto verso i due.

«Non fanno male,» le spiega pacatamente, accennando col mento alle sottili fruste di fuoco. «È tutta scena,» aggiunge con leggerezza.

May non ha motivo di non fidarsi di lui, ma svicola comunque dalla sua presa per osservare quella scena singolare da una distanza ravvicinata. Non si sa mai.

«Allora, hai avuto qualche epifania?» sbotta impazientemente Tony dopo qualche minuto, già iniziando a diventare irrequieto.

«Percepisco qualcosa, ma non saprei dire con esattezza cosa …» borbotta Strange di rimando, piroettando il filo color fuoco tra le dita come se stesse manovrando un burattino.

«E meno male che sei il “sommo dottore”,» commenta l’altro, con fare accusatorio.

«E meno male che non sei un imbecille, o starei avendo serie difficoltà a non spedirti su qualche pianeta ghiacciato e dimenticato da Dio.»

Strange non si gira neanche verso l’ingegnere e mantiene gli occhi focalizzati sul suo paziente, ma Tony chiude comunque la bocca, non senza aver prima brontolato un ben udibile “stronzo” tra sé e sé.
May ignora il loro battibecco, persistendo a guardare fissamente le corde infuocate strette attorno ai polsi di Peter, che però non ne sembra minimamente disturbato. Il Dottore continua a controllarle con gesti aggraziati, ma qualche ruga sulla fronte tradisce l’estrema concentrazione che gli richiedono quelle manovre apparentemente frivole. Dopo un altro minuto di armeggi, le sue palpebre si chiudono di colpo e lui si accascia sul posto col mento sul petto e le ciocche scure a schermargli il viso. May strabuzza gli occhi e anche Tony ha un sussulto involontario.

«Uh, non preoccuparti,» borbotta poi, mentre il suo sguardo vaga rapido per la stanza. «È ancora qui… credo. E probabilmente se la ride mentre ci fa le boccacce,» scrolla le spalle e incrocia le braccia con fare piuttosto nervoso, come se trovasse quell'idea estremamente fastidiosa.

In quel momento il Dottore si riscuote di colpo con un singulto, facendoli trasalire di nuovo; dissolve i fili magici e si rialza agilmente liberando un lieve sbuffo soddisfatto.

«Ho raccolto un po’ di informazioni utili,» annuncia, accennando un sorrisetto compiaciuto.

«Illuminaci,» lo incalza Tony con impeto, per poi smorzare il suo entusiasmo e sedersi cautamente ai piedi del letto con una mano a comprimere il fianco dolorante.

In quello stesso istante, Peter oscilla appena sul posto con aria assente, per poi distendersi di nuovo con un movimento rigido e meccanico; si tira le coperte fino al naso, tornando nella sua posizione iniziale. Gli occhi di tutti e tre sono ora incollati su di lui, presi in contropiede da quel repentino sfoggio di vitalità. Rimangono in attesa di un continuo, ma lui si limita a buttar fuori un respiro più profondo e ad affondare la guancia nel cuscino. Il cuore di May accelera, poi riprende a battere a singhiozzo quando non accade nient’altro. Tony posa delicatamente una mano sulla caviglia di Peter da sopra le coperte, tirando le labbra in una linea amara. Come lei ha sperato in qualcosa, e adesso si trovano a condividere la stessa, opprimente sensazione di essere stati derubati di qualcosa di bello e a lungo atteso.
La voce grave di Strange li distoglie da quei pensieri:

«La buona notizia è che Peter è tra noi, sia fisicamente che mentalmente. È cosciente di ciò che accade e registra ogni input sensoriale.»

«Quindi ci sta ignorando? E perché?» chiede di getto May, prima di potersi frenare.

«Ho ragione di credere che il legame col Regno dell’Anima non sia stato del tutto reciso,» risponde Strange, addentrandosi circospetto nella spiegazione e spostando lo sguardo tra lei e Tony per assicurarsi che la stiano seguendo. «Una parte della sua anima sembra bloccata a metà strada, da quanto sono riuscito a vedere dal piano astrale. Non posso avvicinarmi di più o raggiungerlo, quindi rimane una plausibile supposizione,» mette in chiaro, con un lieve scatto insoddisfatto delle labbra. «Non so dirvi perché sia in questo stato catatonico, né perché si ostini a non parlare o dormire. Forse è succube del potere della Gemma e si sta salvaguardando, o forse è intrappolato in un’illusione. Le ipotesi sono molteplici e temo che queste siano le meno drammatiche,» aggiunge, in un eccesso di schiettezza.

Tony si irrigidisce per poi lanciargli un’occhiataccia, e May non può fare a meno di schiudere la bocca per l’angoscia, affrettandosi a coprirla col palmo.

«Si può fare qualcosa?» riesce a chiedere, odiandosi per quanto suona sottile la sua voce.

Strange esita, e sembra contrariato.

«Ricorrendo alla Gemma stessa, forse–»

«Non possiamo correre il rischio di recuperarla,» lo interrompe fermamente Tony.

Pronunciare quell’affermazione sembra addolorarlo nel profondo, ma la sua voce rimane salda.

«Certo, che non possiamo,» Strange sembra quasi offeso da quella sua conclusione affrettata. «Ma la sua anima è in bilico sulla soglia, e il legame sembra comunque incline ad allentarsi col passare del tempo, anche se dubito si dissolverà mai del tutto se non interveniamo. Dobbiamo solo tirare l’anima dalla parte giusta, e potremmo farlo anche senza la Gemma,» rivela, e May ha la sensazione che sia troppo bello per essere vero.

«Cosa stai suggerendo?» Tony incrocia le braccia e lo scruta inclinandosi leggermente all’indietro, col mento sollevato e gli occhi che si assottigliano in un moto d’interesse, così come quelli di May.

«Non ti piacerà,» lo avverte Strange, prendendo poi un profondo respiro. «Se è opera della Gemma, forse la signorina Maximoff potreb–…»

«Sul mio cadavere,» sillaba duramente Tony, e la sua espressione si incupisce come se Strange avesse proposto un qualche rituale di sangue per aiutare Peter. «La strega non si avvicina di mezzo passo al ragazzino finché sono in vita io,» conclude, quasi in un ringhio.

«Tony? Che ti–…» interviene May, spaesata, ma la sua voce si sovrappone a quella del Dottore, che sembrava aspettarsi quella reazione e non si scompone:

«Capisco che essere venuto a sapere della sua interferenza con te sia stato un brutto colpo, ma–…»

«“Interferenza”?» Tony lo tronca di nuovo, ora traboccante d’ira. «Mi ha mandato a puttane il cervello, mi ha manipolato e l’ha fatta franca per anni! Questa la chiami un’interferenza?» alza la voce, ormai a un passo dal gridare.

May non l’ha mai visto così in collera e fa istintivamente un passo verso Peter, quasi a fargli da scudo, ma Tony non sembra nelle condizioni di alimentare ulteriormente la sua rabbia, a giudicare dal volto paonazzo e dal modo in cui si tiene di nuovo il fianco.

«Di cosa state parlando?» tenta di nuovo May, più severamente, con gli occhi che saettano tra i due uomini impegnati a fronteggiarsi. «Chi è Maximoff?»

«La Strega Scarlatta,» dice Strange, anticipando la risposta caustica di Tony. «Uno dei nuovi membri dei Vendicatori che ha recentemente firmato gli Accordi. È legata alla Gemma della Mente in modi che al momento non ci interessano, ma proprio per questo potrebbe essere in grado di aiutarci,» spiega concisamente, mantenendo il suo aplomb imperturbabile.

«E perché tu vuoi impedirglielo?» May si volta verso Tony, che si è portato una mano alla fronte, stringendo la radice del naso tra pollice e indice nel tentativo di ricomporsi, ma il suo pugno è ancora serrato.

Quando risponde, la sua voce è altrettanto contratta:

«Hai presente Ultron? Beh, colpa mia, colpa sua. Ha dei… poteri non trascurabili, è vero, e a quanto pare li ha usati per ficcarmi in testa delle idee assurde. Idee che mi hanno spinto a creare quell’intelligenza artificiale completamente svalvolata,» spiega in fretta, senza guardarla in faccia, e il suo nervosismo trapela dal modo in cui la sua gamba continua a sussultare quasi a ritmo con le sue parole. «Peccato che nessuno si sia mai degnato di farmelo presente, a parte qualcuno che conosco a malapena da tre mesi e che non è nemmeno un Vendicatore,» dice tra i denti con astio, prima di quietarsi appena e rivolgere uno sguardo al Dottore. «Non fraintendermi: ti sono grato per avermelo detto. Semplicemente, non è da te che avrei dovuto saperlo,» mette in chiaro, con evidente delusione.

Strange non commenta, ma la sua disapprovazione si legge nel modo severo in cui aggrotta le sopracciglia. May si prende qualche secondo per elaborare le parole di Tony. Ricorda le polemiche sulla Strega ai tempi dell’incidente a Lagos. E lei le dovrebbe affidare suo nipote? Si schiarisce la gola, cercando di porsi in modo ragionevole:

«Date le premesse, la proposta non è affatto invitante,» ammette diplomaticamente, posando il suo sguardo preoccupato su Peter.

«È folle, ecco cos’è,» interviene Tony, scaldandosi di nuovo e lanciando eloquenti occhiatacce a Strange, che sostiene con distacco il suo sguardo.

«Non credere che l’idea mi piaccia poi così tanto, ma lei potrebbe aiutarci, Stark. Maximoff è un diretto derivato della Gemma della Mente ed è stata in contatto con Visione per anni. Non sarà in grado di capire del tutto la Gemma dell’Anima, ma ha comunque una stilla di una delle sue sorelle nelle vene. E al contrario di me, può effettivamente vedere nella testa di Peter,» spiega compassato. «Sei abbastanza sveglio da fare due più due da solo, quindi dimmi se credi davvero che la mia non sia una proposta sensata,» lo interroga infine, sfidandolo a negare quel fatto.

Tony si spreca in un cenno d’assenso visibilmente forzato.

«È logicamente probabile che possa aiutarci. Oppure potrebbe ridurgli in poltiglia il cervello e ci troveremmo a fare i conti con un super-ragazzino fuori controllo,» sibila, lanciando un’occhiata sofferta a Peter e May, che fa del suo meglio per non trasalire a quelle parole crude.

«E che interesse avrebbe a farlo?» lo incalza Strange, con una singola traccia di curiosità a incrinare la sua compostezza.

Tony comprime le labbra e ammutolisce. May lo fissa con intensità, per poi accostarsi a lui e poggiargli gentilmente una mano sull’avambraccio per riscuoterlo.

«Tony? Perché dovrebbe voler far del male a Peter?» chiede, più pacatamente rispetto al Dottore nonostante la salda stretta della paura che le serra la gola.

Tony tentenna e sfugge il suo sguardo.

«Non le importa di lui.» Esita ancora per un istante. «Ma odia me, e ne ha buon motivo. E-- e questa sarebbe un’occasione perfetta per ferirmi,» conclude con rapidità, guardando ovunque tranne che nei suoi occhi e posando i suoi su Peter.

«Sono lo Stregone Supremo,» interviene improvvisamente Strange, con una palpabile aura di fierezza.

«Sì, mi sembra di avertelo sentito ripetere qualche dozzina di volte,» bofonchia Tony, approfittandone per ripararsi dietro la sua solita facciata di sarcasmo.

«Vuol dire,» scandisce l’altro con sottile irritazione, «Che Wanda e i suoi poteri ricadono teoricamente sotto la mia giurisdizione. E se ve ne sarà bisogno, sono del tutto in grado di impedirle di nuocere e punirla di conseguenza,» nel concludere Strange guarda direttamente May, che ha suo malgrado iniziato a mordicchiarsi le labbra.

«Non saprei,» prende tempo. «Non ho idea di chi sia questa Wanda e la descrizione di Tony non è incoraggiante,» constata, odiandosi per la propria irresolutezza.

«Capisco le sue preoccupazioni,» afferma conciliante Strange, per poi voltarsi verso Tony. «Ma forse possiamo offrire un piano alternativo?»

Il suo tono oscilla tra una domanda e un’affermazione, e nel parlare guarda l’ingegnere con fare eloquente. Lui incrocia di nuovo le braccia, facendosi più serio che mai e non accennando a spiccicare parola, quasi fosse incerto su quali usare.

«Hai detto di avere ancora quella tua tecnologia R.I.M.B.A, no?» lo incalza Strange.

«L’ho detto, sì,» replica laconico, ancora perso in chissà quali ragionamenti.

«Rimba?» ripete May fissandolo interrogativa, e lui inclina appena la testa con fare vagamente imbarazzato.

«Già, devo ancora perfezionare l’acronimo,» ammette, ma il suo sguardo finisce per ravvivarsi mentre si accinge a chiarirle la faccenda. «Retro-Inquadratura Mnemonica Binaria Ampliata. In poche parole: non ti piacciono i tuoi ricordi? Ti metti un paio di occhiali chic, li riscrivi da capo e vivi per sempre felice e contento,» conclude, con un tono indecifrabile che sembra rasentare il sarcasmo. «E tu pensi davvero che sarebbe utile?» chiede poi al Dottore, senza nascondere il suo scetticismo.

«Potrebbe renderci più facile raggiungere Peter, magari eliminare parte dello stress o smorzare una potenziale illusione. Ma sei tu l’esperto in questo campo.» Fa una breve pausa, arcuando poi le sopracciglia. «E sei stato tu a menzionare quest’opzione, prima,» gli ricorda poi senz’ombra di rimprovero, ma il cipiglio di Tony si accentua comunque.

May segue in silenzio quello scambio serrato, oscillando in bilico tra sollievo e disillusione mentre tenta di carpirne ogni dettaglio e sottinteso.

«Vero,» Tony schiocca la lingua irritato. «Ma ho anche detto che non mi sembra adatta a questo caso. Lui è–…» lancia un’occhiata scoraggiata a Peter, «È catatonico, e qui stiamo parlando di un processo volontario e sfiancante: bisogna concentrarsi sul ricordo da alterare e ricostruirlo passo passo. Non sempre funziona al primo colpo e, come se non bastasse, ti regala anche delle emicranie favolose,» conclude, passandosi una mano tra i capelli come di riflesso.

«Penso che valga la pena tentare,» si sente dire May, con più decisione di quanta ne senta in realtà, e sostiene lo sguardo perplesso di Tony. «Di sicuro mi fido più di te che di un’estranea. Nella peggiore delle ipotesi, avrà addosso un paio di occhiali hi-tech e gli verrà un brutto mal di testa,» dice, storcendo la bocca al pensiero e guardando Peter quasi a volersi scusare con lui.

Tony le rivolge un cauto cenno d’assenso, come restio a riporre troppe speranze in quell’idea.

«Possiamo provarci. È più sicuro farlo al Complesso; Banner sarà lieto di assisterci–…» si interrompe prima di partire per la tangente, guardando Strange con fare interrogativo. «A meno che tu non voglia diventare il nuovo doc ufficiale di Spidey.»

Strange scuote la testa.

«Seguirei volentieri da vicino il caso, ma sai che ho faccende urgenti di cui occuparmi,» replica impassibile come al solito, e guarda Tony negli occhi picchiettando sul suo medaglione, ottenendo un cenno d’assenso da parte sua.

Rivolge comunque un’occhiata vagamente dispiaciuta in direzione di May, in un accenno di scusa.

«Potete passare da me questo finesettimana,» continua allora Tony. «Prima sarò impegnato a scrollarmi il redivivo Segretario Ross di dosso,» spiega, con una smorfia di aperto disgusto mentre si alza un po’ vacillante.

«Bene, allora è tutto a posto,» commenta Strange in modo quasi vivace, indossando nuovamente i suoi appariscenti guanti gialli.

«Grazie per la sua assistenza, Dottore,» dice May, con sincera riconoscenza.

Lui si limita a sorridere tranquillo di rimando, già avviato verso l’uscita.

«È un bravo ragazzo,» aggiunge, accennando a Peter come se quella fosse una motivazione sufficiente; si volta poi verso Tony, con un cipiglio a metà tra il critico e il beffardo. «Tu, invece…»

«Ok, ok, ti devo un favore, Houdini,» si affretta a rispondere lui, sbrigativo. «Ti sei guadagnato quell’invito, forse,» brontola poi, accodandosi a loro per uscire dalla stanza.

Si ferma però appena oltre soglia, lanciando a Peter uno sguardo rattristato da sopra la spalla. May lascia che il Dottore avanzi verso il salotto, ed è giusto alla ricerca di qualcosa che sia in grado di rassicurare sia lei stessa che Tony, quando questi si affaccia dalla porta della camera, sporgendo dentro la testa con le mani appoggiate sugli stipiti:

«Ehi, ragazzo! Lo so che ci sei, quindi stammi a sentire!» esordisce, a voce leggermente più alta del normale. «Te lo dico tanto per dire: Pepper non vede l’ora che tu venga di nuovo a cena da noi, a Rhodey manca raccontarti storielle imbarazzanti su di me e la squadra mi sta assillando da giorni per conoscerti. E io ho un paio di diavolerie in laboratorio che avrebbero bisogno di una sistemata congiunta.» S’interrompe, prendendo un breve respiro. «Così, tanto per fartelo sapere,» conclude con uno dei suoi sorrisi sbilenchi, per poi ritrarsi e raggiungerli in salotto con aria soddisfatta e sollevata al contempo.

«Non ti facevo così sdolcinato,» commenta divertito Strange, facendogli alzare gli occhi al cielo, ma non c’è malizia nelle parole dello stregone, né vero risentimento nella reazione dell’ingegnere.

May sorride tra sé nel vederli battibeccare e fare allo stesso tempo fronte unito per aiutare lei e Peter. Strange apre un portale con ampi movimenti circolari del braccio, e in un batter d’occhio Villa Stark fa capolino dall’altro lato; è il primo a entrare, e aspetta dall’altro lato che Tony faccia lo stesso. Lui invece si gira verso May, con un’espressione incerta stampata in faccia.

«Riguardo alla stre-- a Wanda… non penso che tu debba scartare definitivamente l’idea,» riesce a cavarsi fuori di bocca con notevole sforzo, e May si limita ad ascoltare attenta, in quanto è raro che Tony Stark ritratti le proprie opinioni. «Ma prima voglio assicurarmi che non sia in cerca di vendetta per quello che le ho fatto. Ci sono ancora molti conti in sospeso tra noi. Tra tutti noi, in realtà,» aggiunge, e il suo sguardo sprofonda ai suoi piedi mentre scuote affranto il capo. «Mi dispiace, sto solo peggiorando le cose e non faccio che mettervi i bastoni tra le ruote e-- non dovrei nemmeno essere qui per-- mi dispiace e basta,» ripete infine ingarbugliandosi, e rialza appena la testa evitando però di guardarla direttamente.

May si lascia sfuggire un lieve sospiro, rivolgendogli un’occhiata rassegnata nel constatare che non ha perso il vizio di addossarsi sempre la colpa per tutti i mali del mondo, nonostante l'abbia salvato.

«Hai riportato indietro Peter, l’hai protetto in ogni modo possibile e immaginabile e gli hai dato molto di più di un costume nuovo e qualche gadget hi-tech.» Sorride nel vedere Tony che solleva gli occhi, fattisi un poco più grandi per lo stupore. «Non ho nulla da rimproverarti, e neanche tu dovresti,» conclude, posandogli una mano rassicurante sulla spalla a conferma di quelle parole.

Lui non risponde subito, come se fosse impegnato a registrare quelle parole e a dare loro senso compiuto.

«Quindi sono finalmente perdonato per non averti detto subito del nostro ragnetto in incognito?» articola infine, con un furbo sorriso finale chiaramente volto a celare la sua emozione, che riverbera però inconfutabile nei suoi occhi ora leggermente lucidi.

«Non me lo ricordare,» lo avverte con un finto cipiglio severo, piazzandogli minacciosa l’indice a un palmo dal naso.

Tony libera un’ultima risatina scanzonata e un po’ rotta prima di prestare finalmente ascolto all’ennesimo, esasperato richiamo congiunto di Strange e Pepper e attraversare il portale con un saltello svogliato. May fa un sentito cenno di saluto ai tre dall’altro lato, poi il portale svanisce con uno sbuffo finale di faville.
Rimane per qualche secondo a fissare quel punto, prima di dirigersi nuovamente verso la stanza di Peter. Il suo corpo sembra essersi fatto più leggero, e la testa meno densa di pensieri.
Aveva dimenticato quanto fosse bello avere una famiglia.
 
§
 
May lancia un’altra occhiata all’orologio, sapendo che sarà un’altra lunga, lunga notte, a dispetto di tutti i progressi della giornata appena trascorsa. Entra in salotto, dove Peter si è trasferito di sua volontà da una decina di minuti per stendersi sul divano; si siede accanto a lui, sollevandogli la testa per posarla in grembo. Lui non si ribella e si limita a stringere con più forza il plaid, con la mascella rigida e le nocche sbiancate. I suoi occhi rimangono fissi sulla pelle del divano, ma si sbarrano appena, come se si stesse preparando ad affrontare nemici che hanno contorni reali solo nella sua mente.

May ripensa alle parole di Strange, e a come Tony gli abbia parlato poco fa: può sentirli, ovunque sia in quel momento. Semplicemente, non può rispondere. Si china su di lui e posa una mano delicata sulla sua guancia prima di parlargli con voce morbida:

«Pensiamo tutti a te, Pete, l’hai sentito. Io, Tony, Pepper, Ned, MJ, Strange, Rhodey, i tuoi compagni di squadra…» prosegue ad elencare quanti più nomi possibili tra tutti i suoi amici, insegnanti, compagni di scuola, conoscenti, persone salvate da Spider-Man, continuando ad accarezzargli la guancia. «Ti stiamo aspettando tutti.»

Gli occhi di Peter sono ora ridotti a due fessure, come se fosse finalmente sul punto di addormentarsi. May gli accarezza i capelli, pettinando dolcemente all’indietro le ciocche castane e morbide che gli si arricciano sulla fronte pallida, in un gesto familiare sin da quando era poco più di un neonato.

«Vorrei che Ben fosse qui,» sussurra poi, appena udibile e senza neanche volerlo, prima di posargli un bacio leggero sulla tempia.

Peter freme e si contrae, rannicchiandosi un poco; May quasi sobbalza e subito il torpore lascia il posto a uno stato di massima attenzione. Le ci vuole comunque qualche istante per realizzare che Peter sta piangendo in silenzio. Lo fissa frastornata, oscillando tra preoccupazione e sollievo, perché quella è comunque una reazione, è suo nipote che cerca di parlarle anche se non può farlo a parole. Lo stringe a sé, con il viso premuto contro la sua spalla, e riesce a ricacciare indietro le lacrime in procinto di unirsi a quelle di Peter; lui agita a tentoni una mano e le stringe goffamente il braccio in una presa appena percettibile, ed è come se con quel gesto una parte del peso insostenibile che la comprime al suolo scivolasse via dalle sue spalle. Chiude gli occhi, stringendolo a sé. Peter è lì, da qualche parte; è con lei. E lei sta facendo ciò che ha sempre fatto, ovvero proteggerlo, sostenerlo e amarlo in tutti i modi possibili.

Riapre gli occhi dopo quelli che sembrano pochi minuti, e si ritrova ad ammirare dalla finestra la tenue, livida luce grigiastra che annuncia l’alba e che inizia a rischiarare la skyline di New York. Peter è ancora sveglio tra le sue braccia, aggrappato debolmente a lei, col respiro tranquillo a sollevargli il petto e gli occhi scuri e calmi che cercano il suo volto rassicurante.
Gli scompiglia i capelli in un gesto affettuoso, con un sorriso che tremola agli angoli delle sue labbra nonostante Peter non abbia dormito neanche quella notte.
 
Ma almeno lei sa che sta facendo la cosa giusta, esattamente come avrebbe fatto Ben.



Note Dell'Autrice:

Buonasera, buonasera! *voce da Mike Bongiorno*
Ok, scherzi, fluff e compagnia bella a parte: questo è il capitolo in cui ho gettato gran parte dei miei headcanon inespressi, il più rilevante dei quali riguarda Wanda.

Spiegone: in AoU Tony si rifiuta di credere che la visione che ha avuto sia stata causata dalla Strega Scarlatta, come cerca appunto di dirgli Fury. In realtà non mi è chiaro se Fury stia tirando a indovinare col fatto della manipolazione (in quanto non era in Sokovia e Tony non è stato attaccato da Wanda in Nigeria); sta di fatto che Tony sottolinea più volte di "non essere stato ingannato" (I wasn't tricked, I was shown). Il resto sono mie speculazioni, e il sospetto di Tony di essere stato tenuto all'oscuro dai suoi compagni (in realtà ignari sia nel MCU che in questa storia) è da ricondurre alle sue solite paranoie/diffidenza. Il ruolo di Strange come una sorta di giudice e supervisore di utilizzatori di magia è pure un mio headcanon, derivato dai fumetti, in cui è comunque tra i più potenti utilizzatori delle arti mistiche/magiche, assieme appunto a Wanda.
Come ho già accennato, non entrerò nel dettaglio di come il mondo sia stato riportato alla normalità, ma sottintendo un utilizzo delle Gemme e il fatto che esse siano integre e adesso nascoste.

Papiri a parte, spero che abbiate apprezzato questo capitolo, in particolare l'introduzione di un certo Dottore ;) Il titolo è una citazione dal libro Il Piccolo Principe, ovviamente a tema responsabilità, sennò che Spider-Man sarebbe?
Ringrazio T612 per aver recensito gli scorsi capitoli e la mia beta _Atlas_ per il supporto pratico e morale nella traduzione di questa storia <3 E grazie anche a tutti coloro che l'hanno aggiunta nelle seguite/ricordate/preferite! (E come sempre, ogni recensione è più che gradita) :D

Non mi dilungo ulteriormente: a sabato prossimo!

-Light-

P.S. Link al capitolo originale -> You are responsible for your rose 
   
 
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