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Autore: Ghost Writer TNCS    02/03/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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21. Faccia a faccia

Era quasi l’alba e Zabar stava osservando il piccolo fuoco davanti a lui. Il tepore delle fiamme attenuava il freddo pungente, ma il clima non era più un problema: la sera prima lui e Tenko avevano acquistato dei vestiti pesanti, indispensabili per sopravvivere nel gelido sud.

Il completo del chierico era relativamente semplice, ricavato dalla pelliccia di alcuni animali della zona, quello della sua compagna di viaggio invece era molto più performante. La demone lo aveva costretto a girare tutti i mercanti del vicino villaggio prima di scegliere, e alla fine aveva optato per uno dei prodotti più costosi, ricavato dai resti di un mostro raro. Per fortuna Icarus aveva dato loro un bel po’ di soldi, altrimenti non se lo sarebbero mai potuti permettere. Avevano anche fatto scorta di provviste, così da essere pronti ad affrontare le inevitabili avversità.

Ben presto si sarebbero lasciati alle spalle l’ultima propaggine di civiltà e avrebbero fatto rotta verso l’ignoto. L’idea lo spaventava, ma allo stesso tempo lo eccitava: era impaziente di scoprire quali segreti erano celati in quei territori impervi, dove nessuno osava avventurarsi.

Una strana sensazione, improvvisa, lo destò dalla monotonia della guardia. Qualcuno – o qualcosa – si stava avvicinando: qualcuno dotato di enormi poteri magici.

Con movimenti lenti e guardinghi si avvicinò a Tenko. «Ehi, svegliati.» La scosse leggermente. «Credo ci sia qualcuno.»

Lei aprì subito gli occhi, un lampo ferino ad attraversarle le iridi rosa, ma per fortuna di Zabar riuscì a trattenere la spada. I suoi incubi non avevano smesso di tormentarla – probabilmente non lo avrebbero fatto mai – ma almeno adesso riusciva a confinarli nel mondo dei sogni.

«Dobbiamo andare?» mugugnò, intorpidita e infastidita dai primi raggi del sole.

«Sta arrivando qualcosa» ripeté il chierico, in allerta. «Qualcosa con la magia. Ed è molto potente.»

Tenko preparò spada e bacchetta e si stiracchiò per risvegliare i muscoli. «Da che parte?»

«Di là» rispose Zabar indicando un punto in alto, verso le chiome degli alberi. «Aspetta, credo siano più di uno.»

«Chiama il grifone» ordinò la demone.

Dato l’ambiente ostile che avrebbero incontrato nel proseguo del loro viaggio, i due avevano deciso di lasciare all’animale il tempo di andare a caccia e recuperare le energie: anche la loro cavalcatura doveva essere in forma se volevano sopravvivere.

All’improvviso delle vigorose folate di vento li investirono, mettendo a dura prova la tenuta del loro piccolo fuoco.

«Grifoni selvatici?» chiese Tenko, pronta a combattere.

Zabar scosse il capo, atterrito. «Peggio: inquisitori. Dobbiamo andarcene.»

La demone stava per ribattere, decisa a testare la sua bacchetta polivalente, ma un incantesimo la anticipò: una barriera circondò la piccola radura in cui si trovavano, negando loro ogni possibilità di fuga. Subito dopo un leggero crepitio destò la loro attenzione. Quasi subito individuarono un bagliore nel cielo: una freccia carica di elettricità che si conficcò nel terreno a pochi passi da loro. Una raffica di saette esplose dal proiettile, ma Zabar fu rapido a neutralizzare l’attacco.

Il vorticare del vento si fece più forte e due persone si lasciarono cadere nella radura: un uomo armato di arco e frecce e una donna dai capelli azzurri. Gli abiti del primo suggerivano fosse una guardia, l’uniforme della seconda invece la identificava come un’inquisitrice.

I due demoni indietreggiarono istintivamente, pronti alla battaglia.

La donna, una minuta metarpia, li scrutò con i suoi gelidi occhi gialli, dopodiché fece un cenno con la mano al suo compagno, come a dargli il suo assenso ad agire.

L’uomo, un felidiano di tipo leone, abbassò le armi e fece un passo avanti. «Tenko, mi riconosci?»

Lei, stupita, lo osservò con più attenzione.

«Sono Leonidas Cardea. Ci siamo conosciuti a Milegos.»

Il viso della demone, da confuso, si trasformò in un ringhio furioso.

«Ti prego, aspetta. Capisco che sei arrabbia, ma lasc-»

Il fulmine colpì con potenza inudita. La folgore illuminò l’intera foresta, accompagnata dal roboante fragore di un tuono. Leonidas venne sparato all’indietro e sbatté contro la barriera. Cadde a terra, il corpo e l’uniforme annerite, immobile.

Persephone ruotò a malapena il capo, lanciando uno sguardo impassibile al suo compagno di viaggio. Nonostante il devastante attacco, percepiva ancora vita dentro di lui: si era salvato, probabilmente grazie alla benedizione di Susanoo, dio delle tempeste e dei fulmini.

Tenko andò verso Leonidas, la spada in pugno e lo sguardo assassino. Non aveva potuto ucciderlo in passato: non avrebbe sprecato quell’occasione. Era convinta ad andare fino in fondo, ma un’altra barriera le sbarrò la strada.

«Tenko Br’rado» iniziò la metarpia con voce risoluta, «sono l’inquisitrice Persephone Sialia. Ordino a te e al tuo complice di gettare le armi e arrendervi immediatamente.»

La demone avvertì un certo disappunto per l’errore di pronuncia della donna, che aveva storpiato il suo cognome in “brado”, ma questo era niente in confronto al misto di rabbia e disprezzo che ribolliva dentro di lei. Solo in quel momento si accorse di essere a meno di tre metri dalla metarpia. Non poteva farsi scappare quell’occasione: sollevò la bacchetta e scatenò un altro fulmine. Persephone non si mosse: una barriera la avvolse e l’incantesimo della demone venne completamente neutralizzato.

«Non lo ripeterò un’altra volta» la ammonì l’inquisitrice.

«E allora taci!» le gridò Tenko. «Zabar!»

Il chierico, ancora spaventato, si riscosse di colpo. Doveva aiutare la sua compagna: le loro speranze di vittoria erano quasi nulle, ma forse insieme sarebbero riusciti a crearsi una via di fuga.

Si focalizzò sulla loro avversaria e cercò di sincronizzarsi con la magia difensiva della donna. Scagliò un contro incantesimo e lo scudo dell’inquisitrice si riempì di crepe. Un velo di stupore incrinò l’impassibilità di Persephone. Tenko ne approfittò e colpì con un fendente. La barriera andò in pezzi, costringendo l’inquisitrice a indietreggiare. La metarpia impugnò la sua spada, appena in tempo per bloccare quella della demone. Tenko caricò la bacchetta, ma Persephone riuscì ad anticiparla con un colpo di luce. La demone cadde a terra, abbagliata. Zabar agì subito: lanciò uno dei congegni di Icarus e una cupola avvolse la sua compagna.

Persephone indietreggiò di qualche passo. Capì che quello era il dispositivo usato dagli eretici a Chalacyra, e si trovò ad ammettere che vederlo in azione era sorprendente. Non poteva lasciare una simile tecnologia nelle mani degli eretici.

Fintanto che la cupola era attiva, decise di concentrarsi su Zabar. Evocò una barriera per proteggersi da un incantesimo del chierico e scagliò un raggio di luce compressa. Il demone fu rapido a difendersi, ma accusò comunque il colpo: la parte del corpo esposta gli bruciava per il calore, ma soprattutto era completamente abbagliato.

La cupola che proteggeva Tenko si dissolse e la demone, che aveva recuperato dall’attacco subito, scagliò un nuovo incantesimo. Persephone si aspettava un fulmine ed evocò uno scudo, ma questa volta l’attacco arrivò dal basso: la terra espose sotto i suoi piedi e una raffica di rocce la investì in pieno, scalfendo la sua uniforme e lacerando il suo mantello.

La demone, forte della sua bacchetta polivalente, cominciò a pregustare il sapore della vittoria. Stava tenendo testa a un’inquisitrice, ma voleva di più: voleva la sua vita.

Persephone, che nonostante tutto non aveva accusato ferite gravi, si liberò del mantello. Aveva abbassato la guardia, ma non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore. Caricò l’energia luminosa nella mano sinistra e la scatenò contro Tenko. La demone rispose con un raggio di elettricità. I due attacchi si scontrarono con forza terrificante, inondando di luce l’intera foresta. Un inferno di calore e saette incenerì l’erba, mentre le due magie cercavano di prevalere una sull’altra.

Zabar, recuperata la vista, capì che Tenko stava combattendo egregiamente, ma non avrebbe potuto vincere. Si concentrò, preparando un nuovo incantesimo. Il suo attacco fu improvviso, diretto non al corpo dell’inquisitrice, ma alla sua mente: doveva stordirla, renderla inoffensiva per il tempo necessario a salire sul grifone e darsi alla fuga.

Persephone, già provata per il duello con Tenko, accusò il colpo. Il suo raggio di luce perse potenza e il fulmine della demone cominciò a guadagnare terreno. Strinse i denti: lei era un’inquisitrice, l’incarnazione della potenza di Horus: la sconfitta non era un’opzione. Invocò i poteri del suo dio e la magia esplose dentro di lei. L’attacco mentale venne sbaragliato con forza accecante e il raggio di luce divenne un torrente impetuoso. Il fulmine di Tenko venne divelto e l’incantesimo centrò in pieno la demone: solo i suoi abiti pesanti, ricavati da un raro e potente mostro, le salvarono la vita.

La metarpia rimase immobile per alcuni lunghi secondi, ansimante. L’erba della radura era completamente bruciata, i tronchi anneriti. Nubi scure si stavano addensando in cielo, ma in quel momento era lei stessa a brillare, un bagliore così intenso da rischiarare l’intera zona.

Con passo misurato avanzò verso Tenko, impassibile. Una pioggia leggera cominciò a scendere dal cielo e aliti di vento presero a soffiare per la foresta, sempre più intensi.

Persephone osservò la demone, rannicchiata a carponi per terra. Individuò sia la spada che la bacchetta, entrambe ad alcuni metri di distanza.

«Arrenditi» le ordinò. «È finita.»

Tenko serrò i denti. Si voltò di scatto e la sua frusta elettrificata colpì la mano della metarpia. L’inquisitrice, seppur colta di sorpresa, non lasciò andare la sua arma. La demone colpì ancora, questa volta avvolgendo la frusta intorno alla caviglia dell’avversaria. Tirò con forza, riuscendo a farla cadere. Scattò verso la bacchetta, ma sbatté contro una barriera. Non fece in tempo a voltarsi che un globo di luce esplose contro di lei, scaraventandola a terra. Tutto il corpo le doleva, non riusciva ad alzarsi. Sentiva la pioggia e il vento sempre più forti, poi i passi della metarpia. Era davvero finita?

Le gambe da uccello di Persephone apparvero nel suo campo visivo. «Alzati» le ordinò, ancora avvolta nel suo sontuoso bagliore. Con un calcio aveva allontanato la frusta, lasciando la demone disarmata.

Tenko si mise carponi. Era stordita e dolorante, ma non si sarebbe arresa. Spostò il peso sulle gambe, lentamente, avvicinando la mano destra allo stivale.

Persephone la prese per il bavero. «Muoviti!»

La demone digrignò i denti. «Se mi vuoi, dovrai uccidermi!» Afferrò il pugnale che teneva nascosto e scattò in piedi. Si liberò dalla metarpia e caricò il colpo. Avrebbe voluto mirare al collo, ma era talmente abituata a combattere uomini più grossi di lei che finì per puntare troppo in alto. L’inquisitrice si riparò d’istinto, ma non fu abbastanza rapida: la lama si conficcò nell’occhio sinistro, facendola urlare di dolore. Tenko provò ad affondare il colpo, ma l’altra rispose con un fendente disperato che costrinse la demone a indietreggiare.

Approfittando della situazione, Zabar provò di nuovo l’incantesimo mentale. L’inquisitrice, già provata dal dolore straziante, non riuscì a difendersi dall’attacco improvviso e cadde in ginocchio, la mano ancora premuta sulla ferita. Il suo bagliore non si era attenuato, eppure adesso sembrava quasi impotente.

Tenko capì che quella era la sua occasione: poteva reclamare la testa di un’inquisitrice. Con venefico piacere avanzò verso di lei, pronta a tagliarle la gola con il suo pugnale. L’avrebbe uccisa, avrebbe vendicato i suoi compagni e avrebbe dimostrato a tutti – anche a sé stessa – che la sua non era una battaglia persa in partenza.

Era pronta a colpire, ma qualcosa dentro di lei la fece esitare. Per un attimo le sembrò di rivedere sé stessa, ferita e impotente, e tanto bastò alla metarpia per evocare una nuova barriera. Tenko, incredula, la colpì con il pugnale, ma fu tutto inutile. Quello scudo l’avvolgeva come un bozzolo diafano, un guscio all’apparenza fragilissimo che però nessuno sarebbe riuscito a superare.

La demone gridò di rabbia e sferrò un pugno colmo d’ira. Perché aveva esitato?! Perché non l’aveva uccisa quando ne aveva avuto la possibilità?!

Qualcuno la prese per un braccio. «Dobbiamo andarcene!» le gridò Zabar per superare il fragore del vento. «Sta arrivando una tempesta!»

Lei lo spinse via. «No! Devo ucciderla!»

«Non riusciremo a superare quella barriera!» ribatté Zabar. «Andiamocene, finché possiamo!»

Tenko sentiva la brama di sangue che le gridava di restare, il ricordo dei suoi amici massacrati reclamava vendetta, ma qualcosa dentro di lei la convinse a cedere. «Va bene. Andiamo.»

Recuperò in fretta le sue armi e il chierico chiamò il grifone. In un attimo l’animale li raggiunse, loro gli salirono in groppa e con un balzo furono in cielo. Con le sue ali possenti la creatura combatté contro il vento fortissimo, riuscendo non senza fatica a sfuggire a una tromba d’aria in rapido avvicinamento.

Leonidas, ancora stordito per l’attacco iniziale, riuscì solo a vederli mentre si allontanavano, svanendo nella tempesta. Avevano fallito, lui soprattutto, ma in quel momento la sua unica preoccupazione era Persephone. A fatica si alzò e andò da lei. La metarpia era ancora in ginocchio, immobile, lo sguardo perso sulla mano sinistra sporca di sangue.

«Persephone… state bene?»

L’inquisitrice dissolse la barriera e la pioggia la inondò. Nonostante il dolore atroce, provò ad aprire l’occhio ferito. Si sforzò di dischiudere la palpebra, ma con orrore scoprì che il suo campo visivo era ugualmente dimezzato. Avrebbe perso la vista per sempre?

La paura si fece strada dentro di lei, minacciando di paralizzarla. Le emozioni stavano avendo la meglio, così si sforzò di reprimerle: gli inquisitori non vacillano mai.

Senza dire nulla si alzò in piedi e si voltò dalla parte opposta al felidiano, verso la tromba d’aria sempre più vicina.

Leonidas, confuso, continuò a fissarla. «Persephone? Che succede? Cosa sta succedendo?»

«Non lo so» ammise lei. «Sei tu devoto a Susanoo.»

La metarpia aveva ragione. Quel cataclisma era senza dubbio opera del dio delle tempeste, lui era l’unico dotato di un simile potere. Eppure la guardia non riusciva a percepire la presenza del suo dio. Non lo avvertiva nelle nubi, né nella pioggia, né nel vento. Non capiva.

«Ma voi? Siete ferita. E gli eretici?»

Lei si voltò verso di lui, fissandolo con l’unico occhio rimasto. Il sinistro, chiuso, era attraversato da un profondo taglio da cui ancora colava il sangue. «Li prenderemo» gli assicurò, ancora più glaciale del solito. «Ora però dobbiamo proteggere il villaggio. E comunque i nostri grifoni non possono volare con questo vento.»

Leonidas avvertì un fremito di paura, ma la sua indole marziale lo mantenne dritto e composto. «Sì, Persephone.»

Salvare gli abitanti del vicino villaggio aveva la priorità al momento, tuttavia, passata la tromba d’aria, niente avrebbe trattenuto l’inquisitrice. E la forza con cui stringeva la sua spada lasciava pochi dubbi su ciò che provava realmente.

Tenko e il suo compagno potevano scappare, potevano nascondersi, ma niente poteva più proteggerli. La metarpia li avrebbe trovati e la scure della giustizia si sarebbe abbattuta su di loro.


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Siamo finalmente arrivati all’atteso faccia a faccia tra le due coppie di personaggi.

Tenko e Persephone hanno dato fondo alle loro capacità, ma alla fine nessuna delle due è riuscita a prevalere. Di sicuro Persephone è quella che ne è uscita peggio: non solo non ha tenuto fede ai suoi compiti di inquisitrice, ma ha anche perso l’occhio sinistro.

Nonostante tutto, la metarpia non intende arrendersi. Grazie alla misteriosa tempesta, Tenko e Zabar sono riusciti a fuggire, ma presto o tardi dovranno affrontare di nuovo Persephone. E la prossima volta non ci sarà spazio per gli avvertimenti.

Come d’abitudine, il prossimo capitolo uscirà tra due settimane.

A presto! ^.^


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