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Autore: BlueButterfly93    02/03/2019    2 recensioni
(REVISIONE STORIA COMPLETATA)
MIKI: ragazza che, come il passato le ha insegnato, indossa ogni giorno la maschera della perfezione; minigonna e tacchi a spillo. È irraggiungibile, contro gli uomini e l'amore. Pensa di non essere in grado di provare sentimenti, perché infondo non sa neanche cosa siano. Ma sarà il trasferimento in un altro Stato a mettere tutta la sua vita in discussione. Già da quando salirà sull'aereo per Parigi, l'incontro con il ragazzo dai capelli rossi le stravolgerà l'esistenza e non le farà più dormire sogni tranquilli.
CASTIEL: ragazzo apatico, arrogante, sfacciato, menefreghista ma infondo solamente deluso e ferito da un'infanzia trascorsa in solitudine, e da una storia che ha segnato profondamente gli anni della sua adolescenza. Sarà l'incontro con la ragazza dai capelli ramati a far sorgere in lui il dubbio di possedere ancora un cuore capace di battere per qualcuno, e non solo..
-
Lo scontro di due mondi apparentemente opposti, ma in fondo incredibilmente simili. Le facce di una medaglia, l'odio e l'amore, che sotto sotto finiranno per completarsi a vicenda.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ubriaca d'amore, ti odio!'
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Capitolo 42


Promesse







🎶Selena Gomez - Good For You🎶

Ora tu dici che ho un tocco così buono,

Faccio in modo che tu non voglia mai andartene

Indosserò quell'abito che ti piace, attillato

Mi sistemerò i capelli in modo veramente, veramente carino

E la mia pelle sarà a ritmo sincopato, come il battito del tuo cuore

Perché voglio solo essere bella per te.

Lascia che ti mostri quanto sono orgogliosa di essere tua

Lascio questo abito stropicciarsi sul pavimento..

E ancora voglio solo essere bella per te!

-

🎶Zara Larsson ft. MNEK - Never Forget You (parte finale capitolo)🎶

***

MIKI

Più volte, in quelle ventiquattro ore, avevo implorato Castiel di rivelare il posto in cui mi avrebbe portata quella sera, ma non si era scomodato a rispondermi. Eravamo al telefono da quasi mezz'ora, lo avevo supplicato in ogni modo possibile; era stato irremovibile. 

«Dimmi almeno come vestirmi. Casual, sportiva, elegante, gl-», m'interruppe.

«Ti sta bene qualsiasi cosa, fai tu!»

«È una specie di complimento il tuo?» 

«No, è solo la verità».

«Grazie, credo..» era strano ricevere frasi positive da Castiel. Era passato un mese, eppure non ero ancora abituata a quel suo modo velato di fare apprezzamenti. «Però non vorrei sembrare fuori luogo in un abito poco appropriato nel posto misterioso in cui mi porterai..»

«Tu non saresti mai fuori luogo», sganciò quella bomba con nonchalance, come se quei complimenti fossero di ordinaria amministrazione per lui. 

"Oh. Mio. Dio. Ho bisogno di una bombola di ossigeno. Ora!" 

Il suo tono di voce sensuale al telefono era capace di uccidere sul colpo. Ed io ero rimasta stecchita come una lucertola uccisa da un'insetticida. Immagine schifosa, ma adatta all'occasione. 

«Oh...» risposi semplicemente come la demente che ero. Bastava la sua voce per farmi dimenticare persino il mio nome; ormai ero un caso da ricovero. 

«Adesso potremmo chiudere la chiamata? Dovrei fare una doccia, a meno che tu non ti voglia unire a me... Preferirei la tua presenza in carne ed ossa, ma sono uno che si accontenta; un po' di sesso telefonico non fa mai male». Che gran stronzetto! Sapeva di avere un certo effetto su di me e ne approfittava per scherzarci su. 

«Be'...»

"Ma ti decidi a dire una frase sensata o ti stai impegnando appositamente per sembrare un pesce lesso affetto da balbuzia?!" riecco la mia coscienza; era da un po' di tempo che non interveniva in momenti poco consoni. "I pesci lessi non parlano, quindi non possono esser colpiti da balbuzia".

"Gne-gne-gne, signorina so tutto io, ti sei accorta - almeno - che il tuo ragazzo ha chiuso la chiamata, o hai intenzione di tenere il cellulare all'orecchio per sport?" che vocina fastidiosa, peccato fosse la mia. "Quando? Cosa dici?" 

«Cass?!» chiesi titubante; non rispose nessuno. 

"Visto?! Donna di poca fede! Per fortuna ci ho pensato io a rispondere al suo saluto, senza che te ne accorgessi.."

Diedi poca retta alla mia amata vocina interiore e mi decisi finalmente a prepararmi per l'appuntamento di quella sera. Mancava un'ora. Cavolo! Avevo esagerato con le suppliche telefoniche. 

Dopo un'ora esatta ero pulita, profumata e pronta per la mia prima uscita ufficiale come ragazza di Castiel Black. Visto il soggetto particolare non ero poi così sicura che mi avrebbe portata a cenare in un qualsiasi locale, come le persone normali. Avevo giusto il sospetto che saremmo andati altrove. Per cui scelsi un abbigliamento elegante, ma comodo, più o meno adatto a qualsiasi posto. Avevo indossato un abito nero - lungo fino al ginocchio - interamente di pizzo con le maniche a trequarti, con scollatura a barchetta contornata da dei fiori beige. Ai piedi infilai dei tacchi poco alti, in modo da riuscire a camminare ovunque e senza torture. Lasciai i capelli sciolti con i boccoli naturali, sapevo li preferisse in quel modo. Sperai mi trovasse carina. Mai prima d'allora mi ero agghindata per piacere a qualcuno, un tempo mi attillavo per piacere a me stessa; in pochissimi mesi le cose erano decisamente cambiate. Volevo essere bella soltanto per lui.

Alle venti in punto mi arrivò un messaggio. 

Mr. Pomodoro Brontolone: Hai 40 secondi di tempo per uscire da quella casa!

Miki: Altrimenti?

Mr. Pomodoro Brontolone: Faccio irruzione nella tua stanza, sollevo quel bel vestito nero che indossi e ti sc... contro il muro. 

Miki: Come fai a sapere cosa indosso?

Comunque c'è mia zia in casa, non lo faresti!

Mr. Pomodoro Brontolone: Non chiedere cose di cui sai che la risposta potrebbe turbarti.

Non sfidarmi. E... i 40 secondi sono già passati da un pezzo.

Miki: Non aspettavo altro...

Appena inviai l'ultimo messaggio, però, avevo sceso le scale che separavano la mia camera dall'ingresso ed ero già fuori casa. Avevo volutamente giocato con gli ormoni e la fantasia di Castiel, un po' come a lui piaceva fare con me. Fu una piccola vendetta femminile, meritatissima. 

«Allora.. dicevamo?!» gli sussurrai provocante all'orecchio. Nei momenti in cui la vergogna spariva diventavo brava in quel genere di cose.

«Che stronza sei diventata..» bisbigliò come se fosse un segreto. Si voltò verso di me, mi afferrò dal bacino e mi baciò togliendomi il respiro. Dio.. quelle labbra, quel respiro; ero succube di ogni parte del suo corpo, di lui. 

«Ho imparato dal migliore», sorrisi affannata dal suo assalimento. «E questa da dove salta fuori?» mi riferii alla macchina sulla quale era poggiato di schiena. Evento del secolo: per una sera si era separato dalla sua Harley. 

«Me l'ha prestata un amico», accennò un sorriso sollevando un angolo di bocca. Era un auto sportiva a due posti, nera e lucidissima: un'Audi, per la precisione. Doveva essere benestante il fantomatico amico. 

«Ti decidi a salire o devo caricarti sulle spalle?». Sempre la stessa storia; impaziente sin dalla nascita.

«Ho le gambe, ce la faccio benissimo da sola, ma grazie del pensiero», non rispose a quella mia battuta acida. Con il sorriso sulle labbra, raggiunse il posto guida, aprì lo sportello e si accomodò sul sedile. Non facendo caso ai suoi gesti mancati da gentiluomo entrai anch'io in auto, e partimmo per chissà dove. 

«Dove mi porti di bello?» gli chiesi facendo la finta tonta. Sapevo non mi avrebbe svelato la destinazione. 

«Dobbiamo sul serio riaprire il discorso?!» alzò gli occhi al cielo e sospirò. Sapevo di essere pesante con la mia eccessiva curiosità, ma doveva sopportarmi. Dopotutto gli piacevo, no?! Quindi avrebbe dovuto accettare i pregi e i difetti, un po' come facevo io con i suoi.

«Quale discorso?» proseguii nella mia impresa. 

«Va bene, facciamo un bel gioco».

«Sììììì... Adoro i giochi», battei le mani felice. Sembravo una bambina, ma poco m'importò. Con Castiel potevo essere me stessa.

«Lo so bene, per questo te ne propongo uno», si morse il labbro per non ridere. Cosa aveva in mente? «Il gioco del silenzio: fin quando arriveremo al posto in questione non dovrai parlare».

«Ehi.. Ma così non vale. È un gioco conveniente solo per te», m'imbronciai, corrugai la fronte e incrociai le braccia al petto. 

«Comincia da ora. 3... 2... 1... Via!» ignorò la mia protesta. 

«Non ho accettato di partecipare», brontolai facendogli notare l'evidenza. 

«Ma se partecipassi potresti vincere una qualsiasi domanda da farmi. Non mi farei sfuggire quest'opportunità», cercò di convincermi. Be', in effetti... Rare volte rispondeva alle mille domande che gli facevo.

«Risponderai a qualsiasi domanda?» avevo giusto pronto un quesito sulla punta della lingua.

«Certamente, ma solo una».

«Okay, allora accetto!» la mia curiosità vinse sull'orgoglio. Dannazione! Quel ragazzo sapeva bene come contrattare. 

Visto che non potei torturarlo a parole, passai il resto del viaggio ad ammirarlo senza farmene accorgere. Era vestito totalmente in nero. Per l'occasione si era sforzato d'indossare una camicia sopra ai suoi inseparabili jeans e perlomeno aveva evitato di mettersi addosso quelli strappati. Sebbene troppo scuro per i miei gusti, quel colore contrastava alla perfezione col colore dei suoi capelli. Come sempre, senza neanche sforzarsi troppo, sembrò un modello appena uscito da una rivista.

Quel gioco – intelligente secondo Castiel – durò all'incirca venti minuti, per tutto il tragitto mancante. Quando parcheggiò accanto al marciapiede del luogo misterioso dell'appuntamento, come mi aspettavo, non trovai alcun ristorante ad attendermi. 

«Hai vinto», mi sorrise Castiel scendendo dall'auto. Lo seguii; non attesi che mi aprisse lo sportello, sapevo non avrebbe mai compiuto quei gesti da gentiluomo e a me andava anche bene così. 

Mi ritrovai difronte ad una casa apparentemente abbandonata, visto il buio totale sia nel giardino che all'interno dell'abitazione. Capii si trattasse di una piccola villetta, comune a tutte le altre; non riuscii a distinguerne nient'altro. Eravamo in aperta campagna, senza nessun altro alloggio nei dintorni. Dio, che paura!

«Mi hai portata qui per uccidermi e poi nascondere il cadavere?!» gli chiesi come da copione. Ogni protagonista dei libri faceva spesso quella domanda in momenti simili, ed io da totale beota avevo fatto sì che si ripetesse quel cliché. 

«Vieni con me», Castiel afferrò la mia mano e mi guidò nel giardino di quell'abitazione. Oh bene! Non era stato neanche così tanto gentile da smentire la mia supposizione. 

Accese la torcia del suo cellulare illuminando l'erba del prato leggermente alta. Maledissi la mia mente per avermi indicato d'indossare i tacchi che affondarono leggermente nella terra - sebbene bassi non risultarono essere il massimo della comodità -, mentre l'erbetta mi solleticò le caviglie scoperte. Ci fermammo nel bel mezzo del giardino sul retro della casa, dalla parte opposta alla strada dalla quale eravamo giunti. Restai interdetta per quella scelta di ambientazione. 

«Ehm... Posto molto caratteristico?!» doveva essere un'affermazione, ma risuonò piuttosto come una domanda. Caspita, non sapevo mai quando fosse il momento di restare in silenzio. Dovevo apprezzare gli sforzi di Castiel, era la prima volta che portava fuori qualcuno all'infuori di Debrah. Non era abituato a quel genere di cose, non-

«Alza la testa, scimmietta». Castiel bloccò i miei pensieri trastullanti e feci come mi diceva.

"Ehi un attimo... Mi ha chiamato scimmietta?!" 

Ma quel nuovo nomignolo fu presto accantonato, in un lato remoto del mio cervello, per la visione che si presentò davanti ai miei occhi. La torcia del cellulare del rosso stava illuminando un albero che, intorno al tronco, aveva una scala a chiocciola. La percorsi con lo sguardo fino ad arrivare in cima dove, tra i rami e le foglie, giaceva una piccola casetta sull'albero. Una luce fioca fuoriusciva dalle piccole finestrelle aperte, quella casa sì che sembrava essere abitata. Avevo sempre sognato una casa sull'albero, mi capitava spesso di scriverlo sul diario segreto. Quel piccolo pensiero mi fece intuire tutto. 

«Oh mio Dio! Oddio... Cass, è tutto vero? Oh mio Dio!» saltellai – agitando scoordinatamente le braccia – dimenticando di avere i tacchi ai piedi, facendo quindi maggiore fatica rispetto al solito, ma per fortuna non caddi. Per concludere la mia performance da persona insana da rinchiudere in un manicomio, gettai le braccia al collo di Castiel e legai le gambe intorno alla sua vita. Per fortuna riuscì a reggere il mio peso stringendomi a sé, ponendo le mani sotto al sedere. L'abito che indossavo si sollevò troppo, ma ormai per quel genere di cose non provavo più vergogna: Castiel conosceva il mio corpo meglio di me. 

Più che scimmietta in quell'attimo assomigliai ad un koala. Ma ero troppo felice per pensare di contenere la mia gioia. «Tu lo sapevi... Lo avevi letto sul diario, vero?» mostrai tutti i denti in un sorriso smagliante, mi s'inumidirono persino gli occhi tanto dalla contentezza di poter finalmente passare del tempo in una vera casa sull'albero. Alla vista di molti sarei potuta sembrare infantile, ma sapevo che invece Castiel non mi avrebbe più giudicata, quindi.. Al diavolo gli altri!

«Te l'avevo detto di non guardare solo i lati negativi della mia sbirciatina nel tuo diario..» non lo feci finire di parlare che subito lo baciai per tutto il viso. Ero totalmente incapace di frenare l'allegria che mi aveva colpita. «Saliamo?» mi propose e, senza farmi toccare terra, s'incamminò salendo tutti i gradini che ci avrebbero dato accesso a quella piccola casetta. Sperai di non ucciderlo con il mio peso. «Eccoci arrivati», mi fece scendere una volta giunti dinanzi alla piccola porticina. La casetta era alta quanto me, interamente in legno, Castiel dovette abbassarsi per entrarci. 

Una volta dentro finalmente non dovetti più sforzare gli occhi perché il luogo era abbastanza illuminato. Mi guardai intorno senza perdere alcun particolare, imprimendo ogni cosa nella memoria: a destra vi era un letto singolo con un piumone blu, a sinistra un piccolo forno per cucinare e, accanto a questo, un tavolino senza sedie con sotto un tappeto anch'esso blu. Sui muri, accanto al letto, notai qualche quadro con poster di band rock che non conoscevo. In quei pochi metri quadri c'era giusto l'essenziale per vivere qualche ora lontano dal mondo. Era perfetta. Mi tolsi il cappotto che indossavo e lo poggiai sul letto.

«È di tuo gradimento?» mi scrutò titubante accendendo una stufetta per riscaldare l'ambiente. Aveva appena realizzato uno dei miei sogni più grandi ed aveva anche dei dubbi a riguardo?!

«E me lo chiedi con quella faccia? Sono senza parole perché è... È fantastica. Non mi aspettavo questo tipo di appuntamento, davvero grazie!» mi avvicinai a lui trovando la scusa per baciarlo ancora. Mi avrebbe dovuto sopportare in eterno perché non sarei mai stata in grado di allontanarmi da lui, vivevo in simbiosi. «È tua?»

«È stato un regalo dei miei nonni materni quando avevo cinque anni. La casa buia che hai visto prima era la loro; siamo a Chantilly, a mezz'ora da Parigi», non chiesi ulteriori spiegazioni perché avevo giusto l'impressione che quello, per lui, fosse un altro argomento delicato. Supposi che i suoi nonni fossero morti visto il suo discorso al passato. 

«Quindi... Questo è un altro dei tuoi posti segreti?»

«Da oggi non è più segreto, lo condividerò con te», mi sorrise. «Il che non pensare mi dispiaccia, eh. Altrimenti non ti ci avrei portata». Si avviò verso il piccolo forno ed infilò una pizza per riscaldarla. «Sarà un nuovo modo per fare sesso.. Su un albero non ho mai provato», si voltò per bearmi di quel sorriso da stronzo appartenente solo a lui.

«Pensi sempre a quello..» replicai fintamente infastidita per i suoi pensieri sconci. 

«Perché?! Vorresti farmi credere che, appena hai visto quel letto, non ci hai immaginati lì sopra?» mi stuzzicò indicando il letto. «Non fingerti puritana, so bene che non lo sei per niente», si avvicinò maggiormente a me e morse il lobo del mio orecchio. 

«Al primo appuntamento è vietato fare sesso», mi schiarii la voce senza allontanarmi da quella dolce tortura. 

«E chi lo dice?» sussurrò facendomi rabbrividire a causa del suo respiro sul collo. 

«È una regola generale delle donne», mi affrettai a trovare una scusa banale. 

«Non credi che, io e te, siamo già ben oltre il primo appuntamento?» con le punta delle dita mi sfiorò le braccia provocandomi tanti brividi al suo passaggio. 

«Già, il nostro amico tempismo...» mi si spezzò la voce.

«Imperfetto», concluse al posto mio posizionandosi difronte a me. Percorse con le mani e con gli occhi tutto il mio corpo fino ad arrivare all'orlo del vestito che indossavo. Lo sollevò lentamente fermandosi all'altezza dei miei slip, mi sfiorò l'intimità da sopra il tessuto «Anche tu mi desideri, lo sapevo», mi morse il labbro inferiore ansimando. Continuò a stuzzicarmi senza mai oltrepassare gli slip, ma dopo qualche istante fummo interrotti dal suono di una campanella «Salvata in calcio d'angolo dal timer», allontanò le mani per andare a togliere la pizza dal forno. Lo seguii. «Una pizza congelata per il primo appuntamento non sarà il massimo, ma in questo caso dovremo accontentarci. In questo posto, di caldo, non avrei potuto preparare nient'altro», si toccò la nuca dopo aver posato la pizza, in un piatto, sul tavolino. 

«Non preoccuparti, per me va benissimo così. Hai già fatto troppo», gli sorrisi rassicurante. Mi accomodai sul tappeto e divisi a metà la pizza quattro stagioni, mentre Castiel ne infornò un'altra margherita. Per fortuna nei supermercati francesi vendevano delle pizze italiane congelate che non erano poi così tanto disgustose. Certo in Italia avevo mangiato qualcosa di decisamente più buono, ma ci si accontentava in caso di necessità.

L'uno difronte all'altra, seduti in posizioni simili alle usanze giapponesi, mangiammo in silenzio le nostre pizze. Ogni tanto beccai Castiel osservarmi languidamente, ma sorvolai su quel particolare. Era incredibile la velocità con la quale mi ero abituata a noi, al suo carattere; in un mese era svanita quasi del tutto l'imbarazzo iniziale. Avevo la sensazione di stare insieme a lui da sempre. Ero a mio agio in sua compagnia, qualsiasi luogo per me andava bene finché c'era lui al mio fianco.

«Adesso posso farti la domanda, visto che ho vinto il gioco del silenzio?» trepidavo. Sin da quando me l'aveva proposto avevo avuto in mente una richiesta specifica: una domanda che gli avevo già sottoposto, ma a cui per fatalità non era riuscito a rispondere. 

«Prima spogliati, dopo potrai farmi tutte le domande che vuoi...» la mia intimità pulsò davanti a quella sua specie di ordine. Da un mese ero diventata incontentabile, incontenibile, parecchio simile a lui. Eravamo perfettamente compatibili come mai avrei pensato. 

«Non sarebbe meglio se mi spogliassi tu?!» preferivo di gran lunga le sue mani sul mio corpo. 

«Per questa sera no! Voglio guardarti», gli occhi brillarono di lussuria. Lì, seduto e trepidante mi parve essere ancora più bello, irresistibile. Ed io chi ero per togliere quel luccichio dai suoi occhi? Quindi decisi di accontentarlo, mi alzai in piedi, ingoiai un groppo di saliva e tolsi lentamente le scarpe. Solo il tavolo a dividerci. L'attesa del piacere poteva esser percepita persino nell'aria. Sfiorai lentamente il mio corpo sopra il vestito e, giunta all'orlo, lo sollevai togliendolo dalla testa; lo lasciai cadere, lasciai che si stropicciasse sul pavimento. Rimasi in intimo. Sia il reggiseno che gli slip erano di pizzo nero trasparente, coordinati al vestito. Stavo migliorando persino nel vestire l'intimo. La settimana prima, sotto indicazione di Rosalya, avevo fatto un po' di shopping. Volevo essere bella per lui, soltanto per lui. Volevo dimostrargli quanto fossi orgogliosa di essere sua e l'avrei fatto proprio quella sera, durante il nostro primo appuntamento. 

Con solo quell'abbigliamento provocante e poco coprente addosso mi sedetti sul tavolino, davanti a lui. I suoi occhi si scurirono. Mi accarezzò con lo sguardo, coprendo così ogni lembo di pelle scoperta, facendomi sentire perfetta, protetta, nel posto giusto. Perché Castiel aveva anche quel potere: era capace di farmi sentire speciale, di farmi sentire bellissima senza neanche parlare. Mi bastava leggere il desiderio nei suoi occhi per sentirmi meravigliosa. 

«Adesso posso farti quella domanda?» portai i capelli da un lato civettuola. 

«Certamente, e sarò lieto di rispondere.. Sempre se non mi farai venire un infarto prima», si sbottonò i primi bottoni della camicia. Aveva caldo per caso?

«Tempo fa - prima del famoso concerto - ti avevo chiesto una cosa, ma siamo stati interrotti da Lysandre..» non seppi spiegarmi il motivo, appena nominai il concerto s'irrigidì leggermente. «Ed ecco.. Visto che poi non mi hai più risposto vorrei chiedertelo ora», mi presi qualche secondo di tempo prima di proseguire. «Avevamo parlato dei vari significati di "Drunkers", di tutto ciò che può rendere la gente ubriaca oltre all'alcol, a me invece interesserebbe conoscere la tua...» una strana ansia mi assalì lo stomaco, perciò tardai ad arrivare dritta al punto «A te... Cos'è che ti rende ubriaco?» lo fissai attentamente assorbendo ogni movimento, ogni reazione che ebbe. In un primo momento trasalì, non si aspettava quella domanda, poi chiuse gli occhi, si spostò un ciuffo di capelli, strofinò le mani sui suoi jeans neri e si alzò dal tappeto presentandosi in tutta la sua maestosità. Era più alto della casetta, perciò non riuscì a stare totalmente in piedi. Dopodiché prese le mie mani e fece alzare anche me.

Eravamo l'una difronte all'altro in quella casa minuscola - forse infantile per due ragazzi adolescenti - ma che da quel giorno sarebbe diventata il nostro nido. Non potevo chiedere niente di più. Pian piano qualcuno da lassù mi stava restituendo quella felicità che non avevo mai potuto provare. Finalmente capii il significato di quel termine agognato da tutti gli esseri umani. E mi sentii completa. Io, lui e la casetta sull'albero. La nostra bolla di sapone si era trasformata in qualcosa di più sicuro, impenetrabile.

«Sei tu... Tu m'intontisci completamente», chiuse nuovamente gli occhi per infondersi coraggio. Non era abituato ad esternare i suoi pensieri, le sue emozioni. Poggiai una mano sul suo cuore e la lasciai lì, il battito a ritmo sincopato mi emozionò. Batteva in quel modo per me, soltanto per me. Per nessun'altra. «Tu... con il tuo fare da ragazzina, a tratti disinibita. Tu... con il tuo profumo, i tuoi capelli, la tua pelle, il tuo tocco, la tua voce. Tu... con la tua cocciutaggine e forza, con il tuo ottimismo travolgente, con i tuoi film mentali. Sei entrata nella mia vita e l'hai incasinata ancora di più. Prima stavo bene da solo, mentre ora...» lasciò la frase in sospeso e prese ad accarezzarmi il viso. Ed io pensai di esser morta. Non poteva aver detto quelle frasi sul serio, non potevano essere rivolte alla sottoscritta. Stavo sognando, assicurato!

«Tu mi ubriachi. Completamente!» 

Il sangue mi ribollì nelle vene, le mani mi sudarono, tante scosse si diffusero per tutto il corpo. Come sarei sopravvissuta a quella dichiarazione del tutto inaspettata?

E, senza darmi il tempo di razionalizzare su quelle parole che mai nessuno - prima di quel giorno - mi aveva sussurrato con una tale intensità, mi sollevò di peso portandomi dritta sul letto dove mi lasciò cadere. Da quel momento non capii più niente: grovigli di lenzuola e vestiti stropicciati sparsi per quella piccola casetta, ansimi poco casti riempirono quel luogo immacolato e infantile. Era divenuta abitudine per noi, ma quella notte fu più speciale del solito. Ci ubriacammo insieme: dei nostri sapori, dei nostri odori, della nostra pelle, dei nostri corpi uniti. Mi sussurrò più volte di essere ubriaco di me, ed io feci lo stesso con lui. Divenne il nostro modo per dirci di provare qualcosa aldilà del semplice piacere. Lui non mi amava, era semplicemente ubriaco di me. Avrei tanto voluto piangere tra le sue braccia per l'emozione, ma riuscii a contenermi facendo sfuggire solamente una lacrima traditrice sul mio volto. Asciugò quella goccia con un bacio, mentre nel mio stomaco si liberò un intero sciame d'api. Era diventato dolce il mio Castiel, a tratti addirittura romantico, ma lui non l'avrebbe mai saputo. I suoi erano atteggiamenti spontanei dovuti a quel cuore che, grazie al calore dell'amore che gli stavo donando, pian piano stava sciogliendo il ghiaccio intorno al quale era stato prigioniero negli ultimi anni.

Quella sera facemmo un passo avanti, si costruì un altro mattone spesso nel nostro rapporto. Lo percepivo. Stava affidando tutti i suoi sentimenti nelle mie mani, ed io li avrei accolti come se fossero il dono più prezioso al mondo. Perché non c'era regalo più grande di amare ed essere ricambiati. 

«Sei felice?» mi chiese, ancora ansimando, mentre si sdraiò accanto a me. 

Feci cenno di sì con la testa «Come non lo sono mai stata in vita mia!» affermai sicura. Ed era vero.

La sera prima, antecedentemente al mio acconsentire per quell'appuntamento, gli chiesi di rendermi felice. Non aveva infranto la promessa, anzi aveva addirittura superato le aspettative.

***

«Grazie per la bellissima serata», mi sporsi per salutarlo, prima di scendere dall'auto. Non avrei mai voluto porre fine a quelle ore di pace e serenità vissute in sua compagnia. 

«Grazie a te», mi baciò sul naso, poi aprì lo sportello e scese dall'auto. Feci lo stesso. Voleva salutarmi per bene, non chiedevo altro. 

«Abbiamo troppi posti segreti, ne dobbiamo scegliere uno ufficiale. Non possiamo averne tanti», uscii dal nulla con quel dilemma, una volta che fui davanti a lui. 

«E chi lo dice che non possiamo averne più di uno?»

«I libri!» borbottai ovvia.

«Quando smetterai di paragonarci ai tuoi dannati libri? Sei irritante!»

«Non è vero. Mi vuoi bene anche per questi miei aspetti», gli feci la linguaccia.

«Se lo dici tu...» era quasi esasperato.

«Quindi?! Quale posto scegliamo? Il parco floreale di Parigi, la spiaggia di Varengeville, o la casa sull'albero a Chantilly?» stavo solo perdendo tempo, non volevo porre fine a quella splendida serata. Avevo il timore di svegliarmi il giorno dopo e trovare ogni attimo felice svanito nel nulla.

«Tutti!»

«La fai facile tu...»

«Sei tu a renderla complicata. Ogni posto ci ricorderà qualcosa, ed è speciale per aspetti diversi», fece spallucce. 

«Allora promettimi che torneremo in tutti e tre i posti, che niente e nessuno potrà mai rubarci la felicità provata in ognuno di questi luoghi..» riposi ogni speranza in lui.

«Te lo prometto!» ma non mi guardò negli occhi quando lo promise. Qualcosa non andava. Cosa stava accadendo?

-

UNKNOWN POV

«Quella ragazzina pagherà per avermelo portato via!» urlò sibilando Debrah. Saltai sul posto per la sua entrata improvvisa. «Tu. Mi servi tu per la seconda parte del piano. Devo dividerli. Castiel deve odiarla prima della nostra partenza!» mi corse incontro e mi scosse dalle spalle. I suoi occhi di ghiaccio erano fuori dalle orbite. Sembrava quasi una pazza prossima ad essere rinchiusa in manicomio. 

«Perché non li lasciamo in pace almeno fino alla partenza? Tu stessa avevi deciso così..» tentai di ritrattare e maledissi il giorno in cui mi convinse ad aiutarla nel suo piano folle. 

«Lei si sta portando via il suo cuore.. Il suo cuore, capisci? L'ho visto.. l'ho visto negli occhi di Castiel. Non aveva mai guardato una persona come guarda lei; neanche me. Ed io non posso permetterlo, non questo. Avrebbe potuto divertirsi, scoparsela un'infinità di volte, ma il suo cuore no. Non avrebbe dovuto osare così tanto. Lui mi appartiene». Quelle frasi sconnesse, le mani tra i capelli arruffati, l'espressione del volto allarmato. Era quasi impaurita, oserei dire fragile. 

«Tu lo ami? Ami Castiel?» la guardai negli occhi quasi implorandola di dirmi la verità. 

«Sì... È successo dopo, a Dicembre, quando sono tornata. Mentre stavamo insieme non lo amavo sul serio: mi faceva stare bene, provavo una specie di affetto per lui, ma tutto finiva lì. È accaduto tutto dopo aver percepito il pericolo di perderlo a causa di quella poveraccia», per la prima volta fu sincera con me, o forse addirittura – prima di allora - non era mai stata così leale in vita sua. 

«Allora fallo innamorare di nuovo di te. Deve vedere del buono, deve partire con te di sua spontanea volontà e non sotto ricatto..» avevo tentato altre volte di farle mutare metodo di approccio, non mi aveva mai dato ascolto, ma pensai che quella sarebbe stata la volta giusta. Quella notte sembrava essere più ragionevole.

«N-no. Qui i piani sono io a dettarli!» tentennò per un attimo. 

«Prova a diventare sua amica, usa la tattica della musica. Conosci i suoi gusti, sai molte più cose di lui, e delle sue preferenze rispetto a Miki. Avete tante cose in comune. Scusati per tutto ciò che gli hai fatto passare, ma fallo sul serio. Devono essere scuse sentite, vere..» continuai.

«E tu allora farai innamorare Miki di te!»

«Non credo sia possibile questo..» un'amara verità, ma pur sempre giusto dirla.

«Perché?»

«Castiel ancora non è innamorato di Miki, stravede per lei... sì, ma non la ama. In più voi avete un passato. Sarà facile - per te - indurlo in tentazione, farlo confondere, riaccendere quella fiamma, proprio ora che è così vulnerabile in tema di sentimenti. Mentre Miki... Lei è già innamorata di Castiel, per me non ha mai provato niente», ero rassegnato da quel punto di vista, ormai. 

«Non puoi esserne certo! E poi.. voglio che tu ci prova. Devi farlo, altrimenti sai a cosa vai incontro», la sua vena da manipolatrice non svaniva mai, neanche nei momenti di fragilità. 

«In certi momenti penso che non cambierebbe ugualmente nulla, anche se lui sapesse...»

«Vuoi o no vendicarti?».

«Sì, ma...»

«Tu sai perché lo fai.. E non è solo per Castiel!»

«Sì, vero!»

«Bene. Io sedurrò Castiel, tu Miki», si era convinta. Mi scappò un sorrisetto dalle labbra, Debrah mi seguì. 

«Perfetto!» dopotutto la ragazza dai capelli ramati mi piaceva, non sarebbe stato un vero e proprio sacrificio quello di sedurla. Sperai solo di esserne capace.

«Adesso passiamo al piano...»

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MIKI

«Promettimi una cosa, Miki», intrecciò le nostre mani e si mise di nuovo difronte a me, per guardarmi dritto negli occhi. 

«Cosa?» lo scrutai incuriosita. Non riuscivo mai ad intuire cosa potesse chiedermi. 

«Qualunque cosa accada, prometti che non mi dimenticherai mai.. Che non dimenticherai mai questa sera e tutti i momenti felici vissuti insieme», il modo sincero con il quale lo pretese mi destabilizzò. I suoi occhi mi trafissero, mi disarmarono. Cosa stava cercando di dirmi?

«C-che... Cosa vuol dire Castiel?» gli accarezzai il viso cercando invano di calmarlo. D'un tratto parve essere nervoso, rigido, pensieroso, non riuscivo a capirne il motivo. La serata insieme era stata spettacolare.

«Niente, solo... Prometti che, nell'odio, ti ricorderai anche di questo», mi prese il viso tra le mani e mi baciò trasmettendomi tante sensazioni contrastanti, d'istinto chiusi gli occhi. «Perché tu sarai sempre al mio fianco, ti ricorderò, ti porterò con me.. qualunque cosa accada», mi respirò sulla bocca ammaliandomi totalmente. Mai e poi mai mi sarei aspettata quel genere di parole da un ragazzo che aveva paura di legarsi a qualsiasi persona che non fosse la sua ex. Mi stupì per la seconda volta in poche ore. Lasciai sfuggirmi tanti sospiri quella sera, lì sul marciapiede di fronte casa mia, mi abbandonarono svariati battiti di cuore. Persi all'incirca trent'anni di vita. Ma Castiel era anche quello: sorpresa inaspettata, un vortice di emozioni contrastanti, un uragano, un demone dalle ali per metà bianche e per metà nere. E non potei che rispondere affermativamente alla sua supplica. Non avevo altra scelta.

«Te lo prometto!»

Flashforward

E se tornassi indietro, se sapessi come sarebbe andata a finire parte della storia, non muterei ugualmente risposta. Perché sin dal primo giorno sapevo a cosa stessi andando incontro, sapevo che lo avrei amato fino alla morte, senza termini né condizioni. A distanza di anni tutto sembra a posto, ma io continuo a chiedermi ininterrottamente: cosa potrebbe succedere se tornassimo a combattere? Perché lui era tutto per me. E il tempo non avrebbe mai potuto cambiare granché, avrebbe solo cicatrizzato le ferite preparandole a nuove pugnalate, lo avrei amato ugualmente, o addirittura maggiormente. Con un'unica differenza: le ferite del corpo con il tempo guariscono, le ferite interne inflitte nell'anima con il tempo ti cambiano.

Con un sussurro incerto chiedo una domanda, già conosco la risposta, ma vorrei tanto poter esser contraddetta dal diretto interessato: «Pensi che potrò mai toglierti dalla mente?» ma lui non risponde. Lui non risponde mai.. perché lui non c'è. 

Alcune storie cadono semplicemente nel vuoto, nonostante gli sforzi, i conflitti, i potenti sentimenti; la nostra, probabilmente, era destinata ad essere una di quelle. 

 

 

 

 

 

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🌈N.A.🌈

Salve, oggi invece di riflettere sul capitolo, invece di fare la disagiata nella nota autrice, vorrei parlarvi di una cosa accaduta su Wattpad che mi ha delusa parecchio. Quindi voi lettori di EFP non c'entrate nulla, ma ci tengo ugualmente ad avvertirvi dell'accaduto. Qualcuno si è divertito a segnalare la mia storia come inappropriata a causa delle scene spinte degli ultimi capitoli. Per questo motivo sono stata tolta dalle varie classifiche importanti, tipo: teen-fiction, fan-fiction, storie d'amore, romantico. Nelle poche classifiche in cui sono rimasta sono balzata agli ultimi posti. Ora, ragioniamo un secondo: mi è capitato di leggere storie con scene davvero davvero pesanti, talmente hot da fare un baffo a Rocco Siffredi, - senza che queste siano consigliate a solo pubblico adulto - eppure quelle storie sono da una vita tra i primi posti di tutte le classifiche. Hanno milioni e milioni di visualizzazioni... Per cui: solo la mia storia ledeva i puritani di Wattpad? Parliamoci chiaro: la mia storia non ha neanche chissà quante visualizzazioni, l'unico modo per farla crescere erano quelle benedette classifiche, perché la rendeva maggiormente visibile ad un pubblico più vasto... Quindi, chi è così cattivo da impedirmi persino questo? Cosa entra nelle loro tasche segnalandomi? Non voglio pensare siano stati guidati dall'invidia, perché non credo di suscitarne. La mia scrittura è banale, la mia storia è soltanto un'altra delle tante storie, non ha niente di speciale. Ma anche se fosse?! Se una persona fosse brava a scrivere, se stesse facendo un buon lavoro con la propria storia, a voi cosa cambia? Dovreste essere felici dei successi degli altri, non dovreste tarpargli le ali ancor prima di trasformarsi in farfalla. Quindi devo pensare che tutto ciò sia stato fatto per cattiveria. Esistono ancora persone così malvagie? 

E' inutile che io vi dica come mi sono sentita appena ho notato ciò che è accaduto, è inutile dirvi quanto io mi senta profondamente delusa da tutto ciò. Sto dando tutta me stessa in questa storia, che può piacere o non piacere, vorrei soltanto sentirmi libera di scrivere le scene che voglio. Vorrei proprio conoscerli questi puritani che un bel giorno si sono svegliati e hanno ben deciso di mettermi i bastoni tra le ruote. Mi rivolgo a voi, belle personcine: Wattpad è un posto dove le storie dovrebbero essere libere di vivere, dove gli autori dovrebbero essere liberi di esprimere la propria creatività. Non siamo all'epoca dei regimi totalitari, che Dio ce ne scansi, in cui alcuni libri erano banditi. Ed io non ho mica scritto la nuova versione di Cinquanta Sfumature (non ne sarei neanche capace, tra l'altro).. Per qualche piccola scena spinta è accaduto tutto questo, non vi vergognate un po'? Perché invece di nascondervi non commentate, non scrivete ciò che non vi garba di una storia?! Credetemi, ad un'autrice giova più una critica costruttiva che una segnalazione immeritata.

Inoltre.. Se una scena lede la vostra sensibilità semplicemente non leggetela. Non martirizzate un'autrice per così poco. TREAT PEOPLE WITH KINDNESS!

Bene, direi che ho già dato sin troppa importanza a queste persone.. Quindi la finisco qui. Per questo capitolo non me la sento di aggiungere altro nello spazio autrice. Spero capiate, ma aspetto ugualmente di leggere nei commenti le vostre supposizioni sul misterioso POV, e gli scleri per i MikiStiel. Quindi fatevi avanti, mi aiuterebbe molto in questo momento così sconfortante. Ne approfitto solo per ringraziare, invece, quelle poche ma buone lettrici che mi seguono costantemente e che sclerano insieme a me per i MikiStiel. E' grazie a voi se ancora non mi sono arresa, se lotto ogni giorno e faccio i salti mortali per pubblicare. Spero di continuare a regalarvi tante emozioni.
Vi voglio bene 😘

All the love, come sempre

Blue incazzata nera Night🦋

 

  
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