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Autore: Stellalontana    20/07/2009    1 recensioni
Salve a tutti. Questa storia è nata come un esperimento. Visto che il mio primo esperimento originale è andato relativamente bene (se qualcuno vuole dargli un'occhiatina non deve fare altro che fare un salto nel mio account. Lo riconoscete subito perchè oltre a questa storia è l'unica originale) spero che anche questo vada altrettanto bene. Questa storia è ambientata in un mondo che ho chiamato Yaralyia, dove vivono anche maghi (i più classici, lo so, ma sono affascinata dalla magia^^') e gente comune. I protagonisti sono un ladro, una strega, un giocoliere cieco e una "generalessa" (si dice? boh... nell'incertezza lascio così, tanto capitere in seguito quello che voglio dire, se leggerete...). La storia ruota attorno ad un ciondolo di metallo a forma di cuore che da il nome alla storia. Ci saranno battaglie e avvntura perciò spero che un po' il primo capitolo vi incuriosisca e che mi lascerete un vostro commento, comprese le critiche. Vi lascio alla storia. ^Stellalontana^---- ps: ho messo rating giallo, ma ancora non come finirà la storia, perciò se dovessi cambiarlo vi avvertirò almeno un capitolo o due prima della "svolta". ps2: non posso mettere avvertimenti perchè nessuno copre quello che veramente è la storia: se a qualcuno desse fastidio un tema che tratto me lo faccia sapere.
Genere: Generale, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1 Salve a tutti! Sono tornata!
Per prima cosa devo dire che questo è solo un esperimento, non ho mai scritto una cosa del genere e sopratutto non so quanto durerà. Per adesso mi sono portata avanti con la storia, così che mentre voi leggete io possa mettere le mani sui capitoli e renderli decenti.
Tutti i personaggi sono miei e soltanto miei così come li vedete. Fatti riguardanti cose e persone realmente esistenti sono una pura e semplice coincidenza. Questa storia NON è assolutamente a scopo di lucro.
Spero che vi possa piacere. Datemi il vostro parere, sono curiosa di conoscere le vostre impressioni, anche negative, che vi suscita, purchè lo diciate con gentilezza ^sono molto sensibile T_T^... a parte gli scherzi... vi auguro (e spero che sia) una buona lettura.
Vostra
Stellalontana






Capitolo primo - I ladri

-Adrian-


Adrian si scostò un ciuffo di capelli dagli occhi. Di solito il mercato di Tenebra non era così affollato. Svoltò a destra verso la piazza principale, dove al centro troneggiava la Fontana della Memoria, dedicata ai guerrieri di Yaraliya morti per difendere la loro terra.
Adrian arricciò il naso passando davanti al banco del pesce. Si avvicinò ad un vicolo e fece un fischio nell’oscurità. Dal fondo del vicolo arrivò pian piano un rumore di passi. Tre ragazzini emersero dall’oscurità. Avevano più o meno l’età di Adrian. Il più grande Sergej aveva undici anni, mentre la più piccola era l’unica ragazza della banda, Omega, che aveva sette anni.
-Allora? L’hai visto?- chiese concitato Sergej. Adrian sbuffò lievemente.
-Sì, l’ho visto. È al mercato della frutta. Ma fossi in te ci ripenserei-
-Ehi! Sei tu che mi hai sfidato, ricordi?- sbottò Sergej.
Adrian si morse la lingua. Se ne ricordava. Era stato tanto stupido da sfidare Sergej al miglior borseggio, una cosa che di solito non si faceva tra ragazzi della stessa banda. Adrian vide Omega sorridere. La ragazzina era in gamba, e sapeva il fatto suo. Lei era di gran lunga la migliore ad individuare chi poteva essere derubato più facilmente. Lei era la vedetta, di notte. Adrian non sapeva come faceva, ma in qualche modo riusciva sempre ad avvertirli di qualunque cosa, fosse quella un gatto o un Poliziotto.
-Allora, che cosa stai aspettando?- chiese Migél, l’ultimo componente della banda. Sergej incrociò le braccia e si alzò sulle punte dei piedi. Sì, certo, era il più grande, ma Adrian già lo superava in altezza.
-Sei pronto nanerottolo?- chiese lui, estraendo dalla tasca due bastoncini. Li porse a Omega che se li rigirò per un attimo in mano. Chiuse il pugno e li tese fra i due.
Sergej pescò per primo. Sbuffò, contrariato. -Che sfortuna!-
Adrian ghignò. Si mise il bastoncino in tasca e salutò Sergej con la mano. Percorse di nuovo la piazza principale fino alla strada da cui era venuto. Si voltò per un momento. i tre lo guardavano. Omega sorrideva. Adrian pensò a quando gli aveva chiesto di entrare a far parte della banda. Sei mesi prima. Omega non parlava molto, ma era brava in quello che faceva.
Adrian sorpassò un carretto di fieno. Si diresse verso una taverna, guardandosi intorno. Vide due Poliziotti che pescavano dal cesto di mele di una fruttivendola, un gruppetto di comari pettegole che lavavano le lenzuola, e un paio di Stregoni che camminavano lentamente verso di lui. Adrian rabbrividì. Li detestava lui, gli Stregoni. Erano gentaglia, che non faceva altro che mangiare alle spalle degli artigiani. Ridacchiò. Beh, in un certo senso lo faceva anche lui, ma era troppo diverso rubare dal non fare niente tutto il giorno, stando seduti ai loro begli scrittoi. Adrian scosse la testa. Non era lì per pensare.
Si guardò intorno un’altra volta e avvistò il bersaglio. Era un uomo di mezza età, vestito elegantemente, con il pizzetto impomatato e il bastone d’avorio. Adrian gli sgattaiolò dietro. Una sacca di pelle era legata mollemente sui suoi fianchi, e lasciata ondeggiare senza nessun ritegno. Adrian estrasse dagli stivali il coltellino di corno e tranciò di netto la corda. Prese al volo il borsellino prima che questo cadesse a terra e lo cacciò all’interno della tunica, al sicuro. Si abbassò quel tanto che bastava per sorpassare l’uomo senza che lo vedesse. Di certo aveva cose più importanti da fare. Passò sotto un banchetto di aringhe e  corse via. Si asciugò il sudore dalla fronte e aspettò che il cuore riprendesse a battere normalmente, poi riattraversò la piazza ed entrò nel vicolo.
-Allora?- chiese Sergej. Adrian estrasse il borsellino dalla tunica. Lo aprì e rovesciò il contenuto sulle mani di Omega e Migél. C’erano una decina di corone d’oro, un mucchietto di nichelini e un paio di bottoni di quello che sembrava oro puro. Omega e Migél fischiarono di ammirazione.
-Però!- esclamò Migél afferrando uno dei bottoni -Questo deve valere parecchio, capo-
-Non chiamarmi capo- sibilò Adrian. Si rivolse verso Sergej che stava letteralmente sobbollendo dalla rabbia. Alzò un sopracciglio e ghignò -Vediamo se sei capace di fare meglio-
Il ragazzino alzò il mento e si fece largo fra i tre. Omega sbuffò, mentre Sergej si buttava nella folla fino a scomparire alla loro vista.
-Chi era?- chiese.
-Mio zio- disse Migél facendole l’occhiolino -Ce le possiamo tenere queste cose. Lui è ricco ricco-
Adrian ridacchiò. D’accordo, aveva imbrogliato, non poteva certo lasciare che Sergej prendesse il comando della banda. Non gli avrebbe mai permesso di dargli ordini.
-Credi che Sergej saprà fare meglio?- chiese Omega arrotolandosi una ciocca di capelli corvini su un dito. Gli occhi neri saettarono da Adrian alla piazza e poi di nuovo ad Adrian. Lui scrollò le spalle.
-Non ho visto molta gente ricca- replicò -Dubito che possa rubare anche solo uno spillo, comunque-
-E allora perché lo hai sfidato?-
-Perché ero sicuro di vincere- rispose Adrian con un sorrisetto. -Non sono mica stupido-
Omega arricciò il naso. -Ma vanitoso, sì-
-Senti chi parla- affermò Adrian punto sul vivo -Non sono certo io che vado a sbandierare in giro di far parte della banda di Adrian-
-Io non mi vanto- Omega gli fece una linguaccia. -E poi dico solo la verità-
-Sei troppo piccola per sapere quale sia verità- la rimbeccò allora Adrian. La ragazzina scoppiò in una risata acuta.
-Ma se hai solo nove anni!- lo schernì. Adrian arrossì. Odiava farsi ricordare la sua giovane età, soprattutto da qualcuno più piccolo di lui. la usava sempre sua madre per rimproverarlo.
Mia madre... santa polenta!, pensò subito dopo. Aveva promesso a sua madre che sarebbe stato a casa prima del tramonto, ma era già tardi. Si voltò verso l’orizzonte che si intravedeva dalla piazza. Un sole rosso stava lentamente fuggendo alle tenebre. Tra non molto avrebbero acceso le luci.
-Che cosa c’è?- chiese Omega. Adrian scosse il capo.
-Ma quanto ci mette?- Migél sbuffò, sedendosi a gambe incrociate sulla strada. Omega scrutò preoccupata la folla.
-Migél ha ragione. Avrebbe già dovuto essere qui- si morse un labbro -forse i Poliziotti l’hanno visto-
-Fatti suoi- replicò acido Adrian -Se non mi sbrigo mia madre mi farà a fette stasera- ripose il borsellino sotto la tunica e il coltellino nello stivale.
-Aspettiamo ancora un po’- lo pregò Omega -se non arriva ce ne andiamo-
Adrian scrutò la piazza. La folla stava scemando, tutti rientravano nelle proprie case e gli Accendilumi erano già al lavoro. Adrian cominciò a sudare freddo. Che gli fosse davvero successo qualcosa? Sergej era sì il più grande, ma al contrario di Migél o di Omega era di gran lunga il più goffo. Adrian si pentì di averlo sfidato. Era tutto partito per gioco, ma non poteva certo sapere che cosa sarebbe successo poi. Si morse un labbro, indeciso sul da farsi. Non sarebbe stato giusto mollarlo se fosse stato in pericolo, ma se se la fosse svignata, come era già successo, loro non l’avrebbero di certo saputo. Si voltò verso Omega.
-Dobbiamo andare. Se i Poliziotti ci pescano dopo il Coprifuoco siamo fritti- Omega annuì appena.
Poco dopo uno schianto li fece trasalire. Dall’altra parte della piazza un turbine di polvere e mattoni si alzò dalla strada. I tre si strinse contro le pareti del vicolo.
-Che cosa succede?- sussurrò Migél -Che è stato?-
-Vado a vedere- propose Omega staccandosi dal muro. Adrian la fermò.
-Non ci pensare nemmeno- la prese per un polso e le mise in mano il borsellino -Se non torno la banda è tua-
-Ma...-
-Stai zitta- Adrian sorrise -Vado a prendere quell’idiota di Sergej e torno-
Già, è proprio un’idiota!, pensò, mentre la gente gli correva accanto. Ad un tratto si sentì afferrare per una spalla. Era una vecchia signora dai vestiti logori.
-Faresti meglio a tornare indietro, ragazzino- ringhiò fra i denti cariati. Adrian arricciò il naso alla puzza che emanava.
-Che è successo?- chiese.
-Uno Stregone si è arrabbiato molto- la vecchia lo lasciò e se ne andò sghignazzando. Adrian represse un brivido. Perfetto. Sergej è stato tanto stupido da cercare di derubare uno Stregone...
Si avviò cauto verso il vicolo. Con la poca luce aranciata del sole distingueva soltanto ombre, ma sperava di essere tanto fortunato da trovare tracce di Sergej. Scavalcò un lastrone di pietra caduto dalla casa alla sua sinistra e cercò di vedere attraverso la polvere.
Urtò qualcosa con il piede. Quando abbassò lo sguardo per vedere in cosa era inciampato, ebbe un sussulto.
Il faccione rotondo di Sergej stava a pochi centimetri dal suo piede. Sembrava incosciente. Adrian si chinò sull’amico e lo scosse. Sergej non diede risposta. Si guardò intorno, cercando qualcuno che lo potesse aiutare. Non c’era più nessuno nel vicolo ormai buio.
-Il tuo amichetto è stato uno stupido- una voce sopra di lui lo mise di nuovo in allarme. Alzò la testa. Uno dei due Stregoni che aveva visto pochi minuti prima lo sovrastava in tutta la sua altezza. Adrian deglutì.
-Ma... ma...-
-Ti consiglio di andare a casa, e io non dirò nulla- lo Stregone si accovacciò davanti a lui. per un momento ad Adrian sembrò che i suoi occhi scintillassero nel buio. Gli vennero le lacrime agli occhi.
-Non posso lasciarlo qui- disse. Lo Stregone ridacchiò.
-Lo farò portare via da un Poliziotto. Non devi preoccuparti. Oh- alzò la testa sorpreso -vedo che abbiamo compagnia-
-Lascialo stare!-
Adrian si alzò di scatto, mentre Migél e Omega correvano verso di lui e si mettevano al suo fianco. La bambina reggeva in mano un bastone di legno.
-Ma come siamo coraggiosi- li schernì lo Stregone. -E sentiamo, bambina- continuò rivolgendosi a Omega -che intenzioni hai con quel bastone?-
-Non si avvicini!- strillò la ragazzina brandendo il legno con entrambe le mani. Adrian le fece segno di tacere.
-Il tuo amichetto è più intelligente di te, bambina...- sorrise lo Stregone rivolgendo lo sguardo verso Adrian. -Fossi in voi andrei davvero a casa, bambini- spostò lo sguardo su Sergej.
-Ma non possiamo lasciarlo qui- piagnucolò Migél. Adrian si voltò verso Omega. La bambina aveva la fronte aggrottata, sembrava stesse pensando a qualcosa di importante. Adrian sapeva che quando Omega pensava per lui poi erano guai. Probabilmente quella volta non sarebbe stato diverso. La bambina brandì il bastone con tutte e due le mani e lo sferrò contro lo Stregone. Adrian lo vide sorridere, tendendo stancamente la mano verso la bambina. Ma poi si fermò, interdetto, e deviò il colpo con il braccio. Afferrò il bastone, poi il braccio di Omega e la tirò verso di sé.
-Lasciami!- strillò lei. Lo Stregone le poggiò due dita sulla fronte e il corpo della bambina fu percorso da un brivido, poi perse conoscenza e si afflosciò tra le braccia del mago come un sacco vuoto. Adrian aprì la bocca per parlare, ma lo Stregone lo mandò lungo disteso a terra. Adrian sbatté il capo contro il muro. Stordito cercò di rialzarsi, ma la voce dello Stregone era troppo vicina.
-Non cercare più la tua amichetta, mi sono spiegato?- Adrian vide la mano dello Stregone abbattersi contro la sua guancia.
L’ultima cosa che vide fu Omega sulla spalla dello Stregone, gli occhi chiusi, che veniva portata via.


¥ ¥ ¥


-Omega-

Quando Omega si svegliò il sole era già alto. Sotto di sé sentiva la consistenza di un materasso, mentre non c’erano coperte a tenerla al caldo. Si alzò a sedere e scrutò con le sopracciglia aggrottate la stanza. Era una camera da letto circolare, spoglia, con un letto, un tavolino basso a tre gambe e due sedie. Su una parete era appeso uno specchio alto fino al soffitto. Non c’era nient’altro oltre ad una piccola finestra alla sua sinistra. Omega scese dal letto e toccò il pavimento di pietra con i piedi nudi. Rabbrividì. La temperatura nella camera era bassa e lei aveva freddo. Si guardò le mani, poi corse allo specchio. Indossava una tunica grigia e nient’altro. Le mani erano state dipinte di un rosso acceso e un blu intenso le circondava entrambi gli occhi facendola sembrare una maschera. Aveva il volto acceso da un rosa pesca che formava due triangoli sotto l’ombra blu degli occhi e arrivava fino al mento. I capelli erano stati sciolti e cadevano a piombo sulle sue spalle magre. Omega non capiva. Non riusciva a comprendere quello che stava succedendo. Si rese conto di essere spaventata nell’attimo in cui guardò dalla finestra. Vedeva il cielo. La spalancò e guardò di sotto. Un’altezza impossibile da calcolare per una bambina di sette anni, la divideva dalla terra. Anzi, dal mare. Poteva vedere la striscia color ruggine del porto di Tenebra, e una grande nave che stava attraccando. Omega fece un passo all’indietro, poi un altro e alla fine cadde di schianto sul pavimento. La botta la stordì. Si prese le ginocchia con le braccia e scoppiò a piangere. Non piangeva da almeno due anni, da quando sua madre era morta. Nel pianto la chiamò una, due, tre, dieci volte, finché non sentì la porta aprirsi. Si alzò di scatto, alla cieca e andò a sbattere contro la parete sotto la finestra. Sollevò lo sguardo verso la porta. Nel vano stava un uomo con la pelle chiara, vestito elegantemente alla moda degli Stregoni. Omega trasalì quando lui fece un passo. Si accucciò ancora di più contro la parete, desiderando di scomparire.
-Non devi avere paura Omega- la voce dello sconosciuto risuonò nella stanza rimbalzando come un’eco sulle pareti. -Sono qui per aiutarti. So che sei spaventata...-
-Vattene via!- strillò Omega, aggrappandosi ad una pietra sporgente dalla parete -Non ti voglio vedere- chiuse gli occhi e si tappò le orecchie con le mani. L’uomo le si avvicinò.
-Devi stare tranquilla, Omega, non ti farò del male-
Omega lo vide tendere le mani verso le sue. Urlò, si dimenò, ma lui non lasciò andare, finché un senso di protezione non sembrò invaderla. Allora piano piano aprì gli occhi, smise di piangere e tolse le mani dalle orecchie. Tirò su col naso, e si sedette più comoda sul pavimento.
-Ecco- l’uomo sorrise e a Omega parve il sorriso più bello del mondo -adesso va meglio, vero?-
Omega annuì, senza parlare. -Bene. Adesso devi venire con me, Omega, ci sono delle persone che vogliono conoscerti- si alzò e le tese la mano.
Omega la prese, conscia di quello che stava facendo soltanto a metà. Era come se metà della sua testa fosse rimasta nella stanza, continuava a percepire il senso di vuoto e di paura che la colmava piano piano, ma anche che la protezione che le ispirava quell’uomo la stava via via purificando. Quando entrò nella stanza, condotta dallo Stregone, non ricordava nemmeno più di avere avuto paura. Lui continuava a stringerle saldamente la mano senza farle male e camminava piano, lasciando che Omega fosse di un passo avanti a lui, come se sapesse da sola dove doveva andare. La stanza era lunga e stretta e in fondo c’era un tavolo, a cui erano sedute una dozzina di persone, di diverse età. Il più vecchio di tutti era seduto al centro e portava una tiara argentata sul capo canuto. Omega si disse che poteva essere suo nonno, sebbene lei non avesse mai incontrato suo nonno.
-Questi, bambina- l’uomo le si accucciò davanti -sono gli Stregoni Superiori. E quel signore molto vecchio al centro è il Sommo Stregone. Quando ti faranno delle domande dovrai rispondere e rivolgerti a loro con ‘signore’ o ‘signora’. Va bene?-
Omega annuì, ma non parlò. Si sentiva calma, tranquilla e credeva che parlando avrebbe rotto la magia. Il Sommo Stregone si alzò.
-Bene Lorenlin- disse e la sua voce rimbombò forte dentro la stanza -adesso puoi andare-
-Si Sommo Stregone- l’uomo che l’aveva tenuta per mano le accarezzò la testa e se andò. Omega avrebbe voluto che rimanesse ma non disse nulla. Il Sommo Stregone appoggiò le palme delle mani sul tavolo e sorrise. -Come ti chiami?-
-Omega signore- rispose meccanicamente lei.
-Quanti anni hai?-
-Sette signore-
-Dove vivi?-
-A Tenebra signore-
Andarono avanti per un po’. Lui faceva le domande e lei sapeva le risposte. Forse, si disse Omega, era un po’ come un gioco. Quando il gioco finì il Sommo Stregone fece un cenno ad una donna. -Adesso lady Diomea ti parlerà della scuola- disse.
Omega aspettò che la donna si fosse avvicinata. Le tese la mano e lei la prese, fiduciosa. La portò in un’altra stanza rettangolare, più piccola e più ingombra della prima. Si sedettero ad un lungo tavolo di marmo e la donna aprì un grosso libro rilegato dalla costola rigida davanti a sé. Le indicò una cartina che rappresentava Yaraliya.
-Questa è Tenebra- aveva una voce dolce, come di velluto -e questa è la nostra Scuola. Tu sei stata scelta per diventare una Strega, piccola Omega. Ti insegneremo tutto quello che devi sapere. Il Sommo Stregone ti ha affidato a Lorenlin. Sarà lui il tuo tutore per tutto il tempo che rimarrai alla Scuola-
-Per quanto tempo rimarrò alla Scuola?- chiese Omega. La donna sorrise.
-Per tutto il tempo necessario, Omega-
-E sarebbe?-
La donna sfogliò il libro fermandosi ad un’altra pagina.
-Lo saprai. E adesso devo spiegarti come funziona la scuola...-
Omega passò i primi dieci giorni insieme a Diomea e Lorenlin. Diomea era una donna asciutta e rigida, ma non mancava mai di sorriderle, per quanto i suoi sorrisi fossero rotti dalle labbra rigide e strette. Lei era una dei quattro Stregoni insegnanti di Erboristeria. Diomea era l’insegnante di Floricoltura. La portò a visitare le serre e i giardini che d’estate erano meravigliosi. La magia faceva crescere le piante più rare e belle anche in terreni non consoni. Omega si divertiva insieme a Diomea. La donna aveva quarantacinque anni e sembrava volerle bene. Di Lorenlin, invece, Omega non sapeva che cosa pensare. Lo Stregone era il suo tutore e la teneva sempre sotto stretta sorveglianza. Era giovane, molto più giovane di quanto avesse creduto Omega. Aveva ventisette anni ed era il più giovane insegnante della Scuola. Insegnava Astronomia e teneva le sue lezioni nell’osservatorio costruito dietro la Scuola. Lorenlin le appariva bellissimo, un eroe, perché era stato il primo a consolarla. Aveva i capelli biondi, che gli incorniciavano il volto sempre un po’ pallido, leggermente appuntito e gli occhi azzurri come il mare.
Omega passò i primi sei anni nella scuola come in un sogno. Tutto andava perfettamente, tutto era meraviglioso e stupendo. Si era fatta un sacco di amici e non ricordava di aver mai vissuto altrove. Un giorno, però, le cose cambiarono drasticamente.
Aveva tredici anni ed era seduta in giardino durante l’unico pomeriggio libero degli studenti durante la settimana. Stava leggendo un libro sulla nascita dell’oroscopo, quando un trambusto la distolse dalla lettura. Lasciò a terra il libro e si alzò, spolverandosi la tunica rosso porpora. A fare tutto quel rumore erano due persone, forse tre, che parlavano alzando la voce. Una era sicuramente Lorenlin.
Che strano, si ritrovò a pensare Omega aggrottando le sopracciglia, Lorenlin non grida mai.
Si avvicinò al muro da dietro il quale sentiva provenire la voce del suo tutore.
-Non puoi pensarla così, Aren- Lorenlin era stanco. Omega lo capiva dalle profonde occhiaie sotto i suoi grandi occhi azzurri.
-Omega è una ragazza in gamba, Lorenlin, non puoi reprimerla per sempre-
-Io non la sto reprimendo!- Lorenlin sospirò esasperato. Si voltò verso l’entrata del padiglione. Doveva averla vista, perché la sua espressione mutò all’improvviso. -Vieni Omega, lo so che sei lì-
Omega entrò dall’arco, cercando di farsi più piccola possibile. Sapeva che Lorenlin non sopportava di essere spiato, ma era stato più forte di lei. -Tutto bene, Lorenlin?- chiese.
-Tutto bene, bambina mia-
-Non mi sembra- protestò allora le aggrottando le sopracciglia.
-No, Omega non preoccuparti. Va tutto bene, se...-
-Se solo tu la lasciasti combattere- si intromise Diomea. Omega la guardò incredula. Diomea che interrompeva Lorenlin? Doveva essere un fatto eccezionale. Nessuno osava contraddire Lorenlin, solamente il Sommo Stregone. Lorenlin si accigliò.
-Non credo che sia un argomento da trattare adesso-
-Oh, andiamo Lorenlin!- esclamò Aren -Non puoi tenerla protetta per sempre- lo Stregone moro scosse la testa.
-Aren ha ragione. È ora che impari i rudimenti della spada e dell’arco- aggiunse Diomea. Omega sentì la mano di Lorenlin sulla spalla rafforzare la sua presa.
-Ma io so tirare con l’arco!- esclamò allora Omega -E so anche tirare di spada- aggiunse orgogliosa. Lorenlin la fece voltare.
-E chi te lo avrebbe insegnato?- chiese con gli occhi che mandavano lampi. Omega sapeva riconoscere quando Lorenlin era arrabbiato o solamente alterato. In quel momento sembrava veramente arrabbiato.
-Io...- Omega si morse un labbro. Lorenlin non sarebbe stato contento di sapere che si faceva dare lezione di scherma da Fede un Novizio un anno più grande di lei. Lorenlin non voleva che lei imparasse a usare la spada, e nemmeno l’arco. Non le aveva mai spiegato il perché, ma Omega sapeva che era qualcosa che aveva a che fare con la sua giovinezza.
-Avanti!-
-Io... mi ha... mi ha insegnato Fede- rispose con un filo di voce. Sentì Diomea ridere.
-Il ragazzino è precoce- Lorenlin la lasciò e si rivolse alla Strega.
-E adesso se la vedrà con me-
-E questo che cosa risolverebbe?- chiese allora Diomea appoggiando le mani sui fianchi -Sentiamo un po’, che cosa hai intenzione di fargli?-
-Capire chi è che comanda-
-E saresti tu?- rise Diomea. -Non credo. Omega è abbastanza grande per prendere le sue decisioni in merito-
-Ha solo tredici anni!- sbottò allora Lorenlin. Omega odiava quando gli adulti si comportavano in quel modo. Proprio come se lei non ci fosse, come se fosse trasparente. Incrociò le braccia sul petto mentre i due continuavano a discutere animatamente se fosse stato necessario o no confinarla nella sua camera per un mese di fila. Aren la guardò per un momento poi le fece l’occhiolino.
-Li tengo a bada io. Credo che Fede ti aspetti- sussurrò avvicinandosi a lei. Omega lo fissò incredula.
-Allora lei sapeva...-
-Certo! Fede è uno degli studenti più dotati del mio corso- sorrise mostrando una chiostra di denti perfetti -Vai adesso, loro ne avranno ancora per un bel po’-
-Grazie Aren-
Omega si allontanò dal luogo della discussione con un senso di leggerezza. Se Aren era d’accordo allora tutto prendeva una nuova piega. Non doveva più fare tutto di nascosto. Ormai anche Lorenlin lo sapeva. Non sarebbe più stato un segreto. Mentre correva verso lo Stadio venne però fermata da una mano che le afferrò il polso. Stupita Omega quasi rovinò a terra. Un braccio però la sostenne.
-Sei in ritardo- sbottò Fede al riparo dell’ombra di un melo. Omega sbuffò.
-Sei tu che sei in anticipo- rispose. Fede arricciò il naso, gettando quello che restava della mela che stava mangiando.
-Allora, che cosa ti ha detto Lorenlin? Mi avevi promesso che glielo avresti detto-
-No... beh, non come prevedevo. Stava litigando con Diomea, perciò ho dovuto usare molto poco tatto...- replicò Omega mordendosi un labbro. -Comunque è tutto a posto. Ormai lo sa-
-Bene- Fede staccò un’altra mela dall’albero e gliela lanciò -Tutto a posto allora?-
-Sì, come te lo devo dire? Tutto a posto-
-D’accordo, andiamo allora-
Omega e Fede s’incamminarono verso una delle ali dello stadio. Non c’era nessuno in quel momento perché non c’erano lezione. -Abbiamo solo un’ora, poi io ho una lezione- disse Fede a Omega estraendo una spada dalla propria custodia attaccata al muro. -Tieni- le lanciò un altro fodero pieno e Omega lo prese al volo.
-Non dovevamo esercitarci con l’arco oggi?- chiese.
-No- negò Fede alzando le spalle -Ho cambiato idea-
Omega non fiatò. Fede divaricò le gambe e si mise in posizione di difesa, a guardia alta. Omega fece lo stesso. Fede sbuffò. -Così non andiamo da nessuna parte-
-Attaccami allora-
-Sei tu che devi attaccarmi-
-Non credo che lo farò-
-Stupida!- sbottò allora Fede abbassando la spada -Così facciamo notte-
-Bravo- sibilò Omega lanciandosi verso di lui. Fede non poteva parare il colpo, avendo la spada abbassata, ma era molto più esperto di lei, perciò schivò il colpo diretto al suo fianco destro, saltando di lato. Omega sbuffò.
-Uffa- disse rialzandosi -Era una buona tattica-
-Il tuo avversario non sarà mai a guardia bassa, Omega- ringhiò Fede rimettendosi in posizione -Sarà sempre pronto ad attaccarti- il ragazzo si lanciò su di lei -e devi essere pronta!- le spade incocciarono con un rumore sordo che fece tremare le orecchie di Omega. La ragazza si abbassò, così la spada di Fede le roteò sopra la testa. Fede schivò il colpo di Omega con l’agilità di un gatto. Andarono avanti in stallo per un bel pezzo, finché Omega non si stufò. Brandendo l’arma con una sola mano accese una fiammella nell’altra e l’appoggiò sulla spada di Fede, mentre lui la colpiva mirando alla spalla sinistra. Il calore si propagò in un secondo lungo la lama e l’elsa. Fede gridò di dolore e lasciò cadere la spada a terra. Omega lo spinse indietro con l’elsa della spada e gli fece lo sgambetto. Il Novizio rovinò a terra come un sacco di patate, reggendosi la mano.
-Sei stata sleale!- sbottò contrariato -Niente magia-
-E chi l’ha detto? Tu puoi e io no?- sorrise Omega avanzando di un passo.
-Sono il tuo insegnante-
-No- Omega gli agitò un dito sotto il naso -Non esattamente. Hai solo un anno più di me e poi a me piace barare-
-In battaglia non potrai barare- protestò lui. Si alzò e recuperò l’arma che fissò al muro. Omega lo imitò.
-Io non andrò mai in battaglia- bisbigliò -Non voglio combattere-
-Omega!- la voce tonante di Lorenlin la fece voltare. Il suo maestro era in piedi sulla porta e la guardava tetro. -Andiamo-
Omega alzò le spalle e lasciò Fede. S’incamminò accanto a Lorenlin, che non pareva dell’umore adatto per fare due chiacchiere. Omega aspettò che fossero tornati nello studio dello Stregone. Lorenlin si mise a sedere, mentre lei rimase in piedi.
-Non devi più farlo- disse Lorenlin dopo un silenzio gelido -non voglio che tu veda più Fede e che combatta-
-Perché?- chiese Omega -Non facciamo niente di male. Fede è bravo e mi da una mano-
-Se avessi voluto che diventassi una guerriera ti avrei iscritto ai corsi, non trovi?- sbottò Lorenlin adirato. Omega s’imbronciò.
-Io non voglio diventare una guerriera. Ma mi piace maneggiare la spada!-
-Non m’interessa- tuonò Lorenlin. Si alzò. Omega sapeva che sarebbe successo qualcosa. Indietreggiò cercando di individuare una possibile via di fuga dalla collera di Lorenlin. Ma lo Stregone si avvicinò a lei e la schiaffeggiò su entrambe le guance. Omega cadde a terra. si era morsa una guancia e il sangue aveva un sapore disgustoso in bocca.
-Questo perché tu te ne ricordi- sibilò Lorenlin. Fino a quel momento lo Stregone non aveva mai alzato un dito contro di lei, nemmeno una volta. Che cos’era successo Omega proprio non lo sapeva. -E farai meglio a tenerlo a mente-
-Sì, Lorenlin- rispose Omega con un filo di voce.
-Come?- sbottò lo Stregone -Non mi sembra di aver sentito bene-
-Sì Lorenlin- ripeté Omega a voce più alta. Lorenlin sembrò soddisfatto e se ne andò, chiudendosi la porta della camera da letto alle spalle.








   
 
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