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Autore: Colarose    03/03/2019    5 recensioni
Quando si perde tutto, non si fa che rimproverarsi di non aver fatto di più per non perdere quel tutto.
E Harry ha perso tutto.
Ma gli verrà data un seconda possibilità.
Un viaggio nel tempo, 27 anni indietro nel passato.
Prima che Voldemort seminasse terrore, prima della Prima Guerra Magica, prima dei Mangiamorte e prima della fondazione dell’Ordine della Fenice.
Prima di quel 31 ottobre, prima di quell’esplosione.
Prima dei Malandrini.
Una nuova responsabilità si fa carico sulle spalle di Harry: vincere la Prima Guerra, prima che ce ne sia anche una seconda.
Ma ci sarà un piccolo imprevisto.
**********
Siete pronti per la lettura?
Ma soprattutto, siete pronti per la storia del quinto Malandrino?
Genere: Comico, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Mary MacDonald | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Contesto generale/vago
Capitoli:
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I limiti sono solo per i deboli

 
Lily stava per replicare, quando si sentirono tanti POP simultanei.
Un boato.
Maledizioni.
Urla.
E a James sembrò di rivivere tutto quanto daccapo.

Hogsmeade, ore 18:12


La vetrina del negozio Stratchy & Sons si frantumò in mille pezzi, le persone correvano e strillavano, lampi di luce saettavano da una parte all'altra. James iniziò a non capirci più niente mentre, un familiare terrore, unico e ineguagliabile, gli invadeva i sensi.

Si voltò di scatto verso la Evans, bianca come un lenzuolo. Lei lo guardò con suoi occhi smeraldini, poi lo strattonò per un braccio e prese a correre.

Zampilli di luci di tutti i colori, da rosse a nere, rischiavano a ogni secondo di colpirli. Era come andare contro senso: tutti gli studenti andavano verso il castello, mentre loro si immergevano sempre più nel villaggio.

«DOBBIAMO CERCARE GLI ALTRI!» urlò Lily per farsi sentire.

Un urlo lamentoso squarciò l'aria, un urlo che fece rizzare i capelli alla rossa. Che sia chiunque, chiunque, ma che non sia una delle sue amiche. Era puro egoismo, ma l'immagine di Alice, Mary o Marlene in qualsiasi possibilità che avrebbe dato loro motivo di urlare di dolore, le fece fare una capriola sgradevole nello stomaco, e un groppo rischiò di salirle alla gola.

Iniziò a correre ancora più veloce, fino a quando le gambe non iniziarono a farle male, ma continuò lo stesso.

«Attenta Evans!» esclamò James allarmato, spingendola di lato prima che una Maledizione Senza Perdono la colpisse sulla schiena. Lily andò a sbattere contro il muro di un negozio malandato e sudicio. James, appena passata la Maledizione, si avvicinò immediatamente.

«Stai bene?»

Lily non ebbe neanche il tempo di rispondere che James scattò a sinistra, e un incantesimo si andò a schiantare sul punto in cui c'era un attimo prima. Un duello piuttosto animato era pochi metri di loro, Potter si nascose da eventuali altri incantesimi accovacciandosi al lato del negozio.

Lily fece la stessa cosa, riprendendo fiato.

«Gra...zie... » esalò la rossa. James non rispose, aveva la bacchetta sguainata e osservava la battaglia da dietro l'angolo.

Un frastuono orribile invase l'aria, come se fosse crollato un intero edificio e perfino da lì, James, riuscì a distinguere il rumore delle macerie che cadevano violentemente a terra.

«Credo che non sia una buona idea restare qui vicino» disse Lily alzandosi una volta udita l'esplosione, consapevole tuttavia che non era sicuro stare nemmeno in mezzo alla strada.

Sentiva le labbra fremere e le gambe doloranti, l'anca le faceva un po' male a causa della botta presa prima, la paura che da un momento all'altro avrebbe visto solo il più completo nero le faceva attorcigliare le viscere. Un attacco, per lei, fino a due minuti fa, era qualcosa che si poteva solo immaginare. Un attacco era una data, un'ora, il numero delle vittime e le testimonianze dei sopravvissuti. E per quanto si potesse angosciare nel leggere i loro dolori, per quanto potesse cercare di empatizzare, non li avrebbe mai capiti appieno, rinchiusa in quella piacevole bolla che era l'inesperienza. Ora invece capiva, capiva quanto tutto quello, tutte quelle le sensazioni, fossero impossibili da descrivere perfettamente a parole.

«Andiamo» disse James, alzandosi anche lui rapidamente. Sul passo però di svoltare l'angolo, si bloccò.

Un fischiettare.

Un fischiettare tranquillo, sinistro e inquietante che, nonostante la quantità di rumori intorno, si sentiva benissimo, distaccandosi e penetrando nelle sue orecchie, provocando brividi per tutto il corpo.

«C'è qualcuno qui?» domandò qualcuno beffardamente a voce alta, guardando il pub malridotto, all'interno completamente vuoto. «Uhm... ma perché ti nascondi? Hai paura? » urlò alla fine, la voce si smorzò mentre lo diceva, come se cercasse di reprimere una risata.

James sentì la Evans trattenere il fiato, mentre le sue unghie gli conficcavano la carne del braccio. Non osò guardare oltre l'angolo.

Si appiattì contro il muro, cercando di respirare il più piano possibile. La Evans, invece, sembrava essere andata in apnea.

Eppure non c'era silenzio, c'era rumore di passi terrorizzati che correvano da una parte all'altra, di urla e di boati continui. Ma, chiunque fosse, sembrava completamente assente dal mondo, come se avesse eliminato tutti i rumori, tranne quelli provenienti da vicino il pub.

Il Mangiamorte scrollò le spalle «Come vuoi tu.» con uno scatto improvviso alzò il braccio e sparò un incantesimo, per poi smaterializzarsi di botto.

«CORRI!» urlò Lily.

Il locale esplose, provocò un rumore da spaccare i timpani, la testa mozzata di un cinghiale, che fungeva da insegna, fu completamente distrutta, schizzando sangue da tutte le parti. L'aria divenne satura di polvere, pezzi di legno e schegge volarono ovunque. La forza d'urto fu talmente forte che inciamparono e furono scagliati in aria.

Ma quando successe questo, erano a solo un metro di distanza, e atterrando, sarebbero finiti sepolti completamente dalle macerie.

Lily guardò rapidamente indietro, vedendo, quasi a rallentatore, i pezzi che si spaccavano, i bicchieri sudici cadere a terra, il sangue che schizzava ovunque e i tavoli che cadevano, non poteva finire così, a morire per il primo attacco che le era capitato.

Non doveva finire così.

«Abissiendo!» urlò, puntando la bacchetta verso i loro piedi.

Fu come essere spinti di nuovo, più forte, scagliati più lontano in meno di pochissimi secondi. Urlarono, le loro braccia corsero a proteggere la testa, a forza Lily spinse le ginocchia contro il petto.

L'impatto fu di un dolore atroce, la spalla urtò la terra e rotolò brevemente, i dorsi delle mani raschiarono il terreno, graffiandosi e facendole sentire un forte bruciore.

Respirò pesantemente, cercando di far ritornare il cervello a pensare lucidamente.

Si voltò piano, il collo scricchiolò sinistramente e, mezza stordita, guardò il ragazzo poco distante da lei, un po' più indietro, quasi sepolto dalle macerie.

«Potter... » lo chiamò con la voce raschiata, prima di tossire. Tutto sembrava confuso, pensieri fugaci e superficiali le attraversavano la testa, non riusciva ad acchiapparne uno che subito le sfuggiva. Tutto le sembrava terribilmente lento, vedeva ma non capiva.

James tossì violentemente, girandosi a stento sulla schiena. Aveva gli occhi offuscati e sembrava completamente sotto shock. Il suo pallore era quello di un cadavere.

Si guardò intorno, poi gemette e portò le mani alla testa.

Perchè tutti urlavano? Urla urla urla. Gli rimbombavano nella testa, si amplificavano di dieci volte, sovrapponendosi ad altre che non avrebbe mai dimenticato. Un mal di testa atroce iniziò a fare capolino «Vi prego basta, smettetela di urlare...»

Davanti alla sua vista confusa e imprecisa, i contorni di Hogsmeade andavano via via sbiadendo.

Fu come assentarsi dal mondo, era tutto dolorosamente ovattato e indefinito.
Sentiva il vago e allegro vociare della gente, maghi di tutte le età, che camminavano rilassati, inconsapevoli di ciò che stava per accadere.
Suo padre lo osservava giocoso e sorridente, mentre diceva una frase che a James non era permesso udire. Gli parve perfino di sentire l'odore sgradevole delle alghe marine viscide, proveniente dalla busta che aveva in mano.
Un tumulto improvviso, e quel clima di calma andò completamente perso.
Suo padre non rideva affatto, no, suo padre era terrorizzato, James avvertì un improvviso vuoto quando la mano di Fleamont lasciò la sua, per andare a combattere. Harry lo osservava spaventato, ma determinato. Fece un cenno, prendendo a correre, intanto che, come a rallentatore, un incantesimo gli sfiorava la guancia, graffiandola...

«James!» Diagon Alley sparì bruscamente, e si trovò di fronte la faccia spaventata e preoccupata della Evans, o almeno, suppose che fosse lei. 

«Stai bene?» gli chiese lei. 

«Un po' ammaccato...» ed era un eufemismo, non riusciva ad identificare nemmeno una parte del suo corpo che non gli facesse male. Si asciugò del sangue proveniente da un taglio alla tempia.
Strisciò lontano delle macerie, scrollandosele dalle gambe, mentre tossiva ancora. Forse era solo una sua sensazione, ma sentiva il sapore della polvere sul palato. 

Ignorò lo stridere dei suoi muscoli e, traballante, si eresse in posizione retta.
Sbattè le palpebre, non vedendoci assolutamente niente. 

«Evans... i miei occhiali? Ci sono da qualche parte?» 

Lily si guardò intorno, assottigliando gli occhi. Li vide, si avvicinò a fatica e li prese. Le lenti erano completamente spaccate e la montatura tutta storta. Nel chinarsi, vide qualcosa di verde (possibile che una piantina fosse sopravvissuta?) ma non si soffermò molto su di essa. Riparò gli occhiali con un "Reparo" e li porse a Potter. 

James li prese e se li infilò, iniziando a vederci chiaro.
L'area intorno a loro era quasi completamente deserta, vista l'esplosione che aveva fatto scappare tutti. I rumori della battaglia erano lontani, abbagli di varie luci si riuscivano a vedere da lì. 

La Evans, vicino a lui, aveva un aspetto terribile, i capelli erano tutti scombinati e crespi, la sua faccia era sporca di polvere e il giubbino era completamente a brandelli. 

Sembrava che riuscisse a malapena a reggersi in piedi. 

«Che cos'hai?» chiese James scrutandola preoccupato. 

«Oh, sto come te, credo. Forse mi sono fratturata la spalla sinistra» rispose Lily, prendendo a zoppicare per le macerie, cercando di allontanarsi il più possibile da lì e da quella polvere, seguita dall'altro. 

Aveva gli occhi vuoti e cupi, e James mai si sentì così male a vederla così.

«So a cosa stavi pensando, prima» continuò lei, con semplicità. 

James si bloccò «Cosa?!» pronunciò, sentendo la gola infiammarsi sempre di più a ogni lettera, visto come aveva urlato prima. 

Lily si fermò, voltandosi «Io non voglio dirti mi dispiace...» iniziò con voce roca «perché so che tu odi sentirtelo dire. Quel che voglio dirti è... di imparare a non pensare all'attacco in sé, ma piuttosto a come ha reagito tuo padre. Vedi... vedi che questo ti farà sentire più forte di fronte a tutto questo casino.» concluse.
Lo guardò ancora per un attimo, prima di riprendere a camminare. 


*

Hogwarts, ore 18:14


«Io ci scommetto, amico, Zed e Nolan sono cotti l'uno dell'altro!» se ne uscì Daniel d'un tratto. 

Era seduto sul letto, e aveva uno sguardo meditabondo mentre mangiava lentamente una Cioccorana. 

Regulus alzò lo sguardo dal tema «Cosa?» 

«Ma sì dai! Si vede si vede, c'è qualcosa sotto» Daniel lo osservò convinto con i suoi occhi castani, e Regulus sbattè le palpebre in risposta.
Poi scoppiò a ridere «Non sono gay, te lo stanno ripetendo da due anni! Lasciali in pace!» esclamò divertito. «Per non parlare che Zed parla sempre di ragazze» 

«Bisessualità» sbottò Daniel.
«Cosa?»
«Ovvio, Zed è bisessuale- oppure è tutta una copertura- e Nolan è gay, devono solo accettarlo»
«Scusa, come fai a sapere il significato di queste parole?»
«Tu piuttosto?»
«Ho origliato i discorsi dei settimi anni» rispose evasivo Regulus.
«Oh certo, ci credo. Piccolo pervertito.» ribattè Daniel malizioso, con un tono di scherno. 

«No, davvero è stato così» precisò Regulus, voltandosi di nuovo sul tema «Comunque, cos'è questa vena pettegola improvvisa?»
«Non sono un pettegolo, e poi me lo dici come se quest'argomento fosse nuovo» si difese Daniel. Ma Regulus non lo stava più ascoltando, bensì guardava, con occhi spalancati, fuori dalla finestra del dormitorio. 

Una mandria continua di studenti stava rientrando al castello. 

Spostò lentamente gli occhi verso il villaggio. 

Si alzò di scatto. 

«Che ti prende? Hagrid sta correndo nudo per il parco?» chiese il moro, incuriosito, vedendo il suo sguardo sconvolto. 

Regulus si voltò lentamente verso di lui, pallido in volto, e il sorrisetto sulla faccia di Daniel scomparve immediatamente.

«Hogsmeade... è sotto attacco» sussurrò il Black, correndo fuori la porta.
Daniel incespicò e lo seguì nella sua corsa all'impazzata «Come sotto attacco?! Stai scherzando, vero?!» sbottò Daniel, allarmato.

«Ti pare che stia scherzando?!» 

Dopo sette piani, si trovarono al piano terra, entrambi con il fiatone. Regulus superò il portone e corse verso la McGranitt, con il cuore che quasi gli sfondava la cassa toracica. 

«Professoressa! Professoressa!» esclamò, attraversando i cancelli per raggiungere la McGranitt. La Vicepreside spalancò gli occhi.

«Black! Cooper! Entrate immediatamente dentro!» ordinò perentoria.
Regulus riuscì a stento a formulare qualche parola a causa del fiatone, e rimase fisso sul posto. 

«Mi dica... solo...se ha visto Sirius... se è già entrato o... poi ritorno dentro, ve lo prometto... solo questo... » esalò. 

La Professoressa lo guardò un attimo, con le labbra strette all'inverosimile, intanto che il Professor Vitous chiamava gli studenti un po' più lontani, schiantando velocemente qualche Mangiamorte a diversi metri da lì, con una precisione disarmante. 

«Mi dispiace, ma non l'ho nemmeno intravisto» lo informò dispiaciuta «E ora torni dentro»

La faccia di Reg, Daniel ci giurò, raggiunse tonalità di bianco mai viste prima.


*

Hogsmeade, Madama Piediburro, ore 18:13


«CHI HA AVUTO LA BRILLANTE IDEA DI CHIUDERE LE PORTE?!» urlò un sedicenne poco distante da loro, prima di finire quasi a terra per uno spintone.

C'era davvero da chiederselo chi avesse avuto quella brillante idea, poiché era tutto tranne che brillante. Sirius inizialmente non aveva capito la situazione, essendo in fondo al locale, ma non ci voleva un genio per intuirlo, vista la quantità di persone che si ammassavano verso le porte senza che nessuno uscisse.

Sembravano una banda di bufali richiusi in un posto ristretto, che spingevano, che urlavano e che piangevano.

Sirius poteva immaginarsi l'enorme quantità di mani alla ricerca della maniglia, formando intrecci complicati da cui era difficile addirittura uscirne. Di come qualcuno finiva per sbattere contro la porta, in quel caso era la fine: non sarebbe più riuscito a spostarsi da lì.

Sentì una forte botta accanto a lui, e si voltò di scatto.

Mary era stata spinta contro il muro. Nonostante l'impatto avesse provocato chissà quanto dolore, dalle labbra di Mary non uscì nemmeno un lamento, la faccia non si piegò in nessuna smorfia. Era così da quando i Mangiamorte erano comparsi, da quando la gente aveva cominciato ad impazzire. Completamente imperturbabile, che venisse sballottolata da una parte all'altra, spinta o urlata dritta nell'orecchio, a lei non sembrava importare. Ad alcuni, a quei pochi che si curavano effettivamente dell'altra gente presente nella Sala da Tè, era sembrata calma e insensibile, ma Sirius la notava, la mano tremante che teneva la bacchetta, li notava, gli occhi che scattavano all'improvviso, guardandosi intorno.

Un'esplosione di un edificio, poco distante da loro- forse Scrivenshaft- fece tremare leggermente il suolo e sussultare tutti.

Qualcuno, una voce femminile, disse qualcosa di logico ma decisamente catastrofico per la situazione attuale e, per qualche motivo, la sua voce superò tutte le altre: «RESTANDO QUI RISCHIAMO DI FINIRE SOTTO LE MACERIE!»

Solo i più stupidi non capirono il ragionamento, ma era abbastanza ovvio: gli edifici sembravano esplodere uno dopo l'altro, e sarebbe toccato anche a questo.

Silenzio.

E poi peggio di prima.

Un pianto isterico si sentiva da qualche parte, il fondo del locale si liberò da po' di persone, visto che tutte si ammassavano verso l'altra parte. Le persone che si sbracciavano per andare avanti finivano spinte di nuovo indietro, e fu così che una di quelle persone venne spinta così forte che spinse a sua volta Remus, che finì contro il tavolo, cadde a terra e trascinò il tavolo (che Sirius non credeva che fosse così leggero) con lui, rovesciando tutto quello che vi era sopra.

Un ringhio da lupo sfuggì a Remus, mentre i piattini cadevano a terra uno dopo l'altro.

Peter saltellava, la sua sudorazione, già abbondante, aumentava secondo dopo secondo. «È finita.... È finita... » ripeteva come un mantra, mormorando.

Il biondino ne era sicuro: da qualche parte, oltre il terrore, oltre le urla e oltre la voglia di piangere, sentiva i cioccolatini risalirgli lentamente in gola. L'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua breve vita prima di morire sarebbe stata vomitare.

Si sentì un urlo, probabilmente disse qualcosa, perchè all'improvviso tutti si tirarono indietro, e Sirius rischiò di soffocare per l'enorme pressione dei corpi.

Un altro urlo.

Si sentì una forte esplosione, Mary riuscì a scorgere pezzi di muro volare da ogni parte, la cenere esplose in aria e le pareti tremarono.

E poi, all'improvviso, tutti presero a correre come mandria di bufali quali erano.

«HANNO FATTO ESPLODERE IL MURO!» riuscì ad urlare Mary, prima che venisse trascinata insieme agli altri.

Tutto, agli occhi dei quattro e probabilmente al resto della gente, fu fugace e confusionario. Il rumore dei piedi che correvano e le urla erano il solo suono che Remus riusciva a sentire, i suoi occhi videro più di quanto desiderasse: gente tirava pugni ad altra gente per cercare di passare per primi, molti inciamparono nei tavoli e nelle sedie, che erano sicuramente d'intralcio. Gli sfortunati che cadevano dritti a terra non riuscivano più ad alzarsi, e si vedeva come certe coppie non tenessero davvero all'altro: appena uno dei componenti si trovava in difficoltà, tipo a terra investito da tutti quei piedi, l'altro lo guardava un attimo, faceva qualche debolissimo tentativo di salvarlo, e poi se ne scappava, lasciandolo lì.

Anche Peter rischiò di fare la stessa fine, investendo in pieno una sedia, ma almeno Mary riuscì a tirarselo a sè prima che cadesse del tutto.

Sirius si beccò un bel pugno, e sicuramente il suo occhio non ne sarebbe uscito indenne.

Ansanti uscirono dall'enorme varco che lo sconosciuto aveva aperto, schivando i pezzi di muro a terra. Per i quattro il sollievo di respirare aria fresca durò giusto qualche secondo, perchè si trovavano in pieno campo di battaglia, e davvero non potevano fermarsi a pensare a quanto fosse bello non essere schiacciati da tre persone contemporaneamente.

Un incantesimo passò in mezzo a loro, mancando per un soffio la faccia di Sirius. Si voltò di scatto, notando due Mangiamorte tenere le bacchette puntate verso di loro.

Avevano una maschera bianca, il cappuccio e i mantelli neri come la morte. Erano un'immagine disturbante e sinistra, e Sirius capì finalmente quanto la descrizione di James di loro fosse stata accurata e giusta.

Sirius riuscì a malapena a ricambiare con sorprendente velocità con uno schiantesimo, prima che un'imprecazione provenisse dalla sua sinistra. Fu strattonato violentemente e, all'improvviso, si ritrovò a correre, a meno che non volesse cadere faccia a terra.

«Mi spieghi perché stiamo scappando?!» sbottò alla ragazza davanti a lui, che ancora gli teneva il braccio. Aveva passato notti dentro una stanza, battendo e facendosi battere, a leggere libri (a leggere libri, ribadì) e a sudare per essere pronto in certe occasioni, e ora se ne stava scappando? Non aveva assolutamente senso, voleva almeno provare la soddisfazione nel vedere un Mangiamorte fare un volo di quattro metri, per poi cadere con un tonfo sordo a terra.

«Perchè so quali sono i nostri limiti...» rispose affannosamente lei. Sirius sentì un gemito di dolore dietro di lui, e guardò oltre la sua spalla.

Remus, dietro di lui, si teneva forte un braccio macchiato di sangue  «...e di cosa saranno capaci di farci se perderemo, il che è molto probabile»  concluse Mary, anche lei dando un'occhiata preoccupata al licantropo.

Sirius la guardò con le sopracciglia aggrottate, poi sentì qualcosa andargli di traverso, e tossì, finchè non si costrinse a deglutire.

Svoltarono in un vicolo a caso, corsero ancora, passarono per il dietro di Mondomago e Stratchy & Sons, e svoltarono nel vicolo dopo quest'ultimo, fermandosi per riprendere fiato.

Remus, bianco, si appoggiò a un muro e si accasciò lentamente, sedendosi a terra.

Sirius corse subito accanto a lui.

«Speriamo di averli superati» sussurrò Mary, anche se non era certa del fatto che li avessero inseguiti. Guardò gli altri due, Remus borbottava qualcosa e Sirius sussurrava concitato.

  «No davvero, Sir- »

«"No davvero" un cazzo, Remus! Questo taglio è profondo, non mi importa dei tuoi standard!» sibilò Sirius, togliendosi velocemente la sciarpa, cercando di ignorare il più possibile la visione offerta dallo scorcio che il vicolo dava della strada principale della signorina al bancone dei Tre Manici di Scopa che veniva schiantata.  

Fece un nodo strettissimo intorno al taglio, sperando di poter bloccare quel flusso di sangue che usciva continuamente e che gli faceva venire i brividi.

«Va un po' meglio?» chiese.

Remus fece un movimento con la testa, che sembrava un "sì" misto a un "no", come se neanche lui credesse a quel che stava dicendo.

«Ragazzi... dov'è Peter?» si intromise Mary, guardandosi intorno confusa e preoccupata.

«Oh maledizione» imprecò debolmente Remus, immaginandosi i peggio scenari.

Un fiotto di luce nera ruppe quella loro piccola quiete, e Sirius si alzò di colpo con la bacchetta sguainata. A stento il tempo di vedere l'avversario, che fu accecato da una luce fortissima. 

Con suo orrore, sentì il Mangiamorte (perché senza dubbio era quello) urlare quell'unica e angosciante maledizione:  «Cru... »

Ed era pronto a sentire di nuovo quel dolore atroce, perché era sicuro che non sarebbe riuscito a schivarla, visto che a malapena vedeva i suoi piedi. Ma, fortunatamente, chiunque ci fosse in cielo, era dalla sua parte.

«STUPEFICIUM!» strillò una voce acuta, la luce si affievolì di scatto.

Ci fu il rumore di un corpo che cadeva a terra.

Peter, evidentemente, colto da un impeto di coraggio (o forse non proprio), o comunque di voglia di fare qualcosa di effettivamente utile, aveva schiantato il Mangiamorte.

Sirius sbattè cinque volte le palpebre in due secondi, cercando di recuperare la vista.

Notò Peter che, dopo esser stato fermo sul posto per un momento (scioccato anche lui da quel che aveva fatto, probabilmente) correva verso di loro.

  «Bravo, Peter!» esclamò Mary, e l'altro irradiò una breve soddisfazione personale.

«Anche se non è propriamente corretto attaccare alle spalle... » borbottò Sirius, stropicciandosi gli occhi. Smise immediatamente quando si ricordò di avere un occhio nero, che gli faceva terribilmente male. 

«Credi davvero che si possa essere corretti in situazioni del genere? » domandò la corvina con amarezza.

«Andiamocene, prima che si svegli» Remus si alzò incespicando, e indicò con un cenno della testa il Mangiamorte a terra. Con le dita sfiorò la sciarpa Grifondoro di Sirius, zuppa di sangue.

Iniziava ad avvertire leggeri capogiri.

Seguì un po' frastornato gli altri, non riuscendo a registrare bene neanche i rumori.

Però ce ne fu uno, che registrò perfettamente.

POP

Auror.

Finalmente.

Maghi vestiti di una divisa blu si lanciarono immediatamente contro i Mangiamorte.

«VOI QUATTRO! VENITE QUI!» sentì urlare Sirius, si voltò e vide poco più in là la professoressa McGranitt guardarli, mentre faceva rientrare gli ultimi studenti.

Aveva la crocchia tutta disordinata e il cappello fuori posto, la sua mano spingeva leggermente le spalle dei ragazzi per cercare di farli andare in fretta.

Il Black notò uno studente che veniva esortato a rientrare ma che rimaneva inchiodato al terreno, guardandolo fisso. Aveva i capelli scombinati e sporchi, il viso coperto di fuliggine e incrostato di sangue, il maglione strappato e gli occhiali storti.

James.

Un'ondata di sollievo travolse Sirius.

Era vivo.

Vivo.

Sirius assaporò lentamente ogni lettera di quella parola in mente, godendosene il suono e cullandosi nel suo significato.


*

Hogsmeade, ore 18:13


Marlene boccheggiò con affanno, il suo respiro faceva ciondolare avanti e indietro la ciocca di capelli biondi, mandandola a schiantarsi ogni volta contro la sua faccia. Irritata se la tolse velocemente dalla faccia, buttandola bruscamente indietro, intanto che evocava uno scudo, parando un incantesimo.

Perché proprio quel maledetto giorno? Perché quando erano tutti separati? Perché non un altro giorno? Perché non mai?

E Marlene poteva immaginarsi, l’universo o chicchessia a cui rivolgeva queste domande, risponderle: «Perché no?»

Ma non ci teneva a discutere con un qualcosa che fondamentalmente non esisteva, benchè ci fossero davvero tanti motivi per cui questo non doveva succedere.

La biondina lo diceva come se questo dipendesse dalla sua volontà, anche se sapeva che non era affatto così.

Harry, dall’altro lato della strada, schiantò altri due Mangiamorte contemporaneamente, facendoli cadere a terra quasi nello stesso momento. Marlene non l’aveva neanche visto lanciare il secondo schiantesimo. Ormai le brevi domande che si era posta su Harry erano velocemente scomparse, perché che Harry fosse bravo non era che un bene, poi al come si sarebbe risposta più tardi. Però restava comunque la netta impressione che si stesse trattenendo.

Si accorse di un Mangiamorte che puntava la bacchetta alle spalle di Harry.

 «Oh, questo non lo fai…» soffiò Marlene con gli occhi ridotti a fessure, sussurrò la formula, lanciando un fiotto di luce viola. Il Mangiamorte, troppo applicato a cercare di prendere la mira (visto che Harry si stava muovendo continuamente) non lo vide, e cadde a terra come se ad un tratto le gambe non riuscissero più a reggerlo. Marlene lo legò, prima di lanciargli un Tarantallegra, e i piedi del poveretto presero a muoversi convulsamente, facendolo agitare sul terreno come se fosse un pesce fuor d’acqua.

Ovviamente non era all’altezza delle Cruciatus, ma di sicuro era angosciante.

Marlene si girò di scatto quando sentì dei passi avvicinarsi velocemente verso di lei, subito, senza pensarci, lanciò uno schiantesimo.

 «Ehi! Sono io!» esclamò Harry colto alla sprovvista, schivando lo zampillo di luce rossa.

 «Scusa» fece immediatamente Marlene. Guardò dietro la spalla del corvino, alla ricerca del Mangiamorte con cui stava combattendo. Alzò le sopracciglia sorpresa quando lo vide disarmato, nel tentativo di districarsi da delle radici che, spuntate dal terreno, gli avvolgevano strettamente le gambe.

 Ad un tratto Harry si sentì spinto verso il vicolo a cui Marlene era vicina.

Una ragazza sconosciuta, apparentemente del settimo anno, lo teneva per le spalle  «Mettetevi al riparo e tornate al castello, ragazzi, ok?» disse velocemente, con uno sguardo vagamente preoccupato, benchè si vedesse che fosse agitata, sembrava che stesse cercando di calmarsi ed infondere anche a loro la calma  «Non restate un minuto di più qui!» aggiunse, poi si voltò di scatto a uno strillo. Li guardò un attimo, fece cenno con la testa, e corse via, urlando:  «MARTHA!»

Harry se ne stette un attimo fermo, osservando ragazzi di sedici/diciasette anni, duellare con i Mangiamorte. Perché quest’ultimi ci stavano mettendo più del solito a sconfiggere i ragazzi? Non che Harry volesse questo, ma i Mangiamorte che aveva conosciuto lui li avrebbero già stesi da un pezzo. C’era qualcosa che non tornava.

«È strano» costatò Harry ad alta voce, asciugandosi un rivoletto di sangue che usciva dal labbro inferiore.  

 «Cosa?» chiese Marlene.

 «Sono scarsi.»

Marlene gettò lui un’occhiata incredula. «O forse sei tu che sei più bravo»

Harry scosse la testa, con uno guardo meditabondo, come se fosse del tutto normale starsene tranquilli lì, a non farsi prendere dal panico e dall’agitazione. Sospirò, come se non sapesse nemmeno lui perché avesse quella sensazione.

 Un’esplosione li fece saltare. Harry uscì dal vicolo e osservò, più lontano, dei pezzi di legno volare verso l’alto per poi cadere a terra con tale forza da spaccarsi. Harry riconobbe il punto di esplosione anche se era lontano: era la Testa di Porco.

Tutto successe in pochi secondi, la battaglia sembrò diventare all’improvviso più caotica, i Mangiamorte diventarono inaspettatamente di più, e il rumore dello scalpiccio dei passi aumentò.

Harry non riusciva nemmeno a capire la destinazione di certi incantesimi, si confondevano tra di loro, si scontravano e rimbalzavano indietro.

Harry gettò un’occhiata alla ragazza accanto a lui. Marlene osservava con occhi spalancati il tumulto che si stava andando a creare, ogni sua fibra pareva essere pronta a muoversi al minimo pericolo. La sua prima uscita ad Hogsmeade si era trasformata in un incubo, pensò Harry, lei, così come tutti i terzi anni che erano venuti, pensando alla loro prima uscita, avrebbero pensato a questo. Tutti i presenti, invece, da quel momento in poi avrebbero guardato il villaggio con occhi diversi. O almeno, quel che ne sarebbe rimasto.

La sua mente, ormai super sensibile, avvertì un’aura magica dietro di loro, un po’ più lontana. Se ne stava ferma, non si avvicinava. Come se li stesse semplicemente osservando.

 «Vieni!» esclamò a Marlene, uscendo dal vicolo e prendendo a correre.

La biondina, nonostante fosse confusa, lo seguì.

 «Cos’è successo?!» urlò, riuscendo a farsi sentire.

 «Qualcuno era dietro di noi!» rispose, facendo stringere le labbra a Marlene.

Quest’ultima andò leggermente a sinistra, evitando una maledizione. Alla fine evocò uno scudo, capendo che era impossibile schivare tutti quegli incantesimi. Si guardò rapidamente intorno, e i suoi occhi colsero una ragazza che andava sbattere violentemente contro un muro, svenendo per la botta alla testa.

 «Questi li chiami “scarsi”?» chiese con il fiatone, sicura che anche Harry avesse visto.

 «Fidati che quelli di Diagon Alley erano più abili!» sbottò l’altro.

Ed era vero. Harry sapeva che Voldemort aveva Mangiamorte più bravi e abili tra le sue schiere, ne aveva mandati una buona parte proprio a Diagon Alley. Tuttavia questi, era vero che non erano pivellini, ma sicuramente non erano al livello di quelli con cui lui e James avevano avuto a che fare. Che fosse pietà? Voldemort era diventato d’un tratto più misericordioso?  Non è che la sua anima, pregna di sensi di colpa, avesse ben pensato di facilitare la vita a questi giovini senza però rinunciare totalmente alla cattiveria? Dandogli Mangiamorte con cui potevano almeno battersi?

Ovviamente no.

A Voldemort questo non interessava, per non parlare poi del fatto che la sua anima era divisa in sette parti, e il senso di colpa ci avrebbe messo troppo tempo a penetrare in tutte. Non che non ci avesse provato (il senso di colpa), ma ci aveva rapidamente rinunciato.

Più che altro, sembrava che Voldemort non volesse sprecare forze. E questo lo confondeva.

Si fermò di colpo quando un Mangiamorte gli si parò davanti, lanciò velocemente tre fatture nei punti giusti, certo che almeno uno lo avrebbe colpito. Ma il Mangiamorte le parò tutte quante, con movimenti veloci e precisi.

Harry poteva capirlo, bastava scorgere i suoi occhi dietro la maschera, che stava ghignando in modo sadico. Sentì la spalla di Lene sfiorare la sua, poi la sua mano incerta tirò leggermente la manica di Harry «Ce ne stanno altri tre» soffiò Marlene, una nota di paura nella voce.

Harry strinse le labbra, tenendo alta la bacchetta insieme a Marlene.

I Mangiamorte avanzarono, e loro fecero un passo indietro.

Harry meditò se fosse necessario tentare di attaccarli tutti contemporaneamente, ma non credeva che sarebbe riuscito a fregarli tutti ancor prima che potessero dire una sillaba. Sembravano molto più bravi e sicuri degli altri Mangiamorte.

Gettò una veloce occhiata verso la sua spalla, vedendo un vicolo a pochi passi da lì.

Poteva essere una via di fuga.

Prima che potesse pensare ad altro, il Mangiamorte al centro gli lanciò una Maledizione, Harry la parò e la rispedì indietro. Neanche il tempo di riprendersi, che subito il Mangiamorte che lo aveva fermato ne lanciò un’altra.

Harry non seppe neanche dire cosa fece, nelle ore successive. Il suo braccio si muoveva veloce, il suo polso non si fermava un attimo, lanciava incantesimi senza pensarci più di tanto, i suoi occhi saettavano da un mangiamorte all’altro in continuazione.

 «Ebublio!» sentì esclamare da Marlene  «Everte Statim! Impedimenta!» e continuò così, scagliando incantesimi quasi senza riprendere fiato.

Il Mangiamorte al centro schivò in tempo l’Impedimenta di Marlene  «Però, il buon vecchio Wilfrid non mentiva!» esclamò divertito, con voce gracchiante, guardando Harry.

 «NON TI METTERE IN MEZZO, STUPIDO RAGAZZINO!» urlò un Mangiamorte, quello che era continuamente bersagliato dagli incantesimi di Marlene. Si voltò velocemente indietro e mandò una maledizione a un ragazzo, che aveva tentato di attaccarlo. Lo sconosciuto spalancò gli occhi e cadde a terra, in una pozza di sangue.

Marlene assottigliò gli occhi, sentendo la nausea salirle a guardare quel corpo inerme, un profondo disgusto verso l’avversario s’impossessò di lei «Excelsiosempra!» urlò, approfittando della sua distrazione.

Il Mangiamorte fu scagliato in aria, e ricadde violentemente a terra.

Il “poveretto” si alzò da terra, ruggendo in modo pericoloso «Come osi…» quasi urlò.

Un brivido corse lungo la schiena di Marlene, guardando quegli occhi che le promettevano le più atroci torture.

L’uomo però, sul punto di scagliare una maledizione, fece di nuovo un volo spaventoso, cadendo a diversi metri da lì, restando poi fermo, steso a terra.

Harry abbassò la mano sinistra rapidamente, sperando che la ragazza non l’avesse visto.

Un terzo Mangiamorte si unì ai due che duellavano con Harry, e quest’ultimo imprecò, sentendo già le forze venire a mancare, mentre indietreggiava sotto l'attacco di tutti quegli incantesimi.

Marlene incominciò ad attaccare uno dei Mangiamorte, ma quelli sembravano ancor più feroci.

Un passo indietro, e ancora un altro, e un altro ancora, e si ritrovarono nel vicolo.

Uno schiantesimo colpì la biondina, facendole fare una capriola per aria, per poi cadere violentemente a terra, e immediatamente delle corde, lanciate da qualcuno, la legarono polsi e caviglie. Le fu lanciato un altro incantesimo, ma non sembrò aver alcun effetto.

Lo spazio era sempre più ristretto, da quel che si ricordava, erano tra i Tre Manici di Scopa e  l’Ufficio Postale. Harry non si era mai curato molto delle stradine secondarie, ma stava iniziando a odiarle. Lo facevano sentire un topo in trappola.

«Basta» disse una voce, freddamente.

I Mangiamorte si fermarono di colpo, così come Harry. Avrebbe potuto approfittarne per disarmarli e schiantarli, ma sembrava che non avesse più il pieno controllo dei suoi arti.

Perché quella voce lo aveva tormentato per anni, aveva caratterizzato i suoi peggiori incubi, che lo portavano a svegliarsi nel bel mezzo della notte, sudato e sconvolto. Era sibilante, che sinuosa come un serpente penetrava nelle anime della gente, facendole tremare dal terrore. Era una voce che, per quanto per breve tempo avesse pensato di non sentirla più, sapeva che non l’avrebbe mai potuta mettere nel dimenticatoio.

Vide Marlene saltare e sbiancare, e da lì già capì di non essersi sbagliato.

Quasi intorpidito, come se il suo cervello si fosse finalmente deciso a mettersi in moto, si girò, ormai incurante di dare le spalle ai tre Mangiamorte, visto che sembravano tutt’altro che intenzionati a riprendere il duello.

Voldemort disse qualcosa ai suoi servitori, ma Harry non riuscì ad afferrare, troppo orripilato della svolta che stavano prendendo gli eventi.

In quella stradina, dove al di fuori la battaglia infuriava, senza esclusione di colpi, in quella stradina, che sembrava essere esclusa dal mondo circostante, lo vide osservarlo con i suoi occhi rossi, rossi come il colore del sangue che non esitava a spargere. Aveva la pelle diafana, come un teschio, e i capelli neri, che lo facevano sembrare leggermente più giovane.

Davanti a sé si trovava l’origine di tutti i suoi mali, che gli aveva strappato volta per volta tutto ciò a cui teneva. E ora sembrava essere ritornato, ritornato a cercarlo e a intrappolarlo. Eppure, aveva cercato di farsi notare il meno possibile… addirittura l’anello era ancora integro, conservato nell’ufficio di Silente.

E forse la storia si sarebbe ripetuta, all’infinito, e avrebbe perso, perso e ancora perso, mentre lottava inutilmente.

 «No, perché tu non glielo permetterai»

Gettò un’occhiata a Marlene, che si agitava sul posto, cercando di togliersi le corde strette almeno dai polsi. Si ritrovava coinvolta per colpa sua, quando in realtà non c’entrava un bel niente. E davvero qualcuno che non c’entrava niente in una situazione non meritava assolutamente di finirci stecchito.

I suoi occhi ritornarono di colpo su Voldemort, e a guardare il suo atteggiamento tranquillo, il giocherellare con la sua bacchetta, il suo sguardo curioso, glielo fece odiare ancor di più.

 «Oh, non c’è bisogno della bacchetta, non ho previsto alcun duello» disse carezzevole, al che si sentì rivoltare lo stomaco, mentre si accorgeva, solo in quel momento, di avere la bacchetta alzata.

Inutile dire che si intestardì a puntarla su di lui, non pensando neanche per un secondo di abbassarla.

A Voldemort non sembrò toccare molto, piuttosto, del tutto sciolto, avanzò verso di lui, osservandolo sempre con quello sguardo, come se fosse un animale in un laboratorio, su cui aspettava di vedere l’effetto di qualche farmaco.

Il rumore di stivali che raschiavano contro il terreno gli giunse stranamente alle orecchie.

Voldemort chiuse leggermente gli occhi, come se si imponesse qualcosa. Evidentemente non ci riuscì, perché con uno scatto veloce, tanto veloce che Harry non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare, lanciò uno schiantesimo a Marlene che, legata, sorpresa e inerme, non potè che prenderlo in pieno. Andò a sbattere violentemente con il muro, prima di svenire.

Harry guardò Marlene, spaesato, prima di voltarsi rapidamente verso Voldemort, sentendo la rabbia attorcigliargli le viscere. La sua posizione di difesa, che si era leggermente allentata, tornò ancor più vigorosa.

 «Si muoveva troppo» sussurrò lentamente Voldemort, come se fosse del tutto normale schiantare una persona perché si muoveva

«A questo punto deve schiantare anche me, per poi schiantare se stesso per essersi mosso» pensò sarcasticamente Harry, «e così vissero tutti schiantati e contenti.»

Ma in fondo Harry sapeva che a Marlene era andata bene, poichè Voldemort era capace di molto di più. In quel momento avrebbe potuto trovarsi ansimante dopo una tortura, sanguinante, tarchiata da un Mangiamorte, oppure, addirittura, morta.

Quel che si chiedeva era perché non l’avesse fatto.

Perché avesse “risparmiato” in questo modo Marlene, perché non avesse minimamente accennato a fare del male a lui, Harry.

 «Harry Potter… » Voldemort assaporò il nome, soddisfatto  «Non sai quanto ci è voluto per trovarti.»

Harry lo guardò, stringendo le labbra «Cosa vuoi?» chiese, senza pensarci.

L’uomo (sempre se si poteva chiamare tale) di fronte a lui sembrò che non aspettasse altro che quella domanda «Che tu ti unisca a me» rispose, spiazzandolo completamente.

Che lui… che lui si unisca a Voldemort?

Le cose stavano decisamente girando nel modo sbagliato. Perché questo era a dir poco assurdo, a Voldemort era saltata qualche rotella (Harry avrebbe dovuto saperlo, era evidente fin da subito che fosse pazzo). In due secondi aveva fatto mille congetture sul perché lo avesse intrappolato, magari perché era venuto a sapere della profezia e l’aveva capita, magari perchè aveva soltanto scoperto che veniva dal futuro, e che quindi volesse obbligarlo a dirglielo, o magari perché voleva costringerlo a consegnargli i restanti Potter.

Ma mai, mai, si sarebbe aspettato questo. Semplicemente perché anche solo il pensiero gli pareva illogico e impossibile. Ecco perché non gli aveva fatto ancora niente, ecco perché non aveva voluto ferire gravemente Marlene, ben sapendo che non avrebbe giocato a suo favore farlo, poiché Harry l’avrebbe da subito odiato.

 «Vedi… ho sentito parecchie cose interessanti su di te» proseguì, con uno sguardo penetrante, che Harry evitò magistralmente, pensando alle catastrofi che si sarebbero generate se Voldemort fosse penetrato nella sua mente.  «Magia senza bacchetta, il duello a livello Auror a soli tredici anni… » elencò vagamente.  «Per non parlare poi del fattore più curioso»

Harry irrigidì la mascella, quando Voldemort iniziò a girare intorno a lui, come un predatore fa con la sua preda. Sentiva la sua voce bassa dietro di lui, e quella sembrava escludere tutti gli urli e le esplosioni che provenivano dalla strada principale, che mai gli era sembrata così lontana. I suoi muscoli erano tesi, la sua mente cercava perfino di capire le intenzioni di Voldemort, a quanto si arrabbiasse, basandosi sulla sua aura. Era possente, oscura e terribilmente soffocante, alleggiava nell’aria come un pesante macigno.

«Non sei presente in nessun registro magico. Tu non esisti, per il Ministero» sibilò Voldemort, quasi ghignante «Per fortuna che a Hogwarts ti sei fatto conoscere»

Voldemort si ricordava quando Abraxas Malfoy era entrato in stanza, annunciando che suo figlio forse ne sapeva qualcosa. Altro che “forse”, Lucius sapeva eccome. Gli aveva saputo dire nome, anno, Casa, bravura e amicizie. Lo aveva poi naturalmente premiato, ora il Marchio Nero si stagliava sul braccio sinistro di Lucius Malfoy, prima completamente candido.

Il ragazzo di fronte a lui era un Grifondoro. Ne era rimasto quasi deluso quando l’aveva saputo. Ma Lord Voldemort non si faceva influenzare da certi pregiudizi, in fondo, esistevano Grifondoro e Grifondoro diversi. Naturalmente gli appartenenti a quella Casa avevano buone qualità, coraggio, fegato e cavalleria, ma che spesso si trasformavano in temerarietà, impulsività e ridicolezza.

Solo ad Hogwarts era sicuro di trovarlo, ma Hogwarts era… Hogwarts. Avrebbe dovuto sprecare così tante forze per penetrarvi solo per parlare con lui? Ovviamente no. Le uscite ad Hogsmeade erano state l’opzione migliore, l’attacco era solo un diversivo. Il suo obbiettivo principale era il ragazzo di fronte a lui.

Harry Potter era un curioso mistero, che richiedeva urgentemente di essere svelato. 

 «Hai potere e talento… » mormorò suadente  «perché sprecarli in questo modo? Dove ci sono limiti a ciò che si può e non si può fare? Alla fine, quelli, ce li imponiamo noi stessi. Non abbiamo bisogno di limiti… i limiti sono solo per i deboli»

Marlene si mosse leggermente, ma nessuno fece caso a lei.

Harry deglutì. Sentì il vago rumore di tante materializzazioni, ma non ne era così sicuro. Voldemort si parò di fronte a lui «Non deve essere noioso studiare cose che scommetto tu già sappia? Andare a scuola quando non ne hai bisogno? Tutto una continua monotonia… possiamo stravolgerla, sai?»

Il corvino distolse gli occhi, senza potersi evitare di farli cadere per un attimo sul corpo di Marlene, ancora a terra e apparentemente incosciente.

 «Ah, gli amici… » Voldemort marcò la parola, con un evidente vena derisoria  «Non servono amici, ti rendono solo vulnerabile, te lo assicuro. Io ti prometto potere, riscatto e cambiamenti… devi solo unirti a me, a Lord Voldemort, alla causa giusta» concluse Voldemort, e parve aspettare una risposta.

Harry avrebbe voluto urlare no, che mai ci avrebbe pensato per un solo secondo, che mai avrebbe osato unirsi a un mostro del genere, che gli aveva reso la sua vita passata un inferno.

Ma non lo fece.

 «Signore! Signore!» sentì urlare all’improvviso, e Voldemort si girò di scatto, vedendo un Mangiamorte correre verso di lui. Il Mangiamorte sembrò leggermente ritrarsi, al suo sguardo furioso  «Gli Auror stanno avendo la meglio, mio Signore»

Harry spalancò gli occhi, erano arrivati gli Auror.

Oh per Merlino, gli Auror.

 «E allora fate meglio di loro! Vai a combattere, invece di dirmi cose che già so» ringhiò il Signore Oscuro. Il Mangiamorte sobbalzò e chinò il capo, prima di correre lontano da lì.

Seguirono attimi di silenzio.
Harry ponderò per bene la risposta da dare. No, non stava prendendo seriamente in considerazione di unirsi a Voldemort, piuttosto la reazione che avrebbe scatenato in lui una determinata risposta. Harry non aveva alcuna intenzione di ingaggiare un “duello”, Voldemort avrebbe visto il legame tra le bacchette e avrebbe iniziato ad associarlo a qualcosa di particolare. Per non parlare poi di Marlene, voleva perlomeno portarla al castello, e forse Voldemort l’avrebbe attaccata a sorpresa, con qualcosa di più letale, per pura vendetta. Se avrebbe risposto sì, avrebbe evitato il duello, ma sarebbe stato immediatamente sgamato. Voldemort avrebbe usato la Legilimanzia per accertarsi che fosse sincero, e venendo bloccato (sempre nella possibilità che Harry ci riuscisse), si sarebbe insospettito, provando poi un attacco mentale più forte (al quale credeva di non essere ancora pronto), scoprendo poi che stava mentendo, con la conseguenza che sarebbe andato più a fondo, rischiando di scoprire tutto. Purtroppo, Harry non era così professionista da creare ricordi e false emozioni. Stessa cosa valeva per il “Non lo so, ci penserò”.

Voldemort, “leggendo” la sua mente, avrebbe scoperto tante cose del futuro, perché la mente di Harry era il covo dei suoi segreti.

Il “No” d’altronde, sembrava evitare i rischi della Legilimanzia, Voldemort gli avrebbe creduto senza esitazione, perché, alla fine, perché mentire dicendo ”No”? Ma il duello e la vendetta sarebbero stati più probabili.

In due secondi, la mente di Harry valutò ogni fattore che lo potesse aiutare. C’erano Auror, e Mangiamorte che stavano perdendo. Voldemort, tra meno di qualche minuto, sarebbe stato costretto a ritirarsi, a meno che non volesse far catturare molti dei suoi seguaci, rischiando addirittura che qualcuno di loro facesse la spia.

Voldemort sembrava diverso. Meno irascibile, ancora un uomo che riusciva a controllare abbastanza bene la rabbia. Calcolando che aveva pochissimi minuti a disposizione, non avrebbe iniziato a duellare (forse gli avrebbe lanciato un incantesimo, ma non avrebbe insistito più di tanto a fargli del male).

Se però gli avesse urlato in faccia tutto ciò che pensava di lui, Voldemort avrebbe probabilmente perso l’autocontrollo.

Quindi…  “Sì” e il “Non lo so” non poteva dirli, il “No” comportava maggiori rischi a livello fisico, ma sicuramente di meno rispetto alla conoscenza del futuro nelle mani sbagliate.

Il “No” però, doveva essere meno… aggressivo.

A Harry parve che fossero passati due minuti, quando in realtà non ne era passato nemmeno uno.

 «Sto aspettando una risposta» disse Voldemort, che lo obbligò a lasciar perdere l’incertezza.

Harry stette un attimo in silenzio, sperando di prolungare il momento, ma quando vide lo sguardo di Voldemort, che sembrava stesse perdendo la pazienza, decise che non valeva la pena essere investiti dalla sua rabbia senza aver fatto niente.

 «No» si sentì dire con voce tranquilla (il che era incredibile, poiché lui era tutto tranne che tranquillo), e fu quasi come se quelle parole gli fossero estranee, come se non fosse stato lui a pronunciarle.  «Non mi è mai interessato il potere, e non condivido i tuoi ideali»

Voldemort lo guardò un attimo sorpreso, sbattendo le palpebre, prima di allontanarsi. Voldemort si aspettava un rifiuto, più che altro fu la tranquillità con cui glielo aveva detto Harry Potter, che aveva usato un tono adatto a chiedergli di passargli il sale a tavola, ad averlo colto di sprovvista. Era più prevedibile un “Mai” come risposta, come fanno di solito coloro che gli si oppongono, dando un effetto teatrale ed eroico, a dir poco ridicolo, al tutto.

 Non potè negarsi che avesse sperato che Harry Potter fosse un po’ più ambizioso «Evidentemente mi sbagliavo su di te» disse, e ciò non provocò rabbia a Harry. Anzi, era sicuro che l’idea che Voldemort avesse di lui fosse di un ragazzino assetato di potere, che voleva diventare grande un giorno, con qualsiasi mezzo. Il che non gli piaceva molto come idea.

Voldemort, che aveva ripreso a rigirarsi la bacchetta fra le mani, schioccò la lingua, con una smorfia ironica «E quali sarebbero i tuoi ideali?»

Harry fece cenno con la testa a qualcosa «Quelli dell’altra parte»

L’altro assottigliò gli occhi. Dell’altra parte. Silente. Silente, Silente e ancora Silente, incredibile come quel vecchio gli intralciasse i piani fin da quando era giovane.  «Bene…» sussurrò  «Sai vero che ti ritroverai a combattere contro di me?»

 «Tanto alla fine sarebbe comunque andata a finire così» borbottò Harry, facendo aggrottare le sopracciglia a Voldemort, prima che sentisse un fastidio alla sua testa, che durò per cinque secondi.

Lo stavano chiamando, e il loro unico motivo per farlo era perché stavano davvero perdendo.

Dovevano ritirarsi.

 «Che ne dici di festeggiare questa notizia?» chiese ghignando, facendo bruciare contemporaneamente tutti i Marchi dei Mangiamorte lì presenti.

Harry spalancò gli occhi.

Nello stesso momento in cui il Marchio Nero comparve in cielo, nello stesso momento in cui Harry sentì un POP simultaneo, il ghigno crudele di Voldemort si ampliò, mentre lanciava un fiotto di luce nera, non a Harry, ma a un corpo fermo a terra.

Voldemort scomparì, in un vortice nero.

Marlene, sveglia da minuti, cercò di rotolare via, Harry cercò di deviare la Maledizione, ma quello finì solo per colpirle il fianco, squarciandolo con un taglio profondissimo.

Schizzò sangue, e la bocca di Marlene si aprì in un urlo silenzioso.

 «MARLENE!» urlò Harry, correndo verso di lei.

Una pozza rossa si andava ad allargare secondo dopo secondo, Harry si chinò, e non si curò del sangue che andava a sporcarlo tutto.

Lui ma non Marlene. Perché Marlene?

La biondina ansimava, con gli occhi socchiusi.  «Non chiudere gli occhi! Non osare chiudere gli occhi!» esclamò Harry, mentre cercava flebilmente un incantesimo di guarigione da qualche parte nella sua memoria.

Ma stava andando in palla, ne era consapevole, e questo non era per niente d’aiuto. I suoi occhi non riuscivano che a vedere il pallore di Marlene, il suo respiro sempre più lento, il sangue che si ritrovava sulle mani e, sempre di più, sentiva l’odore del sangue che gli provocava una sensazione di vomito.

Miracolosamente, fu proprio quando era certo di avere tra pochi minuti il corpo morto di Marlene davanti a sé, che gli venne in mente quel maledetto incantesimo.

Sguainò la bacchetta e, costringendosi a riprendersi, iniziò con estrema concentrazione a pronunciarlo, ripetutamente.

Piano piano il sangue si fermò, i tessuti sottocutanei si risanarono, e la ferita scomparve.

Harry aprì lentamente gli occhi, sentendo il cuore leggermente più leggero quando vide la ferita risanata. Ma lo sarebbe stata solo per mezz’ora, poi si sarebbe riaperta. E Marlene aveva bisogno di almeno tre pozioni Rimpolpasangue.

La biondina aveva lo sguardo offuscato, ma almeno gli occhi erano aperti, e respirava ancora.

Harry slegò velocemente mani e braccia.

 «Lene…?» sussurrò poi, preoccupato.

Marlene si voltò verso di lui, e alzò debolmente una mano, il cui polso aveva segni rossi, indicando la sua gola, per poi muovere la bocca senza emettere alcun suono.

Harry spalancò gli occhi e sussurrò: «Finite Incantem»

Marlene tossì  «Grazie» gracchiò, cercando alzarsi. I suoi occhi caddero sul suo sangue, osservandoli in modo assente, come se non realizzasse niente di tutto ciò che accadeva.  Un violento capogiro la colse all’improvviso.

Harry l’afferrò prima che cadesse.

Quando si fu calmato il capogiro, la mano di Marlene scacciò leggermente Harry  «Ce la faccio» mugugnò, facendo forza sulle braccia e sulle gambe, per alzarsi.

Quando era ormai sul punto di mettersi in posizione retta, sentì di nuovo un forte capogiro, e Harry l’acciuffò di nuovo.  «Non mi sembra» sussurrò il corvino  «Forse è meglio che tu non cammini proprio»

 «No…» borbottò Marlene, facendo qualche passo, tenuta saldamente per la vita da Harry.

A nulla valsero le insistenze di Harry, Marlene volle comunque camminare, arrivando addirittura a cercare di allontanare Harry, che decise poi di lasciar perdere, e farle semplicemente da supporto.

Marlene non era lucida, non sembrava capire niente, e il suo pallore andava a peggiorare a ogni cinque passi.

Uscirono dal vicolo, e un Auror, rimasto insieme agli altri suoi colleghi per i feriti, corse verso di loro.

 «Che ha?» chiese a Harry, con voce ferma, guardando Marlene.

 «Ha perso molto sangue, e ha una ferita profonda provocata da Arti Oscure, che si aprirà tra circa mezz’ora, ho fatto quel che potevo…» disse, l’Auror, che sembrava un uomo imponente e rigido, prese Marlene, ormai mezza-svenuta,  dalle braccia di Harry.

 «La porto al San Mungo» affermò, preparandosi a smaterializzarsi.

 «Vengo anch’io» 

L’Auror lo guardò un attimo  «Neanche per sogno, tu torni ad Hogwarts. Non ho il permesso di portarti con me, con questa ragazzina posso perché è un caso speciale. Ma tu non hai niente che non possa essere guarito ad Hogwarts» obbiettò, con tono perentorio.

Marlene sbattè le palpebre lentamente, mugugnando qualcosa che non si capì.

  «Le assic- »

 «Non mi sembra il caso di discutere quando la tua amica ha bisogno di urgenti cure» lo interruppe sul nascere l’Auror, gettò un’ultima occhiata allo sguardo indignato di Harry, e si smaterializzò.

Harry osservò per qualche secondo il punto dove fino a un attimo fa vi era l’Auror, e strinse i pugni, ormai ricoperti di sangue quasi secco.

Avrebbe tanto voluto smaterializzarsi al San Mungo, ma sapeva che ciò avrebbe comportato troppe domande, quindi si costrinse a dirigersi verso Hogwarts.

Osservò Hogsmeade, che quasi completamente distrutta, non si poteva neanche più chiamare tale.

L’aveva capito, l’attacco era stato solo un mezzo di Voldemort per arrivare a lui. Tutto questo era successo a causa sua.

Passo dopo passo, in automatico, si avvicinò sempre di più al castello, mentre i suoi occhi scrutavano intorno, cupi e pieni di pensieri che solo Harry poteva sapere.

Le sue mani, i suoi vestiti, erano sporchi di sangue non suo, e non poteva evitare di guardare quel rosso in continuazione. Non osava neanche immaginare come fosse dall’esterno, sicuramente peggio di quanto si immaginava, visti gli sguardi che gli gettavano gli abitanti e proprietari dei negozi, che duravano qualche secondo, prima di essere distolti bruscamente.

Bussò ai cancelli.

Aspettò qualche attimo, prima che la McGranitt corresse verso di lui, insieme a Gazza, visibilmente agitata.

Con uno scatto veloce aprì il cancello «Grazie al cielo, Potter!» esclamò, prima di notare le sue vesti «Ma… cosa le è successo?» domandò orripilata, alla ricerca di una ferita.

 «Non è il mio sangue» rispose Harry, entrando nel parco.

Negli occhi della McGranitt balenò per un attimo il sollievo, prima che stringesse le labbra, mentre intanto Gazza se ne stava dietro di lei, parendo quasi un intruso.

Poi, la professoressa parve essere colta da un pensiero, e il suo sguardo si fece di nuovo preoccupato «Ma la signorina McKinnon? Mi avevano detto che era con lei…»

 «Era con me» precisò Harry «Ora… è al San Mungo» deglutì, osservandosi le mani.

Quel semplice gesto bastò a far capire che quel sangue, quel sangue che colorava di rosso i vestiti e le mani di Harry, non era altro che il sangue di Marlene McKinnon.















































Angolo Autrice
Prima di tutto mi scuso per questo immenso ritardo. Un mese. Un mese. Incredibile come dicendo “Quattro settimane” sembri di meno. Ma dal 2 Febbraio al 2 Marzo (anche se quando pubblicherò il capitolo sarà passata mezzanotte, quindi sarà il 3 Marzo, ma shhh) è decisamente un mese. Potrei elencarvi una serie di motivi, ma il principale è stata la difficoltà di questo capitolo per me. Sono andata in crisi, questo capitolo è stato una piccola sfida. Ho riscritto varie volte una sola scena, cambiando completamente le mie idee iniziali.


Ho deciso di mettere data e luogo ogni volta che iniziava una scena, per farvi capire che mentre in una si è svolto quello, contemporaneamente in un altro luogo è successo questo. Perché a dire continuamente “Intanto che…” “In quello stesso momento…” mi sembrava stupido.

Nella prima e nella terza scena abbiamo James e Lily e Sirius, Mary, Remus e Peter. Spero di averli resi beni, i loro pensieri e emozioni. Non combattono, perchè non ce li vedo dei tredicenni che, per quando coraggiosi, combattano. Piuttosto scappano, chi dal pericolo chi per cercare i suoi amici.

Si vede poi che James e Lily sono con la McGranitt, e non è spiegato in che modo fossero arrivati a trovarsi lì, ma inserire anche la spiegazione, in questo capitolo, mi sembrava anche troppo.


Nella seconda scena, ci sono Daniel e Regulus. Vi ricordavate Daniel Cooper? Non credo XD l'ho nominato pochissime volte.

Infine, si arriva alla terza scena. Marlene è piuttosto vendicativa, s’è visto. Il Mangiamorte che li osserva ci stava davvero, li spiava perché poi li dovevano catturare, quindi seguiva i loro movimenti. Quando arrivano i quattro Mangiamorte fa il meglio che può fare, anche se inizialmente, e anche durante il combattimento, ha paura. Ma credo che se non ci fosse stata la paura e l’esitazione non sarebbe stata realistica.


E l’incantesimo che le viene lanciato ma che “non sembrò aver alcun effetto.”  è il Silencio, è rimasta senza voce da quel momento fino a quando Harry ha annullato l’incantesimo. Voldemort. Ah, Voldemort. Cerca di abbindolare Harry, parlando di potere e riscatto, di cui a Harry non importa una ceppa. Harry è un bravo Occlumante, riesce a bloccare i Legilimens, tuttavia non è così avanzato da riuscire a ingannare Voldemort e creare “false intenzioni”.


Marlene, intanto, si è svegliata nel bel mezzo della conversazione, ma è rimasta immobile. Ma senza voce non poteva urlare, e non poteva cercare di slegarsi altrimenti Voldemort si sarebbe immediatamente accorto di lei, schiantandola di nuovo, o forse qualcosa di peggio. Sarebbe stata comunque inutile, messa così, quindi ha preferito non fare niente.


A proposito, secondo voi Voldemort ha il Marchio Nero? Voldemort può essere chiamato dai Mangiamorte e può chiamare (credo), deve aver pur qualcosa che glielo permette. Ma si marchierebbe come un qualunque Mangiamorte? Ho pensato di no, quindi ho preferito pensare che avesse un collegamento interno. Marlene viene ferita gravemente, e credo che per una ferita del genere, per la quale ha rischiato di morire dissanguata, sarebbe stato più opportuno portarla al San Mungo. E il capitolo finisce così, con Harry che torna ad Hogwarts e riferisce alla McGranitt.
Alla prossima!
P.S. Mi scuso per eventuali errori di grammatica o/e battitura.
 




Capitolo gentilmente revisionato da lilyy, grazie!  
   
 
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