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Autore: Indaco_    04/03/2019    3 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Fu come essere investiti da un getto di acqua ghiacciata. O almeno, Sonic si sentiva esattamente in quella situazione. Il suo cervello completamente logout, l’aveva abbandonato, lasciandolo a bocca aperta di fronte alla ragazza pallidissima. Non lo sapeva, non l’aveva mai, mai sospettato. Amy se n’era andata nel giro di dodici ore, avvisandolo della loro rottura tramite una deprimente chiamata.
Per tutto quel tempo, l’idea di una possibile gravidanza non l’aveva sfiorato nemmeno per sbaglio. Le scuse, che la rosa aveva utilizzato, erano state così concrete da non chiedersi se corrispondessero o meno alla realtà. La sua fuga d’amore non aveva necessitato di ulteriori spiegazioni: si era innamorata di un altro, punto e stop. Aveva trovato qualcuno in grado di darle più di quello che lui le aveva dato, qualcuno migliore di lui. Ma ora, quella gravidanza spiegava tutto: il mistero delle vomitate mattutine, della voglia impellente e continua di fragole, dell’umore altalenante, la sua fuga. Come aveva potuto essere così cieco? I segnali erano stati così evidenti!
La ragazza, imbarazzatissima e vergognandosi a morte, aveva abbassato la testa, priva del coraggio necessario per guardarlo in faccia. Quanto si sentiva in colpa! Credeva o meglio, sperava, che col tempo il riccio si fosse fatto un’idea delle cose. Non aveva mai riflettuto sul fatto che Sonic potesse non sapere. Considerava che Blaze lo avesse mantenuto aggiornato sulla sua vita o che lui si fosse informato durante quegli anni di assenza. Un po’ come aveva fatto lei: aveva sempre tenuto d’occhio concorsi e video musicali in cerca di quei fanali verdi. Desiderava da anni poter confrontare il suo bimbo e il presunto padre.
Sperando in una rapida e chiara discussione, sollevò gli occhi giusto il necessario per spiarlo di sottecchi. Non voleva litigare di nuovo, non con lui e non in quel momento.  Ma con dolore doppio, vide il suo sguardo mutare. I suoi occhi e la sua espressione si indurirono e il suo corpo si irrigidì, teso e nervoso.
< Mi hai tradito. Per quanto? Per quanti mesi hai avuto la faccia tosta di interpretare la parte della fidanzata innamorata? Perché non mi hai detto niente? > l’aggredì furioso lanciandole un’occhiata gelida. Amy, che non si aspettava di certo una reazione così accesa, si sentì punta sul vivo e scattò in piedi irritata, pronta a difendersi da quell’accusa
< ma senti chi parla! Quello che durante una vacanza si è dato alla pazza gioia! Non criticare il mio atteggiamento visto che l’hai provocato tu! Ero arrabbiata, furiosa, non ero in me quando l’ho fatto! Pensi che stessi bene a tenermi quel peso dentro? Pensi che non me ne sia pentita il giorno dopo? Non ho avuto il coraggio di dirtelo. Ecco.  > sbottò indispettita sentendosi bruciare gli occhi.
Alzatasi, si girò dandogli le spalle, nascondendo una piccola lacrimuccia colata sulla guancia. Aveva il cuore a mille e i ricordi sgradevoli di quel periodo iniziarono a martellarle la testa. Sonic arrossì e si alzò in piedi anch’esso,
< almeno io ho avuto il coraggio di dirtelo in faccia appena è successo. Inoltre, è stato solo un bacio. La cosa non è neanche lontanamente paragonabile con quello che hai fatto tu! Dio, Amy! In quanto eri quando te ne sei andata?  > esclamò furibondo incrociando le braccia nervoso. Stava cercando in tutti i modi di trattenersi, non voleva farla piangere come già stava facendo, ma non riusciva nemmeno a calmarsi. La notizia era troppo grande da sminuire nonostante fosse passato un sacco di tempo.
La riccia rimase in silenzio per qualche attimo, consapevole della gravità della risposta e soprattutto, delle sue azioni. 
< Ero al primo mese > mormorò a fatica con le lacrime agli occhi. Tremando dalla portata di quella confessione, portò le nocche alle labbra e le morse per trattenere i singhiozzi. Si sentiva talmente in colpa! Stringendosi a sé, serrò le palpebre sapendo bene che, da lì a poco, sarebbe piovuta la frustrazione del riccio. E quella era veramente pesante da sopportare.
Per Sonic fu come riceve una seconda padellata in faccia nel giro di dieci minuti. Ammutolì e sgranò gli occhi allibito, sentendosi senza fiato per ribattere.  
< Che cosa!? Un mese!? Mi hai tenuto nascosto il fatto che aspettassi un bambino e oltretutto abbiamo continuato a … > le parole gli morirono in bocca sia per l’imbarazzo, sia per la breve riflessione che il suo cervello produsse. Il dubbio, o meglio, la speranza sbocciò come una rosa in primavera, facendogli accelerare il battito cardiaco e asciugandogli la gola di colpo. Si erano amati talmente tante volte prima e dopo quel tradimento! Possibile che quel piccolo fosse proprio di quello stronzo? D’altronde, si sarebbe spiegata quella straordinaria somiglianza tra lui e il piccino! Avvampò per quell’enorme possibilità e il tradimento passò immediatamente in secondo piano.
Un guizzo di adrenalina gli mandò in pappa il cervello, facendogli dimenticare tutto tranne una debole, piccola speranza. Non chiedeva altro se non che Justin fosse suo.
Amy non ricevendo nessuna risposta, voltò leggermente la testa per capire in quale situazione riversava il riccio. Se lo trovò dietro di lei, con sguardo carico di ansia e impazienza. Stupita e sorpresa, non riuscì nemmeno ad indietreggiare: il blu l’aveva già bloccata per le spalle, mantenendo ben saldo il loro contatto visivo. La stretta decisa e serrata del ragazzo non le avrebbe permesso di allontanarsi nemmeno se avesse iniziato a divincolarsi. Non che lo volesse fare comunque. 
La lingua le divenne appiccicosa e le si incollò al palato, priva di un filo di saliva. In fondo, non le dispiaceva per nulla trovarsi così vicino a lui, anzi. Ma avrebbe preferito sicuramente un’altra situazione e un altro luogo per simili atteggiamenti.  
< AMY > la richiamò lui con voce graffiante e determinata.  Si sentiva talmente agitato ma nel contempo speranzoso, da non sapere quale risposta volesse sentire in quella situazione. La riccia gli prestò massima attenzione con il cuore che galoppava, cercando di fingersi disinvolta e sicura di sé. Temeva di conoscere già la domanda che lo stava sconquassando così tanto. Gliela si poteva leggere chiaramente in faccia. E purtroppo o per fortuna, conosceva già benissimo anche la risposta.
< Sei sicura che Justin sia proprio di Jason? > sillabò chiaro e deciso senza tentennamenti o esitazione. La speranza che trapelava dal tono di voce del ragazzo, fece quasi commuovere la riccia. Le sembrava che i suoi occhi verdissimi la stessero  pregando per quel maledettissimo “no”.
Amy restò in silenzio per una manciata di secondi, indecisa se saltare nel baratro e affrontare le conseguenze  o se restare ancorata a quella stupida bugia e salvarsi temporaneamente. I loro occhi rimasero incollati a guardarsi per un tempo che parve infinito.  Bloccata dalla paura e dall’ansia, egoisticamente scelse la via più semplice, quella che avrebbe portato solamente altro dolore a tutti e tre.
Mentire gli fu più facile del previsto e le parole le scivolarono fuori dalle labbra con naturalezza.
< S-si. N-ne sono sicura >  bisbigliò a bassissima voce, faticando non poco a mantenere la testa alta e lo sguardo fisso su di lui. Una lacrima fredda le rigò la guancia. Dio solo sapeva quanto si sentiva in colpa per quella bugia. Vergognandosi per il suo comportamento, Amy spostò il volto alla sua sinistra, interrompendo così quello scambio di sguardi raggelante.
Aveva avuto una grossa, enorme possibilità per confessare la notizia senza creare instabilità tra di loro. Sarebbe bastato ammettere di non saperlo con certezza, il resto sarebbe saltato fuori da solo e con calma.
Lo spettacolo che dovette assistere quando ritornò a guardare il blu, bastò a farla pentire amaramente della decisione presa. I vivissimi occhi del riccio erano completamente spenti, vuoti, privi del loro solito magnetismo. E lui si sentiva letteralmente a k.o. come poche volte lo era stato in vita sua. Iniziò subito a darsi del cretino per essersi illuso così tanto e a quella velocità. Gli sarebbe bastato ragionare due minuti prima di fare quella figuraccia. Amy glielo avrebbe sicuramente detto molto tempo prima, nel caso il piccino fosse stato suo. Inoltre gli aveva già detto chiaramente chi era il padre del bambino. E non era lui. Questo doveva ficcarselo bene in testa e ricordarlo ogni mezz’ora. Semplice.
Senza perdere altro tempo, la sciolse subito dalla stretta e indietreggiò di qualche passo per darle modo di riprendersi. E dar modo anche a se stesso di riordinare le idee. Un senso di amarezza e delusione lo distolse da qualsiasi altro problema, rendendosi conto che non aveva la minima voglia o interesse di approfondire il discorso del tradimento. Non lo avrebbe reso né felice, né soddisfatto, tantomeno avrebbe cancellato quei 5 anni.  Sospirando leggermente, si spostò sulla sedia occupata precedentemente e si abbandonò al suo rigido sedile. Un soffio di vento fece roteare qualche foglia, che andarono  a posarsi sulla superficie della piscina in modo delicato.
La riccia si asciugò la guancia con il dorso della mano appena  il blu si allontanò. La ragazza era nel bel mezzo di una crisi di nervi: si odiava per non aver avuto il coraggio di essere sincera. Sonic necessitava sapere! Era un suo diritto e soprattutto un suo desiderio!  Desiderio che aveva ingiustamente raso al suolo senza tante complicazioni e senza pensarci tanto su. Scoppiò in singhiozzi silenziosamente, coprendosi gli occhi con le mani per nascondere le lacrime che scendevano a fiotti. Si sentiva terribilmente confusa, maledicendosi per non essere riuscita ad essere forte come avrebbe dovuto. Che pessimo esempio era per suo figlio, come poteva crescerlo nel modo migliore se nemmeno lei era cresciuta abbastanza?
Proprio in quel momento, Justin uscì assonnato dalla porta a vetri sbadigliando sonoramente. Era tardi per lui e non vedeva l’ora di andare a dormire. Grattandosi stancamente gli aculei scompigliati, il riccetto zampettò dalla madre con gli occhi semi chiusi. Il suo visino era stravolto dal sonno, i due episodi aggiuntivi di peppa pig si facevano visibilmente sentire.  Senza tanti avvisi, il piccino avvolse le braccine attorno alle gambe della ragazza in cerca di tranquillità.  L’abbraccio sicuro, seppur debole, del suo tesoro, la fece sobbalzare sorpresa.
Non si era resa conto dell’arrivo del figlioletto e lui non doveva assolutamente vederla così. Asciugandosi le lacrime in velocità, gli sorrise forzatamente e lo raccolse da terra, riempiendolo di baci e carezze. Era la sua medicina quella piccola polpettina blu, così tenera e bisognosa di attenzioni. I grandi e verdissimi occhi del piccino sorrisero gioiosi per quelle coccole, trasmettendole una serenità che solo il padre, altrimenti, era in grado di darle.
Con uno sbadiglio sonoro, Justin si rannicchiò sul suo petto assonnato, indicandole chiaramente che l’orario del coprifuoco era stato superato da un bel pezzo. Continuando a coccolarlo si diresse verso la casa con passi lenti, attentissima a non disturbarlo troppo. Gli ospiti furono adocchiati attentamente da Sonic, che osservò l’intera scena con una certa invidia. Non proferì parola però, quando la ragazza passò accanto a lui con distacco. Forse il suo ritorno non era stato un bene.

Amy, dopo aver infagottato per bene e con scrupolosità il suo riccetto, si coricò al suo fianco. Ma a differenza del piccolo, non riuscì ad addormentarsi così velocemente. Nelle orecchie, la discussione appena conclusa continuava  a ripetersi ininterrottamente come un disco rotto facendola sentire ancor più in colpa. Accarezzò distratta i capelli del piccolo, riflettendo sull’evento appena accaduto. Non era stata sincera per il semplice fatto che non se la sentiva ancora di fare quel passo. Necessitava di tempo e di … complicità.
Una volta scoperto quel legame, sicuramente Sonic avrebbe preteso del tempo da passare con Justin. Perciò, prima di fare il grande salto, la riccia voleva avere a tutti costi un legame di assoluta fiducia e rispetto con l’adulto. Ma in quel momento, la stima e la fiducia erano veramente a terra a causa di quel litigio. Cosa fare per poter recuperare?
La ragazza guardò fuori dalla finestra e sospirò malinconica. Il cielo nero era ammantato di brillanti stelle bianche. Ad offuscare quei puntini splendenti erano i lampioni arancioni che con la loro luce nascondevano la volta celeste. Sospirando preoccupata, si rannicchiò in modo protettivo sul suo piccolo, chiedendosi se Sonic sarebbe stato un buon papà per il piccino. Prima o poi avrebbe dovuto renderlo completamente partecipe delle loro vite. Come una vera e autentica famiglia. Avrebbe dovuto mettersi un po’ da parte e lasciare il suo prezioso tesoro anche nelle sue mani. Era un po' preoccupata per quell'opzione, ma era certa che Sonic ne sarebbe stato tanto, tanto felice. Stiracchiandosi ben bene sotto le lenzuola leggere e morbide, socchiuse gli occhi lasciando vagare la testa.

La mattina successiva, Sonic si svegliò prima del previsto a causa della nottata insonne che aveva passato. Con poca voglia e zoppicando lentamente, si portò in qualche modo in cucina. La stanza era praticamente affacciata al giardino e il sole, entrando dalle grandi vetrate, illuminava l’ambiente in modo eccezionale, facendola apparire ancor più grande di quello che già era. Nonostante quella luce e il bell’ambiente però, il blu non era proprio al top. Uno strato di malinconia aleggiava nel suo cuore rendendolo nervoso e soprattutto stanco. Stanco di non riuscire a chiudere completamente con il passato, di non riuscire a voltare completamente pagina. Aveva impiegato tempo ed energie per lasciarsi tutto alle spalle e ora, da una semplice discussione, si trovava nuovamente inchiodato agli eventi accaduti cinque anni fa. Maledì Jason e maledì, parzialmente, anche la rosa. Da quando era riapparsa, si sentiva ogni giorno più confuso e insicuro. Non sapeva se era colpa del comportamento della riccia o dell’apparizione del figlioletto. Sapeva solo che Amy, come sempre, ogni volta che appariva nella sua vita la scuoteva, la capovolgeva, la strapazzava come null’altro al mondo. Afflitto, si lasciò cadere su una sedia della cucina, riflettendo su tutto quello immerso nel silenzio. All’esterno, l’erba del prato ondeggiava con dolcezza, verde come non mai. Il rumore delle foglie, che strusciavano le une contro le altre, riempì le orecchie del ragazzo distraendolo per un attimo.  Doveva parlarne con Silver, lui avrebbe trovato di sicuro una soluzione ai suoi continui dubbi. Saltò direttamente la colazione e iniziò a prepararsi di malavoglia. Perfino il suo posto rubato finì in secondo piano. E poi era sicuro che quella mattina non si sarebbe fatta lezione, Dylan aveva ricevuto solo ieri la notizia della gravidanza di Ginevra, chi lo portava giù dalle nuvole ora? Conclusa la pettinata giornaliera, trotterellò giù dalle scale con attenzione, i due ospiti non si erano ancora svegliati e non se la sentiva proprio di farlo lui. Uscì di volata da casa, abbandonando le mura rosse dietro una scia blu.

< Svegliati mamma! Ho fame! > Esclamò una voce sottile a pochi centimetri dal volto della riccia. L’urgenza con cui era stato impartito quell’ordine era sembrata più una supplica che una richiesta. Servì a destare la ragazza in un battibaleno. Intontita dal sonno, socchiuse gli occhi per mettere a fuoco il piccino blu, che si sdoppiava e si delineava continuamente davanti a lei. Justin era affamato, gli occhi verdissimi chiedevano esplicitamente cibo. La ragazza era sicura che, se avesse guardato con attenzione, avrebbe trovato la tazza di latte e nesquik riflessa nelle sue iridi.
< Buongiorno Justin, dammi un minuto e scendiamo subito > mormorò con voce impastata, massaggiandosi le palpebre pesanti. Le lenzuola fresche e la luce leggera invitavano a fare tutt’altro, ma per la felicità del suo figlioletto, questo e altro.  Il piccolo sospirò impaziente, sdraiandosi su di lei in silenziosa attesa. Era raro che il blu si concedesse alle tenerezze a quelle ore. Solitamente scappava nel giro di trenta secondi in cucina dove, appunto, poteva sfamarsi. Senza tante cerimonie, Amy ne approfittò per stringerlo a se con adorazione e ricoprirlo di baci. Tra qualche anno sarebbe stato difficile riuscire ad incatenarlo e costringerlo a sorbirsi quelle coccole. Ancora in pigiama, il piccino si lasciò accarezzare gli aculei per un minuto scarso, accompagnando ogni carezza con sbuffi impazienti. Dopodiché, si alzò di scatto e corse in cucina affamato, sfuggendo dalle braccia della rosa.
< Maaaaaaamma! Dai vieni! > Esclamò dal piano inferiore, un tantino scocciato per il ritardo della madre. In attesa dell’arrivo della riccia, Justin si guardò attorno in cerca dell’adulto, non riuscendo a capire perché non si trovasse li. Solitamente, Sonic li aspettava sempre prima di mangiare. La riccia arrivò in cucina dopo qualche secondo, con i capelli raccolti e, tutto sommato, anche di buon umore. Anche lei si stupì di non trovarlo in cucina, ma, notando le stoviglie sporche nel lavandino, capì che il blu era già partito da un pezzo. Ed il motivo le era più che palese, la litigata della sera precedente aveva dato i suoi frutti marci.
< Come mai è andato via subito? Io volevo salutarlo! > esclamò Justin di ritorno dalla sua ispezione casalinga. Aveva controllato, invano, tutte le stanze del piano inferiore in cerca della figura dell’adulto. Il piccolo broncio stampato in faccia indicava chiaramente che si sentiva offeso per quel gesto. Si puntellò sulla sedia e appoggiò i gomiti sul tavolo con espressione contratta. Amy lo fissò sorpresa per qualche secondo. Oltre ad essere la perfetta copia del padrone di casa, sia nei tratti somatici, sia nei tratti comportamentali, si stupì anche per il bizzarro comportamento. Justin, come ogni bambino che si rispetti, trovava gli adulti molto noiosi e ripetitivi. Quell’attaccamento quasi morboso verso il ragazzo, indicava però, che sotto, sotto, c’era una nutrita base di affetto che lo legava a lui.  La rosa ne era felicissima, le cose sarebbero state molto più complicate se al piccolo non fosse andato a genio il blu.
< Probabilmente Dylan l’ha chiamato prima, sai com’è no? Ma sono sicura che ti ha pensato prima di andarsene. Ti vuole tanto bene > rispose con un sorriso sincero. O almeno così sperava. A quella rassicurazione, il riccio blu sorrise e si stiracchiò stancamente più rilassato . Non vedeva l’ora che tornasse a casa.
Non riuscirono nemmeno a buttare giù il primo boccone, che il campanello trillò inaspettatamente, sbalordendo madre e figlio. Guardandosi stupiti, formularono la stessa, identica domanda: chi era a quell’ora? A malincuore, abbandonarono i loro bignè sul tavolo per dedicarsi a quell’ inaspettata visita.  Con velocità supersonica, il riccetto fu davanti alla porta in qualche decimo di secondo, preparando il suo miglior sorriso. Era sicuro che fosse Sonic, tornato apposta per salutarlo prima di andarsene per tutta la mattinata.
Abbassò in fretta e con decisione la maniglia, impaziente come pochi. Il suo sorriso si spense quando, aprendo la porta, non si trovò davanti l’adulto blu ma tutt’altra persona.  

Spazio autrice: Perdonate il colossale ritardo ma ho avuto più di una crisi letterale durante la stesura del capitolo. Crisi che si sono impresse a fuoco, come ben si legge.Spero di potervi fornire un testo migliore la prossima volta, sto sperimentando un po' ultimamente, appunto per poter migliorare. Qualsiasi dubbio o errore, per favore, segnalatelo. Consigli o pareri sono molto apprezzati! Detto ciò, buona serata. A presto!
Baci.
  
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