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Autore: Indaco_    06/04/2019    3 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Amy, stupefatta da quella visita così mattiniera, raggiunse l’entrata un po’ intimorita, domandandosi chi potesse mai far visita a quell’ora. Scartò Sonic a prescindere, lui avrebbe aperto la porta senza giro di campanello. E Blaze nemmeno: avrebbe bussato certamente con più delicatezza. Controllando velocemente l’aspetto suo e del piccolo, che risultò essere abbastanza soddisfacente, aprì la porta con cautela sperando non fossero altri guai. La figura che delineò in fretta, però, bastò a lasciarla completamente a bocca aperta. Una coniglia, di un tenue color azzurro pastello, se ne stava ritta in piedi con aria visibilmente imbronciata. Le ciglia lunghe e l’aspetto generale dell’azzurra indicavano chiaramente che il padrone di casa la conosceva di certo. I capelli lunghi fino alle spalle e quel viso leggermente arrotondato indicavano che era veramente giovanissima, addirittura più di lei.
Era molto svestita e la pelle delicata indicava già un primo, leggero strato di abbronzatura. Tuttavia, non era comunque il colore chiaro a far figurare la ragazza, semmai, era il decolté abbondante che sbocciava come un fiore dalla canottiera striminzita. I loro sguardi si incrociarono quasi per sbaglio dopo quelle che parvero ore, ed entrambe rimasero completamente sbalordite dalla sorpresa. Nessuna delle due si aspettava, infatti, di trovarsi di fronte una ragazza. La coniglia strabuzzò gli occhi di fronte alla riccia rosa, immaginando fin da subito che quella doveva essere la sua nuova sostituta. Irrigidendosi sul posto, in un primo momento, la squadrò da cima a fondo incredula. A Sonic era bastato appena un mese per dimenticarla? Al solo pensiero avvampò di rabbia stringendo i pugni lungo i fianchi,
< maledetto! Dov’è quell’infame traditore?! > esclamò furiosa, avvicinandosi rabbiosa all’entrata in cerca del riccio blu. Amy si scosse dallo stato di trance in cui era caduta, capendo bene che la situazione era molto più delicata di quello che già sospettava. Portando le mani davanti a lei, tentò di calmare la ragazza fuori di se dalla rabbia.
< Nonono! Calmati! Non sono affatto ciò che immagini! Posso spiegarti tutto! > mormorò la rosa bloccando la strada alla coniglia. Non voleva assolutamente rovinare il rapporto tra i due fidanzati e tantomeno intaccarlo. L’azzurra si fermò di netto e la guardò sospettosa, indecisa se crederle o meno. L’espressione dolce sul viso della riccia la persuadeva a darle fiducia, ma il continuo ed interrotto gesto di arrotolare un aculeo sull’indice indicava un’insicurezza sospetta. Rimase perciò in silenzio, tamburellando nervosamente il piede sull’uscio, indecisa su come comportarsi in quella situazione. Certo, la riccia lì per lì rappresentava un rivale in amore ma dalle sue parole non lo sembrava affatto, sembrava invece quasi intenzionata a riavvicinare lei e Sonic, e chissà, magari ci sarebbe riuscita. Amy, decisa ad appianare qualsiasi dubbio, si mise di lato e indicò con un gesto della mano il salotto ordinato
< forza! Entra e parliamo un po’ > introdusse la riccia con quanta più cordialità possibile ed un sorriso tirato. L’azzurra, stupita da quel gesto, scosse le palpebre confusa ma seguì ugualmente la ragazza all’interno della familiarissima casa. Notò subito che l’ambiente era cambiato da quando se ne era andata: l’ordine regnava, il pavimento brillava e i mobili erano spolverati. Perfino l’aria sembrava aromatizzata di un qualche cosa di aromatico. Arrivando in cucina si trovò addirittura la tavola preparata per la colazione. Brioche e quant’altro era disposto su piattini in modo ordinato, nessuna macchia o granello insozzava il tavolo. La coniglia, fissando quel decisivo cambiamento con meraviglia, si sedette su una sedia qualsiasi tentando di capire la posizione che ricopriva quella misteriosa riccia. Di sicuro per trovarsi nella casa del blu doveva trattarsi di un’amicizia speciale: Sonic non lasciava entrare gente a caso. Ma la ragazza, seduta di fronte a lei, non indossava anelli all’anulare e tutto sommato era vestita normalmente. Insomma sembrava proprio una qualunque e sperava che fosse realmente così.
L’azzurra era talmente immersa nell’analisi visiva della rosa, da non accorgersi dei due fanali verdi che la studiavano a loro volta. Con occhio critico, il piccino la stava osservando, incuriosito dallo strano atteggiamento della ragazza. Mescolando con cura maniacale il latte tiepido, incioccolatosi grazie al mezzo chilo di Nesquik, Justin fece strusciare il cucchiaio sulla tazza creando un melodioso accordo. Note che la coniglia percepì al volo, facendola voltare di soprassalto. Gli occhi cerulei le si allargarono di stupore notando, solo in quel momento, il bambino appollaiato sulla sedia intento a fissarla con occhi curiosi. Era un riccetto di un abbagliante blu cobalto con due vivissimi occhi verde magnetico, occhi straordinariamente familiari a prima vista. Capì subito che quella che aveva di fronte era la madre del marmocchio e forse riusciva anche a capire perché la riccia si trovasse lì.
Amy bloccò quel pericoloso scambio di sguardi sul nascere, non poteva permettersi che quel “piccolo” segretuccio divenisse di dominio pubblico. E la ragazza sembrava abbastanza sveglia da riconoscere quell’esagerata uguaglianza tra padre e figlio e la relativa conclusione. Protraendosi verso di lei allungò una mano in segno di conoscenza, attirando immediatamente la sua attenzione.
< Che maleducata! Non mi sono nemmeno presentata. Sono Amy Rose e lui è mio figlio Justin. Tu saresti… ? > Esclamò con un sorriso falsissimo modulando il tono di voce. La coniglia scostò l’attenzione dal piccolo ritornando sul suo piedistallo e con aria severa strinse decisa la mano della riccia,
< piacere. Sono Irina the Rabbit, un’intima amica di Sonic. Tu che ci fai qui? > l’apostrofò con disdegno sollevando un sopracciglio. La riccia, rimasta imbambolata da tanta arroganza, si riprese in fretta sbattendo le palpebre velocemente. Avrebbe tanto voluto spalmarle in faccia il fatto che Justin fosse il figlio del blu ma, per ovvie ragioni, si morse la lingua prima di combinare altri guai.
< Io … sono una sua vecchia amica di scuola, sono passata a salutare la vecchia classe e, gentilmente, si è offerto di ospitarci. Tutto qui. Tu, invece, da come parli sembri essere la sua … fidanzata o sbaglio? > Continuò con calma, studiando ogni singola espressione o movimento dell’ospite. Ne approfittò per offrirle una tazza di the al gelsomino, che venne accolto con un’alzata di sopracciglio sorpresa. Tuttavia, con un’espressione pensierosa, iniziò a mescolare il liquido ambrato creando un piccolo vortice in cui, al suo interno, si radunò un finissimo strato di schiuma. Irina, mordicchiandosi l’interno della guancia, si scostò una ciocca di capelli, indecisa sulla risposta da darle.
Non voleva ammettere di essere l’ex del riccio ma non poteva nemmeno dirle di essere l’attuale ragazza. Serviva una qualsiasi via di mezzo. Riacquistando sfrontatezza, la ragazza incrociò le braccia e scostò lo sguardo dall’ascoltatrice,
< abbiamo litigato. Lui mi ha mollata un mese e mezzo fa ma sono sicura che si tratta solo di una semplice pausa. A tutte le coppie capita no? E’ solo una prova del nostro amore > concluse ottimista, rivolta più a se stessa che a qualcuno in particolare. O almeno, Irina sperava proprio questo. Le mancava moltissimo Sonic, avrebbe promesso qualsiasi cosa pur di tornare al suo fianco. Sospirando sconsolata, iniziò a mescolare nuovamente il the ormai freddo, ignorando quasi involontariamente la riccia silenziosa di fronte a lei.
Amy, bloccata con la tazza a mezz’aria e uno sguardo smarrito, era parecchio confusa da quella notizia. Sonic le aveva detto chiaramente che non si considerava impegnato con nessuna ma di fronte a quella confessione non riuscì a reprimere il dubbio sulla sua sincerità. Oltretutto, questo possibile fidanzamento metteva in crisi anche la sua già disperata situazione. Se fosse stato vero, non avrebbe potuto  svelare così facilmente la sua paternità, avrebbe creato un forte imbarazzo tra i due innamorati.
Ma non era quello il vero problema che stava considerando in realtà.  Nel punto più profondo del suo cuore, infatti, le dispiaceva ancor di più il fatto di non poter avere una speranza di riavvicinamento con il ragazzo. Sapeva che una loro unione era qualcosa di veramente arduo da ottenere, ma sapeva anche che quel fottutissimo riccio era parte di lei tanto quanto Justin. Perderlo una seconda volta avrebbe significato non solo il suo ritorno a Gout City (non poteva e, soprattutto, non voleva restare nelle grazie del riccio per troppo tempo) ma avrebbe perso quella persona speciale che l’aiutava ad essere la migliore versione di sé e la madre perfetta, o quasi, di cui Justin necessitava. Insomma, Sonic per lei non sarebbe mai stato un “amico” e basta. Stava provando con tutta se stessa a mantenere le distanze adeguate ma bastava che il blu le parlasse e lei si sentiva scivolare in una deliziosa tazza di sicurezza e benessere. Amy provò una fitta di dispiacere per lei, conosceva bene i sentimenti che la coniglia dichiarava.
Quella malsana speranza, che ti incolla le palpebre rendendoti  completamente cieca, non era per nulla salutare. Con un coltello tagliò a metà il suo quotidiano bignè alla fragola e glielo passò facendolo scivolare sulla cartina. Il ripieno cremoso e la glassa luccicante rosa attirarono subito la curiosità e le mani della coniglia, che iniziò a mangiucchiarlo un pelino più motivata.
< Bhe, da me non avrai nessun problema. Come ti ho già detto non abbiamo alcun tipo di … legame. Perciò non preoccuparti. Vuoi che gli lasci qualche messaggio da parte tua? > mormorò con un sorriso flebile la riccia, pulendo la bocca di Justin unta di cioccolata. Irina, che sembrava essersi ripresa un po’ con il dolcetto, scosse la testa brevemente prima di inghiottire l’ultimo boccone. Le ciocche di capelli, fermate con delle forcine, ondeggiarono davanti al suo viso con delicatezza, incorniciando il viso rotondo.  
< No, se vorrà si farà vivo lui > esclamò ritrovando l’orgoglio perso e anche l’arroganza. La coniglia era quasi sicura che Sonic fosse ancora preso da lei, se quello che la riccia sosteneva era vero, di sicuro il blu la stava ancora pensando. Ad Amy non restò che annuire perplessa e offrirle una seconda tazza di the, che venne prontamente rifiutata.
A dir la verità, la rosa non sapeva minimamente cosa provasse il riccio verso quella ragazza così fiera. Non l’aveva mai nominata da quando era arrivata ma di sicuro, doveva ancora esserci qualcosa vista la determinazione e la sicurezza dell’ospite inatteso.
 La coniglia se ne andò circa un’ora più tardi, dopo aver descritto per tutto il tempo la breve relazione con Sonic, descrizione che dovette bloccare più di una volta a causa dell’intensità di certi racconti, per nulla adatti al piccolo che ascoltava confuso. La rosa rimase bloccata sull’uscio, perplessa e pensierosa, finché la figura azzurrina di Irina non sparì dietro al cancello con passo orgoglioso. Justin, al suo fianco, salutava allegramente la nuova amica della mamma con ampi gesti delle mani, tutto sommato le stava anche simpatica.
< Tornerà ancora a trovarci? > domandò con interesse il piccino spalancando gli occhioni carichi di curiosità,
< speriamo di no tesoro > replicò con un sospiro irritato la madre.

Verso l’ora di pranzo, il sole fu oscurato da alcune bianche nuvole di passaggio, che regalavano una certa frescura all’ambiente. Sonic contemplava le nuvole rincorrersi e disfarsi pensieroso, la loro candida sofficità infondevano una pace e una tranquillità rara al riccio. Dylan, diversamente da come credeva Sonic, era stato un miscuglio di rigidezza, concentrazione ed energia: per tutta la mattinata aveva spronato i ballerini a fare del proprio meglio e a correggere la spettacolare coreografia che si stava formando. E gli alunni, incoraggiati e invogliati dallo straripante entusiasmo dell’insegnante, si erano veramente impegnati soddisfando appieno il riccio nocciola. I sorrisi e la grinta stampata in ognuno di quei volti indicava chiaramente che le speranze di vincere il concorso aumentavano di secondo in secondo.
Sonic, a differenza di tutti gli altri, però, era a dir poco irritato. Seduto su una sedia al lato della stanza, aveva osservato con molta, molta attenzione Jacob, l’immeritevole testa calda che aveva usurpato il suo posto. Il piede del riccio tamburellava nervosamente il pavimento della sala, scaricando la rabbia in un regolarissimo “tap-tap” che andava a ritmo della canzone. Doveva dolorosamente ammetterlo: il termine “bravo” era riduttivo per lui, il ragazzo dagli occhi color corallo era mostruoso, soprattutto dopo aver ricevuto la postazione centrale. I passi leggeri erano addirittura graziosi e il blu iniziava a notare una pericolosa somiglianza con quelli di Dylan. Di questo passo, lui sarebbe stato declassato in fondo nell’ultima fila, dimenticato da tutti e tutto, oscurato dall’ombra della nuova, lucente fiamma. Bastò questo terribile pensiero per far sprofondare il riccio di un tumultuoso e insipido baratro di ansia: non voleva finire nel dimenticatoio e soprattutto non voleva essere superato da uno come lui. Doveva rimettersi in piedi e alla svelta anche se voleva riguadagnare la sua postazione.
Pigramente, iniziò a guardare fuori dalla finestra distraendosi con le enormi nuvole che solcavano il cielo come barche nell’oceano. Il sole allo zenit e il suo stomaco brontolante gli indicavano chiaramente che era ora di concludere gli allenamenti giornalieri e tornare a casa dalla riccia rosa e dal suo tenero figlioletto, altri due grossi problemi da risolvere. Dopo la litigata della sera precedete, quel mattino non gli aveva nemmeno avvertiti della sua partenza. A dir la verità avrebbe voluto salutare il piccolo blu ma, sospettando che la rosa fosse incazzata nera, aveva deciso di rinunciarci per non rischiare di peggiorare la situazione.
Dylan, leggero come una piuma per la notizia appresa il giorno precedente, liberò gli alunni, distrutti da tutte quelle ore di allenamento, una decina di minuti prima. Era veramente soddisfatto del lavoro fatto quel giorno, la coreografia prendeva corpo e i suoi ragazzi si erano impegnati abbastanza. Di quel passo avrebbero vinto sicuramente un bel premio. I ballerini, dopo un breve giro di congratulazioni e saluti per il futuro nascituro, si diressero a gran velocità negli spogliatoi, lasciando soli nella grande palestra Sonic e l’insegnante. Risate e battutine di vario genere risuonarono nel corridoio richiamando l’attenzione il riccio blu, ancora pigramente appollaiato su una panca accanto alla finestra.
La gamba sinistra, posizionata sotto l’ arto malato, aveva iniziato ad informicolarsi provocandogli un leggero fastidio. Per evitare che la gamba si addormentasse, si alzò con calma spazzolandosi i pantaloni spiegazzati, notando solo in quel momento che era l’unico rimasto oltre all’insegnante.
Vedendolo completamente assorto in una pila di carte dedicate al famoso concorso, con uno sbrigativo e asciutto saluto, accennò ad uscire dalla stanza per andarsene. Il riccio non voleva disturbarlo e, soprattutto, non aveva voglia di parlare della serata precedente: i suoi genitori erano stati dei perfetti stronzi. Punto. Con sguardo impassibile e camminata alquanto veloce, scivolò fuori dallo stipite credendosi salvo da eventuali ramanzine o discorsi filosofici ma non fu così.
< Sonic! Aspetta un attimo! > Esclamò Dylan balzando fuori dalla palestra di tutta fretta. Non si era reso conto che il blu stava tentando letteralmente di fuggire da lui, credeva che il ragazzo stesso avrebbe cercato un qualsivoglia confronto. Il diretto interessato si fermò a metà corridoio con un sospiro rassegnato, gli sembrava di essere tornato alle superiori quando i prof lo beccavano a bighellonare in giro per la scuola, o almeno, il brivido che gli corse giù per la schiena era praticamente lo stesso. Girandosi verso l’insegnante, lo squadrò con aria indecifrabile cercando di capire cosa avrebbe trattato il continuo di quel dialogo. L’insegnante di fronte a se riacquistò in un batter d’occhio il contegno e ricambiò lo sguardo del blu, un misto tra lo stupito e l’annoiato. Anzi, osservandolo meglio, il termine esatto non era “annoiato” era più “stanco”, la conferma arrivò quando notò, sotto gli occhi, leggerissimi aloni scuri. L’insonnia era stata causata dalla disastrosa cena che avevano organizzato?
< Tutto … tutto bene? > mormorò sorpreso Dylan portando una mano sul fianco. Il blu, sorpreso a sua volta, annuì e involontariamente copiò il suo gesto aggrottando leggermente le sopracciglia, non voleva assolutamente passare per quello che stava male.
< Bhe, non si direbbe. Comunque > - iniziò l’insegnate prendendo un grosso respiro - < mi scuso per ieri sera, il comportamento dei miei è stato inaccettabile e inappropriato. Spero che le loro parole non abbiano creato malumori tra noi, insomma, sai che le cose che hanno detto sono totalmente prive di senso. Inoltre vorrei scusarmi anche con Amy, sono stati veramente poco gentili, sai per caso quando posso vederla? > concluse sbrigativo studiando il blu per capire i suoi reali sentimenti. I freddi occhi grigi di Dylan non si staccarono per un solo secondo dal riccio, in cerca di una qualsiasi scrollata di spalle o uno sguardo vacuo che gli indicassero il problema che aveva causato quegli aloni scuri sotto gli occhi.
Sonic guardò il soffitto con fare annoiato, se avesse parlato di Amy sarebbe sicuramente uscito il discorso fatto la sera precedente e non ne aveva la minima intenzione, si prese perciò alcuni attimi per trovare una risposta esauriente.
Stava quasi per rispondere quando, con uno sfocio di risate e battutine, emersero dallo spogliatoio i suoi compagni, pronti per tornare a casa e riposare dopo l’intensa mattinata. Ottimi per prendere altro tempo e magari far morire il discorso. Con un sorriso tirato e un gesto della mano, salutò i suoi amici uno alla volta. Saluto che venne prontamente ricambiato con battutine e altrettanti “ciao” di intesa, rallegrando non poco il riccio. Tutto sommato era un gruppo molto affiatato il loro.
Uno solo fra essi non ricambiò il gesto di amicizia, un certo dingo color mandarino tenue con gli occhi corallo che, con fare strafottente e dando dimostrazione di saper camminare perfettamente o comunque molto meglio del riccio in questione, oltrepassò il blu lanciandogli un’occhiata profonda e gongolante. Gli occhi sanguigni brillarono di evidente malignità. La soddisfazione che provava in quel momento era nulla in confronto a quella che avrebbe provato quando avrebbe vinto il famigerato concorso senza quel borioso riccio blu. E vedere come Sonic si rodeva il fegato di fronte alle sue meravigliose prestazioni, aumentava ancor di più la sua gioia che manifestava con un ghigno competitivo. Notando quella frecciata silenziosa, con sorpresa e, soprattutto, rabbia, Sonic contraccambiò la penetrante occhiata con odio, abbassando le orecchie per sottolineare l’antipatia reciproca che si era instaurata. Non aveva mai detestato in quel modo un collega, ma il comportamento strafottente e orgoglioso del dingo lo facevano imbestialire. Furono divisi fisicamente quando il dingo uscì dall’edificio con passo sicuro e a testa alta, dimostrando di non aver il minimo timore del riccio azzoppato.
Stringendo i pugni innervosito, il blu si voltò in direzione di Dylan con sguardo di puro fuoco, facendo ondeggiare gli aculei
< spero che tu nota questi attacchi! E spero anche gli darai una lezione di umiltà! > ringhiò il riccio mentre il nervoso gli strizzava lo stomaco, se avesse potuto lo avrebbe strozzato con le sue mani fino a farlo diventare viola. L’insegnante, divertito dal comportamento immaturo dei due, scosse la testa e fece un rapido dietrofront, dirigendosi verso la sala vuota
< hai l’età e le capacità per farlo tu stesso, se ci tieni tanto. Fa guarire quella gamba > esclamò iniziando a spazzare il pavimento di legno. Il sorriso beffardo che gli incorniciava il volto indicava che la reputava una pessima idea e, involontariamente, gli consigliava anche di lasciar perdere quella questione. Sonic afferrando al volo quel parere, guardò ancora una volta l’insegnante in attesa di un giudizio che non arrivò,
< va bene, a domani. Ciao > bofonchiò stancamente.
< A domani > rispose di sfuggita il riccio nocciola, continuando a spazzare.
Con calma e zoppicando leggermente, il blu percorse il breve corridoio e aprì la porta facendo tintinnare la campanella appesa al soffitto. Il rumore familiarissimo gli riempì i timpani mentre la luce intensissima lo accecò per un breve attimo, costringendolo a portare una mano sulla fronte per schermarsi dagli intensi raggi. Delineò subito una figura sotto l’albero, ma quando mise a fuoco e capì di chi si trattava, il suo cuore prese a battergli molto più velocemente.

Spazio autrice: Salve! Spero che questo capitolo possa piacervi. Errori, consigli e opionioni sono graditissimi. Per chi fosse interessato avviso che il capitolo 3 è stato modificato.
Ringrazio inoltre la carissima Lily710 per le accuratissime correzioni che mi ha fornito. Se questa storia sta prendendo una buona piega grammaticale una gran fetta del merito va a lei. Detto ciò, ci rivedremo alla prossima.
Baci.

 
  
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