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Autore: Aisu Yuurei    20/07/2009    2 recensioni
Piccola one shot a cui tengo moltissimo...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL RAGNO E LA FARFALLA

 

Sentieri.

Molte persone credono di poter controllare il sentiero che percorrono.

Di poter scegliere il loro destino.

Quando però i sentieri di due persone vengono divisi, nessuno mai se l’aspetta.

Quando le strade di due individui si dividono, il vuoto lasciato nel cuore, piccolo o grande che sia, non sarà mai colmato.

La realtà è che noi non siamo artefici di nulla.

Soffriamo per i nostri sbagli, gioiamo per i colpi di fortuna.

Ridiamo, piangiamo, diventiamo pazzi.

Ma tutto ciò è già stato predetto.

Inutile cercare di cambiare il destino, si sbatte solo la testa contro il muro, continuamente.

Incessantemente.

Tristemente.

E’ quando cadi in coma che scopri quanto tempo hai perduto ad affannarti.

Quando la tua mente si addormenta, il ricordo di quella persona scompare.

O si nasconde.

Devia il corso dei pensieri, per un po’ sembra sparire, ti affascina il pensiero di qualcos’altro e pensi di aver dimenticato.

Dimenticato.

Il magazzino della nostra mente non dimentica. Plagia la realtà, ma non dimentica. Mai.

 

La mia era una vita grigia.

Sì, non trovo altro modo per descriverla se non donandogli questo atono colore.

Non sono insoddisfatta di ciò che ho. Non lo sono mai stata.

Sono benestante e il mio lavoro consiste in ciò che amo fare di più.

Sarei davvero un ingrata a sentirmi triste.

Non credo di aver mai sentito il mio cuore essere triste, la parola che più si avvicina penso che sia “tormento”. Un indicibile e piccolo tormento.

La mia persona è grigia, il mio carattere è grigio. Non c’è nulla di solare in me.

Nulla in particolare ha creato ciò che sono, o almeno nulla di rilevante, tranne qualche piccolissimo problema.

Sono stata io a voler diventare così, sono stata io ad aver accolto il dolore dentro di me. Solo così potevo sentirmi in pace, solo così potevo sentire quel lieve bruciare del mio cuore che lacrimava.

E allora scrivevo, scrivevo continuamente.

A dire il vero sbaglio ad affermare che è stata una mia scelta, tutto ciò mi è stato imposto. Io ho solo ingoiato il boccone amaro.

 

Quel sentimento dolce amaro che aspettavo, non è mai arrivato.

 

Senza un sentiero, non si può camminare.

Senza camminare non si può trovare il sentiero.

La vita è un gioco, tocca a te scoprire il finale.

 

Sono poche le cose che riescono a scalfirmi.

Quando ero giovane, piangevo molto spesso, pensavo fosse l’unico modo per pulire il mio cuore incrostato.

Adesso che sono un’adulta, so che piangere non serve.

Adesso scrivo, se sono triste.

L’essere solare non è mai stato uno dei miei principi, ogni volta che ci provavo era una totale disdetta, così semplicemente ho smesso di provarci.

Ho smesso di essere una buona persona e sono diventata una persona e basta.

Malinconica, forse?

Forse.

Stupidamente credevo che l’amore sarebbe arrivato, stupidamente credevo che se avessi semplicemente smesso di cercarlo mi sarebbe piombato addosso.

Ma non è successo, l’unica cosa che mi è piombata addosso è stata l’ indifferenza.

E non c’è cosa peggiore.

 

Non voltarti, piccola mia.

Percorri la tua strada a testa alta, anche se il tuo cuore è triste.

Vai avanti e non pensare mai al passato.

 

L’ultimo libro che ho scritto è un libro vuoto, proprio come me.

Ma la critica lo ha apprezzato. L' ha lodato. L' ha amato e venerato.

Io lo odio, invece.

L’ho scritto quando i miei occhi diventavano del colore della cenere, quando smettevo di avvertire i cinque sensi e cadevo in uno stato di oblio insopportabile.

Ho scritto delle cose terribili dentro quel romanzo, ma nessuno se n’è accorto.

Bastano due belle frasi per ammaliare gli stupidi.

Volevano che scattassi delle foto, dicono che dopo il terzo libro è necessario.

Ma non volevo che la gente guardasse il mio corpo, il mio volto, i miei occhi, la mia bocca.

Mi firmavo con pseudonimi per non far trapelare dal mio nome le mie emozioni.

Scrivevo un mucchio di bugie, e lo sapevo.

Era come mentire alla psicologa, come cacciare balle davanti all’occhio del ciclone.

Se eri abbastanza brava ci riuscivi, altrimenti niente.

Io ero superlativamente brava.

 

Sentimentalismi a parte, rimane solo l’infinito della realtà.

Cui tutti devono chinare il capo.

Sherlock Holmes era solito dire “se togli tutto ciò che impossibile, tutto il resto è possibile.”

Se metti da parte l’impossibile, ti rimane la realtà.

 

Accettai di fare quelle stramaledette foto.

Ad una condizione, però.

Che il mio viso non venisse raffigurato, in qualunque posa dovevano essere i capelli a risaltare, la chioma dorata che copre il carbone.

Il bello che surclassa il brutto.

Dicono che quando guardo una persona, sembra che io voglia ucciderla.

Se avessi il dono di farlo, lo avrei già fatto.

Ma cosa me ne faccio di due occhi inutili?

Volevano che facessi le foto in spiaggia, anche se erano rimasti titubanti riguardo alla mia scelta di non far vedere il mio viso.

Dicevano che era tanto puro da sembrare immacolato.

Dicevano anche che con un viso così, molta gente sarebbe stata tentata di comprare il libro. Poiché con un viso così, non si poteva scrivere altro se non belle parole.

Così, dicevano.

Ma quanto di tutto questo era vero?

Nulla.

Il mio volto era solo un contenitore. E i miei occhi degli strumenti inutili.

E le mie parole, tutte menzogne.

Da giovane mi hanno calpestato le emozioni.

Da adulta le ho semplicemente fatte sparire.

 

Solo quando crediamo che sia la fine di tutto, ci incontriamo fatalmente con l’inizio.

Che non è mai il principio.

Ma solo la fine dell’oblio e l’inizio della fine.

Non puoi scegliere di morire, ti dannerebbero.

Non puoi scegliere di vivere, ti danneresti.

Ma puoi accettare di esistere.

No?

 

Mi hanno presentato il fotografo.

 

Facendo così, puoi scoprire le vie latenti.

Quelle nascoste.

Quelle scure.

E chissà che non troverai il paradiso.

 

Fuorviare il corso dei miei pensieri è stato inutile.

Lui era qualcuno.

Purtroppo.

Lui era lui.

Non riuscivo a credere che per quanto mi fossi sforzata di vivere una vita atona e nulla, il destino si intestardisse così tanto.

Io lo avevo conosciuto, quell’uomo.

Tanto, tanto tempo fa.

Lui si riteneva un mio conoscente.

Ma io non riuscivo a fare a meno di pensare che in realtà non lo fosse, e che io mi stessi solo facendo del male.

Volevo qualcosa di più, ma lui non poteva darmelo.

 

Quando due sentieri diventano paralleli, non ci si può far nulla.

Ma è quando si scontrano che apparirà finalmente la retta via.

 

Probabilmente non si accorse che ero io.

D’altronde me lo aveva sempre detto che non gli importava di nulla.

In quel nulla ero ovviamente compresa anche io, ma ai tempi ero leggermente diversa.

Anzi, molto, diversa.

Non so stabilire se il mio cambiamento mi abbia giovato o no.

Ma sono molto sicura di una cosa, senza legami, non si può soffrire.

Ora lui è ricomparso, così di getto, e aveva fatto provare di nuovo del calore dentro questo mio organo ghiacciato. Ha fatto dilatare i miei occhi.

Mi ha fatto sentire, viva.

 

If i want to die, God save me.

If i want to live, God kill me.

 

Per la prima foto, mi misi seduta sulla riva del mare, mentre dovevo solo guardare il tramonto e rimanere ferma.

Come avevo chiesto, i miei capelli coprivano il volto pallido e gli occhi da Santa bugiarda.

Ma quella folata di vento non era prevista, così i miei capelli svolazzarono e l’effetto che ne venne fuori fu bellissimo.

Lui mi guardava, indaffarato a mettersi in mille posizioni diverse.

Lui mi guardava, ma io non riuscivo a farlo.

Il mio vestito bianco mi faceva sentire leggera.

Leggera come un angelo, o una farfalla.

Lui rimase un attimo fermo, con la macchina fotografica a mezz’aria.

Conoscevo quello sguardo, stava tentando di ricordare chi fossi, e quando ci riuscì, la macchina cadde nella sabbia provocando un tonfo sordo.

Sorrisi, anche se i  capelli facevano ombra sui miei occhi, quello era un sorriso triste.

Se non l’ho potuto avere prima, non lo potrò avere adesso.

“ Vedo che ti sei messo a fare il fotografo.”

Lui spalancò gli occhi e mi guardò per qualche istante. Poi prese la macchina e andò via.

Abbassai il capo e rimasi così per un bel po’, lasciando che la notte si addentrasse dentro di me.

 

Schiuditi guscio.

Schiuditi.

Ammira la luce del sole.

Ammira l’alito di vita.

O piccolo pulcino indifeso.

Anche se verrai inghiottito dal dolore.

Non rimanere lì dentro.

Non arrenderti mai.

 

Era lei.

 

Fuoco e ghiaccio.

Ghiaccio e fuoco.

Elementi che si annullano a vicenda.

O forse no.

 

Dopo pochi giorni mi arrivarono le foto.

Era davvero bravo, era riuscito a farmi piacere quello scempio.

Io che odiavo la mia immagine, io che odiavo le mie lacrime, io che odiavo il mio sorriso.

Io che lo amavo.

Io che volevo solo lui, io che adoravo il dolore e odiavo la perdita.

Io.

L’ho amato.

L’ho perso.

Lui che era una figura sfuggente, evanescente e silenziosa.

Amavo il nulla. Amavo l’impossibile. Amavo un uomo che non riusciva ad amare.

 

L’inarrestabile voglia di fuggire dal possibile.

E’ senza dubbio ciò che fa più gola agli uomini.

 

Non.Rubarmi.Di.Nuovo.Il.Cuore.

 

...

 

Suonate il campanello, bambini. La vita vi aprirà.

Attenti allo scalino però, altrimenti si cadrà.

 

Scarlatta.

La mia vista era diventata scarlatta.

Mi tenevo forte il petto in quella notte gelida.

Mentre cercavo disperatamente di non piangere ed emettevo rantoli sommessi.

Mentre tentavo di non piegarmi alla disperazione.

Cominciò a piovere.

Quel rumore di pioggia mi trapassò l’anima.

Mentre cercavo di non piangere, urlai.

Sopra quella scogliera nel bel mezzo della notte scura abbagliata dalla luce della luna piena, urlai.

 

Non farlo.

Non fendermi l’anima.

Non strapparmi l’amore.

 

L’epilogo è solo la fine del prologo.

Il prologo è solo l’inizio dell’epilogo.

 

Era dietro di me, mi osservava in silenzio.

 

La volevo.

Volevo lei.

 

Sospira quando non hai più fiato.

Immergiti nell’olio se vuoi che tutto scivoli via.

Muori se non vuoi amare.

Farfalla.

 

Mi voltai.

Piansi, finalmente.

 

Non posso averti in alcun modo.

Mi spiace.

 

Mi avvicinai.

 

Allontanati, farfalla.

 

Sfiorai le sue labbra.

 

Sono il ragno, potrei sbranarti.

 

Morirò.

 

Perché?

 

Perché ti amo.

 

Quando la farfalla s’innamorò del ragno, morì con un sorriso.

Quando il ragno mangiò la farfalla, morì con una lacrima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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