IL
RAGNO E LA FARFALLA
Sentieri.
Molte
persone credono di poter controllare il sentiero che percorrono.
Di
poter scegliere il loro destino.
Quando
però i sentieri di due persone vengono divisi, nessuno mai se l’aspetta.
Quando
le strade di due individui si dividono, il vuoto lasciato nel cuore, piccolo o
grande che sia, non sarà mai colmato.
La
realtà è che noi non siamo artefici di nulla.
Soffriamo
per i nostri sbagli, gioiamo per i colpi di fortuna.
Ridiamo,
piangiamo, diventiamo pazzi.
Ma tutto
ciò è già stato predetto.
Inutile
cercare di cambiare il destino, si sbatte solo la testa contro il muro,
continuamente.
Incessantemente.
Tristemente.
E’
quando cadi in coma che scopri quanto tempo hai perduto ad affannarti.
Quando
la tua mente si addormenta, il ricordo di quella persona scompare.
O si
nasconde.
Devia
il corso dei pensieri, per un po’ sembra sparire, ti affascina il pensiero di
qualcos’altro e pensi di aver dimenticato.
Dimenticato.
Il
magazzino della nostra mente non dimentica. Plagia la realtà, ma non dimentica.
Mai.
La mia era una vita grigia.
Sì, non trovo altro modo per descriverla
se non donandogli questo atono colore.
Non sono insoddisfatta di ciò che ho.
Non lo sono mai stata.
Sono benestante e il mio lavoro consiste
in ciò che amo fare di più.
Sarei davvero un ingrata a sentirmi
triste.
Non credo di aver mai sentito il mio
cuore essere triste, la parola che più si avvicina penso che sia “tormento”. Un
indicibile e piccolo tormento.
La mia persona è grigia, il mio
carattere è grigio. Non c’è nulla di solare in me.
Nulla in particolare ha creato ciò che
sono, o almeno nulla di rilevante, tranne qualche piccolissimo problema.
Sono stata io a voler diventare così,
sono stata io ad aver accolto il dolore dentro di me. Solo così potevo sentirmi
in pace, solo così potevo sentire quel lieve bruciare del mio cuore che
lacrimava.
E allora scrivevo, scrivevo
continuamente.
A dire il vero sbaglio ad affermare che
è stata una mia scelta, tutto ciò mi è stato imposto. Io ho solo ingoiato il
boccone amaro.
Quel sentimento dolce amaro che
aspettavo, non è mai arrivato.
Senza
un sentiero, non si può camminare.
Senza
camminare non si può trovare il sentiero.
La
vita è un gioco, tocca a te scoprire il finale.
Sono poche le cose che riescono a
scalfirmi.
Quando ero giovane, piangevo molto
spesso, pensavo fosse l’unico modo per pulire il mio cuore incrostato.
Adesso che sono un’adulta, so che
piangere non serve.
Adesso scrivo, se sono triste.
L’essere solare non è mai stato uno dei
miei principi, ogni volta che ci provavo era una totale disdetta, così
semplicemente ho smesso di provarci.
Ho smesso di essere una buona
persona e sono diventata una persona e
basta.
Malinconica, forse?
Forse.
Stupidamente credevo che l’amore sarebbe
arrivato, stupidamente credevo che se avessi semplicemente smesso di cercarlo
mi sarebbe piombato addosso.
Ma non è successo, l’unica cosa che mi è
piombata addosso è stata l’ indifferenza.
E non c’è cosa peggiore.
Non
voltarti, piccola mia.
Percorri
la tua strada a testa alta, anche se il tuo cuore è triste.
Vai
avanti e non pensare mai al passato.
L’ultimo libro che ho scritto è un libro
vuoto, proprio come me.
Ma la critica lo ha apprezzato. L' ha
lodato. L' ha amato e venerato.
Io lo odio, invece.
L’ho scritto quando i miei occhi
diventavano del colore della cenere, quando smettevo di avvertire i cinque
sensi e cadevo in uno stato di oblio insopportabile.
Ho scritto delle cose terribili dentro
quel romanzo, ma nessuno se n’è accorto.
Bastano due belle frasi per ammaliare
gli stupidi.
Volevano che scattassi delle foto,
dicono che dopo il terzo libro è necessario.
Ma non volevo che la gente guardasse il
mio corpo, il mio volto, i miei occhi, la mia bocca.
Mi firmavo con pseudonimi per non far
trapelare dal mio nome le mie emozioni.
Scrivevo un mucchio di bugie, e lo
sapevo.
Era come mentire alla psicologa, come
cacciare balle davanti all’occhio del ciclone.
Se eri abbastanza brava ci riuscivi,
altrimenti niente.
Io ero superlativamente brava.
Sentimentalismi
a parte, rimane solo l’infinito della realtà.
Cui
tutti devono chinare il capo.
Sherlock
Holmes era solito dire “se togli tutto ciò che impossibile, tutto il resto è
possibile.”
Se
metti da parte l’impossibile, ti rimane la realtà.
Accettai di fare quelle stramaledette
foto.
Ad una condizione, però.
Che il mio viso non venisse raffigurato,
in qualunque posa dovevano essere i capelli a risaltare, la chioma dorata che
copre il carbone.
Il bello che surclassa il brutto.
Dicono che quando guardo una persona,
sembra che io voglia ucciderla.
Se avessi il dono di farlo, lo avrei già
fatto.
Ma cosa me ne faccio di due occhi
inutili?
Volevano che facessi le foto in spiaggia,
anche se erano rimasti titubanti riguardo alla mia scelta di non far vedere il
mio viso.
Dicevano che era tanto puro da sembrare
immacolato.
Dicevano anche che con un viso così,
molta gente sarebbe stata tentata di comprare il libro. Poiché con un viso
così, non si poteva scrivere altro se non belle parole.
Così, dicevano.
Ma quanto di tutto questo era vero?
Nulla.
Il mio volto era solo un contenitore. E
i miei occhi degli strumenti inutili.
E le mie parole, tutte menzogne.
Da giovane mi hanno calpestato le
emozioni.
Da adulta le ho semplicemente fatte
sparire.
Solo
quando crediamo che sia la fine di tutto, ci incontriamo fatalmente con
l’inizio.
Che
non è mai il principio.
Ma
solo la fine dell’oblio e l’inizio della fine.
Non
puoi scegliere di morire, ti dannerebbero.
Non
puoi scegliere di vivere, ti danneresti.
Ma
puoi accettare di esistere.
No?
Mi hanno presentato il fotografo.
Facendo
così, puoi scoprire le vie latenti.
Quelle
nascoste.
Quelle
scure.
E
chissà che non troverai il paradiso.
Fuorviare il corso dei miei pensieri è
stato inutile.
Lui era qualcuno.
Purtroppo.
Lui era lui.
Non riuscivo a credere che per quanto mi
fossi sforzata di vivere una vita atona e nulla, il destino si intestardisse
così tanto.
Io lo avevo conosciuto, quell’uomo.
Tanto, tanto tempo fa.
Lui si riteneva un mio conoscente.
Ma io non riuscivo a fare a meno di
pensare che in realtà non lo fosse, e che io mi stessi solo facendo del male.
Volevo qualcosa di più, ma lui non
poteva darmelo.
Quando
due sentieri diventano paralleli, non ci si può far nulla.
Ma è
quando si scontrano che apparirà finalmente la retta via.
Probabilmente non si accorse che ero io.
D’altronde me lo aveva sempre detto che
non gli importava di nulla.
In quel nulla ero ovviamente compresa
anche io, ma ai tempi ero leggermente diversa.
Anzi, molto, diversa.
Non so stabilire se il mio cambiamento
mi abbia giovato o no.
Ma sono molto sicura di una cosa, senza
legami, non si può soffrire.
Ora lui è ricomparso, così di getto, e
aveva fatto provare di nuovo del calore dentro questo mio organo ghiacciato. Ha
fatto dilatare i miei occhi.
Mi ha fatto sentire, viva.
If i want to die, God save
me.
If i want to live, God kill
me.
Per la prima foto, mi misi seduta sulla
riva del mare, mentre dovevo solo guardare il tramonto e rimanere ferma.
Come avevo chiesto, i miei capelli
coprivano il volto pallido e gli occhi da Santa bugiarda.
Ma quella folata di vento non era
prevista, così i miei capelli svolazzarono e l’effetto che ne venne fuori fu
bellissimo.
Lui mi guardava, indaffarato a mettersi
in mille posizioni diverse.
Lui mi guardava, ma io non riuscivo a
farlo.
Il mio vestito bianco mi faceva sentire
leggera.
Leggera come un angelo, o una farfalla.
Lui rimase un attimo fermo, con la
macchina fotografica a mezz’aria.
Conoscevo quello sguardo, stava tentando
di ricordare chi fossi, e quando ci riuscì, la macchina cadde nella sabbia
provocando un tonfo sordo.
Sorrisi, anche se i capelli facevano ombra sui miei occhi, quello
era un sorriso triste.
Se non l’ho potuto avere prima, non lo
potrò avere adesso.
“ Vedo che ti sei messo a fare il
fotografo.”
Lui spalancò gli occhi e mi guardò per
qualche istante. Poi prese la macchina e andò via.
Abbassai il capo e rimasi così per un
bel po’, lasciando che la notte si addentrasse dentro di me.
Schiuditi
guscio.
Schiuditi.
Ammira
la luce del sole.
Ammira
l’alito di vita.
O
piccolo pulcino indifeso.
Anche
se verrai inghiottito dal dolore.
Non
rimanere lì dentro.
Non
arrenderti mai.
Era lei.
Fuoco
e ghiaccio.
Ghiaccio
e fuoco.
Elementi
che si annullano a vicenda.
O
forse no.
Dopo pochi giorni mi arrivarono le foto.
Era davvero bravo, era riuscito a farmi
piacere quello scempio.
Io che odiavo la mia immagine, io che
odiavo le mie lacrime, io che odiavo il mio sorriso.
Io che lo amavo.
Io che volevo solo lui, io che adoravo
il dolore e odiavo la perdita.
Io.
L’ho amato.
L’ho perso.
Lui che era una figura sfuggente,
evanescente e silenziosa.
Amavo il nulla. Amavo l’impossibile.
Amavo un uomo che non riusciva ad amare.
L’inarrestabile
voglia di fuggire dal possibile.
E’
senza dubbio ciò che fa più gola agli uomini.
Non.Rubarmi.Di.Nuovo.Il.Cuore.
...
Suonate
il campanello, bambini. La vita vi aprirà.
Attenti
allo scalino però, altrimenti si cadrà.
Scarlatta.
La mia vista era diventata scarlatta.
Mi tenevo forte il petto in quella notte
gelida.
Mentre cercavo disperatamente di non
piangere ed emettevo rantoli sommessi.
Mentre tentavo di non piegarmi alla disperazione.
Cominciò a piovere.
Quel rumore di pioggia mi trapassò l’anima.
Mentre cercavo di non piangere, urlai.
Sopra quella scogliera nel bel mezzo
della notte scura abbagliata dalla luce della luna piena, urlai.
Non farlo.
Non fendermi l’anima.
Non strapparmi l’amore.
L’epilogo
è solo la fine del prologo.
Il
prologo è solo l’inizio dell’epilogo.
Era dietro di me, mi osservava in
silenzio.
La volevo.
Volevo lei.
Sospira
quando non hai più fiato.
Immergiti
nell’olio se vuoi che tutto scivoli via.
Muori
se non vuoi amare.
Farfalla.
Mi voltai.
Piansi, finalmente.
Non posso averti in alcun modo.
Mi spiace.
Mi avvicinai.
Allontanati, farfalla.
Sfiorai le sue labbra.
Sono il ragno, potrei sbranarti.
Morirò.
Perché?
Perché ti amo.
Quando
la farfalla s’innamorò del ragno, morì con un sorriso.
Quando
il ragno mangiò la farfalla, morì con una lacrima.