Fanfic su artisti musicali > Blink-182
Segui la storia  |       
Autore: Tame_san_03    07/03/2019    0 recensioni
Hello there! (The angel from my nighmare ;)...)
Mi sono immaginata il primo incontro tra Skye e Mark. L’idea mi è venuta guardando un’intervista proprio al bassista. Ad un certo punto gli è stata posta la domanda: “È vero che, quando Tom ha chiesto a Skye se voleva uscire con te, lei ha detto di no?” E lui ha risposto “Si è vero”
Quindi eccomi qua, spero vi piaccia.
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mark Hoppus, Tom DeLonge, Travis Barker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Alle sei e un quarto cominciammo a ritirare l'attrezzatura per  riportarla negli uffici.

 

Stavo smontando l'ultimo treppiedi quando questo cominciò a sbilanciarsi, e mi sarebbe caduto addosso se solo un lungo braccio maschile non l'avesse fermato ad un centimetro dal mio naso.

 

"Cavoli... grazie" dissi voltandomi, aspettandomi di vedere un mio collega.

 

Solo dopo mi accorsi che quel braccio aveva un tatuaggio nero e circolare appena prima del gomito, e apparteneva a Tom.

 

"E di che? Hoppus non avrebbe voluto che una stupida videocamera rovinasse quel tuo bel visino"

 

Rimasi un po' confusa.

 

"Cosa?" chiesi ridacchiando "Intendi Mark?"

 

Tom sorrise facendo risaltare il piercing al lato del labbro e alzò le sopracciglia, come se si aspettasse che io intendessi qualcosa: "Si, proprio lui"

 

"Non vuole che la mia faccia si rovini?" risi "Cioè? Non mi ha nemmeno mai visto..."

 

"Oh, puoi scommettere che oggi non ti ha persa di vista nemmeno per un secondo"

 

Spalancai gli occhi: Mark mi aveva fissata tutto il giorno e non me ne ero accorta?

 

"Veramente?"

 

"Oh si, credo che tu abbia fatto breccia nel cuore del nostro bel bassista"

 

Rimasi basita: "Oh"

 

"Ti va di uscire con lui?"

 

Spalancai gli occhi, non credendo alle sue parole: mi stava veramente chiedendo un appuntamento con Mark? Non ci avevo nemmeno mai parlato... e poi, a dirla tutta, non è che mi sembrasse proprio un genio.

 

"Ehm..."

 

Gli occhi di Tom sprizzavano scintille "Si?"

 

Abbassai lo sguardo, dispiaciuta nel dare tali delusioni al suo amico.

 

"No?" chiese ancora, lo sguardo perso nella speranza di una mia risposta affermativa.

 

"No" dissi alla fine "Non sono interessata, digli che però è divertente e che con quel basso ci sa davvero fare... veramente, mi dispiace ma non voglio uscire con lui. Non mi sembra il mio tipo"

 

Tom rimase visibilmente un po' deluso, ma non si perse d'animo: "Ma se non lo conosci non puoi sapere come è... andiamo! Una cena... poi se non ti piace potrai cacciarlo via a calci nel culo"

 

"Tom..."

 

"Hey!" chiamò una voce da lontano "DeLonge! Per oggi abbiamo finito... andiamo a mangiare?"

 

Mi voltai e riconobbi Mark, che ci stava raggiungendo correndo. Si era cambiato i vestiti, ma gli abiti non erano molto più normali di quelli di prima: indossava dei pantaloni ocra un po' larghi, con dei risvoltini alle caviglie, su di essi c'erano degli stemmi di vecchie band e una piccola catenella argento vi pendeva dalla cintura. Una maglietta nera, con la scritta grigia Atticus nel centro, gli faceva sembrare le spalle ancora più larghe di quanto già non lo fossero. Ai piedi portava delle Vans, a scacchiera bianche e nere.

 

Alzai lo sguardo per guardarlo negli occhi azzurri e notai un leggerissimo rossore sulle guance. Era quasi buffo. Mi guardava attentamente e dalla sua espressione dedussi che non stesse pensando a cose molto caste.

 

"Ehm, ciao" dissi con un cenno della mano. Lui fece un sorriso che mi parve quasi innocente.

 

Tom gli lanciò un'occhiata triste: "Amico, ha detto di no"

 

Mark rimase sorpreso e confuso allo stesso tempo, poi capì.

 

"Sei un coglione!" gli urlò, dandogli una manata sulla spalla "Non dovevo raccontarti nulla, ma perché te l'ho detto porca puttana!?"

 

"Hey, hey, hey!" intervenni "Calmi tutti"

 

Riuscii, con non pochi sforzi, ad allontare il bassista di qualche centimetri.

 

"Che c'è che non va?" chiese Tom con il solito sorrisetto, che faceva salire dal profondo del cuore una terribile voglia di prenderlo a schiaffi "Non volevi mica un'appuntamento con lei?"

 

"Si, ma non ti ho chiesto di farmi da messaggero"

 

Mark mi lanciò uno sguardo fugace e i suoi occhi brillarono. Pensai che dovesse proprio essere totalmente preso da me per comportarsi in quel modo: era da quella mattina che lavoravo con lui e non mi era mai sembrato un tipo aggressivo o attaccabrighe.

 

"L'ho fatto per te, amico" disse Tom. Si guardarono per pochi secondi e mi accorsi di quanto fosse forte il loro legame: era come se un filo invisibile tenesse sempre collegati gli occhi castani del chitarrista a quelli del compagno, azzurro ghiaccio come il polo nord. Questi, al primo impatto, potevano anche sembrare cinici o distaccati, visto quella tonalità fredda, ma il suo sguardo, in quel momento, mi provocò una sensazione di forte calore, come se un fuoco caldo e scoppiettante mi si fosse acceso nel profondo del costato e stesse per salire fino alla gola.

 

Mark era un tipo interessante, intrigante e divertente. Pensandoci bene sarebbe stato bello poter uscire con lui, una volta, ma sotto sotto sapevo che era soltanto un bambino troppo cresciuto e ciò che mi attraeva in lui era soltanto la fantasia e il desiderio di tornare ragazzi, per rivivere la frenesia dei primi amori, delle attrazioni, della voglia di cambiamenti...

 

Quell'Hoppus era un gran giocherellone e i tipi come lui volevano solo giocare. Io avevo quasi ventisette anni, non ero un'adolescente alle prese con cotte giovanili e non potevo permettermi di cadere in una delle sue trappole.

 

Eravamo senza parole, o meglio Mark lo era, dato che non faceva che studiarmi attentamente senza battere ciglio. In effetti mi sentii un po' osservata, ma fortunatamenta Travis li chiamò in lontananza.

 

"Arriviamo!" fu il grido squillante di Tom.

 

Lui e il bassista erano un'accoppiata strana. Funzionante, altroché se funzionante... ma comunque strana: il primo con quella voce accesa, quasi stonata, che ammaliava e allo stesso tempo faceva venir voglia di tapparsi le orecchie; e l'altro quel un tono basso, roco e vibrante, che penetrava nelle orecchie degli ascoltatori come un rimbombo in una grotta dopo il lancio di un sasso, che bloccava i pensieri e stordiva loro la mente per qualche millesimo di secondo.

 

DeLonge lo prese per un braccio e lo trascinò a fatica.

 

"Saluta la tua Skye, Hoppus, muoviti"

 

Finsi di tossire: la sua Skye?

 

"Mollami coglione" fece Mark senza però apparire scontroso "Tu comincia ad andare, io arrivo tra due minuti"

 

"Ti sistemo il basso?" chiese il compagno avviandosi, a ritroso, verso il batterista.

 

"No, lo faccio io, non ti preoccupare, grazie"

 

E così restammo soli, con un'aria densa di imbarazzo tra di noi.

 

"Ti dò una mano a portarla" disse indicando la telecamera accanto a me. In effetti, insieme al treppiedi e a tutto il resto, era piuttosto ingombrante da trasportare.

 

"Oh, grazie"

 

Stavo per afferrare il piedistallo ma lui mi fermò toccandomi la mano e facendomi sussultare. Era piuttosto calda.

 

"Lascia, è pesante, Tu porta i cavi"

 

"Sei sicuro?" chiesi. Non dubitavo certo della sua forza ma non volevo che si facesse male, in fondo era un mio compito.

 

"Certo, invece tu sei sicura di non voler proprio uscire con me?"

 

Nonostante non mi aspettassi quella domanda mi venne da ridere.

 

Mark sorrise e si mise l'attrezzatura in spalla, mentre io raccoglievo e arrotolavo su se stessi i fili elettrici.

 

Ci incamminammo al parcheggio per mettere tutto sul furgone, e lui ricominciò a parlare: "No, veramente... cosa c'è che non va in me? So di non raggiungere la tua bellezza ma... ecco nessuna mi ha mai dato un due di picche"

 

Nascosi il rossore dovuto a quel piccolo complimento "Sai come si dice?"

 

"No, non lo so, dimmelo" 

 

Mi rivolse un'occhiata furba e mi resi conto che in realtà sapeva di cosa stavo parlando. Stetti zitta e roteai gli occhi: con un tipo come lui era impossibile ragionare.

 

"Sei mai uscita con un bassista?"

 

Capii che non avrebbe ceduto molto facilmente.

 

"No" risposi.

 

"Beh, sai come si dice?"

 

Mi stupii della sua faccia tosta.

 

pensai, ma non gli diedi la soddisfazione di sentirselo dire.

 

"Si, lo so" esordì soltanto.

 

Credetti di aver risposto con un tono troppo scontroso dato che, per tutto il breve tragitto fino al nostro furgone, lui non proferì parola, nemmeno una sillaba, un sospiro o un ritornello movimentato.

 

Un mio collega ci aiutò a collocare l'attrezzatura nel vano posteriore del veicolo.

 

Mark si rivolse di nuovo a me, sorridendo come per cercare di ammaliarmi: "Beh, io ora devo andare, ma se... se per caso ti capitasse una serata libera e noiosa... e se cambiassi idea..."

 

"Ci penserò ok?" lo interruppe velocemente, più per farlo stare zitto che per altro. In effetti ero già piuttosto convinta di non voler uscire con lui e non avevo bisogno di pensarci.

 

Mio bassista fece un sorriso a trentadue denti, come se sperasse veramente di avere qualche vaga speranza: "Ok, guarda che ci conto" concluse avviandosi verso gli altri due compagni.

 

A quel punto le parole mi uscirono di loro spontanea volontà "Aspetta! Non ho il tuo numero"

 

Giuro che non lo volevo dire, nè tantomeno urlarlo bellamente alle orecchie di tutti i miei colleghi, superiori compresi.

 

Evitai di proposito il loro sguardo: cosa avrebbero pensato se avessero saputo quello che Mark e io ci eravamo detti? E sopratutto quello che lui mi aveva chiesto.

 

Mark fece un passo indietro e, con l'indice alzato di chi vuole fare la figura del tipo sveglio, sussurrò: "Giusto..."

 

Ritornò di fronte a me e rubò la penna dalle mani del regista, con la quale quest'ultimo si stava appuntando non so che su un blocchetto degli appunti, poi mi afferrò delicatamente l'avambraccio e ci scarabocchiò alcuni numeri. Li scrutai per un paio di secondi prima di appurare che aveva una scrittura davvero pessima.

 

"Ehm, scusa... questo è un sei, oppure uno zero?"

 

Lui seguì il mio sguardo: "È uno zero, si capisce dai"

 

Aggrottai le sopracciglia, un po' confusa "Se lo dici tu..."

 

Mark non la smetteva di sorridere, e questo mi mandava un po' su di giri, lo ammetto: gli occhi azzurri chiaro scintillavano a quella forte luce pomeridiana, i capelli castani erano schiariti dal sole e scompigliati dalla leggera brezza del Pacifico.

 

Lo guardai bene in tutta la sua figura: non sapevo cosa fosse, ma percepii qualcosa di diverso, qualcosa che prima non c'era e che era apparso solo dopo il mio incontro. Un non so che di più... non so... più adulto, maturo, ma probabilmente era solo una mia impressione.

 

"Questa era l'ultima videocamera, giusto?"

 

Mi voltai e capii che era arrivata l'ora di andare.

 

"Si, è tutto pronto" risposi al regista, mentre altri due colleghi chiudevano le porte del furgone.

 

Mark restituì con un lancio la penna al suo legittimo proprietario.

 

"Beh, allora, aspetto quell'appuntamento"

 

Ci credeva davvero tanto, e mi dispiaceva digli esplicitamente che non ero molto interessata, quindi feci un gran sorriso e un cenno con la mano.

 

"Salutami Tom e Travis"

 

Lui, visibilmente agitato ed emozionato, saltellò un po' sul posto, come se fosse una cosa involontaria e lo facesse senza pensarci, cosa che probabilmente era vera.

 

"Sicuro... ci vediamo Skyeeeee!" esclamò prima di correre dai suoi compagni.

 

Gli altri componenti della troup lo seguirono con lo sguardo, confusi ed esasperati dal comportamento infantile di quel bassista.

 

Sorrisi involontariamente: era piuttosto strano il fatto che quel ragazzo avesse ventisette anni e qualche mese in più di me.

 

Jonas interruppe i miei pensieri e richiamò l'attenzione dell'intero gruppo "Domani danno pioggia" annunciò "E non credo riusciremo a registrare le altre scene. Domattina vi manderò un messaggio per informarvi del programma"

 

"Fanno sempre gli scemi, cambia qualcosa per loro farlo sotto il sole o sotto l'acqua?" chiese ridendo una voce dietro di me.

 

"Beh, sono sicuro che a loro piacerebbe molto, chiedete al batterista, che è stato bagnato fradicio per più di mezz'ora"

 

Qualcuno rise, un paio scossero la testa e altri mi guardarono di sottecchi. Abbassai gli occhi a terra. Non mi piaceva il fatto che tutti avessero visto Mark mentre mi scriveva il numero di telefono sul braccio: avrebbero potuto fraintendere.

 

"E non credo gli sia piaciuto molto" aggiunsi a bassa voce.

 

"Concordo" fece il regista "E ora, tutti a casa. Siete stati bravissimi, ragazzi"

 

Non fece quasi nemmeno in tempo a finire la frase che tutti i dipendenti, stanchi e accaldati dal forte sole pomeridiamo, si precipitarono alla velocità della luce al parcheggio lì accanto.

 

Raccolsi il mio zaino e mi diressi anche io alla mia auto, accompagnata de Charlotte, la mia collega preferita.

 

Stavamo per salire in macchina quando tre figure maschili fin troppo riconoscibili ci raggiunsero contenti.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Blink-182 / Vai alla pagina dell'autore: Tame_san_03