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Autore: Shainareth    07/03/2019    1 recensioni
Quando tieni la mano di un uomo che ti fa battere forte il cuore e ti fa sentire frastornata ed eccitata, allontanati da lui. Non è l'uomo per te.
Se tieni la mano di un uomo che ti fa sentire confortata e sicura, tienti stretta a lui. È l'uomo che dovresti sposare.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DICIANNOVESIMO




Joël guardò l’orologio che portava al polso destro: mancava ancora un quarto d’ora al termine delle lezioni del pomeriggio. Dall’ultimo banco in fondo all’aula, gettò un’occhiata panoramica al resto della classe, silenziosa non per eccessiva diligenza quanto per noia. La voce del professore di storia era particolarmente soporifera e ben si sposava al suo proprietario, un attempato uomo magro e smunto, con gli occhi a palla dalle palpebre calanti che gli conferivano sempre e comunque un’espressione triste.
   Nella mente del giovane, però, andava delineandosi un’immagine ben più felice: quella di una ragazza dai capelli scuri e dai meravigliosi occhi azzurri. Nelle ultime settimane, a Joël era parso di vivere in bilico su un’altalena in movimento perenne e di non sapere assolutamente in che modo saltare giù. Il punto era che, dopo aver visto Adrien e Marinette al parco, mano nella mano, e aver frainteso il loro rapporto, il ragazzo era caduto in uno stato di sconforto tale da renderlo facile vittima di Papillon. Salvato dai due supereroi principali di Parigi, Joël si era dunque fatto forza e, incoraggiato anche dalle parole amichevoli di Chat Noir, aveva deciso di farsi avanti con Marinette. Solo che, preso dal panico, aveva esitato e alla fine non era riuscito a dirle ciò che provava. Poi, Adrien lo aveva rincorso fin dentro il bagno della scuola e, pur confessandogli di essere interessato anche lui a Marinette, lo aveva spronato a dichiararsi per non avere alcun rimpianto. Soprattutto, cosa che Joël aveva apprezzato sopra ogni altra, Adrien aveva espresso il desiderio, da parte di entrambi, di rimanere in buoni rapporti, qualunque cosa fosse successa.
   Iniziò a muovere nervosamente una gamba sotto al banco e a giocherellare con la penna che reggeva fra le dita, tornando con gli occhi scuri alle lancette del proprio orologio. Da quel giorno lui e Adrien non si erano più parlati, a parte qualche sporadico commento a lezione di scherma; anche perché quello stesso pomeriggio era successo qualcosa che Joël non si era minimamente aspettato: lo stesso Adrien, dopo averlo incoraggiato, era uscito con Marinette e l’aveva abbracciata. Quella foto aveva fatto il giro dei social, intasando i profili di mezza Parigi e di sicuro di tutta la scuola. Timoroso di finire di nuovo sotto al giogo di Papillon, Joël aveva cercato di non farsi prendere troppo dall’ansia, benché in un primo momento fosse stato sul punto di scagliare il proprio cellulare contro il muro. In lui era prevalsa infine la ragione, decidendo di far tesoro delle parole degli altri: prima di giungere a conclusioni affrettate, era giusto aspettare di avere conferme. Che, oltretutto, non erano neanche giunte, dal momento che, osservando l’amata a scuola, si era reso conto che non c’era nulla di diverso in lei e che anche le sue interazioni con lo stesso Adrien, pur essendo diventate più confidenziali, non tradivano alcun rapporto di tipo romantico nel vero senso della parola. O, perlomeno, questo era quanto gli era concesso vedere durante l’intervallo e le poche altre occasioni in cui poteva scorgere Marinette a scuola. Era dunque rimasto sul chi va là, indeciso se farsi di nuovo avanti o meno, e quando, a distanza di tempo, aveva letto la smentita della ragazza circa una sua possibile relazione con l’aitante figlio di Gabriel Agreste, Joël aveva riacquistato di colpo tutta la propria sicurezza. E ora, sia pur dopo un’altra manciata di giorni che gli erano serviti per delineare a grandi linee un discorso di senso compiuto, era lì che aspettava la fine di quella noiosissima ora di storia per poter correre fuori e mettere in atto il proprio proposito.   
   Quando la campanella suonò, concedendo tregua ai poveri studenti dai neuroni appisolati, Joël scattò dal proprio posto e si precipitò giù, verso l’uscita. Quando fu fuori, puntò lo sguardo sulla porta dell’aula della ragazza dei suoi sogni, e la vide uscire da lì pochi attimi dopo. Era affiancata dalla sua migliore amica, come sempre, ma questo non doveva scoraggiarlo. Si affrettò dunque a raggiungere le due e, senza perdere altro tempo, la chiamò.
   Scendendo l’ultimo gradino che portava al cortile interno della scuola, Marinette si volse nella sua direzione con aria stupita e quei grandi occhi azzurri, così belli e lucenti, ebbero il potere di fargli tremare le gambe. Per paura di mancare uno scalino e rotolare giù, magari finendole addosso e facendole male, Joël si aggrappò al corrimano e arrestò il passo, fissandola dall’alto. Deglutì e poi si umettò le labbra con la punta della lingua. «Posso… Posso parlarti un momento?»
   Alya sollevò le sopracciglia, intuendo già dall’espressione del giovane dove lui volesse andare a parare. E schiuse la bocca quando si accorse che, alle sue spalle, qualche gradino più su, c’erano Adrien e Nino che si erano fermati ad assistere alla scena. Subito calamitò lo sguardo del proprio innamorato su di sé e gli fece un cenno col capo, dandogli ad intendere di raggiungerla e di andar via di lì insieme per lasciare a quei tre tutto il tempo per parlare e chiarirsi. Cogliendo al volo quell’imbeccata, Nino non se lo fece ripetere una seconda volta e, dopo aver dato una leggera pacca sulla schiena di Adrien a mo’ di incoraggiamento, riprese a scendere le scale con nonchalance e si affiancò ad Alya. Quest’ultima sorrise a Marinette. «Ci vediamo domani», disse soltanto, prima di allontanarsi. Non era certa che lei l’avesse udita, anche e soprattutto perché adesso lo sguardo della sua migliore amica si era soffermato su un punto ben preciso, ben oltre le spalle del povero Joël.
   Occhi negli occhi, Adrien e Marinette rimasero a fissarsi per alcuni, interminabili istanti.
   In barba ai buoni propositi del giovane, quell’ultima settimana era scivolata via senza che lui vuotasse il sacco. Un po’ per via della timidezza, un po’ per via della sfortuna, non era ancora riuscito a dire a Marinette la verità, e cioè che ormai era perdutamente ed irrimediabilmente innamorato di lei. Lei, che ancora aspettava una mossa da parte sua, e il cui cuore trepidava per l’impazienza e l’ansia. Possibile che si fosse sbagliata, che Chat Noir non era davvero Adrien? No, no, ormai era certa che le cose stessero in quel modo. Chat Noir era stato chiaro, con i suoi gesti e le sue parole. Ora toccava alla sua versione civile farsi coraggio.
   Marinette poteva comunque dargli atto di essersi ulteriormente avvicinato a lei, in quei giorni. Forse non c’era stata davvero una dichiarazione in piena regola, ma nell’ultimo periodo il suo rapporto con Adrien aveva subito un’impennata abbastanza palese persino per loro due, che di solito erano ciechi davanti a questo genere di cose. Era stata un’evoluzione naturale, a dire il vero, spontanea al punto che alle volte a Marinette era venuto il dubbio che fosse davvero necessario confermarla a parole. Alla fine ciò che contavano erano i fatti e se Adrien avesse provato a baciarla, lei non solo non si sarebbe tirata indietro, per di più l’avrebbe braccato, avviticchiandosi a lui, e non l’avrebbe lasciato più andar via. Soprattutto, se Adrien avesse provato a baciarla, la cosa non l’avrebbe meravigliata. Insomma, bastava davvero un nulla per ufficializzare qualcosa che era più ovvia dell’ovvio.
   A conferma di ciò, c’erano state anche tantissime battute – velate e non – da parte dei loro compagni di classe, che sembravano sapere cose che lei ignorava – ma che pure intuiva perfettamente. Come se Adrien si fosse confidato con loro e ora, davanti a quelle insinuazioni, anziché smentire o minimizzare, si limitava ad arrossire e a sorridere con fare imbarazzato, dando tacitamente ragione a tutti i sospetti di Marinette.
   «Lo so che ti sembrerà una cosa improvvisa.» Quella frase la scosse, facendola tornare con i piedi per terra e ricordandole che, anziché con Adrien, lei stava parlando con Joël. Quest’ultimo sembrava teso proprio come quella mattina di qualche settimana prima, vicino agli armadietti, quando all’indomani della propria akumizzazione, il giovane l’aveva cercata per scusarsi con lei e, forse, dirle ciò che provava. Marinette aveva ormai creduto che avesse gettato la spugna, e invece eccolo lì che tornava alla carica. «In realtà è da parecchio che volevo dirtelo», stava continuando frattanto Joël, passandosi i palmi delle mani sudate sui pantaloni chiari. «Sin da quella volta… sai…» Esitò. Chiuse gli occhi, prese un bel respiro e, tornando a guardarla, disse con voce ferma: «Sono innamorato di te.»
   Tacque, in attesa di una risposta. Di una qualsiasi risposta.
   Marinette non poté fare a meno di alzare il proprio sguardo verso Adrien, che era diventato di colpo pallido in volto. Non seppe se ridere o indignarsi per quell’aria attonita e spaventata, ma alla fine in lei prevalse il buon senso e si limitò a stirare le labbra in una linea meditabonda. Avrebbe voluto fargli presente che, se non fosse stato certo dei sentimenti di lei, c’era il serio rischio che qualcun altro si facesse avanti proprio come aveva fatto ora Joël e che, magari, gliela portasse persino via. Insomma, se non riusciva a dirle a chiare lettere di amarla, poteva almeno essere esplicito con i suoi gesti! Poteva baciarla senza alcuna esitazione, accidenti!
   Riservandogli perciò uno dei suoi sguardi alla Ladybug, a cui Chat Noir era abituato tutte le volte che diceva o faceva qualcosa fuori luogo – e che di tanto in tanto diceva o faceva lo stesso Adrien, tanto per non smentirsi – Marinette tornò a concentrarsi sul povero Joël, che si ritrovava suo malgrado impelagato in una situazione molto semplice e al contempo assolutamente paradossale.
   «Joël…» iniziò, cercando le parole adatte per non fargli troppo male. «Ricordi cosa ti dissi quel giorno?»
   «Che… ti piace Adrien», rispose subito lui, tirando su col naso. Vide Marinette arrossire lievemente e annuire. Alle sue spalle, invece, non visto, lo stesso Adrien tornò a respirare: lei sapeva della sua presenza lì, quindi stava ammettendo implicitamente i propri sentimenti nei suoi confronti. E lui? Lui per quale stramaledetto motivo continuava a tentennare al riguardo?! Strinse i pugni, deciso più che mai a dirle ogni cosa. «Però… quando ti ho chiesto se eri innamorata di lui… non mi hai risposto.»
   Pur divorata dall’imbarazzo, lo sguardo fisso su di lui, la ragazza si strinse nelle spalle. «Sì, beh… non puoi pretendere che faccia confidenze del genere a qualcuno che conosco appena.» Fu un pugno allo stomaco, se ne rese conto, ma che altro poteva fare? Aveva troppo rispetto per l’amore per trattarlo in modo così superficiale. «Non prendertela, ma… non posso ricambiare i tuoi sentimenti.»
   Sebbene i suoi occhi fossero diventati lucidi e le sue mascelle si fossero contratte, Joël parve ragionevole. «E… se provassimo ad uscire per conoscerci meglio?»
   «Sono già innamorata di un altro», fu costretta ad essere più chiara lei. «Non chiedermi di chi, non te lo direi.» L’altro chinò il capo, sconfitto: a che sarebbe servito insistere, se Marinette era già tanto risoluta nei propri sentimenti? E, checché lei ne dicesse, era ovvio che si riferisse ad Adrien, altrimenti non lo avrebbe tirato di nuovo in ballo. «Mi dispiace.»
   Joël tornò a riempirsi i polmoni d’aria fresca e, alzando di nuovo la testa, sospirò con un sorriso mesto sulle labbra. «Non devi dispiacerti», soffiò con rassegnazione, un dolore sordo all’altezza del petto che, tuttavia, faceva meno male di quanto si era aspettato. «Non è colpa tua. Ci ho provato. Se non lo avessi fatto, non me lo sarei mai perdonato.» Marinette gli sorrise di rimando, grata per la sua comprensione. «Va bene così», aggiunse lui, scendendo gli ultimi gradini che lo separavano dalla ragazza. «Grazie per essere rimasta qui ad ascoltarmi.»
   «Era il minimo.»
   Il giovane le fece un saluto con un cenno della mano e, dopo un’ultima esitazione, tirò dritto verso l’uscita della scuola, deciso a non voltarsi indietro. Che senso avrebbe avuto, ormai? Lo fece Marinette, invece, che tornò a posare lo sguardo su Adrien, ancora fermo sui gradini più alti della scalinata. «Farai tardi alla tua lezione di cinese.»
   Quello si riscosse e subito si affrettò a raggiungerla. «Posso saltarla», dichiarò risoluto, piantando gli occhi nei suoi. «Così possiamo andare da qualche parte insieme.»
   Lei quasi rise. «Tuo padre ti metterebbe in punizione fino al mese prossimo.»
   «Non mi importa.»
   «Importa a me», chiarì subito, decisa a giocare a carte scoperte. Basta tacere, basta nascondersi. Adrien tergiversò, ma infine parve comprendere e annuì. «Ci vediamo dopodomani per il servizio.»
   «Verremo a prenderti per le otto.»
   «Va bene.»
   «Domani sei libera?»
   Stavolta Marinette rise sul serio, piacevolmente stupita dalla sua sfacciata insistenza: Chat Noir era davvero parte integrante di Adrien. «Faccio da babysitter a Manon tutto il giorno, mi spiace.»
   «E non posso aiutarti?»
   «Adrien…»
   Enfatizzando la propria resa con un sospiro, il giovane ruotò le iridi chiare verso il cielo terso. «Va bene, ci vediamo domenica.» E prima ancora che potesse dire o fare alcunché, Marinette si sollevò sulle punte dei piedi e si protese nella sua direzione, scoccandogli un bacio sulla guancia. Seppur del tutto impreparato a quel gesto, Adrien fu comunque lesto e l’afferrò gentilmente per un polso prima che lei potesse allontanarsi. «C’è una cosa importante che devo dirti», ammise, guardandola di nuovo dritta negli occhi.
   «Lo so», mormorò lei, fremendo per quel contatto – visivo e non. «Domenica.»
   «Domenica», annuì lui. Quindi, sia pure a malincuore, si costrinse a lasciarla andare, conscio però del fatto che ormai non ci fosse più motivo per tacere ancora.

Che Marinette fosse bella Adrien lo aveva sempre saputo. Guardandola però ora, mentre sedeva da un lato, dopo essere stata imbellettata dalla truccatrice e con il parrucchiere che le sistemava la chioma corvina, era uno spettacolo non indifferente. Sì, anche con i capelli spettinati e pieni di pinzette e forcine colorate, che la facevano apparire quasi un porcospino. Non vedeva l’ora di vederla con indosso gli abiti realizzati da suo padre, ma soprattutto non vedeva l’ora di posare con lei. Lei, che nel giro di poco tempo, e in modo del tutto naturale, era riuscita a conquistarlo con la sua dolcezza e con la forza dei suoi sentimenti. Lei, che ormai era l’unica e sola indiscussa regina del suo cuore.
   Per nulla consapevole di essere oggetto di tante ammirate attenzioni, Marinette sopportava stoicamente in silenzio quello che, a ragione, Adrien aveva più volte definito un supplizio. Di sicuro, rifletteva fra sé, semmai avesse di nuovo preso parte ad un servizio fotografico, lo avrebbe fatto stando dietro le quinte, proprio come monsieur Agreste. Dopotutto era quello il suo sogno professionale, riuscire a portare avanti la propria passione per la moda e, possibilmente, sfondare grazie al proprio talento artistico. C’erano però ancora tante, troppe cose che Marinette ignorava riguardo a quel mondo così vivace e frenetico, pertanto non era davvero pentita dell’esperienza che stava vivendo adesso, anzi: ne avrebbe fatto tesoro perché di certo le sarebbe servita in futuro.
   Tanto per cominciare, quando era scesa dall’auto di Adrien, era rimasta con tanto d’occhi: davanti all’entrata del parco aveva trovato ad attenderla non soltanto Nathalie, con il suo immancabile tablet in mano, ma anche buona parte della troupe che si stava già dando da fare per portare l’attrezzatura necessaria sul luogo scelto tempo prima da monsieur Vincent. Quest’ultimo era arrivato forse prima di tutti gli altri e aveva già montato i faretti e il pannello riflettente; adesso era impegnato nella preparazione della propria fotocamera, degli obiettivi e delle schede di memoria per immortalare gli scatti come solo un vero professionista avrebbe saputo fare. Nel giro di pochi minuti, non distante dal punto in cui si era sistemato lui, erano stati allestiti due gazebo pieghevoli, il cui unico lato aperto era stato poi coperto da una tenda scorrevole. Sarebbero stati i loro camerini, aveva spiegato Adrien, mentre all’interno di quegli spazi chiusi venivano sistemati, oltre ad un tavolo e a delle sedie, due appendiabiti su ruote, rispettivamente pieni di modelli di foggia maschile e femminile. Marinette non aveva fatto in tempo a riempirsi gli occhi di quella meraviglia di colori e stoffe, che subito qualcuno l’aveva presa da parte e portata lontano dal suo compagno, facendola infine accomodare su una sedia da regista per truccarla e acconciarla. Si sentiva un po’ una trottola, scombussolata e fuori luogo, ma in cuor suo sperò che quella sensazione di smarrimento passasse non appena le avrebbero fatto indossare il primo degli abiti a lei destinati.
   Pur bloccata dalle abili mani del parrucchiere, gettò un’occhiata di sbieco in direzione di Adrien che la fissava da lontano con aria assorta e le sorrideva con tenerezza. Arrossì, tornando ad abbassare lo sguardo sulle mani posate in grembo, e si domandò se e quando sarebbero riusciti davvero a parlare da soli, come si erano ripromessi di fare due giorni addietro. Manco a dirlo, quella notte non aveva dormito molto e, all’ansia di dover affrontare con lui un argomento tanto delicato, si era poi aggiunta quella di presentarsi sul set con due occhiaie da far invidia persino al maggiordomo degli Addams. E se Adrien, vedendola in quelle condizioni, l’avesse trovata orribile e avesse cambiato idea circa il loro rapporto? In suo aiuto era giunta l’insostituibile Tikki che, con un sorrisetto divertito, l’aveva rassicurata: «Se è vero che lui è Chat Noir, dovresti poter dormire sogni tranquilli: il suo sconfinato amore per Ladybug è stato ormai eclissato da ciò che prova per te.»
   Non appena Marinette fu libera di muoversi, la invitarono ad entrare nel gazebo e la stessa Nathalie le porse il primo dei modelli da indossare, un abito rosso con il corpetto aderente e la gonna a campana, con la sottogonna nera in tulle che faceva capolino dall’orlo inferiore. «Metti anche questi», le disse, lasciandole su un tavolino anche un paio di graziosi orecchini dal piccolo pendente a forma di cuore.
   Troppo estasiata dalla bellezza e dalla qualità dell’abito, lì per lì la ragazza si limitò ad annuire e tornò in sé solo quando Nathalie chiuse la tenda alle proprie spalle. «Diamine…» borbottò, mentre Tikki usciva allo scoperto. «Non posso togliere il miraculous
   «E come potrai evitare di farlo?» domandò la creaturina, incuriosita più che preoccupata.
   «Mi inventerò qualcosa», ponderò Marinette, iniziando a togliere i propri indumenti. Benché fosse una bella giornata, l’aria era comunque fresca e ciò la fece rabbrividire. Ripensò al modo in cui Adrien l’aveva guardata fino a poco prima e fu assalita da una vampata di calore. Avrebbero infine affrontato l’argomento? Se non lo avesse fatto lui, decise fra sé la ragazza, lo avrebbe fatto lei. Non era più possibile rimandare, il suo cuore aveva bisogno di trovare pace.
   «Devo dirglielo», esordì dopo qualche attimo di silenzio, mentre infilava i piedi nella sottogonna di tulle. «In modo indiretto, ma devo farglielo capire. Non è giusto che io sia l’unica a sapere la verità.»
   Tikki batté le palpebre, stupita da tanta determinazione – la stessa che Marinette mostrava quasi soltanto quando indossava i panni di Ladybug. «E se non fosse lui?»
   «Proprio per questo non posso essere troppo diretta», spiegò l’altra. «Se mi sbaglio, allora non capirà. Mi prenderà per pazza e finirà tutto.»
   «Sei sempre melodrammatica.»
   Si lasciò scappare un risolino, in parte isterico. «Adrien non è stupido.» Si fermò e si corresse: «Contrariamente a quanto, alle volte, sembri in apparenza.» Fu Tikki, ora, a ridere. «Certo che ci si impegna parecchio…» scherzò ancora Marinette, facendo scivolare l’abito dalla gruccia. «Ma lo amo così com’è. Difetti compresi. D’altra parte, anch’io ne ho un’infinità.»
   «Vuoi dirglielo solo per questo?» la interruppe la sua amica, osservando con quanta cura lei cercava di indossare il vestito senza rovinarlo. La ragazza non rispose, non subito, e il kwami si sentì autorizzato a continuare. «Hai bisogno di metterti il cuore in pace.»
   «Adrien lo ha già fatto», le diede infine ragione Marinette, arrestando per un attimo i propri movimenti. «Ha rinunciato alla ragazza di cui era innamorato e ha rivolto le sue attenzioni verso di me.»
   «In modo sincero, aggiungerei, vista la faccia che ha fatto quando Joël ti si è dichiarato», le fece coraggio Tikki.
   «E anche Chat Noir ha deciso di voltare pagina, lasciandosi alle spalle l’amore a senso unico per Ladybug – e cioè per me – quando si è reso conto di essersi seriamente interessato ad un’altra ragazza.»
   «Che poi saresti sempre tu.»
   «Ho bisogno di sapere se sono la stessa persona o meno.»
   «Perché? Cosa cambierebbe?»
   Marinette calò le ciglia sul viso e, facendosi coraggio, pigolò: «Non potrei sopportare l’idea di amare due persone allo stesso tempo.»
   Lo aveva ammesso ad alta voce, finalmente. Tikki sorrise di cuore e le si fece più vicina, attirando la sua attenzione e fissandola dritta negli occhi. «Sono fiera di te, Marinette.»
   «Sono una doppiogiochista…» piagnucolò lei, sentendo tutto il peso di quella colpa.
   «Non mi pare tu abbia fatto nulla di male, fino a questo momento.»
   Questo era vero, ma rimaneva il fatto che, per evitare di cadere in errore, avrebbe dovuto necessariamente scoprire la verità. Strinse le labbra e tirò su la lampo sul retro del corpetto. «Vado e lo faccio mio.»
   Con quell’epica e fraintendibile frase, indossò un paio di ballerine rosse che Nathalie le aveva lasciato da parte e scostò la tenda con un colpo secco, costringendo Tikki a nascondersi in fretta e furia. «Sono pronta», dichiarò risoluta, proprio mentre anche Adrien usciva dal proprio spogliatoio.
   La squadrò da capo a piedi, rimanendo incantato una volta di più dalla sua bellezza e si lasciò scappare un più che sentito: «E sei fantastica.» Marinette avvertì di colpo le ginocchia tremare e quasi scappò di nuovo all’interno del proprio gazebo. Fu lo stesso Adrien ad impedirle la fuga, ridendo e afferrandola per un polso. «No», le disse in tono divertito e deciso a un tempo. «Avevi detto domenica», le ricordò quasi con dispetto. «Oggi non mi scappi.»
   Nathalie li intercettò prima che potessero presentarsi davanti a monsieur Vincent. «Gli orecchini», disse soltanto, dal momento che al suo occhio vigile non sfuggiva quasi niente.
   Ricordandosene solo in quel momento, Marinette fu assalita per un attimo dal panico; ma poi il suo istinto la salvò, come sempre. «Sono allergica», si inventò su due piedi. «Mi sono dimenticata di dirvi che non tollero i comuni orecchini. Ho bisogno di quelli speciali. Quelli che indosso me li ha portati mia nonna dall’Italia.»
   «Anche questi sono anallergici», ribatté la donna, atona e monoespressiva, porgendole il paio che monsieur Agreste aveva scelto per lei.
   Presa in trappola e non sapendo che pesci prendere, Marinette rivolse un appello silenzioso e disperato al suo Adrien che, alla vista di quegli occhioni supplici e luccicanti, ebbe la netta sensazione che ogni viscera del proprio corpo si fosse appena liquefatta. Non capì più niente. «Sono…» La voce gli uscì gracchiante. Si schiarì la gola e si voltò verso l’assistente di suo padre. «Sono davvero così importanti?» domandò, cercando di intercedere per l’amica – e di recuperare parte della lucidità mentale che gli era venuta meno. «Marinette ha i capelli sciolti. Quegli orecchini neanche si noteranno.»
   Davanti a quello sguardo, innamorato e desideroso di approvazione, Nathalie fu costretta ad incassare un colpo allo stomaco: a dispetto delle apparenze, aveva il cuore tenero ed era sinceramente affezionata a quel ragazzo problematico. Chiuse gli occhi e sospirò. «Monsieur Vincent vi sta aspettando.»
   Ringraziandola di cuore, Adrien scattò verso il fotografo, trascinando Marinette con sé. Sarebbe stato un giorno bellissimo, si diceva, mentre godeva di quel piccolo, semplice contatto fisico con la ragazza che amava. Neanche a farlo apposta, o forse sì, monsieur Vincent venne in loro aiuto, facendoli passeggiare lentamente nell’area circostante, come se fossero ad un appuntamento di tipo romantico. Poi li fece sedere sul prato e una giovane signora della troupe accorse a sistemare ad arte la gonna di Marinette attorno al corpo di lei, in modo da darle un certo tipo di effetto. Dapprima i ragazzi guardarono verso l’obiettivo, poi verso l’orizzonte, e infine il fotografo chiese loro di attendere in quella posizione per qualche minuto, giusto il tempo di settare meglio la macchina e di trovare una luce migliore. Rassegnati all’idea di dover rimanere fermi lì dov’erano, i due si scambiarono uno sguardo felice e imbarazzato al contempo, mentre Adrien prendeva la mano di Marinette nella propria, non soltanto per rassicurarla. «Sapevo che saresti stata perfetta per questo lavoro.»
   «Non è davvero ciò che vorrei fare in futuro.»
   «Lo so, e mentre tu cucirai i tuoi modelli, io li indosserò davanti al pubblico. Vedrai, avremo un successone e diventeremo straricchi.»
   «Io diventerò straricca», precisò la ragazza, ridendo. «Tu lo sei già.»
   Adrien la ignorò. «Ci faremo costruire una villa in Costa Azzurra e ci andremo tutte le estati.» Parlava come se avesse già un’idea ben chiara sul loro futuro. Insieme. «Con il nostro criceto.» Marinette scoppiò a ridere di nuovo e lui si beò di quel suono che gli riempiva le orecchie di gioia. Si sporse nella sua direzione e le sfiorò la guancia con un bacio, facendola rabbrividire. «Posso dirtelo, adesso?» le sussurrò quasi all’orecchio.
   Col cuore che batteva furioso in petto, lei ci mise un attimo prima di riuscire ad articolare una risposta di senso compiuto. «Prima, però, sono io che dovrei dire qualcosa a te.»
   «Non può essere più important…»
   «Il crisantemo.» Il giovane tacque di colpo e sgranò gli occhi, fissandola come se non la vedesse realmente. Marinette inspirò e infine soffiò fuori ciò che non riusciva più a tenere solo per sé: «Se non lo hai visto accanto alla rosa e alla margherita, l’ultima volta che sei stato da me, è solo perché l’ho messo in un angolo nascosto della scrivania.»
   Ci volle qualche istante prima che quelle parole prendessero forma nella mente di lui; tuttavia, quando lo fecero, portarono con sé anche un’altra, meravigliosa verità. Fu allora che Adrien non rispose più di sé e le saltò letteralmente addosso, inchiodandola con le spalle al prato e sovrastandola con il proprio corpo, rimasto sospeso su di lei. La fissò dritta negli occhi e disse solo: «Sposami.»












Appena ieri avevo annunciato su Wattpad che per questa settimana non avrei aggiornato. Ma poi mi sono resa conto che avevo bisogno di respirare dagli impegni che mi stanno sfiancando e, soprattutto, che mi dispiaceva lasciare voi lettori in attesa proprio sul finale della storia. Quindi eccomi inaspettatamente qui, spero che la cosa non vi dispiaccia. Quanto all'epilogo, se tutto va bene dovrei postarlo sabato: sarà breve, ma metterà davvero fine a questa fanfiction che ho portato avanti per diversi mesi.
Perdonate i miei ritardi e le mie assenze, dalla settimana prossima dovrei tornare del tutto attiva come un tempo.
Un abbraccio e grazie di cuore a tutti voi, siete meravigliosi! ❤️
Shainareth





  
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