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Autore: Kaiyoko Hyorin    07/03/2019    1 recensioni
L'epoca Sengoku ha un fascino tutto suo, ma molte creature di quella stessa epoca non sembrano coglierlo minimamente, troppo impegnate a prevaricare le une sulle altre nella costante lotta per la sopravvivenza. Ma non vi è solo odio, sangue e morte in quel mondo, Inuyasha e i suoi amici lo hanno già capito. E se la storia non si fosse conclusa così come noi la conosciamo? E se il destino dovesse impedire a Koga di ottenere ciò che brama con tutto sé stesso?
TEMPORANEAMENTE SOSPESA!
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Dal testo:
[ L'odio e la rabbia avvamparono dentro di lei. Odio per ogni demone esistente sulla terra, per ciò che le avevano fatto in passato e che le stavano facendo in quel momento. In quel preciso istante, la mente offuscata dal dolore e dall'eco di una crescente disperazione, disprezzò con tutta sé stessa lo stesso sangue che le scorreva nelle vene.
Perché se non fosse stato per quello, non avrebbe mai finito per trovarsi in quella situazione.
]
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Koga, Nuovo personaggio | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.::[. LA TRIBU' YORO .]::.



Il primo suono che la strappò dal suo sonno fu, ancora una volta, il rumore d'acqua corrente.  Tuttavia i suoi sensi registrarono quasi subito una netta differenza in ciò che la riguardava, giacché l'intorpidimento dolorante che l'aveva tormentata la volta precedente era scomparso. La stanchezza però non tardò a manifestarsi non appena tentò di tirarsi su, impedendole di muovere agevolmente gli arti.
Nonostante la debolezza tentò ugualmente di mettersi a sedere, ma fu in quel momento che il dolore tornò a tormentarla ad altezza del ventre, facendole digrignare i denti. Cauta, allora puntellò le pellicce coi gomiti, immobilizzandosi per riprendere fiato e cercare di far passare quella scarica dritta alle tempie.
Un uggiolio la distolse dai propri tormenti, facendola voltare verso il lupo che le stava accucciato accanto. Incrociandone lo sguardo intelligente, Juri si ritrovò a inarcare un sopracciglio.
Fantastico: pure un guardiano aveva adesso.
L'animale mosse le orecchie, svettanti dritte sul capo, e la sua coda pelosa iniziò a spazzare il pavimento in pietra.
– Ehi, bello.. ci sei solo tu? – esordì senza pensare verso la sua nuova guardia personale.
Oh, ora si metteva pure a parlare coi lupi! Forse stava definitivamente uscendo di testa. Forse era tutta un'allucinazione della sua mente: in realtà era ferita e in fin di vita nel bosco e non le rimanevano che pochi interminabili minuti di agonia.
Sbuffò, scuotendo leggermente il capo alle proprie elucubrazioni mentali.
Doveva darsi un contegno e schiarirsi le idee. Con una buona dose di fatica finì di mettersi seduta, avendo cura di premere una mano sopra le bende, lì dove quella ferita l'aveva condotta quasi al limite, quindi si ravvivò con una mano i capelli, finendo per litigare coi spessi nodi che si erano creati durante la sua incoscienza.
Di nuovo il lupo uggiolò in sua direzione, richiamandone l'attenzione, e la ragazza tornò a guardarlo.
Anche se erano affini per natura, questo non significava che i lupi le stessero in qualche modo più simpatici degli altri animali. Aveva imparato a diffidare di ogni cosa nella sua inutile esistenza fatta di continue battaglie per la sopravvivenza, indiscriminatamente dalla situazione o dalla natura delle creature che la circondavano. La sua filosofia di vita era piuttosto semplice: mangia o verrai mangiato.
Anche se, ad essere sinceri, non aveva mai avuto problemi coi lupi. D'altra parte, era una mezzodemone-lupo.
I suoi tratti demoniaci erano retaggio della nobile stirpe di suo padre, un demone che, stando ai racconti di sua madre, proveniva dal Continente oltre il mare. Non aveva alcun ricordo nitido di lui, solo un'ombra sfuocata colmava la sua mente quando tentava di rammentarne i tratti o qualche altro dettaglio, ma sapeva da quanto dettole più volte trattarsi di un demone-lupo fiero, dalla folta pelliccia bianca ed una forza incontrastabile.
Peccato che poi se ne fosse tornato nel Continente e avesse lasciato lei e sua madre lì alla mercé di quel mondo crudele.
Il risentimento per l'abbandono che aveva segnato la sua giovane vita le fece digrignare i denti e serrare la mano destra a pugno, lì vicino alle bende. Semmai le fosse capitato di rincontrarlo, lo avrebbe ammazzato con le proprie mani.
– Dovresti rimanere distesa ancora un po', le ferite potrebbero riaprirsi.
Sollevando di scatto lo sguardo, Juri si ritrovò a spalancare gli occhi ambrati sulla figura del demone di nome Koga, ritto in piedi accanto al lupo di guardia. Alle sue spalle altri tre lupi lo avevano seguito e ora se ne stavano a osservare la scena a debita distanza.
Non si era minimamente accorta del suo arrivo.
Il demone, con noncuranza, gettò un osso mezzo spolpato al suo servo senza deviare la sua attenzione da lei. L'animale si alzò con un balzo e si avventò sulla ricompensa per il suo operato senza indugio, rosicando l'osso con famelici schiocchi di zanne. Juri si corrucciò in viso.
– Mi sento abbastanza in forze per alzarmi.. – ribatté, guardinga ma combattiva. Non sapeva ancora con chi aveva a che fare, non poteva abbassare la guardia per nessun motivo – ..sono stufa di starmene chiusa in questo buco.
– Tsk! – fece lui seccamente, mostrando le zanne. Inaspettatamente le si sedette al fianco, fronteggiandola alla sua stessa altezza, le braccia conserte – Non credo proprio.. e vedi di portare rispetto all'antica dimora della Tribù Yoro, ragazzina!
Quelle ultime parole risuonarono nella piccola grotta, rimbalzando aspre sulle pareti rocciose, e la mezzodemone avvertì l'irritazione ed il disagio crescere in lei. Dopo una manciata di secondi passata a sostenere lo sguardo accusatorio e intransigente del demone, ella dovette demordere, abbassando lo sguardo a terra.
Si morse il labbro con i canini, andando a stringere con ambo le mani le coperte nel tentativo di sfogare parte della propria insofferenza all'idea di dover ancora restare ferma in quel giaciglio, in condizioni che tanto le rammentavano una prigionia forzata. Eppure, non aveva scelta: non era ancora in condizioni di ribellarsi né di riscattare il proprio orgoglio ferito.
Era ancora troppo debole..
– Su, vieni, se proprio vuoi uscire.
Le orecchie le si rizzarono sul capo e con nuova sorpresa Juri si ritrovò a fissare la mano del demone-lupo protesa verso di lei in un tacito invito. Sbattendo più volte le palpebre, incerta e incredula per il trattamento che l'altro le stava riservando, sollevò gli occhi ambrati sul suo volto.
Austero e fiero, Koga sfoggiava un'espressione seria e determinata, ma nel suo sguardo, per un solo primo istante, ella credette di scorgere qualcos'altro dietro quel muro di fredda indifferenza con cui la guardava.
Con titubanza accettò quanto da lui offertole e ne afferrò l'arto, ma non fece in tempo a provare a tirarsi in piedi che quello la tirò su di peso con sé. La repentinità del gesto la prese alla sprovvista e per riflesso ella si aggrappò alla prima cosa che le capitò sotto mano mentre il mondo intorno a lei prese a vorticare. L'istante seguente, non appena riuscì a rimettere a fuoco la vista, si ritrovò sospesa fra le sue braccia, completamente avvinghiata al collo di lui e con ogni muscolo del corpo talmente teso da impedirle di respirare.
Rendendosi conto della situazione, Juri avvertì gli strascichi di un panico latente avvinghiarle l'animo, ma il suo stesso istinti di sopravvivenza le impedì di allentare la presa. Costretta a fidarsi, col battito frenetico del proprio cuore ad assordarla, rimase immobile alla mercé di quel demone sconosciuto mentre questi la portava all'esterno.
Una volta che entrambi vennero inondati dalla luce del sole, la mezzodemone dovette sbattere più volte le palpebre per evitare che tutta quella luminosità le ferisse gli occhi, ma non appena l'aria pulita le riempì i polmoni si rese conto per la prima volta, dopo due giorni, di quanto fosse fortunata ad essere viva.
Con una dolce brezza a carezzarle il viso, Juri allentò progressivamente la stretta, permettendo al capobranco dei demoni-lupo di muoversi più agevolmente nello spiazzo che delimitava il corso del torrente.
Cercò subito di guardarsi intorno, mossa dal proprio istinto di autoconservazione, ma ben presto si rese conto non vi fosse nessuna vera minaccia nei paraggi, così lasciò spazio alla curiosità non appena il capobranco la mise giù.
Seduta su un masso di modeste dimensioni, non appena l'altro tornò a farsi indietro la ragazza constatò di trovarsi alle pendici di un'altura rocciosa costellata di vegetazione. La nuda pietra in quel tratto era esposta ai caldi raggi del sole del pomeriggio, i quali tingevano di riverberi il vivace corso d'acqua che delimitava lo spiazzo e si perdeva fra le rocce nella sua discesa verso valle. Il torrente scorreva nel suo letto passando proprio accanto all'ingresso della grotta dalla quale erano usciti, originato da una cascata di modeste dimensioni.
Nella montagna ella distinse, nelle immediate vicinanze, la presenza di altre cavità naturali create dall'acqua e dalle intemperie e apparentemente disabitate, eccezion fatta per i lupi. Ritrovandosi a soffocare la propria curiosità, Juri tornò a cercare Koga con lo sguardo, ritrovandolo a pochi passi di distanza.
S'era accostato a quelli che parevano proprio i resti di un focolare sul quale svettava ancora parte di una grossa carcassa. Non appena il profumino di carne cotta le arrivò alle narici, la mezzodemone si ritrovò a lottare con l'acquolina in bocca.
Stava morendo di fame.. chissà da quanto tempo non mangiava?
Lo stomaco ebbe l'insana idea di iniziare a borbottare, facendola sussultare per il dolore relativo alla contrazione dei muscoli dell'addome. Quella tortura non durò molto, il capobranco poco dopo, senza una parola, le offrì una generosa porzione di carne ancora attaccata all'osso e lei non si fece pregare: lo afferrò e ne staccò un pezzo con un gran morso che le fece colare il grasso caldo lungo il mento.
Il sapore le parve talmente squisito da farle venire le lacrime agli occhi.
– Allora... che ti è successo? – esordì intanto il demone-lupo, sedendole di fronte e osservandola.
Sotto il suo sguardo inquisitorio per un attimo lei si sentì terribilmente in imbarazzo. Non era abituata alla compagnia, non aveva mai avuto nessuno con cui mangiare, non da quando era morta sua madre. Da allora erano passati anni e anni. Non era certa nemmeno di ricordare bene quei tempi, era ancora una cucciola.
A quel punto si rese effettivamente conto di quanta foga avesse dedicato all'opera di spolpamento e non faticò affatto a paragonarsi al lupo cui poco prima Koga aveva gettato l'osso.
Avvampò ancor di più in viso.
– Cosa vorresti dire? – gli domandò, più scontrosa di quanto avrebbe voluto a causa del proprio disagio interiore.
Deviando il proprio sguardo per ignorare quello di lui, la mezzodemone tornò a guardarsi attorno stabilendo una volta per tutte l'assenza di altri demoni nelle vicinanze: erano solo loro due. E i lupi che, accucciati sotto il sole, la stavano fissando a loro volta.
Ecco altri sguardi da ignorare.
– Intendo cosa ti ha ridotta così.
Juri smise di masticare e tornò a fissare Koga, indecisa se prenderlo sul serio o ridergli in faccia. Davvero si aspettava che lei spiattellasse i propri affanni al primo venuto? Era un lupo, aveva un onore da difendere!
– Svegliati, lupacchiotto! – ribatté seccamente, arricciando il naso in una smorfia – Nel caso tu non te ne fossi accorto, sono una mezzodemone! Dovrebbe essere una spiegazione più che sufficiente.
La reazione del demone-lupo fu appena distinguibile ma Juri la colse distintamente. Lo vide cambiare leggermente espressione, più freddo e ferino di quanto le fosse apparso sino a pochi istanti prima, e per un istante ella temette di aver esagerato.
Quello sguardo fece scattare automaticamente ogni muscolo della mezza, che quasi senza rendersene conto aveva stretto l'osso fra i denti e si era accovacciata sulla propria pietra, pronta a saltare via al minimo accenno di movimento da parte del demone-lupo. Gli anni trascorsi sempre in continua allerta l'avevano dotata di un istinto di sopravvivenza più sensibile di chiunque altro, di riflessi disumani, notevoli anche per un demone completo.
Il silenzio si prolungò alcune manciate di secondi, un silenzio carico di tensione. Si guardarono entrambi negli occhi per tutto il tempo, Juri sulla difensiva, non sapendo bene cosa aspettarsi ma abbastanza razionale da sapere che comunque fosse andata alla fine sarebbe stata lei a soccombere. In quel momento non potevano esservi paragoni fra lei e il demone.
Si pentì di aver utilizzato un approccio tanto irriverente, seppur non fosse certa dell'improvviso cambiamento del demone-lupo. Strano che un'ostilità simile fosse nata esclusivamente dalle sue parole. Forse il fatto che fosse una meticcia lo disgustava più di quanto in realtà desse a vedere.
I secondi si protrassero e alla fine quell'immobilità venne infranta dal ritorno di Ginta e Hakkaku, che chiamarono a gran voce il loro capo. Koga, come ripresosi dal groviglio dei suoi stessi pensieri, si alzò senza una parola e andò loro incontro con un balzo, frenando il proprio slancio senza apparente sforzo.
Era davvero agile e veloce.
Sì, in uno scontro corpo a corpo lei avrebbe avuto la peggio, senza ombra di dubbio.
– Allora? Cosa avete scoperto? – domandò loro il demone-lupo senza troppi preamboli, le mani sui fianchi mentre parlava coi suoi fratelli. Era voltato di spalle, cosicché Juri non poté vedere l'espressione che rivolgeva a loro.
– Non sembra esserci alcuna traccia del ritorno delle Paradisee – rispose subito Ginta.
– Sì, esatto.. abbiamo perlustrato la zona intorno ai confini e poi ci siamo arrischiati ad addentrarci nel loro vecchio territorio, ma non v'è alcun segno della loro presenza – aggiunse Hakkaku, prima di continuare – ..ma c'è un'altra cosa.
– Cosa?
– ..ci sono tracce di un altro demone che sembra aver fatto di quella vetta la sua dimora.. – riprese il primo col ciuffo moro, prima di estrarre da sotto la pelliccia una squama – ..e questa l'abbiamo trovata a valle, alle pendici delle montagne, sotto l'altopiano.
Koga rimase a esaminare la scaglia, grossa quanto la sua mano, per alcuni secondi prima di dare le proprie disposizioni, e la sua voce risuonò nuovamente nell'aria decisa e autoritaria.
– Che nessuno si avvicini a quell'altopiano e si tengano sotto stretta sorveglianza i nostri confini. Che niente e nessuno li varchi senza che io lo venga a sapere!
– Sì capo! – esclamarono all'unisono entrambi i demoni-lupo, prima di sparire di nuovo fra la vegetazione dall'altro lato del fiume.
Quando furono scomparsi Juri tornò a spolpare il proprio osso con foga, sperando che così facendo il demone rimasto non si accorgesse dell'interesse che l'aveva indotta ad ascoltare tutta la conversazione.
Appena Koga si volse di nuovo verso di lei però i suoi occhi erano bassi su ciò che stringeva in mano e l'espressione del suo volto era pensierosa, quasi cupa. Sotto lo sguardo attento della ragazza, egli prese a camminare lentamente sotto la tiepida luce del sole primaverile apparentemente incurante della sua presenza, cosa che le permise di osservarlo in ogni dettaglio per la prima volta alla luce del giorno.
Il demone-lupo aveva lunghi capelli neri, raccolti in una coda alta che ondeggiava al ritmo del suo incedere, e una bandana in pelliccia bruna che gli fasciava la fronte. I suoi occhi erano di un azzurro intenso tanto quanto lo era il suo sguardo mentre esaminava la scaglia portatagli dai suoi compagni, rigirandosela fra le mani artigliate. Prestante, con un fisico asciutto e muscoli definiti che lasciavano ben pochi dubbi su quale fosse la sua forza, si muoveva con la grazia e la sicurezza di un predatore.
Aveva orecchie a punta, come tutti i demoni superiori. Calzava gambali in pelle di lupo, come era di lupo anche il resto del suo vestiario, mentre intorno al busto sfoggiava un pettorale in cuoio nero e metallo. Assicurata al fianco sinistro portava una spada, una semplice katana.
Lui parve accorgersi dello sguardo di lei e si volse a guardarla, prendendola in contropiede e facendole voltare il capo in tutta fretta dall'altra parte. Si sentì avvampare in viso, non tanto per l'essere stata scoperta a studiarlo quanto per l'interesse con cui si era riconosciuta nel farlo.
– Dove.. – tentò di domandargli, per sviare l'attenzione da sé stessa – ..dove sono gli altri? I membri del vostro Clan intendo.
Alla domanda vi fu nient'altro che silenzio in principio. Un silenzio che durò abbastanza da indurla a sollevare di nuovo gli occhi ambrati sul suo interlocutore con una nota interrogativa. Fu a quel punto che notò l'espressione tesa del demone e quei suoi occhi, prima di un colore tanto vivido, ora erano velati di una tonalità cupa.
E capì.
– Sono morti – mormorò, rispondendosi da sola.
Koga annuì con un cenno del capo, tornando a guardarla.
– .. fu una sporca trappola di un maledetto mezzodemone – affermò, digrignando le zanne. La mano in cui stringeva quella scaglia si irrigidì, stritolandola nel palmo tanto da intaccarne la superficie con gli artigli.
Di fronte a lei, nonostante i due metri di distanza a separarli, l'aura demoniaca del demone-lupo sembrò destarsi intorno a lui, richiamata dal rancore e dall'ira che si portava dentro. Sentendosi venire la pelle d'oca, Juri tornò ad irrigidirsi sulla roccia, resistendo a stento all'impulso di sottrarsi a quell'emanazione di potere demoniaco.
– Un.. mezzodemone? – ripeté, suo malgrado, perché il silenzio che era calato stava minacciando di soffocarla, ma se ne pentì l'istante seguente.
Sotto lo sguardo allarmato di lei, la scaglia che Koga teneva fra le dita cedette con uno schiocco secco sotto la pressione dei suoi artigli, facendola sussultare. Tuttavia, l'istante seguente, la voce del demone-lupo risuonò più calma e fredda.
– Sì. Il suo nome era Naraku.
La ragazza lupo sentì un brivido risalirle lungo la spina dorsale al suono di quel nome, ma non sapeva bene se questa reazione fosse dovuta al modo in cui il capobranco l'aveva pronunciato o a un presentimento.
Quel nome, nonostante tutto, non le era sconosciuto. Nel corso della sua breve vita aveva avuto modo di sentire delle storie su un certo Naraku, echi di come la sua crudeltà avesse dilaniato i territori a meridione di quelli in cui ella si era ritrovata a vagabondare.
Con crescente disagio, si rese effettivamente conto di ciò che Koga le stava rivelando. Si umettò le labbra con la punta della lingua, prima di parlare di nuovo.
– Ed ora, che fine ha fatto?
– È morto.
Quelle uniche due parole la presero nuovamente in contropiede, facendole sbarrare le palpebre, ma non seppe se esserne sollevata o inquietata. Un mezzodemone aveva sterminato il branco di colui che le si stagliava di fronte ed ora quello stesso mezzodemone era morto.
– Ah.. quindi, tu...? – non completò la propria domanda che lui la anticipò.
– No – la interruppe, brusco, l'espressione corrucciata e le zanne demoniache di nuovo esposte – Non siamo stati noi a ottenere la nostra vendetta, lo ha fatto fuori uno stupido botolo ringhioso! – e se possibile, Koga pronunciò quelle ultime parole con un tono talmente astioso che gli uscì in un ringhio, stagliandosi di fronte a lei rigido di furia repressa.
Di nuovo senza parole, Juri deglutì a vuoto, osservandolo tenere lo sguardo iracondo fisso a terra. Non fece in tempo a ritrovare il proprio coraggio che quel momento ebbe fine e Koga si mosse senza più rivolgerle alcuna attenzione. Quando lo vide in procinto di sparire dietro il getto della piccola cascata, la ragazza lupo parve riscuotersi.
– Ehi! Ma.. dove vai?!
– Se vuoi tornare dentro aspetta Ginta e Hakkaku. Saranno felici di aiutarti.
Non le disse altro prima di scomparire oltre il getto d'acqua, sfoggiando un fare arrogante e scostante che non fece altro che farla indispettire.
Ma... ma che modi erano?!
Juri rimase lì a ringhiare per un po', sentendo montare la collera e lasciandola sfogare in quel cupo brusio che le nasceva dal fondo della gola, finché non fu la ragione a placarla. Nella brezza del pomeriggio inoltrato, ella si ritrovò a pensare a quel che aveva appreso quel giorno sul clan di demoni che l'aveva aiutata e sul suo capobranco, e finì per emulare un sospiro insoddisfatto.
Non le era ancora chiaro come mai le avessero salvato la vita, ma non sembravano malvagi dopotutto.
Certo, il loro capo era un po' lunatico, ma era comunque un demone-lupo e non poteva dargli torto: a quanto aveva capito non era riuscito a vendicarsi su colui che gli aveva sterminato la famiglia, né era riuscito a riscattarsi. Non si sarebbe sorpresa se avesse presto avuto la conferma che non sopportasse i mezzodemoni. 
Lasciando vagare lo sguardo ambrato per l'ambiente, si accorse di avere ancora addosso gli sguardi dei lupi che sostavano pacificamente sotto il sole.
– E voi che avete da guardare?!
In tutta risposta quelli rimasero immobili a fissarla, comportamento che la fece sospirare, rendendosi conto dell'assurdità delle sue pretese. Come se dei semplici lupi potessero rimanere intimoriti da lei, soprattutto nelle condizioni in cui era!
Dovette riconoscere con sé stessa, esaminandosi, di essere in uno stato pietoso: le pellicce che aveva usato per farsi degli abiti erano ridotte a stracci laceri e incrostati di sporcizia. Lei stessa aveva bisogno di un bel bagno.
Con occhio critico esaminò lo stato del proprio abbigliamento: lo aveva fabbricato lei stessa cucendo insieme dei ritagli di pelliccia di un orso che aveva cacciato personalmente. Si era così fabbricata una fascia per il seno, un giustacuore con monospalla in cuoio, una gonna ed un paio di polsini.
Venne risvegliata dalle proprie oziose riflessioni dall'avvicinarsi di uno di quegli stessi lupi che s'erano tenuti in disparte sino a quel momento. Osservandolo con una nuova curiosità, alla mezzodemone parve di riconoscere lo stesso che aveva trovato al proprio fianco al suo risveglio.
L'animale avanzò guardingo, annusando l'aria in sua direzione, finché non arrivò abbastanza vicino da poter quasi essere toccato, se lei avesse allungato il braccio. Tuttavia Juri non tentò di farlo, si limitò a sollevare la mano sinistra col palmo rivolto in sua direzione, concedendogli il permesso di avvicinarsi ancora e di annusarla meglio.
Non ci volle molto.
Il lupo, dopo un istante, sfiorò col tartufo la pelle del palmo della ragazza e dopo una curiosa annusata le riservò una generosa serie di lappate . Sussultando appena la lingua della bestia le bagnò tutta la mano, alla mezzodemone occorse una manciata di secondi prima di riscuotersi e rendersi effettivamente conto di cosa significasse. Quando l'animale le si accuccio accanto, ogni dubbio venne fugato: era stata riconosciuta ed accettata come parte integrante del branco.
Aveva già visto in comportamento simile tempo addietro. Nella sua solitudine aveva avuto la fortuna di osservare un branco di lupi che accoglieva fra le sue fila un nuovo membro, così come ne aveva riconosciuto il fare tipicamente protettivo verso le femmine ed i piccoli del branco.
Chissà se quel lupo l'avrebbe riconosciuta anche trasformata in umana?
La notte in cui ciclicamente perdeva i propri poteri demoniaci era vicina e, per allora, avrebbe fatto meglio a trovarsi molto lontano da quel luogo e dai demoni che lo popolavano.
Non poteva correre rischi.
Per questo viaggiava sempre armata: i pochi che erano stati tanto sprovveduti da sorprenderla in tali occasioni erano finiti tutti all'aldilà. Non poteva lasciare testimoni.
Un fruscio preannunciò il ritorno dei due demoni-lupo della Tribù Yoro, che di lì a poco sbucarono dalla vegetazione con passo tranquillo e la consueta espressione sorridente, apparentemente privi di preoccupazioni.
– Ehi! – li richiamò subito Juri, senza perdere altro tempo – Potete darmi una mano a tornare dentro?
Doveva riposare più che poteva, così da guarire il più in fretta possibile. Se andava tutto come previsto, nel giro di un paio di giorni al massimo sarebbe tornata alla sua vita. Certo, non prima di aver ricambiato il favore: non era un'ingrata, sapeva di dover ripagare almeno in parte il proprio debito nei confronti di quei demoni e avrebbe fatto ciò che era nelle sue possibilità.
Anche se covava rancore nei confronti del proprio padre, sua madre era riuscita a infonderle nell'animo l'orgoglio e la fierezza di appartenere alla propria stirpe demoniaca e non aveva alcuna intenzione di infangarne il nome, comportandosi disonorevolmente.
In più, con un po' di fortuna, si sarebbe fatta raccontare da Ginta e Hakkaku tutta la loro storia, nei minimi particolari.
Doveva per forza saperne di più.


Non sapeva nemmeno come era riuscito a sopportare la sua presenza, fin'ora. Sebbene il suo odore non fosse sgradevole neanche la metà di quello di quel maledettissimo mezzodemone-cane, i suoi occhi sotto la luce sembravano identici: stessa tonalità d'ambra, stessa altezzosità.
Eppure, per un primo attimo se lo era dimenticato, di aver a che fare con una mezzodemone!
Koga si voltò dopo averla osservata fare amicizia con i lupi al suo seguito, digrignando i denti in una smorfia carica di disappunto. La velocità con cui i servi del branco avevano iniziato ad accettarla era inspiegabile. Avrebbe dovuto metter subito le cose in chiaro, di modo che la cosa finisse lì.
Addentrandosi nell'antro che era la tana del loro Clan dell'Ovest, si lasciò ricadere disteso su quello che era il proprio pagliericcio, posto proprio in fondo alla caverna. Chiudendo gli occhi, rimase ad ascoltare il familiare rumore della cascata che celava l'ingresso di quella che per gran parte della sua vita era stata la sua casa. Era mancato per diverso tempo ed ormai quel luogo era divenuto la dimora degli spiriti del suo passato, di quei compagni che non avrebbe mai più rivisto.
Non era stato nemmeno capace di vendicarli, dannazione!
Si voltò su un fianco, dando le spalle all'antro e deviando i propri pensieri su questioni più prossime.
Prima o poi, Inuyasha e i suoi compagni sarebbero venuti a cercarlo per i frammenti che ancora si teneva nelle gambe. E quando questo sarebbe accaduto, avrebbe dovuto aver già risolto le questioni che riguardavano il Clan dell'Ovest e il suo futuro.
Per allora sarebbe stato meglio non avere più quella ragazzina fra i piedi, in ogni caso.
Prima se ne sarebbe andata, prima lui avrebbe potuto organizzare le cose al meglio per mandare Ginta e Hakkaku da qualche altro clan degli Yoro. Per un momento prese in considerazione il Clan del Nord, ma il pensiero di Ayame lo bloccò, impedendogli di soffermarsi sull'eventualità. La giovane demone dai capelli rossi gli era cara, ma sapeva che se avesse condotto i suoi là, ella avrebbe preteso che restasse anche lui e non poteva permetterselo. Finché avesse avuto i frammenti con sé, sarebbe stato sempre un pericolo per i suoi compagni, Naraku o non Naraku.
Inoltre, ben sapeva che quando sarebbe giunto il momento di affrontare quel botolo ringhioso, nessuno dei due si sarebbe risparmiato. Il suo orgoglio ferito e il suo onore di lupo gli impedivano di cedere il potere che quelle piccole schegge gli donavano con facilità, soprattutto al mezzodemone per cui aveva perso la sua donna.
In tutta probabilità, quello che l'avrebbe visto battersi contro Inuyasha, sarebbe stato uno scontro all'ultimo sangue.


Il demone rimase a guardare l'orizzonte sconfinato che era il Mare dell'Est con espressione imperturbabile.
Il vento era teso, i flutti sempre più alti ed incoronati di spuma bianca, ma egli non provava alcun timore, non per un po' di burrasca. Sull'alta scogliera che era l'ultimo baluardo fra l'entroterra e le onde che con perseveranza vi si infrangevano contro, egli abbassò lo sguardo viola ametista sulla Pietra della Vista, rimasta inattiva sin dal momento in cui suo padre gliel'aveva affidata.
“Non vi è più nulla per la nostra Stirpe in queste terre..”
Aveva ragione, sopravvivere nel profondo Nord, con l'avanzare dei cicli, era ormai divenuto impossibile per il branco. Ricordava con impressionante nitidezza come le cose fossero peggiorate rapidamente, di come i loro consanguinei si fossero rivoltati gli uni contro gli altri anziché far fronte comune contro la minaccia che era stata la loro rovina. A nulla era valso il ritorno di suo padre.
Serrando i pugni lungo i fianchi con forza, si incise la pelle dei palmi con gli artigli.
Oltre i confini del mondo, al di là del mare, lo attendeva un compito importante. Qualcosa che il suo onore di lupo gli impediva di trascurare.
Con un movimento fluido e deciso diede le spalle allo strapiombo.
Aveva bisogno di una barca e sapeva dove trovarne una adatta al suo scopo.


...continua.



Ciao e bentrovati!
Come potete notare ho istituito come giorno di pubblicazione il giovedì e cercherò di essere sempre il più puntuale possibile! 
Inizio col ringraziare chi ha inserito questa storia fra le seguite e chi mi ha così generosamente lasciato un commentino *-* grazie mille, sono molto contenta che fin'ora i personaggi (vecchi e nuovi) piacciano! In questo capitolo ne sbuca un altro, come potete vedere... ma chi diamine sarà sto tizio? Prima o poi lo si scoprirà, non temete!
Non mi dilungo troppo, in attesa di un vostro parere anche su questo piccolo capitoletto vi auguro buon weekend <3

baci

Kaiy-chan
   
 
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