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Autore: Kaiyoko Hyorin    01/03/2019    1 recensioni
L'epoca Sengoku ha un fascino tutto suo, ma molte creature di quella stessa epoca non sembrano coglierlo minimamente, troppo impegnate a prevaricare le une sulle altre nella costante lotta per la sopravvivenza. Ma non vi è solo odio, sangue e morte in quel mondo, Inuyasha e i suoi amici lo hanno già capito. E se la storia non si fosse conclusa così come noi la conosciamo? E se il destino dovesse impedire a Koga di ottenere ciò che brama con tutto sé stesso?
TEMPORANEAMENTE SOSPESA!
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Dal testo:
[ L'odio e la rabbia avvamparono dentro di lei. Odio per ogni demone esistente sulla terra, per ciò che le avevano fatto in passato e che le stavano facendo in quel momento. In quel preciso istante, la mente offuscata dal dolore e dall'eco di una crescente disperazione, disprezzò con tutta sé stessa lo stesso sangue che le scorreva nelle vene.
Perché se non fosse stato per quello, non avrebbe mai finito per trovarsi in quella situazione.
]
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Koga, Nuovo personaggio | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.::[. L'ONORE DI UN LUPO .]::.




Un urlo squarciò la quiete della foresta, facendo innalzare in volo gli uccellini e rintanare le bestie che la popolano. Un urlo che non passò affatto inosservato al demone-lupo.
Senza pensarci Koga deviò automaticamente la propria corsa, mentre il turbinio di vento da lui sollevato scosse le fronde degli alberi più vicini. Solitamente un urlo voleva dire guai, e guai volevano dire che ci sarebbe stato da menare le mani.
Il ghigno che gli si formò in volto rifletté egregiamente il suo pensiero al riguardo.
Raggiunse il luogo prefisso in pochi secondi e quando arrestò bruscamente la propria corsa, si ritrovò al centro di un modesto spiazzo erboso nella selva. Appena il vento da lui stesso sollevato si quietò, l'odore di sangue che lo investì era talmente nauseante da sorprenderlo interiormente per non averlo sentito sino a quel momento.
I suoi tormenti interiori dovevano averlo estraniato fin troppo dal resto del mondo.
Lo sdegno gli piegò le labbra in una smorfia nel ritrovarsi dinanzi un intero drappello di demoni inferiori. Le loro fattezze non ricordavano nemmeno lontanamente quelle umane e la delusione si impadronì di lui: aveva sperato in qualcosa di più stimolante per sfogare il proprio malumore.
Quando, l'istante successivo, i suoi occhi azzurri inquadrarono l'unica figura femminile di quella radura, approfittando del momento di stasi creatosi grazie alla sua comparsa, non mancò di esaminarla brevemente. A differenza di quell'altra feccia, sembrava appartenere a una stirpe più nobile degli altri: i lunghi capelli argentei erano incrostati di fango e sangue, come il resto della sua figura, e si reggeva una spalla. La sua espressione era contratta in un ringhio sommesso.
Non sembrava del tutto umana, ma nemmeno era una demone.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dall'attacco del primo di quella feccia ambulante, che Koga evitò senza sforzo con un salto.
– Avete appena firmato la vostra condanna! – ringhiò con astio, prendendo la sua decisione.
Avrebbe sfogato la sua rabbia e la sua frustrazione in maniera pratica e socialmente utile eliminando tali nullità dalla faccia della terra.
Nemmeno il tempo di toccare il suolo che gli altri gli si gettarono addosso all'unisono, con la chiara convinzione di poter avere la meglio grazie ai numeri. Come se una ventina di quegli insetti potesse davvero fare qualcosa contro di lui!
Koga, utilizzando il più vicino per darsi lo slancio, sferrò un possente calcio al successivo e artigliò la gola a quello dopo, lasciando che il suo sangue gli sporcasse le pelli e gli macchiasse il braccio destro. Alle proprie spalle avvertì uno spostamento d'aria e con impressionante velocità balzò in alto, sollevandosi di tre metri dal suolo soltanto per fiondarsi a capofitto sul lungo corpo squamoso del suo aggressore e spezzargli le ossa a suon di pugni.
L'esercizio fisico, seppur risultò breve, giovò al suo umore che era una meraviglia: in breve mandò all'aldilà fino all'ultimo nemico, non lasciandosene sfuggire nemmeno uno. L'ultimo, che cercò di scappare in preda al terrore, non riuscì ad allontanarsi nemmeno di una decina di metri dal luogo dello scontro prima di venir raggiunto e fatto a pezzi dagli artigli del demone-lupo.
Non gli era neanche servito sfoderare la propria Katana contro avversari di così infimo livello, e d'altronde menar le mani si era riconfermato essere piacevolmente rilassante.
Il silenzio che seguì la fine dello scontro gli condusse al fine udito il frusciare del vento fra gli alberi e mitigò in parte il forte odore di sangue che impregnava il luogo.
Senza curarsi del sangue sui propri artigli, Koga tornò sui propri passi, sgranchendosi i muscoli del collo. Non appena sbucò dalla selva in quella piccola radura, i suoi occhi tornarono a vagare fra i cadaveri, rammentandosi di quella demone che aveva scorto prima dell'inizio dei giochi.
Doveva essere stata sua la voce che lo aveva condotto lì.
Non trovandola, si avvicinò al punto in cui l'aveva vista l'ultima volta, individuando ben presto le macchie di sangue che si era lasciata dietro sull'erba ed il tronco vicino. Arricciando il naso, il giovane capobranco degli Yoro si chinò su di esse, ma l'odore che gli giunse era sporcato e disturbato dall'olezzo di tutto il sangue che lui stesso aveva versato.
Solo una cosa sembrava essere chiara: era gravemente ferita.
Non gli ci volle più di un minuto per localizzarla, nonostante i tentativi di allontanarsi di questa.
La ritrovò nel fitto, appoggiata ad un albero mentre cercava di riprendere fiato e al contempo arrestare la fuoriuscita di sangue da uno squarcio ad altezza del ventre, verso un fianco.
– Di questo passo morirai.
Quella, appena udì la sua voce, si girò di scatto a guardarlo e quei suoi occhi penetranti riflessero la luce fioca del sottobosco con impressionante nitidezza. Aveva iridi ambrate, cariche d'astio e diffidenza ed una sfida che gli ingiunse sottoforma di un ringhio sommesso.
Appena Koga tentò di fare un passo verso di lei, quel ringhio aumentò di volume.
– Vattene!
Una nuova brezza sfiorò per un attimo le loro figure, portando finalmente nitido al demone-lupo l'odore di lei e fu a quel punto che i suoi muscoli si tesero. Non poteva sbagliare, quello era odore di mezzodemone!
Si lasciò sfuggire un basso ringhio in risposta, ma non si scompose.
– Tsk.. e pensi di cavartela? Non sei nemmeno una vera demone! – la schernì, in tono saccente.
– Fatti gli affari tuoi!! – esclamò lei di rimando, prima di provare a raddrizzarsi.
Koga non fece in tempo a ribattere che quella, con una nuova smorfia di dolore, perse la presa e ricadde in avanti, distesa a faccia in giù fra i cespugli.
– Dannazione! – Koga scattò in avanti, digrignando i denti con frustrazione.
Suo malgrado la tirò fuori dall'intrico di foglie e rametti, voltandola sulla schiena nell'erba verdeggiante: era svenuta.
Sembrava giovane e forte, nonostante la sua natura ibrida. Le orecchie canine che le spuntavano fra le ciocche argentee erano candide e ripiegate all'indietro e... ma quella era una coda? Inarcando un sopracciglio, il capo della tribù Yoro osservò per una manciata di secondi quella massa di pelo incrostato ed ingrigito che sbucava dalle pellicce inferiori della ragazza. Non rammentava fosse comune, nei demoni delle loro zone.
Un sommesso gemito che gli ricordò un uggiolio lo riportò con l'attenzione alla ragazza.
Respirava ancora, ma era un respiro a tratti debole e a tratti affannoso. Inoltre, la ferita al ventre continuava a sanguinare sotto i suoi occhi, nonostante non sembrasse qualcosa di recente: probabilmente era una lesione che si era portata dietro da uno scontro precedente.
La sollevò fra le braccia, prima di bloccarsi all'improvviso.
Cosa stava facendo?
La guardò con intensità, tentando di decidere cosa farne. Era troppo simile all'unico mezzodemone che conosceva e che detestava per non essere in conflitto con sé stesso. Il pensiero di Inuyasha fomentò in lui il rancore represso e risvegliò il dolore del rifiuto dell'unica donna che amava. Fu il pensiero di Kagome in qualche modo a farlo decidere.
Non glielo avrebbe mai perdonato, se ora lui avesse abbandonato quella mezzosangue a morire.
Si ritrovò a sorridere amaramente mentre sfrecciava nel fitto del bosco col proprio carico, diretto alla tana della sua tribù e dai suoi compagni.
Non avrebbe mai creduto possibile che una semplice ragazza umana potesse cambiarlo tanto.



...
“..madre,  mi racconti di nuovo come hai conosciuto mio padre?”

“..ma perché se ne è andato?”
“..è perché sono così strana?”
“..non mi voleva bene?”
“...ricorda, bambina mia: un lupo non viene mai meno al proprio onore.”

“..e tu sei un vero lupo, proprio come tuo padre.”
...

Lentamente l'oscurità divenne più rada intorno a Juri e l'eco dei sogni che avevano riempito la sua mente si disperse nella sensazione di intorpidimento derivatale dal proprio corpo. Intontita, impiegò diverso tempo perché il suono dell'acqua corrente la riportasse al mondo dei vivi, schiarendole la mente abbastanza da farle render conto di essere ancora in vita.
Era viva!
Spalancando gli occhi ambrati cercò di alzarsi di scatto a sedere, ma l'istantanea fitta di dolore ad altezza del fianco le impedì di fare alcunché. Gemette, ricadendo fra quelle che dovevano essere a tutti gli effetti le pellicce di uno spartano giaciglio. Subito dopo il dolore alla spalla sinistra la costrinse a trattenere il respiro, serrando strettamente le palpebre in attesa che quel momento finisse.
Appena l'eco dei messaggi del suo corpo tornò ad affievolirsi, la sua mente tentò di farsi strada fra i ricordi che confusi stentavano a riaffiorare.
Cos'era accaduto?
Espirando piano e tentando di conservare la padronanza di sé, Juri schiuse nuovamente le palpebre, riuscendo a mettere a fuoco dopo un paio di tentativi un tetro soffitto in pietra naturale. Doveva essere all'interno di una caverna.
Una caverna vicina ad un corso d'acqua.
– Finalmente ti sei ripresa! – esclamò all'improvviso un'allegra voce maschile.
Sussultando una seconda volta, presa di sorpresa, Juri si voltò di scatto nella direzione dalla quale era giunta quella voce, ma la luce proveniente dall'esterno le permise a malapena di distinguere una sagoma umanoide stagliarsi all'ingresso.
Immediatamente sulla difensiva, senza badare più alle proprie condizioni, tentò di rimettersi in piedi per affrontare quella nuova minaccia, quando la voce dello sconosciuto tornò a farsi sentire.
– Ferma, non puoi ancora muoverti o le ferite si riapriranno!
Due mani la spinsero di nuovo supina fra le pelli, aiutate dal capogiro che la colse.
Priva della forza necessaria a ribellarsi, Juri si lasciò sfuggire una nuova smorfia prima di arrendersi alla propria debolezza ed allo sconosciuto che la costringeva in quelle condizioni. Uno sconosciuto dall'odore.. rassicurante. Odore di lupo.
– Non temere, sei al sicuro fra noi – parlò di nuovo quello che doveva essere un demone.
Il suo tono gioviale indusse la mezzodemone a credergli, seppur in minima parte, e si decise a sollevare lo sguardo sul volto altrui con l'intenzione di scoprire chi fosse il suo salvatore. Il demone che le stava inginocchiato accanto le sorrise, di un sorriso talmente franco ed espansivo da lasciarla incredula a fissarlo. Indossava pelli di lupo bruno ed aveva orecchie a punta tipicamente demoniache, mentre sulla sommità del capo svettava una chioma bicolore decisamente singolare: corti capelli grigi sormontati al centro da un folto ciuffo corvino.
Juri sbatté le palpebre, impiegando un paio di tentativi prima di riuscire a parlare.
– Dove.. dove sono?
– Sei nella grotta del nostro Clan – il suo tono allegro le rimbombò nelle tempie – Il nostro capo ti ha portata qui appena in tempo: siamo riusciti ad arrestare l'emorragia ma ci vorrà ancora qualche giorno perché tu ti riprenda.
Quella spiegazione la lasciò perplessa e guardinga. Perché l'avevano aiutata?
Eppure la gentilezza che traspariva dai modi di fare altrui sembrava genuina.
– Che sbadato, non mi sono presentato! Io sono Ginta! – disse indicandosi con l'indice della mano destra.
La mezzodemone rimase un attimo a fissarlo, indecisa di fronte a un simile comportamento da parte di un demone. E non era nemmeno un demone qualunque, bensì un demone-lupo!
– Io.. sono Juri. – mormorò incerta, sentendosi terribilmente a disagio. Non ricordava più l'ultima volta che si era presentata a qualcuno.
– Piacere di conoscerti!
Inevitabilmente lei storse le labbra in una piccola smorfia. Sembrava incredibilmente sincero, una cosa insolita per lei, abituata com'era a venir maltrattata e scacciata per la sua natura di mezzosangue.
Dei passi riecheggiarono fra le pareti della piccola grotta, distraendola e facendo voltare Ginta nella direzione dalla quale stava sopraggiungendo qualcun altro. Ben presto nel suo campo visivo subentrò la figura di un altro demone-lupo, che senza tanti riguardi scostò quello che già era accomodato sul pavimento per prenderne il posto.
– Ehi! Si è svegliata! – esclamò con la stessa vitalità del compagno, come se la cosa non fosse già nota. Ginta però non sembrò gradire i modi del nuovo arrivato perché lo spintonò a propria volta.
– Hakkaku, non ci provare!
– Andiamo, fratello, non fare storie e fammi posto! – ribatté quello, andando a sistemarsi a gambe incrociate proprio accanto al primo. Il sorriso che le rivolse era la copia di quello sfoggiato dal suo compagno in precedenza – Io sono Hakkaku, piacere di conoscerti! – si presentò a propria volta, indicandosi con il pollice artigliato.
Agli occhi della ragazza si definì un demone-lupo dagli abiti della stessa foggia di quelli di Ginta, con una cresta bianca sulla sommità del capo altrimenti rasato che coglieva in parte la luce proveniente dall'esterno.
Inerme ed a disagio, lei si limitò ad un cenno del capo.
– Juri – si presentò di nuovo, con un fil di voce.
L'esuberanza di quei due, unita ai sentimenti nateli dal ritrovarsi in una situazione tanto irreale, la stavano letteralmente sfiancando. Cercò di umettarsi le labbra con la lingua, tentando di mitigare il dolore alle screpolature.
– Ma ..perché sono qui?
– Koga non poteva certo lasciarti nella foresta in quelle condizioni! – esclamò in risposta Ginta, come se fosse ovvio.
– Certo, forse, molto tempo fa, l'avrebbe fatto, ma da quando ha conosciuto Kagome sono cambiate molte cose.. – continuò sovrappensiero Hakkaku, con una mano a reggere il mento.
Un fastidioso mal di testa spinse Juri a parlare ancora, cercando di zittirli.
– Un momento.. un momento. – li interruppe: non poteva più sopportare tutte quelle frasi buttate lì a caso, non in quel momento – Mi spiegate chi è questo Koga?
– Sono io.
La voce che all'improvviso li interruppe fece di nuovo sussultare la mezzodemone, il suo cuore che perse un battito. I suoi occhi, ormai abituatisi all'ambiente circostante, scivolarono oltre i due demoni-lupo, sino a fermarsi su colui che aveva parlato.
Quando quest'ultimo si arrestò accanto ad Hakkaku, la sua figura riempì quasi del tutto il suo campo visivo. Incrociandone gli occhi azzurri, i ricordi che la assalirono le smorzarono il respiro in gola: quello era il demone che era comparso dal nulla ed aveva sterminato i demoni inferiori che l'avevano messa alle strette.
– Vedo che stai già meglio.. – esordì nei suoi confronti il capobranco. L'indifferenza del suo tono era mitigata da un sorrisetto arrogante – Come ti senti?
– Bene – mentì lei.
Il sorrisetto che aveva stampato in volto si accentuò in risposta, rendendo evidente quanto poco le avesse creduto. A quel punto si chinò su di lei e Juri si rese conto che aveva una scodella in osso intagliato fra le mani artigliate.
– Bevi questo, allevierà il dolore e ti permetterà di riposare.
Koga fece per porgerle l'infuso ma lei lo frenò esternando l'unico interrogativo che, nonostante la situazione, non voleva lasciarla.
– Perché lo fai?
Nell'attesa, fra i due non vi fu un solo battito di ciglia e la ragazza si ritrovò a sostenere uno sguardo tanto intenso quanto imperscrutabile. Nonostante i propri sforzi, non riuscì a leggere nulla in quegli occhi di un azzurro improvvisamente più cupo del normale, ma non demordette: non era abituata alla carità, non ne aveva mai avuta, e tutta quella gentilezza poteva voler dire soltanto che quel demone-lupo voleva qualcosa da lei.
Eppure, la tensione venne poi infranta dallo stesso sorrisetto sghembo del capobranco.
– Perché mi ricordi un mezzodemone che conosco.
Quella risposta lasciò Juri ancor più spiazzata, tanto da non riuscire a dire più alcunché. Docile, senza che potesse fare nulla per sottrarsi a quelle cure incomprensibili, ella bevve l'infuso e poi si ridistese sul giaciglio approntato per lei in quell'antro riparato.
Sotto l'effetto della bevanda, il dolore iniziò presto ad attenuarsi e la stanchezza a prevalere. Nell'oscurità del sonno che andava addensandosi, la voce di Koga si fece udire un'ultima volta.
– Sorvegliatela e fate attenzione che non cerchi di fare sforzi.
– Sì capo! – esclamarono all'unisono i due demoni-lupo.
Il vago suono di passi in allontanamento fu l'ultima cosa che la sua mente registrò prima si profondare in un nuovo sonno ristoratore, cullata dal suono dell'acqua corrente e dal tepore di quelle pelli così morbide e dall'odore ormai familiare.


Nel suo vagare per i territori adiacenti a quello del loro clan, Koga colse un riverbero particolare provenire dal letto di un torrente. Assottigliando lo sguardo in quella direzione, si avvicinò con un balzo alla riva e fra i mulinelli distinse quella che pareva essere una spada incastrata fra i ciottoli.
Senza pensarci due volte la recuperò, rivelando una lama monofilare dalla linea ricurva e di lunghezza un poco inferiore alla sua stessa katana.
Rigirandosi quel singolare oggetto fra le mani, si soffermò ad osservare con curiosità il pendente legato all'elsa: era una strana pietra color dell'oceano, i cui riflessi blu catturavano e deviavano i raggi del sole. Sembrava molto preziosa.
Soddisfatto, si infilò l'arma in cintura, proprio accanto alla frusta che aveva appena raccolto dal luogo in cui era avvenuto il suo ultimo scontro.
Stava per riprendere la corsa quando una macchia scura su un masso poco distante lo distrasse. Avvicinandosi, a Koga non ci volle più di uno sguardo per comprenderne la natura: sangue rappreso.
Con una smorfia il giovane lupo si guardò intorno, ma non vide altri resti.
Le tracce di uno scontro però, ora che vi faceva caso, erano inconfondibili: una battaglia fra demoni.
Sbuffando infastidito, Koga tese le orecchie, cogliendo soltanto il suono della natura circostante. In qualunque modo fosse andata, oramai pareva essere tutto conclusosi e non vi era traccia dei demoni che erano stati lì.
Scosse il capo corvino con rassegnazione, prima di tornare a muoversi.
Decise di procedere verso il villaggio della vecchia sacerdotessa, quello in cui Inuyasha e i suoi avevano definito essere la loro casa, con l'intento di procurarsi qualche altra erba medica. L'anziana sacerdotessa che custodiva il villaggio se ne intendeva più di tutti loro nell'arte della guarigione e quella mezzodemone ne aveva ancora bisogno.
– Tsk.. e dire che fino a qualche tempo fa non mi sarebbe mai venuto in mente di rivolgermi a una misera umana – sbottò fra sé e sé.
D'altronde, da quando aveva conosciuto Kagome erano cambiate molte cose.
Il suo clan era stato sterminato davanti ai suoi occhi e la colpa era di un solo mezzodemone: Naraku. Il solo pensiero bastò a fargli ribollire il sangue di un rancore mai sopito e che ormai non aveva più alcuna possibilità di sfogare. Il suo desiderio di vendetta per i compagni caduti gli era stato negato dallo stesso Inuyasha, il quale era riuscito a toglierlo di mezzo una volta per tutte senza che Koga potesse fare qualcosa.
Privato della possibilità di riscattare l'orgoglio della sua tribù, il capobranco del Clan dell'Ovest si era ritrovato costretto a fare ritorno al luogo d'origine della sua gente coi soli due compagni che gli erano rimasti, Ginta e Hakkaku.
Al momento era ancora in conflitto su come procedere, indeciso se tentare di ricostruire il loro clan o se mandare i suoi fratelli presso un'altra tribù degli Yoro. Il suo animo faticava ancora a rassegnarsi all'idea che quella lotta continua avesse avuto fine, eppure lo aveva visto coi suoi stessi occhi, il momento in cui l'attacco di quel botolo ringhioso e dei suoi amici era andato a segno.
Allo stato attuale delle cose, non poteva fare altro che arrendersi all'evidenza e riscattare il proprio onore di capobranco degli Yoro dell'Ovest assicurandosi la sopravvivenza dei suoi compagni, in un modo o nell'altro. Finché non avesse preso una decisione definitiva, sarebbero rimasti all'antica dimora del suo popolo ed avrebbe difeso il territorio dei loro antenati con ogni mezzo a sua disposizione.
Venne distratto dai propri pensieri dal diradarsi della boscaglia e immediatamente il villaggio umano gli si palesò innanzi.
Il villaggio di Kagome.
Con un turbinio di vento accelerò la propria corsa, diretto senza indugio presso la capanna della vecchia. Prima le avrebbe chiesto ciò che voleva, prima se ne sarebbe andato senza il rischio di incappare in qualche presenza imprevista ed indesiderata. Struggersi d'amore per un'umana era una cosa quasi inconcepibile per un vero demone.
Eppure non era riuscito a resistere a lei.
All'inizio la sua scelta era stata dettata dal potere che Kagome serbava, ma poi... Lasciò cadere il pensiero, accantonando il ricordo ad esso legato.
Si maledisse mille e mille volte, mentre faceva ritorno dai propri compagni.

...continua.



Ciao a tutti!
Lo scorso capitolo, il prologo, era assurdamente corto, lo so, ma da questo cap in poi le cose saranno diverse, essendo entrati nel vero inizio della storia! Già da qui si inizia a capire cosa possa essere successo come "What if..?" rispetto alla trama originale e, seppur a me piaccia molto il modo in cui la nostra Rumiko ha concluso il manga, quando buttai giù per la prima volta questa ff dovetti arrangiarmi in qualche modo, non essendo all'epoca ancora finito.
Ok, adesso posso chiederlo... cosa ne pensate?! *-* Spero che fin qui il racconto vi sia piaciuto tanto quanto a me è piaciuto risistemarlo (e credetemi, ne aveva proprio bisogno)!
Se volete lasciarmi un feedback o qualche suggerimento per migliorare, ve ne sarei davvero grata: sono sempre aperta alle critiche costruttive che rendano il mio modo di scrivere migliore!
Nell'attesa del prossimo capitolo, che pubblicherò la settimana prossima, auguro a tutti voi che siete arrivati a leggere fin qui buon weekend <3

baci

Kaiy-chan
   
 
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