Dal capitolo precedente:
"«Ero
sotto una colonna, Ben. Potevate lasciarmi morire.»
ripeté Semir, in
un sussurro.
«Non dire così...» bisbigliò
il più giovane «Non puoi dire così,
socio. Tu
sei...».
Ben si bloccò, interrotto da un rumore.
Corrucciò la fronte e si voltò verso la porta
della stanza, che proprio in quel
momento si aprì di scatto.
Chris Schneider comparve trafelato sulla soglia.
Non lo guardò nemmeno, si rivolse direttamente a Semir.
Ma prima di parlare dovette respirare e riprendere fiato.
Si aggiustò gli occhiali sul naso poi, tratto un profondo
respiro, si appoggiò
allo stipite della porta, fissando i propri occhi chiari in quelli del
suo
paziente.
«Ispettore... Ispettore, è appena accaduto un
miracolo.»."
Vivere
«È
appena accaduto un miracolo.»
ripeté il dottor Schneider, trafelato, rimanendo immobile
sulla soglia.
Ben in un primo momento, nonostante le parole del dottore, credette che
fosse
successo qualcosa di terribilmente grave.
Non lo aveva mai visto così: Christopher Schneider, dal
momento stesso in cui
lo aveva conosciuto, gli era sembrato la persona più
razionale che potesse
esistere sulla faccia della terra e vederlo così, di punto
in bianco, agitato e
tremante, gli incuteva timore.
Non captando alcuna reazione da parte dei due uomini
all’interno della stanza,
il medico si staccò dallo stipite della porta e si
avvicinò al letto del suo
paziente, guardando insistentemente sia l’uno che
l’altro.
«Mi avete sentito? Un miracolo!»
esclamò, concitato.
Mentre l’amico rimaneva immobile, senza trovare la forza di
parlare, fu Ben ad
avere per primo il coraggio di chiedere.
«Che cosa è successo, Chris?»
domandò, titubante, in un sussurro.
Schneider sorrise.
Impiegò qualche secondo prima di decidersi a rispondere,
forse perché anche lui
stentava a credere alle sue stesse parole.
«La signora Schäfer si è
svegliata.» disse poi, in un soffio.
«Che... che cosa?» balbettò Semir,
ancora sconvolto dalla conversazione che
stava avendo con il collega fino a qualche secondo prima.
Gli sembrò che i battiti del suo cuore accelerassero a una
velocità
inestimabile e che le pareti della stanza cominciassero a girare
vorticosamente
attorno a lui.
Il dottor Schneider sorrise, si avvicinò a lui e gli prese
la mano. Non era mai
successo prima.
«Sua moglie si è svegliata.»
ripeté, con l’emozione tangibile nella voce
«È
sveglia.».
«Lei è... è...».
«Sveglia, sì.» concluse il medico, con
gli occhi che brillavano.
Semir aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ne
uscì alcun suono. Rimase a
guardare l’uomo che aveva davanti senza dire niente per
almeno un minuto,
cercando una tacita conferma che avesse sentito bene.
Le lacrime fecero nuovamente capolino dai suoi occhi senza che lui
potesse
fermarle.
«Andrea è sveglia?» mormorò
poi, con un filo di voce, senza credere a ciò che
stava accadendo.
Schneider annuì, dando loro un’ennesima conferma,
mentre Ben si alzava e gli
sfiorava una spalla, come a cercare un ulteriore cenno di assenso.
«Credetemi, questa volta la scienza non basta nemmeno a me
come spiegazione...
è un miracolo.» disse il medico, con un sorriso
sincero dipinto in viso.
Semir non ce la fece più.
Sentì le lacrime calde rigargli il viso e
cominciò a singhiozzare, in silenzio.
E sorrise tra le lacrime.
Non ci credeva, non riusciva a crederci.
Lo avevano preparato al peggio, gli avevano detto tutti che sarebbe
morta, che
sarebbe stata solo questione di tempo. E invece...
«Posso vederla?» riuscì a domandare, con
la voce rotta dall’emozione.
«Domani, ispettore.» accordò Schneider,
poggiandogli una mano sulla spalla
«Domani...».
Un quarto d’ora prima.
Aida corse fuori dalla stanza più
veloce che poteva, in preda al panico e al tempo stesso a una strana
eccitazione.
Senza nemmeno rendersene conto, a pochi passi dalla soglia che aveva
appena
varcato scontrò qualcuno che camminava nella direzione
opposta alla sua.
Fece per cambiare traiettoria e continuare a correre senza nemmeno
guardare di
chi si trattasse, ma l’uomo la trattenne delicatamente per un
braccio.
«Ehi, piccola, che cosa succede?» le chiese il
dottor Schneider, con gli occhi
colmi di apprensione.
La bambina lo guardò, confusa.
Stava correndo a chiamare Ben, ma il dottore sarebbe stato ancora
meglio.
«La mamma...» mormorò, con la voce che
le tremava.
Il medico spalancò gli occhi, temendo il peggio.
Meno di un secondo più tardi, era nella stanza con la
bambina.
E quello che vide lo lasciò senza parole.
Andrea
Schäfer, quella donna che
lui stesso per primo aveva praticamente dato per morta già
ventidue giorni
prima, era lì distesa sul letto che lo guardava.
Gli occhi appena schiusi per la fatica, il respiro affannoso e
l’incarnato
pallidissimo, ma era sveglia e lo guardava.
Chris Schneider si avvicinò al letto, quasi con titubanza,
mentre Aida, alle
sue spalle, stava immobile addossata alla parete, felice e al tempo
stesso
tremendamente spaventata.
«Signora Schäfer... signora, mi sente?
Può sentirmi?» le chiese.
E quando la donna distesa gli disse di sì con un movimento
della testa appena
accennato, quasi non ci credette. Si trovava davanti a un miracolo.
«Va bene... si ricorda chi è? E che cosa
è successo? Se lo ricorda?» continuò
il medico, impaziente come un bambino, estraendo nel frattempo dal
taschino del
camice la piccola luce che usava per controllare i riflessi pupillari
«Sa dove
si trova?».
Andrea annuì di nuovo, sforzandosi di rimanere sveglia.
Le sembrava di trovarsi dentro a una bolla.
Capiva a stento ciò che quell’uomo in camice
bianco le diceva, ma si stava
sforzando con tutta se stessa di recuperare almeno un minimo di
lucidità.
Aveva visto Aida, l’aveva vista e stava bene. Andava tutto
bene.
Aprì la bocca per parlare, stringendo gli occhi per lo
sforzo.
«No, non si sforzi signora Schäfer, non si preoccupi
di parlare adesso.» fece
il medico, con più calma rispetto a come le aveva parlato
prima
Le controllò la reazione pupillare, poi selezionò
qualcosa su un monitor e
annotò qualcos’altro su una cartella.
«Semir...» riuscì a mormorare Andrea,
con un filo di voce «Devo... devo
vedere...».
Ma poi le palpebre le si abbassarono e il buio si chiuse precipitoso su
di lei.
N.d.A.
In
ritardissimo, non sapete quanto mi dispiaccia, ma sono stata
risucchiata dagli esami e non ho avuto un secondo di tempo libero. Ora,
però,
dovrei finalmente riuscire ad aggiornare in modo regolare fino alla
fine.
Capitolo breve che si riallaccia al precedente, e finalmente qualcosa
di
positivo sembra essere accaduto...
Grazie a voi che continuate a seguirmi, a presto!
Sophie