Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    09/03/2019    1 recensioni
“Ho subìto un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere... È la sopravvivenza che le rende tali... perché non hanno pietà. Sanno che gli altri possono sopravvivere, come loro.” (Il danno, 1992)
14 Novembre, Colonia, un giorno grigio come tanti.
Una storia che comincia come una storia qualsiasi, con un istante di vita. Rapporti incrinati, il riemergere di un passato che fa paura, una serie di piccoli, fatali errori compiuti uno dopo l’altro, fino alla rovina. Fino a quando non si smette di vivere, per iniziare a sopravvivere.
Storia che nulla ha a che fare con la mia serie ancora in corso; storia triste e drammatica, ne sono consapevole. Ma mi piacerebbe ugualmente condividerla con voi.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andrea Schafer, Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dal capitolo precedente:

"«Ero sotto una colonna, Ben. Potevate lasciarmi morire.» ripeté Semir, in un sussurro.
«Non dire così...» bisbigliò il più giovane «Non puoi dire così, socio. Tu sei...».
Ben si bloccò, interrotto da un rumore.
Corrucciò la fronte e si voltò verso la porta della stanza, che proprio in quel momento si aprì di scatto.
Chris Schneider comparve trafelato sulla soglia.
Non lo guardò nemmeno, si rivolse direttamente a Semir.
Ma prima di parlare dovette respirare e riprendere fiato.
Si aggiustò gli occhiali sul naso poi, tratto un profondo respiro, si appoggiò allo stipite della porta, fissando i propri occhi chiari in quelli del suo paziente.
«Ispettore... Ispettore, è appena accaduto un miracolo.»."

Vivere

«È appena accaduto un miracolo.» ripeté il dottor Schneider, trafelato, rimanendo immobile sulla soglia.
Ben in un primo momento, nonostante le parole del dottore, credette che fosse successo qualcosa di terribilmente grave.
Non lo aveva mai visto così: Christopher Schneider, dal momento stesso in cui lo aveva conosciuto, gli era sembrato la persona più razionale che potesse esistere sulla faccia della terra e vederlo così, di punto in bianco, agitato e tremante, gli incuteva timore.
Non captando alcuna reazione da parte dei due uomini all’interno della stanza, il medico si staccò dallo stipite della porta e si avvicinò al letto del suo paziente, guardando insistentemente sia l’uno che l’altro.
«Mi avete sentito? Un miracolo!» esclamò, concitato.
Mentre l’amico rimaneva immobile, senza trovare la forza di parlare, fu Ben ad avere per primo il coraggio di chiedere.
«Che cosa è successo, Chris?» domandò, titubante, in un sussurro.
Schneider sorrise.
Impiegò qualche secondo prima di decidersi a rispondere, forse perché anche lui stentava a credere alle sue stesse parole.
«La signora Schäfer si è svegliata.» disse poi, in un soffio.
«Che... che cosa?» balbettò Semir, ancora sconvolto dalla conversazione che stava avendo con il collega fino a qualche secondo prima.
Gli sembrò che i battiti del suo cuore accelerassero a una velocità inestimabile e che le pareti della stanza cominciassero a girare vorticosamente attorno a lui.
Il dottor Schneider sorrise, si avvicinò a lui e gli prese la mano. Non era mai successo prima.
«Sua moglie si è svegliata.» ripeté, con l’emozione tangibile nella voce «È sveglia.».
«Lei è... è...».
«Sveglia, sì.» concluse il medico, con gli occhi che brillavano.
Semir aprì la bocca per dire qualcosa, ma non ne uscì alcun suono. Rimase a guardare l’uomo che aveva davanti senza dire niente per almeno un minuto, cercando una tacita conferma che avesse sentito bene.
Le lacrime fecero nuovamente capolino dai suoi occhi senza che lui potesse fermarle.
«Andrea è sveglia?» mormorò poi, con un filo di voce, senza credere a ciò che stava accadendo.
Schneider annuì, dando loro un’ennesima conferma, mentre Ben si alzava e gli sfiorava una spalla, come a cercare un ulteriore cenno di assenso.
«Credetemi, questa volta la scienza non basta nemmeno a me come spiegazione... è un miracolo.» disse il medico, con un sorriso sincero dipinto in viso.
Semir non ce la fece più.
Sentì le lacrime calde rigargli il viso e cominciò a singhiozzare, in silenzio. E sorrise tra le lacrime.
Non ci credeva, non riusciva a crederci.
Lo avevano preparato al peggio, gli avevano detto tutti che sarebbe morta, che sarebbe stata solo questione di tempo. E invece...
«Posso vederla?» riuscì a domandare, con la voce rotta dall’emozione.
«Domani, ispettore.» accordò Schneider, poggiandogli una mano sulla spalla «Domani...».

Un quarto d’ora prima.


Aida corse fuori dalla stanza più veloce che poteva, in preda al panico e al tempo stesso a una strana eccitazione.
Senza nemmeno rendersene conto, a pochi passi dalla soglia che aveva appena varcato scontrò qualcuno che camminava nella direzione opposta alla sua.
Fece per cambiare traiettoria e continuare a correre senza nemmeno guardare di chi si trattasse, ma l’uomo la trattenne delicatamente per un braccio.
«Ehi, piccola, che cosa succede?» le chiese il dottor Schneider, con gli occhi colmi di apprensione.
La bambina lo guardò, confusa.
Stava correndo a chiamare Ben, ma il dottore sarebbe stato ancora meglio.
«La mamma...» mormorò, con la voce che le tremava.
Il medico spalancò gli occhi, temendo il peggio.
Meno di un secondo più tardi, era nella stanza con la bambina.
E quello che vide lo lasciò senza parole.

Andrea Schäfer, quella donna che lui stesso per primo aveva praticamente dato per morta già ventidue giorni prima, era lì distesa sul letto che lo guardava.
Gli occhi appena schiusi per la fatica, il respiro affannoso e l’incarnato pallidissimo, ma era sveglia e lo guardava.
Chris Schneider si avvicinò al letto, quasi con titubanza, mentre Aida, alle sue spalle, stava immobile addossata alla parete, felice e al tempo stesso tremendamente spaventata.
«Signora Schäfer... signora, mi sente? Può sentirmi?» le chiese.
E quando la donna distesa gli disse di sì con un movimento della testa appena accennato, quasi non ci credette. Si trovava davanti a un miracolo.
«Va bene... si ricorda chi è? E che cosa è successo? Se lo ricorda?» continuò il medico, impaziente come un bambino, estraendo nel frattempo dal taschino del camice la piccola luce che usava per controllare i riflessi pupillari «Sa dove si trova?».
Andrea annuì di nuovo, sforzandosi di rimanere sveglia.
Le sembrava di trovarsi dentro a una bolla.
Capiva a stento ciò che quell’uomo in camice bianco le diceva, ma si stava sforzando con tutta se stessa di recuperare almeno un minimo di lucidità.
Aveva visto Aida, l’aveva vista e stava bene. Andava tutto bene.
Aprì la bocca per parlare, stringendo gli occhi per lo sforzo.
«No, non si sforzi signora Schäfer, non si preoccupi di parlare adesso.» fece il medico, con più calma rispetto a come le aveva parlato prima
Le controllò la reazione pupillare, poi selezionò qualcosa su un monitor e annotò qualcos’altro su una cartella.
«Semir...» riuscì a mormorare Andrea, con un filo di voce «Devo... devo vedere...».
Ma poi le palpebre le si abbassarono e il buio si chiuse precipitoso su di lei.

 

N.d.A.

In ritardissimo, non sapete quanto mi dispiaccia, ma sono stata risucchiata dagli esami e non ho avuto un secondo di tempo libero. Ora, però, dovrei finalmente riuscire ad aggiornare in modo regolare fino alla fine.
Capitolo breve che si riallaccia al precedente, e finalmente qualcosa di positivo sembra essere accaduto...
Grazie a voi che continuate a seguirmi, a presto!
Sophie

  
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