DIG DOWN
Perché ti ritrovi a
pensare sempre troppo ogni volta in cui
inizi a spogliarlo?
Perché,
perché, perché?
Dio,
perché?
Non potresti
semplicemente strappargli i vestiti e ovattare i pensieri?
Imbottiglia preoccupazioni e ansie, schiaccia le immagini che risalgano
lungo i
tuoi nervi e pensa soltanto a soddisfare il desiderio di entrambi.
Striscia
dentro di lui e placa gli incubi che girano vorticosamente
all’interno del tuo
petto. Nascondi il volto contro il cuscino e stringigli la mano mentre
gli
chiedi silenziosamente perdono.
Agisci, agisci,
e smettila di tormentarti.
Altrimenti sarà sempre la stessa storia e non può
- no, Tony, no
- non può
sempre essere la stessa storia.
Prima o poi le cose devono cambiare, prima o
poi voi dovete
cambiare.
Non sei stanco di
avere paura? Non vuoi vivere felice? Soltanto Peter riesce a
scorgere ciò che di buono esiste in te e riesce a farlo
uscire al di fuori
della tua cinica armatura di rimpianti.
Allora
perché non gli riveli la verità,
perché? Dio,
perché?
“Levati
questa maglietta, Parker, levatela adesso”, ti ritrovi invece
a dirgli,
e hai già afferrato i lembi e gli hai già
scoperto l’addome piatto
e la pelle chiara. Continui a sollevargli la maglia e neppure finisci
di
togliergliela, ti sei abbassato a baciare il suo cuore e a
risalire fino a
raggiungere le sue spalle e il suo collo, la mandibola e
l’orecchio sinistro. Getti
finalmente a terra la sua maglietta e gli slacci i bottoni del
pantalone,
veloce e impaziente. Gli incubi ancora non se ne vanno e i brutti sogni
sono
ancora nello stesso identico posto in cui ogni altro essere umano
conserva e
custodisce un cuore, quella scatoletta di vene e sangue e battiti che
si
gustano con il palato secco. Non se ne andranno mai se manterrai le
palpebre
serrate, lo sai? Ricordi?
Tu apri gli occhi e
sospiri male.
Peter è
quasi completamente nudo dinanzi a te e le tue pupille lo cercano, lo
reclamano, lo assaporano. Con uno sguardo avvolgi la sua intera figura
e la tua
mente all’improvviso capisce che cosa ti sconvolge tanto ogni
volta che fate
l’amore. Comprendi il motivo per cui la sua pelle ti colpisce
così distintamente, lo sai e non vuoi dirlo ad alta voce,
non vuoi neppure dirlo a te stesso
piano piano. Non hai il coraggio di esprimere il marasma che ti dipinge
di nero
le briciole di sonno, la limpida verità che striscia nel
punto cieco
dell’angolo dei tuoi occhi.
È giovane.
È pelle liscia, morbida, calda.
È
l’involucro perfetto di un ragazzino che non ha dovuto
scorticare i suoi
vecchi resti e crearsi una nuova corazza di cuoio, rughe e sorrisi
tirati.
È il corpo
di un diciottenne che è stato solo sfiorato dalle tue mani e
dai
tuoi più antichi errori. O Tony, che cosa ti provoca questo?
Cosa genera nel
tuo egoistico orgoglio la certezza di essere stato il primo? Primo
bacio, prima
volta, primo e unico
amore. Che cosa provi?
Fierezza corrosiva,
ambigua gelosia, perversa felicità. Troppe emozioni
sbagliate insieme, attenuate a stento da un amore totalizzante che
paralizza il
tuo cervello, che scuote le tue spalle e che cammina sulle tue ossa
spezzate al
pari di ragnatele vecchie e grigie. Un senso di colpa bruciante ti
attanaglia
la coscienza, aprendo botole di te stesso e di tue vite passate da
mettere a
tacere con rumori e suoni disarmonici. Con frasi interrotte dal pudore
e dal
terrore di star sbagliando ogni cosa, di star rovinando anche le poche
cose
buone che eri riuscito a racimolare nell’ultima parte della
tua esistenza a
intermittenza.
Lo ami, lo ami, e sei spaventato.
“Peter,
sbrigati. Vieni qui, vieni qui”, ordini e smani mentre lui
finisce di
spogliarsi. Tu lo attiri a te, afferrandogli le natiche e calando sulle
sue labbra
che ridono sulle tue. Gli stringi la base della schiena e i tuoi
polpastrelli
sentono la sua carne fin sotto le unghie, oltre l’intreccio
di vene dei tuoi
polsi che stanno cedendo. Le anche si scontrano, le cosce cercano un
incastro e
le vostre lingue non si fermano.
A scambiarvi parole e
dichiarazioni silenziose siete sempre stati bravissimi
così: nudi, accaldati, bisognosi l’uno
dell’altro. Il letto, il pavimento, il
muro. Dove state facendo l’amore?
State facendo
l’amore? Sei già dentro di lui? Non lo capisci,
non hai il
controllo di niente, non vedi altro che Peter.
Senti i suoi ansimi,
intuisci le sue suppliche - non
smettere, non smettere,
non smettere mai - e percepisci i suoi palmi che
disegnano le tue creste
iliache.
E' un tocco impacciato
di mani che tremano e di una carezza lasciata a metà mentre
tu non ti rendi conto di aver iniziato a parlare, di dire troppo e di
rivelare
tutto.
“È
questo attimo che mi confonde, deve essere questo, non
c’è altra
spiegazione. È il momento in cui sei nudo e mi sembra che tu
sia mio. Poi ti
guardo negli occhi e capisco che non è
così.”
Capisco
che non sarà mai così.
“P-perché?”,
lui ti domanda e ti stringe tra le dita la linea che unisce il
collo e le spalle. Tu afferri il suo viso e lo obblighi a guardarti
negli
occhi. Devi dirgli la realtà che ti atterrisce di notte
quando siete arrotolati
tra le vostre lenzuola e legati dalle vostre gambe e i vostri piedi. La
realtà
che poi ti colpisce di giorno appena il Sole sorge e tra le pareti di
casa
riecheggia prima il suono del suo sorriso stiracchiato e poi dei suoi
sospiri
spezzati. Perchè sono io...
“Perché
sono io, Peter, ad essere tuo. Sono io.”
Sono
io, Peter, sono io.
Piccolo
ragazzino che si prende tutto ciò che vuole e che neanche si
accorge di farlo. E smettila di guardarmi in questo modo, non
lo sopporto, non
posso sopportarlo. Smettila subito, smettila, so cosa vuoi dirmi e
farà
soltanto male ad entrambi.
“Ti amo
tanto, Tony. Ti amo tantissimo”, mormora sulla tua barba,
lentamente, e
tu lo sapevi che avresti sentito un formicolio alle costole e al petto.
Peter
avvicina le bocche dei vostri stomaci e loro iniziano a baciarsi
voracemente, ad agganciarsi con rochi borbottii di palloncini
colorati tramutati in
coriandoli. Allora in te cresce il bisogno di toccarlo e di entrare
dentro di
lui, di sentirlo sussurrare il tuo nome e qualsiasi altra parola capace di acquietare i
mostri arrotolati al tuo sterno.
“Amare
qualcuno è una promessa che nessuno sa mantenere.
Nessuno”, gli parli e
lo ami, lo ami e ti spezzi.
Dentro
di lui, dentro di lui, dentro di lui.
È
lì che devi stare, è lì che vuoi
morire.
Perché
è questa la più angosciosa certezza che stai
cercando di celare a
entrambi e soprattutto a te stesso: sarai tu, Tony, a morire per primo.
Sarai
tu.
Lo lascerai da solo a
doversi ricostruire un’intera vita con il peso
schiacciante della tua assenza e con l’ingombrante aura del
tuo fantasma
prepotente.
Non è
questo quello che popola il tuo inconscio ogni volta che chiudi gli
occhi?
Sei un uomo avaro e
sei un vecchio senza alcuna speranza di redenzione.
Perché
nonostante l’età, la logica e la tua paralizzante
paura... tu non puoi
lasciarlo.
Tu non vuoi vivere
più un solo
giorno senza Peter al tuo fianco.
“Io ti
amerò per sempre, Tony. Non può essere
altrimenti. Non potrà mai
esistere nessuno oltre te”, getta lui fuori dai denti, fuori
da ogni concreta e
realistica riflessione, e si aggrappa alla tua schiena e si incastra al
tuo
corpo che tende verso il suo. Perché l’amore
è trovarsi e cercare di far
combaciare corpi, menti e cuori imperfetti. Te ne rendi ancora
più conto quando
lo baci e ti ritrovi con le ginocchia a terra, quando mugoli sulla sua
bocca e
siete entrambi sul pavimento.
“Credo sia
questo che mi spaventa, Peter. Credo sia questo.”
Lui ti guarda
sorridendo, imprigionato tra le tue braccia, e il mondo trema insieme
a qualsiasi altra cosa tu abbia al posto del cuore.
“Se hai
paura vuol dire che stai cambiando. Ed io credo che cambiare significhi
rinascere. Non potremmo rinascere all’infinito io e te?
Così ci ritroveremo
ogni volta che il tempo comincerà ad avanzare troppo e a
mangiarci. Tu aspetti
me e io aspetto te.”
Ti dice queste parole
sottovoce e il cielo sembra aprirsi in due sopra di voi.
Tutto ciò che tu credevi di sapere crolla nelle voragini
della sabbia rossa. Le
tue ciglia si abbassano e conservano Peter, fino alla sua essenza
più profonda,
impresso sulle tue pupille. Non riesci a rispondergli - sei ancora lì, teso
sopra di lui, con un desiderio
opprimente e insoddisfatto - e Peter teme di aver
sbagliato a parlare, di averti deluso in qualcosa. Ha sempre paura di
parlare a
sproposito e allora ogni volta rimedia biascicando frasi sconclusionate.
“Oppure no.
Oppure dovresti dimenticare quello che ti ho detto e lasciar
perdere, lasciar... Ti ho detto qualcosa di infantile?”
No.
E come potresti? Mi hai promesso qualcosa di bello e terribile. Io ho
passato un’intera vita ad aspettarti e tu ora vuoi passare il
resto della tua
ad aspettare me.
Sempre
insieme, per sempre insieme, in un modo o nell’altro. Se io
fossi una
persona migliore adesso dovrei lasciarti. Dovrei liberarti da me e dal
mio
fardello fastidioso, dovrei lasciarti vivere una vita spensierata e un
milione
di volte più semplice. Perché l’amore
che provo per te non mi rende meno
egoista? Perché non mi rende migliore?
“No,
ragazzino. Mi hai detto qualcosa di bello e non capisco come tu sia
diventato tanto saggio.”
Lo è sempre
stato e tu non te ne sei mai pienamente accorto. Tu hai fatto finta
di non vedere, di non capire, e hai lasciato che il tempo scorresse placido,
granello
dopo granello. Così adesso Peter, nella sua lucida follia di
amarti e di amarti
oltre la labile fine di ogni comune mortale, è
più saggio e sincero di te. Oppure è soltanto un adolescente incosciente che ha
realizzato prima di chiunque altro che
all’amore vero non si rinuncia. Non si rinuncia, no, non si rinuncia mai.
“Ho rubato
un po’ della tua saggezza mentre dormivi. Te l’ho
sottratta mentre
ci scambiavamo i sogni e li vivevamo un po’ insieme. Devo
averti anche lasciato
qualcosa di mio, da qualche parte. L’ho fatto?”
Tra il cuore e lo
stomaco, tu pensi e realizzi. Un po’ vorresti anche
dirglielo. Tra la pancia e le gambe, nel punto esatto in cui il tuo
desiderio è
diventato talmente doloroso da guidarti le mani e il corpo verso di
lui, dentro
di lui.
I suoi polpacci ti
legano la schiena e tu lo ami.
La sua bocca si sporge
a cercare la tua e tu lo ami.
Le sue dita
accarezzano le tue e tu lo ami.
Tu lo ami.
Tu lo ami, tu lo ami...
Angolo autrice.
Ciao a tutti! Vi è
piaciuta la storia? Io spero di sì, l'ho scritta ieri in
sette ore di folle ispirazione. Ho mangiato anche a stento
perchè non riuscivo a pensare a niente altro se non a
completare questa storia nata ascoltando in macchina 'Dig Down' dei
Muse. All'interno della Shot trovate un lontano riferimento al titolo
di una delle opere che io più amo di Miryel, ovvero 'Please, please, please let me
get what I want'. E non posso non consigliarvi per
l'ennesima volta di leggere le sue Starker, dove i suoi Peter e Tony
sono più vivi che mai. Io li amo grazie a lei :)
A presto!