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Autore: Shora    11/03/2019    2 recensioni
Marinette ha diciotto anni ed ha un solo nemico, il ragazzo più bello della scuola: Adrien Agreste. Tutto sembra andare per il meglio, ma quando sua nonna si ammala, i suoi genitori sono costretti ad andare in Cina, affidandola alla famiglia di Alya. Sarà proprio la sua migliore amica a dare una scossa alla sua vita, esagerando solo un po', ad un semplice gioco come obbligo o verità.
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Tutto si svolge in una realtà alternativa dove i due protagonisti non hanno mai ricevuto i loro Kwami.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo otto:
Era pomeriggio inoltrato, io ed Adrien stavamo giocando a battaglia navale e stava vincendo lui in maniera inesorabile. La mia potente flotta aveva praticamente fatto la fine dell’invincibile armada spagnola, colando a picco come un colabrodo nella vasca da bagno. Era l’ultima partita poi ci saremmo organizzati per la cena. Adrien mi guardò spietatamente.
-D8.- ghignò. Sbuffai.
-Affondata…- borbottai poi. Rimaneva a galla solo l’ultima barchetta, poco più grande di un zattera di salvataggio. Tra l’altro non ero nemmeno sicura che stesse giocando pulito.
-A…9?- buttai lì, speranzosa.
-Mancato.- si gongolò lui. Gli feci una smorfia. Tikki miagolò e si strisciò contro le mie gambe, probabilmente per elemosinare cibo o carezze, ma io lo presi come un piccolo incitamento personale.
-F10.- disse lui.
-Colpita e affondata.- mi accasciai allo schienale della mia sedia, allungando ancora di più il braccio posato sul tavolo che collegava me e Adrien con la famosa manetta.
-Ho vinto io.- esultò alzando entrambe le mani (e il mio braccio) e fingendo di congratularsi con un popolo immaginario. Alzai gli occhi al cielo con un mezzo sorriso. Alla fine era una scena davvero demenziale.
-Forza.- lo riscossi, tirando la catenella. –Dobbiamo cucinare.- Ci alzammo, ma prima che potessimo muovere un passo il suo telefono squillò. Il nome di Alya comparve sullo schermo. Ci fissammo curiosi prima di rispondere. In fondo era passata solo ieri, possibile avesse qualche novità dopo solo ventiquattro ore? Il cuore prese a battere forte e non so se fosse per la voglia di avere indietro il mio braccio o per il fatto che quella notizia avrebbe posto fine a quella convivenza non più così forzata e orribile.
-Pronto?- rispose Adrien, mettendo in vivavoce.
-Ho una buona notizia!- esplose Alya.
-Sarebbe?- chiese il ragazzo, ma entrambi sospettavamo quale fosse.
-Ho la chiave! Il proprietario l’ha trovata e domani me la ridarà. Sarete liberi!- Sentii il cuore precipitare in un piccolo buco nero.
-È… è fantastico.- balbettai.
-Già!- Adrien sembrava su di giri per la felicità e questo strizzò il mio cuore già dolorante.
-Domani mattina, appena ce l’ho, vengo subito a togliervi le manette.- la sua voce era davvero squillante.
-Va bene.- Adrien sorrideva e annuiva contento. Non lo avevo mai visto così felice per tutto il periodo in cui eravamo stati insieme, nemmeno quando mi tormentava. Mi rivolse uno sguardo raggiante e io tirai fuori un sorriso luminoso che mi attaccai alla faccia per tutto il tempo della chiamata. Ma più falso di quello esistevano solo le banconote del Monopoli.

Dopo cena Adrien aveva deciso che per festeggiare avrebbe saccheggiato la riserva di liquori dei miei e aveva trasportato tutto in camera mia. La sua voglia celebrare il ritrovamento delle chiavi aveva coinvolto un po’ anche me. Così, alla fine, avevamo cominciato a versarci liquori di ogni tipo seduti sul mio tappeto. Avevamo iniziato con il vino, poi era stata la volta della vodka, successivamente della grappa e del brandy. Ovviamente la situazione ci stava sfuggendo di mano. Io bevevo per la nostra ultima serata insieme, lui per la tanto agognata libertà. Fummo ubriachi prima ancora di rendercene conto. La mia testa sembrava piena di pensieri, ma nessuno prendeva forma. Solo di una cosa ero sicura, una cosa che da sobria non avrei nemmeno fatto passare per l’anticamera del cervello. Volevo baciarlo. Tanto la scuola stava per finire, non ci saremmo più visti tranne per qualche sporadico incontro nei corridoi e per lui sarei stata una delle tante. Una in più da mettere nella sua lista. Una in meno a cui puntare, se mai avesse voluto farlo. Una delle innumerevoli ragazze cadute ai suoi piedi. L’ennesima. Cosa me ne importava quindi? Mi spostai una ciocca di capelli sfuggiti dai precari codini fatti da Adrien e lo fissai negli occhi. Un mix di smeraldi e diverse tonalità d’oro. Sì, ne ero convinta. Lo avrei baciato. Sentii i suoi occhi piantarsi nei miei e mi parve mi stesse leggendo nell’anima. Rabbrividii. Poi raccolsi quella quantità immensa di coraggio che l’alcol mi stava dando. Mi sporsi verso di lui con uno slancio del tutto privo di grazia. In pratica gli caddi addosso. Se pensavo ad un suo rifiuto seguito da una risatina sprezzante dovetti ricredermi. Adrien mi sostenne, portò una sua mano dietro la mia nuca e approfondì il contatto. Mi parve di essere percorsa da una serie di scariche elettriche. Le sue labbra erano morbide e calde. Perfette da baciare. Con il passare dei secondi le mani di entrambi si fecero sempre meno timide. Ci esplorammo a vicenda finché Adrien non mi sollevò di peso, senza smettere di baciarmi. Mi posò delicatamente sul letto. All'improvviso mi trovavo stesa sotto di lui. I suoi baci mi accarezzavano l’anima, le sue mani il corpo. Era così bello che mi venne da piangere. Non avevo mai provato tante emozioni così intense tutte insieme. Desideravo non smettesse mai. Eppure improvvisamente le sue mani si staccarono dal mio corpo, violentemente, e fu come se qualcuno si fosse portato via la coperta più calda e morbida del mondo durante una notte gelida, lasciandomi in balia del freddo. Aprii gli occhi che avevo precedentemente chiuso, sopraffatta da quelle bellissime sensazioni, incurante delle lacrime che continuavano a scendere senza freni. Osservai Adrein. Mi guardava spaventato, quasi disgustato. Lentamente la gola si chiuse e il respirò mancò. Il ragazzo si allontanò frettolosamente.
-Io… io…- balbettò solo, confuso. Mi osservò ancora per qualche secondo, poi si sdraiò al mio fianco, dandomi le spalle.
-Adrien…?- chiamai senza capire, voltandomi verso di lui. Cosa era successo? Ero davvero così orribile? Così brutta di non meritare nemmeno una chance? Nemmeno da ubriachi?
-Buonanotte.- mi rispose lui.
-Cosa?- mi uscii in un sussurro ferito. La testa turbinava, le lacrime assalivano feroci i miei occhi e queste facevano male, come il sale sulle ferite.
-Ho detto buonanotte.- fu la sua lapidaria risposta. Mi stesi di schiena e mi morsi il labbro inferiore. Ma cosa mi era venuto in mente? In cosa avevo sperato fino a due secondi fa? Adrien non mi aveva mai voluto. Non era certo uno che si faceva pregare per andare a letto con qualcuna. Se ne avesse avuto l’intenzione me lo avrebbe fatto intendere con pochi sotterfugi. Mi sistemai la maglietta sollevata dall’ultima esplorazione compiuta dal ragazzo ormai addormentato accanto a me. E finalmente le lacrime ruppero gli argini. Avrei voluto urlare, prendere a pugni il cuscino. Invece rimasi lì, fissare il mio soffitto: le labbra prigioniere dei miei denti, le lacrime che si aprivano sentieri umidi lungo le mie guance. Pensavo che se mai mi fosse capitato di dover gestire un rifiuto avrei superato la situazione senza intoppi, ma quegli occhi, quell’ultimo sguardo che Adrien mi aveva rivolto mi avevano ferito in un modo indescrivibile. Ma alla fine era stata solo colpa mia. Una mia stupida fantasia e basta.


 
  
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