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Autore: Bloody Wolf    12/03/2019    7 recensioni
[FrostIron | Death!Character | Angst | Hurt!Comfort ]
Una storia dalle note cariche di dolore e di sofferenza, una storia senza un lieto fine in cui Stark si ritroverà ad affrontare qualcosa di addirittura più grande degli dei, affiancato da un Dio che, a differenza di altri, non lo guarda con pietà.
Chiunque decida di leggere questo scritto lo prego di leggere le note iniziali per farsi un'idea di che cosa leggerà.
Grazie.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Tony Stark/Iron Man
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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E rieccomi qui con il secondo capitolo di questa Sad Story.
Ringrazio tutte quelle personcine che hanno letto, messo tra le preferite/seguite e che hanno recensito, sappiate che siete una musa per me.
Allora ho riletto questa notte alle due quindi chiedo perdono per eventuali errori o per la trama povera... vi dico già che questo capitolo non mi ha convinto dal primo momento in cui l'ho scritto e, per questo, non lo rileggo più altrimento rischio di cancellare qualsiasi cosa e lanciare in aria il pc.
Detto ciò vi lascio alla lettura e, please, non lanciatemi pomodori.

2.
Quattro giorni erano passati da quell’incubo che, in un modo o nell’altro, l’avevano fatto stare meglio, i dolori lancinanti che aveva erano scemati e per qualche giorno era riuscito a starsene tranquillo a godersi la solitudine di quella casa.

Era patetico vedere lui, il grande Tony Stark ridotto in quello stato, lui che aveva sempre avuto gente attorno a sé, ammiratori, paparazzi, amici e colleghi mentre ora era solo.

Quella solitudine però non era male per l’uomo, forse proprio perché prima era circondato da persone che ora stava apprezzando quel vuoto attorno a sé.

Afferrò un pezzo di pane che aveva preso dalla credenza della cucina, lo girò tra le mani e, una volta strappatone un pezzetto, lo mise in bocca masticando con insistenza per evitare di farsi del male.

“Signore, ha un messaggio in segreteria da parte del suo medico, posso farglielo ascoltare?”

Stark continuò a masticare dando un lieve cenno con il capo, stava perdendo anche la forza di parlare ed era un male perché lentamente quei dolori che sembravano averlo abbandonato in maniera improvvisa stavano tornando, obbligandolo a correre in bagno per rimettere quella misera briciola di pane che aveva cercato, disperatamente, di ingoiare.

Signor Stark è passato più di un mese dalla sua ultima visita in ospedale, avrei piacere se lei venisse da me anche solo per un controllo, la prego. Oltre alla sacca con gli alimenti posso aumentarle la dose di morfina e di cortisone per i dolori. Non ignori questo messaggio, la prego.”

Ascoltò quel messaggio seduto a terra di fianco al suo bagno, con la testa poggiata sulle piastrelle e con i piedi allungati verso la doccia. Era impresentabile, si sentiva la barba lunga ed incolta mentre i capelli gli davano fastidio ma era più che consapevole che quella visita dovesse essere fatta. Annuì all’AI che, subito, si mise all’opera per contattare il medico e dare la disponibilità di Stark.

 

Camminò per i reparti di quell’ospedale con il capo chino affinché il cappuccio della felpa gli coprisse il volto, tossì un paio di volte coprendosi la bocca con l’interno del gomito notandoci alcune piccole goccioline di sangue.

“Merda.”

Non era la prima volta che tossiva sangue ma in quei due giorni non gli era più successo, aveva tossito ma senza quel sangue ad ingombrargli i fazzoletti e le coperte. Qualsiasi cosa fosse stato quel sogno gli aveva fatto bene, aveva forse inibito quella malattia con prepotenza eppure era più che consapevole di non poterne parlare, di non poter accennare nulla di quell’evento a nessuno, nemmeno a quel dottore che lo stava cercando di curare.

Entrò nello studio richiamato da un cenno del capo di quell’uomo con quel lungo camice, si sedette su quella sedia che, a distanza di un mese abbondante, gli sembrava molto più grande, spaziosa rispetto a prima.

“Quanti chili ha perso signor Stark in questi trentacinque giorni?”

L’uomo sbuffò alzando gli occhi al cielo e facendo un rapido conto rispose con tono sconsolato e quasi distaccato.

“Sei chili e mezzo…”

L’uomo scrisse sulla cartelletta con una calligrafia elegante, Tony prese un bel respiro, gemette di dolore per quel gesto ed infine iniziò a parlare spiegando a quell’esperto i vari problemi che erano subentrati in quei lunghi giorni.

“Sta seguendo le indicazioni per le flebo, vero?”

Annuì e basta, ascoltò per gli ulteriori venti minuti ogni cosa che usciva da quella bocca prendendone atto e continuando ad annuire in caso di domande.

“Le consiglierei di farsi ricoverare qui ma da quanto ho potuto capire preferirebbe starsene a casa sua, la capisco.”

Gli allungò dei fogli in cui c’erano scritti una serie di flebo da prendere alla farmacia dell’ospedale assieme a dei medicinali specifichi per alleviare quei dolori e quel vomito incessante ed odioso.

“Mi raccomando, mi faccia sapere qualcosa e, se riesce, cerchi di non rimanere solo.”

Erano passati altri due lunghi giorni dalla visita e Stark era tornato a stare male, tremava di freddo e le sue mani erano mal ferme quando doveva bucarsi la vena per inserire la flebo. Lo stomaco gli lanciava fitte fortissime e i polmoni gli bruciavano ogni qual volta che si ritrovava a dover tossire o a fare un respiro più profondo degli altri. Stava diventando un inferno tutto quello, mai avrebbe pensato di dover patire così tanto per riuscire a morire. Si rannicchiò sul divano e collassò riuscendo così a riposare un poco.

Si svegliò di soprassalto togliendosi le coperte di dosso e afferrando il secchio che teneva lì per vomitarci all’interno, il suo stomaco si stava contraendo in maniera dolorosa portandolo ad eliminare qualsiasi acido al suo interno; tossì portandosi una mano allo sterno per cercare di placare quegli spasmi che gli stringevano l’anima nelle spire di quel dolore insopportabile.

“Mi avevano detto che le malattie umane logorassero il corpo delle persone ma non avrei mai pensato di trovarti conciato in questo modo deplorevole, Stark.”

Quella voce obbligò il genio a girarsi verso il bancone del proprio piccolo bar, lì seduto con le gambe elegantemente accavallate c’era Loki, quello stesso dio che li aveva aiutati con Thanos ormai mesi se non anni prima, quello stesso dio che ormai era più un Jolly che si mostrava e che se ne andava a proprio piacimento.

“Vattene. Hanno mandato te alla fine, mi sarei aspettato Point Break...”

Il Dio rise mostrando quelle file di denti bianchi e perfetti, scese dallo sgabello e fece un paio di passi verso l’uomo decidendosi a spiegare la propria versione dei fatti.

“Ti facevo più sagace, Stark. Sono qui di mia spontanea volontà, te l’ho sempre detto in fondo che per essere un umano sei degno di nota, dimmi se forse sbaglio.”

Tony si sedette sul proprio divano e tornò a ricoprirsi di coperte fin sopra al naso mentre fissava con occhi stanchi il continuo muoversi di Loki che camminava a passo lento lungo tutta la sala, a partire dal piccolo bar fino alla grande vetrata con vista mare, aveva un passo calmo e corto e nel frattempo si guardava attorno con quello sguardo predatore che studiava ogni singolo dettaglio.

Mosse una mano facendo apparire un teschio che fece strabuzzare gli occhi a Tony, si sedette nella poltrona di fianco al divano ed appoggiò quella “reliquia” sul tavolino basso che avevano di fronte entrambe.

“Piccolo cervo mi stai mettendo alla prova? Non è uno scherzo simpatico da fare...”

Il respiro dell’uomo aumentò il ritmo obbligandolo ad iniziare a tossire mentre dalla sua bocca usciva del sangue che prontamente veniva fermato da un fazzoletto tenuto dall’uomo premuto con prepotenza sulla bocca.

“Quello che vedi è una coppa, non sto giocando con te, ho voluto provare, usarti come cavia per questo esperimento, ti aveva fatto sparire il dolore per sette giorni o sbaglio?”

Tony si bloccò ripensandoci meglio, aveva sentito quella voce, non era riuscito a riconoscerla ma ora era certo che fosse lui, allora quella mano fresca sulla fronte doveva solo che appartenere a lui, troppi tasselli mancavano all’appello nella testa dell’uomo e, memore di chi fosse quella creatura, non poteva fidarsi del tutto.

“Perchè lo staresti facendo?”

Il dio abbassò gli occhi e ridacchiò divertito da quella situazione, nonostante fossero passati anni e avessero fatto squadra molte volte quel genio umano era sempre rimasto diffidente verso di lui, non si era mai fidato sul serio e la cosa lo aveva sempre divertito.

“Cosa hai da perdere tu, piuttosto.”

Tony ricominciò a tossire in maniera violenta, si tenne lo stomaco mentre gli occhi gli bruciavano e lacrimavano, Loki semplicemente spostò lo sguardo, socchiuse quegli occhi chiari e si allungò ad afferrare quella coppa e parlò con tono calmo ma serio.

“Sono di norma abituato a restituire i favori che mi vengono fatti e, vista la tua natura debole da umano, mi ritrovo costretto ad aiutarti così. Bevi.”

Rovesciò alcune erbe apparse dal nulla e, una volta afferrato un pugnale ed essersi inciso un palmo, lasciò cadere quel sangue all’interno di quel contenitore particolare.

Tony stava agonizzando vicino a lui mentre il dio contava quelle gocce con meticolosità, mischiò il composto e poi si ritrovò ad allungare il tutto all’uomo che, restio, negò con il capo mostrandogli la sofferenza dipinta su quel volto una volta orgoglioso e fiero.

Loki si mosse alzandosi in piedi e, una volta afferrato il collo dell’uomo per impedirgli di muoversi troppo e reclinatogli il capo all’indietro, gli lasciò scivolare in gola quel composto ferroso e speziato che tornò alla memoria del genio con prepotenza. Le mani dell’uomo gli afferrarono le braccia cercando di spostarlo ma le sue forze erano nulle confronto a quella presa decisa ma per nulla dolorosa.

 

Il dio rimase immobile vedendo l’uomo scivolare in quel sonno imposto dal composto, era strano vederlo conciato in quel modo, sembrava quasi una pallida imitazione dello sfacciato Stark che aveva conosciuto in quegli anni, non sembrava nemmeno l’uomo che gli aveva offerto un drink per cercare di farselo amico senza andare alle maniere forti…

Erano davvero così fragili quegli esseri umani? Bastava così poco per abbatterli che Loki si stupì nel pensare ai millenni che avevano visto le generazioni scambiarsi tra loro, dalla nascita di un singolo bambino fino alla morte di esso per poi passare alla generazione successiva, come un lungo ed infinito mantra che si ripeteva in ogni singola parte di quel mondo debole ma perspicace.

Anche loro morivano ma era tutto diverso, le loro generazioni erano più distese lungo il tempo ed era tutto così follemente veloce su quel pianeta da lasciarlo affascinato ogni qual volta scendeva su Midgard.

Una delle prime volte in cui, ancora immaturo, posò i piedi su quel pianeta vide quegli umani ancora coperti di pelli e poco altro; si ricordava perfettamente come aveva donato loro il fuoco, si era sentito importante ed apprezzato per aver donato loro qualcosa che non era, in quel tempo, conosciuto.

Accavallò le gambe mentre si rilassò su quella poltrona, Stark inconsciamente aveva fatto qualcosa di importante per lui, lo aveva tirato fuori da quello stato di sottomissione che il Titano Folle gli aveva imposto, era riuscito a scuoterlo mostrandogli cosa stesse effettivamente accadendo attorno a loro in modo che lui potesse organizzare un piano di scorta.

Era per metà Jotun e il suo sangue aveva delle proprietà criogeniche in grado di raffreddare alcune parti del corpo, non aveva idea che potesse anche funzionare su un essere umano ma, una volta aggiustata la quantità e unito ad alcune erbe benefiche, decise di provare quella follia, non poteva fermare la morte ma rallentarla quello poteva farlo eccome…

Usò la magia per ripulire quel posto, sembrava di essere in una stalla piuttosto che in una casa di un malato e la cosa urtava il sistema nervoso del dio, spalancò le finestre lasciando che l’aria fresca ricambiasse quella viziata che c’era all’interno delle mura.

L’uomo si risvegliò dopo un paio di ore, si alzò andando ad afferrare una piccola sacca trasparente che conteneva un liquido giallognolo, Loki lo guardò curioso ma si ritrovò a sbuffare quando vide la mano tremante di Stark che teneva, a fatica tra le dita, un ago con una piccola cannetta collegata a quella sacca.

Camminò avvicinandosi a lui per togliergli l’ago dalle mani senza fare alcuna fatica, lo guardò inarcando elegantemente un sopracciglio e aspettò con la bocca leggermente aperta attendendo con calma istruzioni dall’altro.

“Devi infilare l’ago nella vena.”

Loki annuì facendo pressione nel punto subito sopra alla giuntura del gomito che, dopo poco, portò la vena in rilievo facilitandogli il compito di dover bucare la vena per inserirci quell’ago.

Tony si ritrovò stupito della delicatezza con cui quel guerriero compì quel compito, non se lo era mai fatto fare da nessuno ma lui stesso ci stava prendendo confidenza dopo mesi.

“Sei pieno di sorprese eh, Piccolo Cervo?”

Gli occhi del dio si fermarono sul suo sorriso accennato ma, poco dopo, si ritrovò a sbuffare tornando a sedersi sulla poltrona lì vicino, che aveva ormai reclamato come sua.

“Non sono sorprese, Stark, semplicemente non sono solo una testa vuota come Thor.”

L’uomo ridacchiò di fronte a quella frase, portò lo sguardo sul volto del dio ed infine sbuffò scuotendo la testa con un movimento lento ma continuo.

“Non sei mai stato una testa vuota, forse con un po' più di manie di protagonismo ma sei un ottimo alleato...”

Il silenzio cadde tra loro in maniera silenziosa ma per nulla imbarazzata, Stark si decise ad accendere la televisione guardando qualche film odioso ed addormentandosi a metà di esso.

Davvero quell’uomo la pensava così? Era davvero un buon alleato nonostante le morti che aveva generato e nonostante la sua natura da doppiogiochista?

L’umano lo aveva colpito in positivo, era riuscito a stuzzicare quella leggera curiosità che da sempre si nascondeva al di sotto di ogni sua malefatta e la cosa lo portava a ridacchiare, inconsciamente.

Doveva essere proprio messo male per aver accettato quel leggero aiuto in maniera così spontanea e senza nessun tipo di opposizione… Nella testa del dio si palesò una domanda alquanto semplice ma che, per uno come lui, era fondamentale: perché si era preso così a cuore quell’uomo?

Sì, era vero il fattore di dover ricambiare quel favore, quella gentilezza in qualche modo ma impietosirsi in quel modo arrivando ad aiutarlo in quel modo…

Socchiuse gli occhi di fronte a quel quesito, in quel preciso momento non aveva nemmeno la voglia di indagarne l’origine così se ne andò da quella casa ripromettendosi che non ci avrebbe più messo piede, ciò che andava fatto per sdebitarsi lo aveva fatto ed ora poteva continuare a farsi gli affari propri.

 

Quando Stark riaprì gli occhi la casa era vuota, il dio era sparito, se ne era andato e da un lato non poteva che capirlo, aveva dovuto aiutarlo in tutto e per tutto, dall’allevargli il dolore con il suo sangue fino ad aiutarlo a inserire un semplice ago nella propria pelle.

Si trascinò per la casa, gli faceva male ovunque ma per lo meno riusciva a starsene in piedi e ad ingoiare qualcosa di solido o di liquido. L’idea di avere attorno a sé quel dio imprevedibile non gli era particolarmente fastidiosa al pensiero, lo aveva visto mentre stava male, quella “creatura” aveva avuto rispetto invece di usare la pietà come arma per infierire, era stato educato e non invadente. Lo aveva apprezzato, era stanco di leggere sul volto di chiunque incontrasse quella sofferenza e quella pietà che non voleva, che non desiderava… Avrebbe tanto voluto qualcuno che lo guardasse come se non avesse nulla, come se non stesse per morire da un momento all’altro ed inaspettatamente quello sguardo mancato lo aveva ritrovato in quell’antico nemico che si era trasformato in un valido alleato.

Sgranocchiò qualcosina ed infine, con passo stanco e lento, tornò a sedersi sul divano, sorrise in maniera amara quando realizzò che la sua vita stava davvero diventando monotona, non usciva da quella casa da troppo tempo, la sua mente creò il pensiero di una follia, un piccolo sfizio che poteva fare intanto che il sangue del dio gli girava in corpo.

Si portò di fronte al proprio armadio, aprì le due grandi ante e valutò i vari vestiti che facevano bella mostra di sé su quelle grucce ben allineate e in ordine. Si svestì quasi in maniera divertita, rivoltò quella maglia logora che indossava ed afferrò una delle sue pregiate camicie, la indossò sentendo la frescura che quel tessuto gli donò a contatto con la sua pelle. Iniziò a chiudere il primo bottone e fu in quel momento che si stupì di quanto quella camicia che prima gli stava così divinamente bene e che gli fasciava il suo fisico perfetto, ora gli stava larga, sembrava di due o tre taglie più grande della sua. Si specchiò in uno degli specchi e subito le lacrime iniziarono a correre sulle sue guance finendo nella folta barba incolta che gli contornava il viso.

Le sue dita tolsero dalle asole quei due miseri bottoni che erano stati chiusi, si tolse con attenzione quel capo firmato e, con altrettanta delicatezza e attenzione, si ritrovò a riappendere quell’abito al suo posto.

“Appartengono allo Stark del passato in effetti… quell’uomo non ci sarà più ora.”

Cercò una tuta che potesse stringere con i laccetti in vita per poi accompagnarla ad una maglia ed una felpa che aveva scartato da anni per via delle loro dimensioni ridotte.

La indossò notando come gli andasse bene, come le pieghe di quegli abiti indicassero quanto fosse evidente quel dimagrimento dato dalla malattia. Indossò anche una grossa giacca invernale e prese l’ascensore, quel semplice gesto gli diede una scarica di nervosismo, mai avrebbe pensato che quell’azione gli richiedesse uno sforzo così ampio.

Arrivò al portone d’entrata e rimase immobile per alcuni interminabili minuti, le macchine sfrecciavano su quella strada non molto trafficata di quel paese canadese in cui si era rifugiato, le persone camminavano su quel marciapiedi con la testa china e a passo spedito.

Prese un piccolo respiro e, una volta buttata fuori quell’anidride carbonica in eccesso, si ritrovò a spalancare quella porta per respirare l’aria fresca e tipicamente invernale.

Era febbraio inoltrato ma la neve era sempre poca in quella cittadina di poco conto, era forse per la vicinanza con il mare che manteneva le temperature un poco più miti ma Tony aveva scelto quel luogo per isolarsi e poter morire in santa pace, non aveva fatto caso a mare o a montagne, al clima o alla gente che ci abitava, aveva semplicemente guardato la cartina dell’America e aveva puntato il dito ritrovandosi ad optare per quella casa quasi di lusso che si ritrovava.

Fece un paio di passi, sicuro di potere stare in piedi si dedicò ad una piccola passeggiata, passo dopo passo e non gli sembrava vero, c’erano i giorni in cui arrivare in bagno era difficile e impossibile ma ora, camminare su quella strada gli pareva così semplice da essere surreale.

Si fermò a guardare il sole che tramontava, aveva perso anche la cognizione del tempo per via delle ore che passava a dormire o a vomitare quindi si sorprese di fronte a quell’inaspettato paesaggio colorato di rosso e di oro, le nuvole erano tinte come di un arancione acquarello che lo fece sorridere.

Erano anni che non si soffermava sui particolari e sulle sfumature delle cose, ormai la sua vita era diventata troppo frenetica per potersi permettere di fermarsi ad osservare e, da un lato, gli dispiaceva.

Jarvis, quando lui era solo un bambino, lo aiutava sempre, gli indicava i colori e glieli mostrava non con lo sguardo di chi vuole insegnare qualcosa ma con lo sguardo di un bambino, era quasi come se quel vecchio maggiordomo che lo aveva cresciuto si ritrovasse sempre a tornare fanciullo quando doveva mostrargli qualcosa.

Gli mancava da morire in quel momento e si ritrovò ad asciugarsi, per l’ennesima volta in quei giorni, le lacrime che calde gli sferzavano il volto, la sua vita era andata a rotoli con una velocità impressionante, fino a pochi mesi prima era un eroe, uno di quelli che chiunque vorrebbe incontrare, uno di quelli che le folle acclamano a voce alta e se prima gli dava quasi fastidio tutto quello ora lo stava quasi invidiando alla propria figura passata.

Si sedette sulla sabbia di quella spiaggia illuminata da quegli ultimi raggi di pallido sole, si tirò le ginocchia al petto e rimase così ad osservare quegli ultimi bambini che, ridendo e scherzando, stavano facendo aspettare i genitori sul bagno asciuga. Quella scena, così normale e così tranquilla, gli fece male al petto, avvertì una fitta di gelosia perché lui, nonostante tutto, non aveva mai avuto dei genitori amorevoli che lo portavano in spiaggia, lui per loro era solo un premio da mostrare ai convegni e poco altro di più…

“Spiegami perché sei qui, Stark?”

La voce di Loki lo colse impreparato, alzò lo sguardo verso il volto dell’altro e rimase immobile nel contemplare quella figura ambigua e discordante con il mondo circostante.

Aveva un aspetto diverso, particolarmente umano con vestiti umani e i capelli raccolti in una coda leggermente mossa, si perse a guardare quella persona in maniera divertita, stirò le labbra in un ghigno di scherno.

“Ecco perché non riuscivamo a trovarti, semplicemente ti confondevi tra noi comuni mortali. Cosa fai qui?”

Sul volto del dio si mostrò una lieve sfumatura di rabbia e di odio profondo verso il genere umano, adesso sì che lo riconosceva. Vide il moro stringere i denti e sospirare negando con la testa, si sedette di fianco a Tony nella sabbia ostinandosi a non guardare quell’uomo in volto, tenendo però gli occhi puntati sugli ultimi barlumi di quel crepuscolo.

“Non lo so di preciso, mi annoiavo ad Asgard e, visto che il mio amato fratello è tornato su questo pianeta per affari vari, ho preso l’occasione per andarmene.”

Stark ridacchiò passandosi una mano tra i capelli, appoggiò il mento sulle proprie ginocchia e si godette quegli ultimi attimi di serenità, voltò il viso per riuscire a guardare il profilo del dio prima di parlare con voce serena.

“Praticamente sei tornato ad essere un fuggitivo...”

Il moro girò la testa quasi di scatto a quella frase, assottigliò lo sguardo ed emise un leggero sibilo infastidito mentre portava lo sguardo dalla parte opposta al volto di Tony. Ridacchiò l’uomo in modo divertito e gioviale.

“Se vuoi in casa mia c’è una stanza in più, giuro che non chiamerò nessuno per dirgli dove sei, promessa da Boy Scouth!”

Il dio alzò un lato della bocca per mostrare un leggero sorriso che l’uomo interpretò come assenso a quell’affermazione, la malattia doveva avergli dato al cervello, stava davvero per avere in casa quella creatura così inafferrabile ed insopportabile con la battuta sempre pronta e versatile? Stava forse impazzendo del tutto?

 

L’aria nella casa, per i primi giorni, fu strana, forse surreale per entrambe. Tony si ritrovava ad osservare dettagli e sfaccettature di quella creatura così eterea che mai avrebbe pensato di poter studiare da così vicino mentre, dall’altra parte, il dio si stava ritrovando a farsi violenza per intervenire di fronte a determinate situazioni che accadevano.

Loki si stava sforzando a pensare come un umano, stava cercando di capire cosa passasse per la testa all’altro mettendo di fianco tutto ciò che gli era stato insegnato fino a quel momento ad Asgard; tutta la storia della razza superiore a cui lui aveva creduto, a cui lui aveva fatto affidamento ma che ora, vedendo quel midgardiano in quelle condizioni, si ritrovò a rivalutare. Grandi Dei e grandi guerrieri che, però, guardavano solo e soltanto al proprio interesse personale.

La situazione si smosse solo sei giorni più tardi mentre Loki riempiva, per la terza volta in quel mese, quel teschio con il proprio sangue e con le erbe che Freya aveva consigliato.

“Sei un disastro Stark.”

Quelle tre semplici parole ebbero il potere di bloccare l’uomo, non trovò subito il coraggio di alzare lo sguardo per puntarlo in quello chiaro dell’altro, non ne aveva la forza per paura di leggerci quel sentimento che stava riuscendo a dimenticare in quei giorni proprio grazie alla presenza silenziosa di quella persona…

“Lascia che ti tagli la barba e i capelli, sei davvero penoso in questo stato.”

Alzò gli occhi su quella figura che si era già alzata dalla poltrona che, per la cronaca, aveva rivendicato come sua; stava camminando verso il bagno con quell’andatura elegante e per nulla al mondo agitata.

Guardò quel composto con una scintilla di disprezzo ma, alla fine la ingerì tossicchiando di dolore per via del petto bruciante, quel composto lo teneva sano ma l’effetto svaniva prima, lentamente il suo corpo si stava assuefacendo a quella sostanza come se fosse una droga.

Camminò con una mano appoggiata al muro per evitare di cadere e, una volta entrato in bagno, si fermò appoggiandosi allo stipite incrociando le braccia al petto e sorridendo in maniera stanca ma sincera.

“Devo fidarmi a farmi fare la barba dal dio delle malefatte in persona con una lama tra le mani?”

Il dio aggrottò un sopracciglio inarcandolo elegantemente verso l’alto, sbuffò con fare teatrale prima di sedersi sull’orlo della vasca e accavallare le gambe fasciate da un paio di pantaloni aderenti di un verde scuro.

“Se non ho mai fatto lo scalpo al pentapalmo di mio fratello penso che il tuo non gioverebbe al mio ego.”

A quella risposta acida ma sicura Tony dovette arrendersi alzando un poco le mani e segnando così la sua sconfitta facendoli ridacchiare entrambe in maniera silenziosa, si stavano semplicemente tastando cercando di tracciare l’uno lo schema dell’altro...

Tony si sedette a terra dando le spalle a Loki che, dopo aver guardato quelle spalle ossute che apparivano da sotto la maglia, sospirò ed iniziò semplicemente a tagliare recidendo quei capelli ormai divenuti lunghi ed ingestibili.

Si ricordava perfettamente il loro primo incontro, il modo che aveva Tony per porsi al mondo intero, non sono con lui era così simile al suo da affascinarlo in positivo nonostante l’influenza di Thanos nel suo cervello.

Accorciò quelle ciocche cercando di dargli un senso di ordine e di pulizia, tirò leggermente indietro la testa di quell’uomo che, ubbidiente e fiducioso, indietreggiava di qualche centimetro per permettere all’altro di lavorare al meglio.

Le spalle di Tony si ritrovarono appoggiate alle cosce spalancate del dio mentre la nuca si appoggiò sulla sua gamba inerme e silenziosa mentre i suoi occhi rimanevano chiusi a godersi quelle attenzioni per nulla al mondo fastidiose.

Allungò un braccio per afferrare la schiuma da barba e riempire quel volto sciupato dalla malattia, iniziò a rimuovere quella peluria con attenzione e calma, godendosi ogni singolo respiro che avvertiva da parte dell’uomo.

Come erano arrivati fino a lì? Fino a quell’intimità così calma e rispettosa?

Finì per lasciargli il pizzetto esattamente come se lo ricordava, inarcò le labbra in un leggero sorriso naturale, soddisfatto di ciò che aveva appena portato a compimento.

“Le tue mani sono così fredde da essere piacevoli.”

Si ritrovarono occhi negli occhi, immobili ognuno perso nei propri pensieri e nelle proprie considerazioni, fu un momento statico ma quasi magico nonostante il luogo e la situazione alquanto strano.

Loki alzò una mano passando i polpastrelli su alcune ciocche che aveva lasciato un pelo più lunghe delle altre, lasciando che la propria pelle entrasse in contatto con quella della fronte calda dell’umano, fu un tocco breve ma significativo per entrambe.

“Dovresti andare a dormire, Stark.”

L’uomo socchiuse gli occhi e annuì di fronte a quel suggerimento godendo di quel fresco che pareva provenire dal corpo del moro. Sbuffò spostando la testa lentamente e, rialzandosi, in maniera poco agile, si diresse verso la propria stanza per collassare dalla stanchezza subito dopo essersi coperto.

Loki invece rimase immobile in quel bagno, si abbassò per afferrare tra le mani una delle ciocche di capelli che aveva reciso a Tony, la guardò sul proprio palmo ed infine la strinse con forza spostando lo sguardo sulla porta da dove lui era uscito per dirigersi verso il proprio letto.

Quello sguardo era carico di qualcosa, di qualcosa di impossibile e di illeggibile che nemmeno lui era stato in grado di decifrare, sembrava quasi una richiesta silenziosa di salvataggio, un ultimo disperato tentativo di non morire solo.

Non seppe dire con precisione il perché ma qualcosa si strinse nel petto del dio delle malefatte e fu sempre per quella sensazione che si portò sulla porta di quella stanza per accertarsi che fosse lì.

Scosse la testa prima di andare a sdraiarsi sul divano e far apparire un tomo antico, preso direttamente dalla biblioteca di Asgard, un libro che narrava di Midgard e dei suoi abitanti con usi e costumi arretrati e poco evoluti. In quel libro c’era anche lui, il grande Loki che donava loro quel fuoco che li avrebbe riscaldati e sfamati anziché ucciderli.

Iniziò a sfogliare con cura quel libro mentre, pagina dopo pagina, un leggero sorriso si creava sul volto del dio.

[To Be Continued...] BloodyWolf


So che è scritto molto molto di fretta ma so che è anche un capitolo di "passaggio" nel senso che finalmente sono riuscita ad introdurre il nostro Dio dell'inganno all'interno della storia e che da questo capitolo in avanti ci saranno molte scene agro-dolci tra i due.
Voglio avvertirvi già che penso fino ad uno degli ultimi capitoli tra i due non ci sarà nemeno un bacio quindi penso che la posa leggere chiunque questa storiella da quattro soldi <3
ciaoooo
   
 
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