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Autore: haru_chan19    15/03/2019    1 recensioni
C’era un bambino.
In mezzo a tutte quelle macerie, c’era un bambino.
Cinque anni, forse sei.
Da solo.
Mi mossi in fretta. La gamba destra si mosse automaticamente, e la sinistra la seguì, iniziando un ritmo veloce che poi si sviluppò in corsa.
(...)
«Sei veramente ancora arrabbiato?» chiesi ironico.
«Non farlo più.»
«Cosa? Salvare vite?»
obv - KiriBaku
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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C’era un bambino.
In mezzo a tutte quelle macerie, c’era un bambino.
Cinque anni, forse sei.
Da solo.
 
Mi mossi in fretta. La gamba destra si mosse automaticamente, e la sinistra la seguì, iniziando un ritmo veloce che poi si sviluppò in corsa. Il bambino era nella discesa che portava al parcheggio sotterraneo. Era seduto per terra e non piangeva. Lo raggiunsi lentamente iniziando a parlargli, provando a non spaventarlo.
«Ehi piccolo, tutto bene?» dissi
«Il mio papà è in macchina» rispose secco. I suoi occhi spaventati nascondevano una calma apparente nella voce, inadatta a un bambino della sua età. La macchina da lui indicata si era schiantata contro una colonna portante del parcheggio. I pilastri in acciaio erano piegati, ma la struttura interna avrebbe retto ancora per un po’. Mi avvicinai ancora un po’ a lui.
«Ti fa male il braccio?» cercai di sorridere.
«No.» pausa. Avvolsi una benda improvvisata sul taglio, che risultò molto superficiale di quanto pensassi, e lo presi in braccio
«Adesso aiutiamo il tuo papà». Il bimbo non oppose resistenza. Era così piccolo che stava comodo solo sul braccio sinistro.
«Mi dici come ti chiami?»
«Rin» rispose e si aggrappò alla parte del mio costume che fasciava la spalla, voltando la testa dalla parte opposta dell’auto del padre.
Raggiunsi la vettura e rallentai il respiro. Il finestrino e il parabrezza erano disintegrati, c’era vetro dappertutto. L’airbag era aperto e la testa dell’uomo vi era appoggiata contro. Sanguinava dalla fronte e aveva delle schegge nella parte del busto, ma sembrava respirare. Tenendo ancora più stretto Rin, mi abbassai verso l’abitacolo.
«Signore, mi sente?» nessuna risposta «Signore! Suo figlio sta bene è qui con me. Sono un eroe professionista» un sospiro si alzò dal corpo dell’uomo. Rin teneva ancora la testa rivolta alla parte opposta.
Feci qualche passo indietro e usai la mia abilità per strappare la portiera ma l’uomo non era incastrato. Sentii dei rumori sospetti alle mie spalle: un pilastro stava cedendo sotto il peso del soffitto. Mi voltai di nuovo verso l’auto e, stringendo la presa attorno a Rin, indurii il braccio per sollevare di peso l’uomo e trascinarlo fuori dall’auto. Fatti i primi passi, una crepa si aprì in mezzo ai nostri piedi. «Cazzo» imprecai. Il terreno si aprì all’istante.
 
Ragionai in fretta: avevo una presa più instabile sull’uomo, nella caduta non sarei riuscito a fargli da scudo, così lo lanciai letteralmente nella parte di pavimento stabile e caddi di sotto trascinando Rin con me. Il fragore della frana coprì le mie parole e le urla del piccolo. Attivai la mia abilità e atterrai, distruggendo ulteriormente la superficie. C’era del sangue sotto di noi ma Rin era illeso. Quando il silenzio ci coprì di nuovo, sentii le urla dell’uomo. Chiedeva se stessimo bene.
«Tutto bene! Ascolti, ci sono altri eroi nei paraggi, ne trovi uno e gli dica cosa è successo» urlai.
L’uomo si allontanò di corsa e la sua voce divenne un eco lontano. Appoggiai Rin di fronte a me e incrociò subito il mio sguardo, ancora spaventato. Quando parlò però, come prima, non uscì neanche un segno di agitazione.
«Ti sei fatto male alla testa» disse allungando una mano verso la mia fronte, toccando la ferita, e sporcandosela di sangue. Un silenzio sordo eruppe nella mia testa, come un’esplosione muta. Strizzai gli occhi e mi appoggiai alla parete.
«Non è niente» mentii.
«Mamma dice sempre che quando mi faccio male è perché non la ascolto. Anche tu non hai ascoltato la tua mamma?» chiese curioso.
«Hai proprio ragione, dovrei ascoltare più spesso quello che mi dicono. Ora comunque vediamo di uscire da qui, va bene?»
Mi alzai lentamente, scrocchiando il collo. «figurati se mi faccio fermare da un graffietto in fronte» pensai. Presi Rin in braccio e gli dissi di tenersi forte. Analizzai la parete in cerca di un punto d’appoggio solido per iniziare la scalata.
«Kirishima!» sentii chiamarmi dall’alto. Non vedevo nessuno ma ne sentivo chiaramente la voce. Bakugou fronteggiava da sopra la voragine.
«Vieni su cretino, non farmi scendere altrimenti ti ammazzo, chiaro?!» urlò
Sorrisi e presi a scalare.
«Anche la mia mamma dice così quando la faccio arrabbiare» disse Rin.
«Fidati, è peggio di mia madre… di tutte le madri in generale».
 
Completai la scalata e raggiunsi un punto stabile alla luce del sole. Il padre del bambino aveva ricevuto alcune cure provvisorie ed era in attesa di riabbracciare il piccolo. Appoggiai Rin a terra che sfrecciò subito verso il genitore. Bakugou si avvicinò a me.
«Ti sei ferito cretino» disse spingendo contro il taglio che ancora sanguinava.
«Ahia! Ma sei scemo?» replicai
«No quello scemo sei tu che ti sei fiondato da solo la dentro… non avevi visto il pilastro inclinato?!» sembrava arrabbiato.
Non dissi nulla. Mi disse che dopo avermi visto sparire nel parcheggio, il pilastro si era piegato, non lasciando alcuna presa d’aria e che Uraraka ci aveva messo un po’ a sollevare tutte le macerie per creare un passaggio. Non mi ero accorto di niente di tutto ciò.
Mi limitai ad accettare una garza da lui per tamponare la ferita. Eravamo compagni, eravamo il protagonista e la spalla; eravamo infallibili. Insieme in un precario gioco con il destino: un giorno esci e la sera non torni.
  
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