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Autore: serre02    16/03/2019    0 recensioni
Konoha è ancora terribilmente segnata dalla grande guerra ninja e dall'attacco del Kyuubi.
Un Kakashi quasi diciassettenne, membro delle forze speciali Anbu, si troverà coinvolto in qualcosa che si rivelerà molto più di una missione di livello S.
Alle prese con passato ed emozioni contrastanti, sarà costretto ad affrontare il suo dolore ed a prendere difficili decisioni.
Riuscirà a proteggere il villaggio da questa nuova minaccia?
|DAL TESTO|
Due grandi occhi ghiacciati lo fissavano. Sembrava che, in pochi istanti, gli avesse frugato nell'anima e non le fosse piaciuto ciò che aveva trovato.
E, ancora una volta, quella voce tornò a tormentarlo, come un'ombra, una macchia nel suo cuore troppo difficile da rimuovere.
«Kaka... Shi...»
|ATTENZIONE!|
Questa storia è presente anche su Wattpad, sito sul quale uscirà tra non molto il sequel un capitolo alla volta. Ovviamente poi lo caricherò anche qui su EFP, ma solo una volta finito.
Faded è una rivisitazione di Haru, che troverete sempre qui sul mio profilo.
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ogni respiro era come una pugnalata al diaframma. Da sotto la maschera di porcellana bianca, esalava di tanto in tanto una nuvoletta di condensa, che si dissolveva immediatamente nell'aria gelida. Ad ogni passo, ad ogni impronta, ad ogni traccia scarlatta sulla neve candida, aumentava la velocità. A tratti, il chakra delle gambe tremolava, facendolo sprofondare fino alle ginocchia nel manto bianco. Ed ogni volta ritrovava la forza di riprendersi. Anche a costo di trascinarsi sui gomiti, non si sarebbe fermato.

L'ennesimo cedimento lo fece inciampare in una grande radice, facendolo cadere pesantemente. Il contraccolpo risvegliò un acuto dolore alla spina dorsale; pensava che se ne fosse andato da tempo, invece era sempre stato lì ad aspettare la più piccola debolezza per buttarlo giù, impedendogli di rialzarsi. Allungò una mano per cercare di recuperare la maschera, volata via incrinandosi in corrispondenza del mento, ma la mano gli ricadde priva di forze al suolo.

Strinse i pugni davanti a sé, appena sopra la testa, con amarezza. Si mise in ginocchio, cercando disperatamente di non essere inghiottito ancora una volta dalla coltre bianca. Tremante e con fatica mise a fuoco il braccio destro; era insanguinato. La vista gli fu offuscata da una lacrima, sebbene avesse fatto di tutto per ricacciarla indietro. Sapeva bene a chi appartenesse quel sangue. La piccola goccia salata gli rigò una guancia, fino a bagnare il tessuto nero che da sempre aveva nascosto il suo viso, il suo passato, le sue emozioni.

Perché si sentiva in quel modo? Per uno Shinobi del suo calibro, la freddezza era tutto. La minima incertezza lo avrebbe portato all'insuccesso. "Missione fallita"; poteva quasi vedere quella scritta, impressa a caratteri cubitali sul suo fascicolo. Come poteva vedere quel corpo privo di vita sul pavimento. Un brivido lo percorse, facendogli venire la pelle d'oca. Quella volta, però, la colpa non era del freddo.

A pochi metri da lui, la neve era stata profondamente segnata. E, proprio lì accanto, in mezzo ad una pozza scarlatta che macchiava quel candore, notò la sua lunga sciarpa. Quasi si confondeva in mezzo a tutto quel sangue.

Strisciò poco dignitosamente verso quella scena, che mai gli aveva fatto quell'effetto. Afferrò il tessuto morbido, che imprigionava tra le maglie alcuni fiocchi bianchi, i quali si scioglievano quasi immediatamente al tocco delicato del ninja, inumidendo le punte delle sue lunghe dita. Se la strinse al petto, alzando lentamente lo sguardo, fino ad incontrare gli scorci, appena visibili tra i rami spogli e congelati degli alberi, del cielo di Dicembre. Vitreo come gli occhi della creatura più indifesa che avesse mai visto.

Velati dalle lacrime, dalla paura. Nel momento in cui l'aveva presa tra le braccia per sfuggire a quella dannata carta bomba, pensava che il cuore gli sarebbe scoppiato. Forse per il boato assordante, forse per quel pezzo di tronco in fiamme che gli aveva urtato con violenza la schiena. Prima che potesse rendersene conto, si era ritrovato rannicchiato su sé stesso, tenendola stretta al suo petto. Non gli importava del dolore fisico provato in quel momento; desiderava solo proteggerla. E quel debole sorriso, che gli aveva rivolto prima di perdere conoscenza, aveva provocato nell'Anbu una sensazione mai provata prima. Il chakra gli ribolliva dentro con foga. Ma, nello stesso tempo, avrebbe tanto voluto correre via il più velocemente possibile.

Quando poi l'aveva portata via da quel posto e sentita fremere al contatto con il suo corpo, si era reso conto di quanto fosse fragile. Il suo cuore si era improvvisamente trasformato in un uccellino impazzito, che sbatteva con violenza contro la cassa toracica nel disperato tentativo di liberarsi e volare via.

Una folata di vento gelido, carico di fiocchi di neve rubati dai rami degli alberi, gli accarezzò con delicatezza ogni centimetro di pelle lasciato scoperto dalla divisa da Anbu; pelle segnata da infinite cicatrici, testimoni delle numerose missioni che aveva affrontato. E la più significativa, era quella che gli solcava l'occhio sinistro. L'unica degna di essere presa in considerazione. L'unica che non gli avrebbe mai fatto dimenticare. Sulla spalla sinistra un tatuaggio rosso spiccava con il resto, come una camelia rossa nella coltre invernale.

Gli scompigliò i capelli argentati, ai quali la luce bianca del timido sole tipico di quella stagione, donava sfumature incantevoli. Chiuse gli occhi, lentamente, temendo quasi di non riaprirli mai più, e tirò un profondo sospiro, che gli bruciò nei polmoni. Quella volta, la condensa fluttuò nell'aria, sempre più in alto, come se volesse raggiungere le stelle ancora invisibili.

"Dove sei?" Disse in un sussurro, appena percepibile nel silenzio assordante della foresta di Konoha. Ormai non era più una questione di missioni, villaggio, onore. Sebbene non sapesse niente di quella ragazza, trovata in fin di vita ai piedi di un albero, non sopportava l'idea di non rivederla più. Non aveva alcuna somiglianza fisica con quella che, ai tempi in cui era appena stato nominato jonin, era stata la sua compagna di team; eppure, quegli occhi di ghiaccio, incorniciati da una cascata d'oro pallido, gli ricordavano terribilmente Rin. E con lei, il chidori che aveva infranto inesorabilmente la promessa fatta, tempo prima, all'unico vero amico che avesse mai avuto.

Le ultime parole di Obito gli rimbombavano ancora nella testa, invadendo ogni confuso pensiero che la affollava.

«Kakashi... Prenditi cura... Della nostra Rin...»

Ed invece che proteggerla era stato la causa della sua morte.

«Kaka... Shi...»

Le lacrime, il sangue, il braccio avvolto dalle scariche elettriche.

«Kakashi...»

La voce colma di rancore, di rimprovero.

«Kakashi!»

Spalancò gli occhi, scosso da violenti tremori. Aveva il fiatone. Una goccia di sudore freddo gli scese lungo la schiena, facendolo rabbrividire. No, non avrebbe commesso lo stesso errore ancora una volta. Non si sarebbe arreso. Non sarebbe rimasto solo.

Improvvisamente, sentì una presenza di fronte a sé. Scattò in piedi, provocandosi un acutissimo dolore a tutto il corpo, mezzo congelato. Due grandi occhi ghiacciati lo fissavano. Sembrava che, in pochi istanti, gli avesse frugato nell'anima e non le fosse piaciuto ciò che aveva trovato. Spostò lo sguardo alla maschera che teneva in mano; le sue sembianze animali erano da anni divenute il suo secondo volto. Gliela stava porgendo, con un sorriso. Come se non fosse successo nulla.

«Dov'eri finita?» Chiese con una nota disperata.

In risposta, il suo sorriso si fece ancora più dolce. Mosse un lento passo verso il ninja. I lunghi capelli dorati fluttuarono nell'aria fredda. Fu un attimo. Le gambe le cedettero, facendola precipitare. Ma, al posto del terreno congelato, la accolsero due braccia forti. Il viso le sprofondò tra la morbida stoffa della divisa.

«Grazie...» Esalò, per poi perdere conoscenza. L'oscurità la avvolse, come un nero mantello.

"Grazie."

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