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Autore: Dida77    18/03/2019    5 recensioni
Come posso essere il loro eroe, adesso che io ho perso il mio?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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20 marzo 2015
 
 
Lettere dal fronte
 
Ormai erano passati più di due mesi da quando Steve lo aveva trovato e lo aveva riportato a casa con sé.
 
Era uno di quei pomeriggi tranquilli in cui Bucky prendeva confidenza con la sua nuova casa e la sua nuova vita.
 
Stava sistemando da più di un’ora la sua parte di armadio quando la vide.
Una grande vecchia scatola di latta, con disegnate sopra classiche immagini natalizie, nascosta sotto ad una pila maglioni di Steve.
Sembrava un pezzo degli anni quaranta piombato per magia nel ventunesimo secolo.
 
Gli ricordava qualcosa, quella scatola. Qualcosa che era nascosto nella nebbia come una miriade di altri pezzi della sua vita precedente. Ormai non ci faceva più molto caso. Ormai aveva capito che quei pezzi di vita tornavano alla luce solo quando volevano loro, richiamati a galla da un gesto, un colore, un profumo. Inutile provare a sforzarsi. Era solo una perdita di tempo…
 
Quindi non si preoccupò troppo di riannodare i fili della memoria e semplicemente si chinò per prenderla in mano. La portò sul letto. La aprì.
 
All’interno trovò un tesoro. Tantissimi disegni di Steve, più o meno dettagliati, risalenti a periodi diversi, alcuni in bianco e nero, altri a colori. C'erano i suoi blocchi per gli schizzi, i suoi carboncini, le sue matite.
Li riconobbe subito e questo, data la situazione, era di per sé già un miracolo.
 
Fu un attimo, ed ecco che arrivarono i ricordi.
Come al solito. Tutti insieme. Tutti in un colpo solo. Talmente improvvisi da dare il capogiro.
 
Si ricordò. Si ricordò di avergliele regalate lui quelle matite, per l'ultimo compleanno di Steve che avevano festeggiato insieme. Gli erano costate una mezza fortuna…
Non sapevano che quello fosse l’ultimo compleanno. Lo avevano festeggiato come al solito. Una pizza, una passeggiata insieme verso casa e poi il regalo, seduti sul divano una volta rientrati. Tutto come al solito. Solo che quella fu l'ultima volta che lo fecero e, a distanza di tutti quegli anni, quel ricordo acquistava un sapore particolare, più dolce e più amaro al tempo stesso.
 
Tirò fuori i disegni uno per uno, come se fossero reliquie. C'erano le montagne russe di Coney Island, uno scorcio del loro vecchio appartamento, alcuni ritratti del 107° reggimento, e poi i suoi ritratti. Tantissimi suoi ritratti.
Ovvio che fossero quasi tutti suoi, pensò sorridendo tra sé. Era l'unico che aveva la pazienza di star fermo in posa per ore e ore mentre Steve disegnava. Ma non ricordava che Steve lo avesse disegnato così tante volte. C’erano alcuni disegni che era sicuro di non aver mai visto, disegni che lo ritraevano mentre dormiva. Come potesse esserne così sicuro, poi, non lo sapeva nemmeno lui, ma lo sapeva. Steve doveva averli tenuti per sé, quasi fossero cose preziose da proteggere, quasi si vergognasse di averli disegnati.
 
Nella scatola c'erano anche ritagli di giornale che parlavano di Captain America, dei suoi spettacoli, delle sue imprese oltre le linee nemiche, persino della sua morte da eroe cercando di salvare New York. Notizie che Bucky aveva già letto nel fascicolo che gli avevano dato quando lo avevano mandato ad ucciderlo. Un brivido freddo lo percorse a quel ricordo.
 
La scatola non conteneva niente di più recente, come se fosse stata congelata ai tempi della guerra. Esattamente come Steve, pensò. Un altro brivido andò ad aggiungersi al precedente.
 
Si mise a tirar fuori dalla scatola tutto ciò che c’era dentro. Lo sparse sul grande letto matrimoniale, trattenendo il fiato per il turbinio di emozioni che quella vista gli provocava.
Sul fondo della scatola, quasi a nascondersi tra tutto il resto, una busta chiusa di vecchia carta ingiallita, di quelle che l'esercito forniva ai soldati perché potessero scrivere a casa. Come destinatario una sola parola, scritta con la grafia di Steve.
 
Bucky
 
Tremava quando la prese in mano.
Rimase con la busta a mezz’aria per alcuni minuti, indeciso sul da farsi e aspettando che i battiti del suo cuore riprendessero un andamento più normale.
 
Non sapeva come mai si trovasse in fondo a quella scatola, ma era destinata a lui. Anche se non era certo di volerne conoscere il contenuto, era comunque un pezzo del suo passato e non poteva permettersi di lasciarselo sfuggire dalle mani. Quindi fece l'unica cosa che in quel momento gli parve sensata e la aprì. Dentro alcuni fogli ingialliti, pieni della grafia di Steve.
 
La data fu una doccia gelata che gli bloccò il fiato nei polmoni.
 
20 febbraio 1945
 
Una manciata di giorni dopo quella maledetta caduta dal treno.
 
Caro, carissimo Bucky,
è notte fonda e sembra che al campo stiano dormendo tutti. C’è uno strano silenzio qui attorno ed è appena iniziato a nevicare. Ti ricordi quanto ci piaceva la neve? Adesso non mi piace più. Vederla mi fa sentire ancora di più la tua mancanza.
Mi sono fatto prestare la carta e una candela da Peggy (lei è una buona amica e non fa domande) e invece di dormire sono qui a scriverti questa lettera.
Starai pensando che devo essere impazzito a scriverti. Hai ragione caro Bucky, come sempre, ma il mondo si è fermato e io non so come fare ad andare avanti.
So che hai sempre pensato che fossi io quello coraggioso. Ma In verità eri tu che mi davi il coraggio necessario per affrontare tutto. Sapere che tu eri lì accanto a me, mi aiutava a capire quale fosse il mio posto nel mondo.  Adesso che te ne sei andato, non sono più capace di alzarmi dalla questa sedia e di uscire fuori.
Come posso essere il loro eroe, adesso che io ho perso il mio?
Vorrei solo averti di nuovo al mio fianco Bucky, sentire di nuovo i tuoi passi vicino ai miei. Vorrei che tornasse TUTTO come era prima.
Vorrei vederti almeno un'ultima volta, per poterti dire quello che non ho mai avuto il coraggio di dirti in questi anni. Segreti che non posso confessare nemmeno a questa lettera Bucky, ma che adesso troverei il coraggio di confessare a te, solo a te.
So che i miracoli non esistono. Me ne sono reso conto tanto tempo fa, quando sono morti mio padre, mia madre, la tua sorellina. Quindi cercherò di tirare avanti come meglio posso, cercando di fare del mio meglio con quello che mi resta.
Sono sicuro che ovunque tu sia, adesso sarai lì ad aspettarmi, per tornare a camminare insieme, come abbiamo sempre fatto in tutti questi anni.
Aspettami, caro Bucky, aspettami che arriverò anche io, magari presto.
Nel frattempo, mi raccomando, cerca di stare bene e al sicuro.
Con affetto, fino alla fine di tutto. Tuo, Stevie.
 
Quando finì di leggere la lettera, le lacrime calde di Bucky erano andate ad unirsi a quelle vecchie che Steve doveva aver pianto scrivendo quella lettera. La carta ne manteneva ancora il ricordo nelle piccole macchie circolari che scolorivano l'inchiostro in vari punti.
Lesse le ultime righe con la vista annebbiata, asciugandosi gli occhi più volte con il dorso della mano destra e tirando su con il naso come un bambio.
 
Non alzò la testa per parecchi minuti, turbato dallo Steve che aveva intravisto attraverso quelle parole. Uno Steve devastato, che gli aveva scritto una lunga lettera, pur sapendolo morto. Uno Steve spezzato, come non lo aveva mai visto in vita sua. Tremò mentre lo immaginava chino a scrivere quella lettera, al lume di candela, solo, con il freddo di quel febbraio nelle ossa.
 
Cerca di stare bene e al sicuro.
 
Quelle parole, più di tutto il resto, lo avevano colpito nel profondo, risvegliando in lui una tenerezza che non avrebbe mai creduto possibile. Sentiva un bisogno quasi fisico di abbracciarlo e tenerlo al sicuro. Voleva dirgli che non se ne sarebbe mai più andato e che quei giorni bui non sarebbero mai più tornati. Voleva dirgli tutto questo e voleva regalargli la felicità che si meritava.
Che si meritavano.
I sensi di colpa per ciò che aveva fatto ci sarebbero sempre stati, lo sapeva bene. Ma non avrebbe permesso loro di rovinare quei nuovi giorni che la vita aveva regalato a lui e a Steve.
 
Decise che non poteva far passare quella lettera sotto silenzio. Era troppo importante. Doveva fargli sapere che l'aveva letta anche se, forse, si sarebbe arrabbiato.
Ma avrebbe trovato il modo di farsi perdonare.
Doveva abbracciarlo così forte da fargli male. Soprattutto, doveva abbracciarlo.
 
Ma non dovette andare lontano. Una volta asciugate le lacrime e alzata la testa si rese conto della presenza silenziosa di Steve nello specchio della porta. Immobile come una statua, un’espressione indecifrabile sul volto.
 
Fu il biondo a parlare per primo, come per scusarsi di ciò che aveva scritto tanti anni prima. “Scusami. Non volevo metterti in imbarazzo. È stata una cosa stupida, lo so, ma ero a pezzi.”
 
“Non è stata affatto una cosa stupida, cretino. È una lettera bellissima e sono felice di averla potuta leggere, anche se dopo tutto questo tempo.” Si fermò un attimo per ricordare con esattezza le parole e continuò in un soffio. “Cerca di stare bene e al sicuro… “
 
“Quella è la parte più stupida di tutte.” Rispose Steve abbassando lo sguardo imbarazzato.
 
“No Steve. Quella è la parte più bella di tutte. Te l'ho già detto che sei un cretino. Vieni qua adesso. Fatti abbracciare che ne ho bisogno.”
 
Non se lo fece ripetere due volte. In un istante era tra le braccia di Bucky, in un abbraccio da far stritolare le ossa. Si abbracciarono come se fossero l'uno l'ancora di salvezza dell'altro, per un tempo infinito.
 
“Insieme Steve, insieme. Fino alla fine di tutto.” Poi continuò allentando l'abbraccio solo quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. “Abbiamo passato entrambi un inferno lungo una vita, ma adesso siamo qui, di nuovo insieme. Vorrà pur dire qualcosa no?”
 
“Credo di sì, Bucky. Forse… ” Continuò titubante, “ci meritiamo un po’ di pace.”
 
“Un po’ di pace e un'enorme cioccolata calda per merenda, direi. Con una fetta di torta. Andiamo dai.” Disse cercando di smorzare l'imbarazzo.
 
Ci riuscì.
 
Avrebbero dovuto parlare di quella lettera, di ciò che Steve avrebbe voluto dirgli e che non gli aveva ancora detto. Di quei segreti che non potevano esser confessati nemmeno alla carta. Del perché quella lettera e tutti i suoi disegni si trovassero in quella scatola insieme a quei ritagli di giornale. Del perché quella scatola fosse nascosta in fondo all’armadio.
Bucky lo sapeva, avrebbero dovuto parlarne. Ma non quel giorno. Avevano tempo per questo.
Il loro futuro, adesso, prevedeva un’enorme cioccolata calda e una fetta di torta. Un lampo di pace che lo rese felice come, forse, non era mai stato.
 
Si avviarono abbracciati verso la cucina.
   
 
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