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Autore: bUdson281    19/03/2019    0 recensioni
"Esporre la verità alla luce del sole è il miglior modo per nasconderla" disse Shinji coprendosi l'occhio destro con una mano. "Tu vedi il mio occhio demoniaco e pensi di aver capito, ma è la cicatrice che devi guardare se vuoi sapere chi sono".
EoE non è NGE e non è il Rebuild, nonostante il tentativo di chiudere i conti che ha informato la nuova versione cinematografica. Quella di EoE è una favola senza lieto fine, né potrà esservi una definitiva redenzione per due personaggi sfortunati la cui ricompensa è stata comprendere la necessità sopportare le difficoltà delle relazioni, poiché l'inaccettabile alternativa è restare soli. Sono partito dal Rebuild sforzandomi di rimanere fedele all'animo tormentato dei due ragazzi e di trarre dal loro vissuto le chiavi della "risoluzione" di e dopo EoE. I personaggi hanno ancora qualcosa da dire, nonostante la fine ufficiale della saga.Un clone non è uguale al suo originale, perciò narra la propria storia. Come direbbe lo Shinji di questa long, si riparte proprio dagli errori commessi, non tanto perché sia saggio o giusto quanto perché alle volte non c'è altro modo per fare un passo. Ok ALLERTA SPOILER.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Nuovo personaggio, Shinji Ikari
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ho sempre temuto la dispersione, come si teme una malattia infettiva o un colpo di sfiga. Il solo fatto di sapere che potrebbe colpirti, che aleggia nell'aria pronta ad assumere le sembianze di una persona, di un ricordo, di una parola sbagliata sfuggita ad uno sconosciuto, è lo stesso che sentirsela addosso.
Ecco, la dispersione per me è esattamente una forma di sfiga. Non è importante che tutto sia disperso intorno a me o nella mia mente. Resta il fatto che, appunto, me la sento addosso, pulsante e disgustosa come un bubbone della peste.
La dispersione che sbriciola l'unità delle mie forze in una miriade incoerente di desideri e obiettivi è sinonimo di disordine e il disordine è assenza di controllo. Le uniche medicine a mia disposizione sono sempre state una cura maniacale per l'igiene e l'ordine, un irrazionale attaccamento ad ogni tipo di routine (anche farmi pestare da Toji un giorno sì e l'altro pure mi lasciava impressa la confortante percezione di una costante, coerente e prevedibile realtà) e una cieca obbedienza agli ordini di qualcun altro.
Ho sempre trovato conforto nel pensiero che altri, indifferente chi, mi esonerassero dalla responsabilità di indagare nel mio cuore per scegliere un desiderio anziché un altro. Così non avrei fatto torto a me stesso e soprattutto non sarei stato costretto a vedere i tanti desideri nascosti, le speranze che temevo sarebbero state puntualmente frustrate, i bisogni più profondi che mi chiedevano di assumere una posizione, mi chiedevano di prendermi cura di loro. Non potevo farlo, perché sono sempre stato io ad aver bisogno di cure. Io ho sempre avuto bisogno che altri si curassero di me.
Trovo inquietante che, pur temendo l'assenza di controllo, abbia ogni volta rinunciato, per via della medesima paura, ad ogni possibilità di controllo, scegliendo di esternalizzare il potere sulla conduzione della mia vita.
Per questo mi andava bene affidarmi ad un tutore, alla signorina Misato, persino a mio padre. Loro potevano darmi uno scopo, un'identità e, in cambio della mia obbedienza o della mia adesione alle loro aspettative, il conforto che mi serviva.
Tuttavia, alla lunga proprio questa deresponsabilizzazione mi ha portato a odiare e a mostrare il mio odio in modi anche cruent,i a seconda delle circostanze.
La strisciante opposizione che di tanto in tanto informava le mie azioni non era tanto il capriccio di un moccioso che chiedeva continuamente conferme sul fatto che non sarebbe mai stato abbandonato, quanto il sintomo di una tenace ribellione fomentata da una parte di me, quella che non voleva arrendersi ad un destino da schiavo, non voleva uscire di scena con indosso il costume dello sconfitto.
Ma assecondare quello Shinji era difficile, quasi impossibile, perché avrei dovuto accettare il cambiamento, il respiro dell'universo, il ciclo di vita e morte di ogni esperienza e di ogni relazione. Temevo ogni inizio non perché rappresentasse la fine di un vecchio equilibrio, ma perché era anch' esso destinato a finire come ogni nuovo sole è destinato a calare in virtù della rotazione della Terra.
Ad un certo punto per me dispersione era diventato sinonimo di cambiamento e di vita. Odiavo questa immensa forza refrattaria ad ogni morale, ad ogni tentativo di dominio, ad ogni sforzo per piegarla ad uno schema o a un dogma. Come acqua non poteva essere afferrata a mani nude, come aria non poteva essere toccata, ed io ero sempre lì, nel mezzo.
Confondendo il significato delle parole, la mia paura di non trovare uno scopo che sentissi mio, di non intraprendere un'azione che considerassi realmente voluta da me; la mia paura di fallire, di affrontare il dolore e la responsabilità della scelta; tutte le istanze tese, insomma, alla vita hanno finito per allontanarmi dalla vita stessa e da tutto ciò e da tutti coloro che erano Altro, che non combaciavano con la mia routine. Anche per questo preferivo Ayanami ad Asuka ... eppure anche per questo in cuor mio cercavo più Asuka di Ayanami.
O almeno così mi sembra di ricordare.
Tutto ciò, il semplice terrore della dispersione, così maldestramente interpretata, mi ha portato quasi a distruggere il mondo, l'enorme specchio in cui si rifletteva la codardia da mercante- truffatore che non potevo riconoscere in me, quella di chi per vivere in pace rinuncia alla vita, limitandosi a guardarla di nascosto, curioso ed invidioso, da dietro i vetri di una finestra.
Adesso che tutto è stravolto, che l'Altro mi presenta il suo volto più spietato, che la solitudine e l'inquietudine per la mancanza di un senso da dare alle cose mi opprimono oltremodo l'anima; proprio adesso mi aggrappo ad un sogno, quello di poter un giorno imparare a danzare sotto la pioggia, a navigare nella tempesta per  approdare là dove c'è sempre il sole e il segno del mio destino.
Il mio sogno è assediato da ogni dove, sferzato da una tempesta di sabbia, ma rimane, nonostante tutto, saldo grazie ai suoi tre puntelli: un ciclope dal pessimo carattere, un biondissimo figlio di buona madre e un corpulento barbone.
Se non fosse per loro non sarei quì, se non fosse per loro non potrei neanche sognare. Certo, se non fosse per loro non sarei neanche salito su questo ring  a giocarmi nientemeno che la vita, ma sono salito sullo 01 tante volte solo per pagarmi il riconoscimento che avrei ricevuto in cambio. Se oggi dovessi morire a causa loro, mentre intanto già sto morendo di paura, in fondo non mi sentirei tradito.
Non devo barattare niente coi tre cacciatori; semmai ho l'occasione di saldare un debito!
 
*****

 
Il tempo è decisamente relativo.
Quando sei felice le ore volano come fossero minuti; quando affronti una situazione stressante o noiosa, i minuti sembrano ore; quando attendi con ansia qualcosa, questa sembra non arrivare mai; e quando la temi ...
 
Sono già passate tre settimane, veloci come un battito di ciglia. Mi chiedo se questo ring sia stato montato solo questa mattina o se non si tratti dello stesso dell'altra volta, quello predisposto per "festeggiare" l'ingresso in società del nuovo cacciatore, che ora davanti a me non vede l'ora di farmi la pelle.
E dire che proprio io non gli avevo fatto niente ... non direttamente, certo.
Purtroppo, dato che sono qui, è evidente che il fratello della mia sconosciuta ammiratrice non ce l'ha fatta; probabilmente in questo momento lei lo sta piangendo.
Ci penserò dopo: ora devo restare concentrato!
Niente arbitro, niente casco per agonisti dilettanti, niente guantoni o parastinchi, niente regole. Ci è concesso solo un paradenti perché un cacciatore sdentato è come un lupo senza canini, praticamente condannato a morire di fame. Il settore odontoiatrico, del resto, ha subito una drastica involuzione in questi anni, a meno che tu non sia un raccomandato della Nerv o della Wille ... ma preferisco non dover verificare se presso le due superpotenze ho ancora aperta una linea di credito. Non è richiesto, ma non è neanche vietato, l'uso della "conchiglia" o di un qualsiasi sospensorio artigianale che garantisca copertura ai gioielli di famiglia. Io la indosso e probabilmente anche il mio avversario. Non è una scappatoia per  garantire la perpetuazione dei nostri geni; è che, senza protezione, lo spettacolo potrebbe finire presto.
 
<< Quanti round sono? >>. Negli ultimi giorni ho cercato di acquisire dai miei tutori maggiori informazioni su ciò che mi aspettava, ma la domanda mi sovviene solo ora.
<< Uno solo >> risponde teso il Paparino.
<< E quanto dura? >>, chiedo pur sapendo in cuor mio la risposta.
<< Il tempo necessario >> replica immediatamente confermando i miei timori.
Tre settimane fa il piazzale in terra battuta era meno affollato. Evidentemente l'occasione di assistere alla performance del nuovo rampollo dell'esclusivo gruppo di Kosuke era troppo ghiotta. Non credo che la mia vera identità sia stata scoperta, ma ci sono tante brutte facce assiepate vicino alle corde e potrebbe esserci qualche infiltrato della banda di Ronin o dei suoi alleati e i dintorni sono presidiati da un numero preoccupante di guardie armate. Potrebbe anche trattarsi "solo" di un servizio d'ordine organizzato con eccessivo zelo, ma temiamo - anzi ne siamo certi - che la loro presenza serva ad impedirci una strategica ... ritirata, qualora la fortuna si dimostrasse nostra amica.
 
Orso e Musashi mi hanno consigliato di non preoccuparmene troppo. L'ultima notte l'abbiamo trascorsa a poco più di un paio di chilometri dal villaggio intenti a sistemare trappole ed a studiare il territorio circostante per preparare la  via di fuga. Il mio gruppo non si affida alla fortuna, ma ad una metodica pianificazione che tenga conto di tutte le variabili che l'esperienza e l'intuizione possono suggerire ... almeno spero.
Furia Buia, nel frattempo, riposava. Oggi ci servirà al massimo della forma!
Davanti a me, all'angolo opposto, il mio avversario smania per iniziare l'incontro, saltella a petto nudo gonfiandolo come un rospo in amore per dimostrare che la sua massa è più imponente della mia e sbatte rumorosamente i pugni fissandomi con aria feroce.
Io la maglia non me la sono tolta visto che non possiedo ancora un apparato muscolare che valga la pena esporre a scopi intimidatori. Sono teso come una corda di violino, l'agitazione cresce e provo a sciogliermi per contrastare l'apprensione che contrae e appesantisce il corpo e la mente.
Non è come tre settimane fa, ma ho comunque paura - su questo non ci piove. So che il mio nemico ha già ucciso, e anche se non lo sapessi non avrei bisogno di conferme: posso leggerglielo in faccia. Questa consapevolezza non mi fa sentire migliore, semmai in difetto perché lui sa di possedere la cattiveria e la resistenza allo stress necessarie per vincere; io ... dovrò scoprirmi strada facendo. Spero solo che l'altro Shinji, quello che si agita dentro di me appena sotto la superficie della coscienza, possa compensare la mia inesperienza (anche se non ne sono più così sicuro) e, magari, venirmi in aiuto al momento opportuno, visto che non sono in grado di evocarlo a comando.
Dietro di me Furia Buia, Orso e Musashi dividono la loro attenzione tra il ring e i presenti. Sapevano che ci stavamo cacciando in una trappola, adesso cercano di valutarne le esatte proporzioni. Non lo danno a vedere, ma sono preoccupati per me, perché non possono combattere al posto mio.
<< Quando avrò finito anche  con te >> mi provoca il mio avversario, << andrò a fare una visita a quella ragazza. Senza una merda come te tra i piedi, scommetto che sarà più gentile >>.
Le sue parole mi colpiscono allo stomaco. Non bastava la strizza generata dall'istinto di conservazione e dal buon senso che nelle ultime ore continuavano a ripetermi "per quale diavolo di motivo sei finito in questo guaio!?"; adesso quello stronzo mi rilancia l'immagine di Shinji (proprio lui) come ultimo baluardo a difesa di quella ragazza - senza contare che il suo volto nella mia mente si alterna a (e si confonde con) quello di Asuka - aggiungendo così tensione a tensione. << Ci salverai, vero? >>. Quella domanda mi rimbomba nel cuore già stordito dal rumore della folla, mentre le orecchie iniziano a fischiare.
<< Resta concentrato! >> mi ordina la Furia. << Sta cercando di  spaventarti >>.
<< E ci riesce benissimo >> confesso saltellando nervosamente sulle punte.
<< Nessuna distrazione! Se ci tieni a quella ragazza, allora non ci devi pensare! >>  continua criptico il monocolo.
<< Se finisce male >> chiedo già a corto di fiato, << voi ... >>.
<< ...Tranquillo >>  mi anticipa Musashi, << non la toccherà >>.
Lo sguardo del Biondo mi conforta autorizzandomi a chiudere subito la parentesi; non devo lasciarmi distrarre.
Un "VIA!", tuonato dal barbuto per sovrastare il chiasso della platea in fibrillazione, sostituisce la campana.
Si comincia! Devo far tesoro di quanto ho appreso.

 
*****
 

Di nuovo lontani dal villaggio, ma questa volta esclusivamente in ritiro preparatorio,  il mio allenamento aveva subito uno significativo upgrade. In aggiunta agli esercizi per rinforzare la mia gracile costituzione e migliorare la tecnica di combattimento, Orso e Musashi avevano introdotto più sessioni di lotta simulata o, meglio, a contatto ridotto.
Sin da subito si era unito alla full immersion anche Furia Buia. Inutile dire che il Paparino era quello che tratteneva meno i colpi.
Ogni sera a turno il Biondo e il bestione si occupavano di incerottarmi e passarmi un po' di lcl sui lividi; ed ogni mattina, sempre più dolorante, mi svegliavo all'alba consapevole che avrei dovuto sorbirmi un altro carico di mazzate, che avrei sputato sangue (in senso letterale) e che probabilmente non avrei retto fino al tramonto.
Furia Buia si accaniva in modo particolare inventando originali adattamenti alle sessioni programmate dagli altri due compari, tutti finalizzati a portarmi oltre i già sperimentati limiti di sopportazione dello stress psico-fisico. Mi costringeva a gestire situazioni di lotta a terra o in piedi, schiena contro un albero, ad affrontare ora il corpo a corpo, ora scambi ravvicinati affinché imparassi a crearmi una via d'uscita.
Per consentirmi di padroneggiare il senso di stordimento provocato da un pugno in pieno viso, mantenendo ancora attive la mia capacità di concentrazione e la precisione delle combinazioni, i due cacciatori mi ordinavano di ruotare velocemente sul posto, più e più volte, per poi rimettermi in guardia, fronte all'avversario, e colpire (naturalmente queste specifiche prove si svolgevano lontane dai pasti). Furia Buia, invece, risparmiava tempo: un destro ben assestato al mento sostituiva la prima parte del metodo light e puntualmente mi provocava l'urto del vomito.
<< Accetta il fatto che le prenderai! >> mi ripeteva dopo avermi steso. << Se pensi che ne uscirai senza un graffio, hai capito male. Perciò abituati! Alla fine, vincerà chi tra voi due avrà più coraggio >>.
Come se non bastasse, Furia Buia, in preparazione all'evento, aveva modificato i quotidiani esercizi di meditazione. Non dovevo più visualizzare l'ambiente circostante, non dovevo più sgomberare la mente da ogni pensiero; dovevo, invece, immaginare la mia ..."morte". Sceglieva lui le modalità, ogni giorno diverse, della mia dipartita, descrivendole lentamente e con dovizia di particolari. E' superfluo sottolineare che in nessuno scenario proposto dal mio istruttore mi veniva concesso di morire in età avanzata, placidamente,  e  nel mio letto.
L'unica costante delle sue narrazioni erano l'ineluttabilità dell'evento e la mia assoluta mancanza di controllo sulle dinamiche che inesorabilmente mi avrebbero condotto ad una morte atroce, per quanto "sognata". Mi imponeva di proiettarmi in un ipotetico scontro con il mio nemico, di salire con la mente sul ring e di sperimentare, rigorosamente in prima persona e nel modo più realistico possibile,  la scena della mia sconfitta. In alcuni casi dovevo visualizzarmi ormai a terra, stordito e privo di forze, mentre quel ragazzo mi finiva con colpi pesanti che mi rompevano il cranio sporcando tutt'intorno di sangue e materia cerebrale; in altri morivo dopo un devastante calcio in pieno petto, che evidentemente non ero riuscito a schivare; in altri ancora mi veniva richiesto di sentire il crack del mio collo, spezzato al termine di inutili resistenze da una morsa letale.
Affinché, tuttavia, il pensiero della sconfitta non mi ossessionasse più del dovuto, sporadicamente, Furia Buia proponeva variazioni sul tema che, dal suo punto di vista, avrebbero dovuto "alleggerirmi". E' così, di quando in quando, la mia morte era causata dalla folgorazione provocata da un fulmine  o da una malattia improvvisa e che non lascia scampo, da un proiettile in fronte sparato da un cecchino, da una trappola predisposta per  far saltare in aria il disattento malcapitato, o da una ferita che, io agonizzante, mi portava lentamente via per dissanguamento.
La seconda settimana è stata senz'altro la più dura. A differenza della prima, durante la quale le mie "risposte" avevano più volte sorpreso sia Orso che Musashi, non riuscivo, infatti, a fare progressi. La mattina mi risultava sempre più difficile rimettermi in piedi, la sera mi addormentavo sempre più rapidamente di un sonno che non ristora. Cominciava a dominarmi il pensiero fisso che non ce l'avrei fatta!
<< Cosa pensi di ottenere facendomi "vedere" la mia morte? Perché non mi fai fare i soliti vecchi esercizi? >> protestai contro il Paparino interrompendolo mentre mi propinava una delle sue meditazioni guidate sul genere "splatter".
<< Voglio che tu accetti l'idea della tua morte >> rispose laconico.
<< Pensi che non riuscirò a vincere? >> chiesi.
<< No, voglio solo che accetti l'idea della tua morte. Così, quando dovrai affrontarla, il peso della sua presenza non ti bloccherà, né ti farà perdere la lucidità >>.
<< Ti ricordo >> ribattei piccato << che ho affrontato la morte in più di un'occasione >>.
<< E allora perché ti preoccupa quest'addestramento? >>
<< Perché >> già perché? << ... Perché in tutti questi scenari io ... non posso fare niente. Non ho possibilità di reazione >>.
<< Di controllo vorrai dire >> mi beccò in pieno. << E' vero, hai già affrontato il pericolo, ma adesso non sei a bordo di un Eva. Tra te e la morte c'è solo la tua carne e il tuo sangue. La carne che ti farà male in modo insopportabile e il sangue che uscirà dalle tue ferite. Non è assolutamente detto che, nonostante l'addestramento, tu possa farcela. E anche se questa volta riuscissi a vincere, rischierai la vita ancora ed ancora >>.
<< Quindi, dovrei rassegnarmi all'idea di morire? >>
<< No, ma accettando l'idea che un giorno morirai, la tua mente non sarà scossa dalla paura e potrai trovare, ammesso che ci sia, una soluzione per cavartela anche quando nessuno, al posto tuo, riuscirebbe a vedere una via d'uscita >>.
<< E se non la trovassi? Se tutto andasse storto? >>
<< E' esattamente questo il punto >> replicò la Furia. << La differenza tra gli scenari che ti ho prospettato, tra la morte cioè per mano dello stronzo con cui devi combattere e le altre, sta nel fatto che quando passerai attraverso quelle corde tu avrai la possibilità di fare qualcosa per portare la fortuna dalla tua parte. Quello che accadrà dopo dipenderà anche da te Ma non potrai concentrarti sul tuo nemico se davanti a te vedrai solo la tua fine >>.
<< Non credi che lui sia più forte di me? >> domandai dimenticandomi che Furia Buia non ama dare conforto.
<< Se ti riferisci alla forza fisica, in questo momento la risposta è sì, ma non vuol dire niente. Tutti, anche coloro che sembrano invincibili, hanno un punto debole o possono sbagliare. Il combattimento è innanzitutto questione di strategia e attenzione. Non importa quali piani tu possa preparare a tavolino, perché la realtà sfugge sempre ad ogni schema. Le occasioni per batterlo si presenteranno solo quando lo affronterai >>.
<< Tu ... tu >> balbettai indeciso se porgli la domanda << sei preoccupato per l'esito? >>
<< Trovo inutile pensarci >> e quando mai! << So solo che dobbiamo prepararti al meglio, affinché tu possa contare su più armi. Se e come le userai riguarda te, noi non possiamo combattere al posto tuo. Che ci piaccia o no ogni passo comporta dei rischi e, siccome stai con noi in questo mondo e in questo tempo, il rischio sarà sempre elevato. Dovrai accettarlo, così come facciamo noi >>.
<< Forse >> continuai esasperato << sarebbe più utile se io immaginassi la mia vittoria. Mi darebbe più fiducia >>.
<< Devi concentrarti sull'istante che vivi non su ciò in cui speri! Guardare la propria vittoria o la fine della sofferenza, mentre davanti a te c'è qualcuno fermamente intenzionato a farti a pezzi, è peggio che guardare la propria morte. Devi voler vincere, devi prepararti bene per vincere, ma la vittoria te la dovrai costruire colpo dopo colpo, secondo dopo secondo >>.
<< Il fatto è che ... >> confessai imbarazzato << non riesco a trovare una "vera" motivazione per continuare, anche se già la mia sopravvivenza dovrebbe essere una ragione sufficiente. I miei muscoli mi sembrano pietre, il respiro mi si accorcia al solo pensiero di quel momento. Mi chiedo a che serva tutto questo? >>
<< Hai solo paura >> rispose. << E' naturale, non farne un dramma! Talvolta la paura di non superare una prova può togliere energia; la sfiducia nel buon esito o, come nel tuo caso, nelle proprie capacità può portare la nostra anima a cercare la comoda soluzione della rassegnazione, ma è solo un'altra forma di ipocrisia. E ti ho già detto che non puoi continuare a prenderti per il culo >>.
<< Che intendi dire? >>
<< Rassegnarti alla sconfitta >> mi spiegò << è solo una scusa per non affrontare la responsabilità di doverti guadagnare il successo e, con esso, la vita. Poiché temi di fallire, che non ci sia alcuna possibilità, preferisci abbracciare l'idea della sconfitta e non fare niente per evitarla. A differenza della vittoria, sulla sconfitta puoi avere sempre il pieno controllo. Ti basta solo presentarti come un animale da macello. Ma, mentre in circostanze diverse puoi sempre svegliarti il giorno dopo e consolarti illudendoti che in un futuro lontano ti basterà volerlo per rifarti, in questo caso, se perdi, non ci sarà domani >>.
Mentre lo ascoltavo dal profondo della memoria emerse un ricordo che più volte, da quando mi sono risvegliato, si era affacciato a tormentare il mio io cosciente, sebbene in modo rapido e confuso. Quella volta, però, non fui assalito dal solito flash fatto di piccoli bocconi di esperienza forse vissuta; sentii, invece, in anticipo l'emergere del "mio" presumibilmente spaventoso passato e mi rassegnai allo spettacolo.
I frame che avevo già visto si composero naturalmente in una scena nitida, temporalmente delineata: ero accovacciato, la testa chinata in avanti a sfiorare  le braccia incrociate sulle ginocchia, la schiena contro una parete d'acciaio all'interno della zona di lancio degli Eva. A pochi passi da una balaustra lo 01 era immerso, scomposto come se fosse stato colto di sorpresa, in una sostanza la cui durezza faceva pensare al cemento. Sapevo che Asuka stava combattendo ed era in pericolo. << Mai che si possa fare affidamento su uno stupido come Shinji  >> gridava affannata. La sua voce era così chiara, così reale, che pensavo, se mi fossi guardato intorno, sarei riuscito a scorgerla dietro qualche albero.
Più della visione, rimasi impressionato dalle sensazioni che portava con sé. Mi sentivo impotente, incapace di correre in suo aiuto, anche perché, pur volendo, non avrei saputo come liberare il mio Eva. No, peggio! In cuor mio sapevo che mi sarebbe bastato solo desiderarlo per "svegliare" il mecha, ma non riuscivo a desiderarlo perché non avrei potuto far niente comunque, perché avrei sicuramente fallito. << Io >> i pensieri di quell'inerme Shinji riecheggiavano sinistri come l'ululato di un branco di lupi << so solo causare dolore, la mia sola presenza condanna alla sofferenza i miei cari: la signorina Misato è morta per salvare me, la testa di Kaworu è stata tranciata dalle mie mani e ho anche fatto cose orribili ad Asuka.  Meglio che non faccia niente >>.
Mi strappai a forza da quel ricordo di un'esistenza che mi appariva peggiore la mia. << Ma chi diavolo sei? >> pensai ad alta voce respirando ai limiti dell'iperventilazione per compensare un improvviso senso di oppressione al petto.
<< Hai avuto un'altra immagine? >> chiese Furia Buia.
<< Peggio! >> risposi. << Era un intero spezzone di vita e non era un prodotto della mia fantasia. Eppure sono convinto di non averlo vissuto. Cosa mi succede? >>
<< ... Non lo so >> disse il Paparino dopo aver ascoltato un rapido resoconto di quell'incubo a occhi aperti. << Per il momento puoi solo registrare il dato. Più in là potrebbe assumere un significato più chiaro >>.
<< Pensavo che l'altro Shinji  fosse più in gamba. Ma quello che ho visto, quello che ho provato mi ricorda così tanto .... me >>.
<< ... Beh, non hai abbastanza informazioni per ricostruire la "sua" storia. Anzi, non hai abbastanza informazioni neanche per parlare non dico di un'altra vita, ma di un altro Shinji. Tuttavia >> riprese dopo aver esitato alcuni istanti, << se può esserti utile, considera che - per amor di semplicità - quello Shinji sia cambiato nel corso del tempo, esattamente come stai facendo tu >>.
<< Il fatto è che >> azzardai, dato l'insperato tentativo di rincuorarmi da parte di Furia Buia << confidavo che, come in altri momenti critici, quell'altro Shinji sarebbe corso in mio aiuto. Ma adesso temo che dovrò stare attento anche a chi risponderà alle mie richieste >>
<< Sei capace di ...evocarlo a volontà? >> chiese il Paparino.
<< No >> risposi.
<< Allora, non tenerne conto! >> mi disse. << Non è bene sperare nel "favore degli dei" e, anche se potessi farlo, sarebbe comunque un azzardo. Dovrai fare affidamento solo su di te! >>
<< Se io, da solo non ... fossi sufficiente >> chiesi << e dovessi realmente soccombere, tu ... voi cosa ... >>.
<< Quello che posso prometterti >> esclamò Furia Buia abbassando lo sguardo << è che, se la situazione dovesse volgere al peggio, non permetterò che tu soffra. Sarà rapido e indolore per te >>.
Avrei deglutito sonoramente se le mie ghiandole non avessero smesso di colpo di produrre saliva. Non era la risposta che volevo sentire, ma  ... la vita (e Furia Buia talvolta sa incarnarla maledettamente bene) ama deludere le aspettative.
<< Per oggi può bastare >> sentenziò infine. << La cena è quasi pronta ... e cerca di mangiare >>.
 
Nei giorni successivi ho continuato ad allenarmi incitato come sempre da Orso e Musashi che si sforzavano di sostenermi il morale ripetendo fino alla noia "Resisti!", quando raggiungevo il mio limite. Ed io ... ho resistito, sempre. La mia  attitudine a portare avanti qualsiasi compito, fino a quando qualcuno non mi dicesse che potevo smettere, mi è tornata utile.
Il Paparino, man mano che anche la mia resistenza al pensiero della morte aumentava, modificava l'oggetto delle meditazioni. Seguendo la sua nuova prospettiva da sociopatico nel training versione 2.0 riuscivo a sopravvivere allo scontro; in compenso ne uscivo orribilmente sfigurato, paralizzato o instupidito a causa dei traumi subiti.
<< Devi considerare >> snocciolava altre perle di fastidiosa saggezza << che tra i due estremi, tra l'uscire vincitori e illesi e morire, esiste un ampio spettro di possibilità intermedie, alcune delle quali forse anche più terribili perché non negano la tua esistenza, ma  possono condizionare il corso della tua vita >>.
Non avrei creduto di poterlo dire, ma iniziava a mancarmi l'idea di una morte che, per quanto cruenta, avrebbe posto fine si alle mie speranze ma anche alle mie sofferenze.
Ogni volta che mi immaginavo costretto a vivere per anni con la mente annebbiata al di fuori di me o privato della capacità di muovermi liberamente o così deturpato da dover stravolgere il modo di relazionarmi a cui mi ero abituato, pensavo al mondo che sarebbe andato avanti incurante di me, pensavo a quella dannata rossa.
<< Cosa penserà di me, Asuka?! >> una volta mi capitò di lagnarmi a voce più alta del solito.
Furia Buia accennò un sorriso: << se questo può esserti utile >> disse usando un tono che sapeva alla lontana di presa per il culo, << continua a pensare a lei. Ma non adesso! Non  è questo lo scopo dell'esercizio >>.

 
*****
 

<< Qui possiamo contare su un'ottima copertura >> dichiarò soddisfatto Musashi. << Se riusciamo a raggiungere vivi questo punto, è fatta! >>. Ieri notte avevo accompagnato Orso e Musashi in un giro di perlustrazione della zona. A qualche centinaio di metri dal nostro accampamento il campo era libero, alcuni alberi d'alto fusto sparpagliati e distanziati tra loro, unitamente ad occasionali, imponenti massi levigati (probabilmente trasportati da qualche piena alluvionale o da un evento "apocalittico"), offrivano riparo da potenziali inseguitori che, per raggiungerci, avrebbero dovuto galoppare allo scoperto per almeno cinquanta metri.
<< Torniamo indietro e sistemiamo le trappole! >> ordinò il Biondo. che si mise subito all'opera senza attendere risposta.
<< Secondo voi come andrà domani? >> chiesi durante i lavori.
<< Boh, chi lo sa?! >> fu la risposta, ovviamente sintetica, di Orso.
 << Noi ci prepariamo al peggio >> continuò Musashi che aveva letto la mia non troppo celata insoddisfazione per ... "l'esaustiva previsione" formulata dal bestione. << Se ci hanno teso una trappola, allora li sorprenderemo a nostra volta. Certo, se davvero hanno in mente qualcosa, non sarà facile per noi tornare, ma, in fondo, cosa è veramente facile, non credi Ragazzo? >>
Annuii senza troppa convinzione. Ero imbarazzato, perché avrei voluto estorcere loro un pronostico sul mio combattimento del giorno dopo. Non avevo pensato al dopo e ... ai rischi che Furia Buia, Orso e Musashi avrebbero corso insieme a me , o a causa mia. Quando imparerò?!
<< Perché state facendo questo? >> domandai omettendo di concludere la frase con un pretenzioso "per me".
<< Nessuno ci costringe >> rispose il Biondo con un sorriso rassicurante. << Alla fine è quello che abbiamo scelto. Questo rende più facile accettare le conseguenze >>.
<< Bisogna avere delle buone motivazioni per affrontare simili pericoli >> precisò Orso. << Senza quelle solo un pazzo metterebbe a rischio la propria vita. Bisogna avere una ferma volontà di vivere se si vuole affrontare la morte. Spero tu riesca presto a trovare qualcosa per cui valga la pena vivere e ... morire >>.
Restai in silenzio. Sapeva(no) che ancora non avevo trovato quel "qualcosa" a cui valesse davvero la pena aggrapparmi. Nonostante gli ammonimenti di Paparino, in cuor mio speravo ancora che l'altro me mi scodellasse davanti delle buone ragioni per combattere fino all'ultima goccia di sangue.
 
Salutai i primi raggi del sole nascente vomitando anche il cibo che avevo mangiato quindici anni fa al mio arrivo a Neo Tokyo 3. E il bello è che non avevo ancora fatto colazione.
<< Ahah Ragazzo! >> iniziò a sfottere il biondo assestandomi un paio di pacche tra le scapole per aiutarmi ad espellere più rapidamente la ... tensione. << Non preoccuparti, è buon segno. Vuol dire che sei carico! Non  è vero? >>
Furia Buia e Orso non emisero un fiato, ma si limitarono a guardarmi un po' sorpresi, un po'disgustati indecisi se trangugiare o meno il caffè caldo dalle tazze che avevano in mano.
 
Avevamo da poco superato la zona che ci eravamo preoccupati di "coprire" la sera prima, procedendo lentamente, accomunati da un silenzio denso e inquietante che il mio cervello traduceva come anticipazione di cordoglio. Il Biondo e il bestione sembravano nervosi, Furia Buia sembrava ... sempre lui, darwinianamente distaccato e assolutamente incurante di quello che mi sarebbe potuto ....
<< Prendi! >> mi passò una bottiglia. << E' acqua. Bevine poca per volta e a intervalli brevi!  Non puoi presentarti disidratato ... all'appuntamento >>.
<< Si >> obbedii afferrando la bottiglia.
<< Non devi essere troppo teso >> continuò, << ma neanche troppo rilassato! Devi trovare il giusto mezzo e mantenerlo sempre! >>
<< Si, lo so >> mi affrettai a rispondere.
<< Se sei troppo teso la tua mente non sarà in grado di processare rapidamente le informazioni e i tuoi colpi saranno lenti e prevedibili. Viceversa, se sei troppo rilassato, non potrai esprimere al meglio la tua forza e perderai in reattività se dovesse colpirti. Devi essere concentrato e scattante... >>.
<< Si, me lo hai ... >>
<< ... E anche se dovesse colpirti, NON devi preoccuparti! Una volta passato dovrai pensare all'istante successivo, alla mossa successiva. Dopo ogni scambio si torna sullo zero a zero. Palla al centro e via. Dovrai spezzargli il ritmo anticipandolo e scegliendo bene timing e distanze! >> dicevo ... assolutamente incurante ... dei miei tentativi di inserirmi nel suo monologo, proseguì con un'inarrestabile raffica di consigli, iniziando anche a saltellare sul posto e mimando alcune delle combinazioni che avevamo provato in allenamento, come se vedesse l'avversario davanti a sé e volesse stenderlo in prima persona. << All'inizio cercherà di imporsi con la forza e confiderà nel fatto che perderai presto coraggio. E proprio la sua presunzione segnerà la sua sconfitta, perché  sai chi è lui e conosci te stesso. Non sei un picchiatore, sei un diesel, uno di quelli che escono fuori alla distanza. Per questo riuscirai a resistere ai primi assalti che saranno i più brutali. Se riesci a reggerli ... >> il suo volto come la sua voce tradirono per un istante il timore che forse non avrei retto; ma si riprese subito. << ... Poiché riuscirai a reggerli, quello stronzetto da quattro soldi perderà fiducia, mentre tu avrai finalmente chiaro che non sei fatto di vetro ... Nessuno, nessuno può pensare di battere uno di noi >>.
<< Ragazzo ce la farà! >> intervenne Musashi poggiando una mano sulla mia spalla e rivolgendosi al Paparino.
<< Lo so >> si affrettò a confermare di nuovo serio e un po' imbarazzato Furia Buia che, grazie alle parole dell'amico, era tornato sulla terra.
<< Grazie >> dissi al Biondo.
<< Figurati! >> rispose. Poi, avvicinandosi al mio orecchio, confessò: << comunque, a dire il vero l'ho detto per tranquillizzare lui. A quanto pare, è piuttosto agitato >>.
Trattenni a stento una risata; provavo una certa soddisfazione al pensiero che anche mister "non posso preoccuparmene" fosse in pensiero per me. Passai buona parte del tragitto a ripercorrere a mo' di loop quell'insolita trasfigurazione del mio istruttore così apparentemente estraneo all'empatia. Mi rendeva poi orgoglioso il fatto che per la prima volta proprio lui mi avesse riconosciuto espressamente come parte del gruppo. << Chissà! >> riflettei. << Potrebbe essere una buona motivazione per lottare >>, salvo poi pentirmi di aver osato azzardare tanto. L'ipotesi di una umiliante e definitiva sconfitta mi si palesò ancora più inaccettabile. Se avessi perso, non solo avrei gettato nello sconforto queste persone che, ciascuna a suo modo, avevano dimostrato di volermi bene, non solo avrei rischiato con la mia dipartita di minarne la lucidità in vista della battaglia che quasi certamente sarebbe scoppiata un secondo dopo la fine dello spettacolo, ma avrei anche disonorato il mio gruppo.
Ok, meglio non pensarci adesso.
 
Prima ancora di poter mettere a fuoco i contorni del centro urbano con annessa favela, ad una ventina di metri dal limitare della maculata vegetazione che avevamo attraversato in direzione nord,  fummo intercettati da ventina guardie  ben armate, la nostra scorta.
<< Se non altro >> disse il Biondo a denti stretti, << quanto a discrezione fanno davvero cagare. Paparino ci sei? >>
<< Si >> la Furia confermò di aver attivato il suo occhio. A dire il vero la sua protezione ci aveva accompagnato durante l'intero tragitto, ma non dissi niente. A quanto pare sono l'unico  ad accorgersene.
C'erano più di duecento persone accalcate intorno allo spiazzo recintato al cui interno si sarebbe svolto il combattimento. Pochi tra loro sembravano essere normali e civili (in tutti i sensi) spettatori; quelli veri, i civili, stazionavano invece a debita distanza in prossimità della baraccopoli. Non c'erano bambini in giro e niente aria di festa, nonostante in teoria lo spettacolo organizzato non presentasse niente di diverso rispetto a quello, ugualmente violento, di neanche un mese fa.
<< Sono più di quanto mi aspettassi >>  brontolò Orso, aggrottando la fronte.
<< Già! >> gli diede man forte Musashi. << Forse non abbiamo calcolato bene la loro forza. Avremmo dovuto chiedere consiglio a Matsuda, lui sì che è un professionista quanto a  strategia. Paparino, mi sa che oggi dovrai incazzarti sul serio >>.
<< Ce la faremo! >> rispose un po' inquieto la Furia. << L'importante è rimanere vicini e attenerci al piano >>.
<< Solo per curiosità >> insisté il Biondo, << se fosse necessario, sei sicuro che riusciresti a  .... sì, insomma, lo so >> rinculando dopo un'occhiataccia del ciclope << che non ti senti a tuo agio con quella ... cosa, ma potrebbe davvero tornarci utile >>.
<< Se sarà necessario >> rassicurò Furia Buia, forse più se stesso che il fratello, << allora riuscirò a portarvi via da qui ... interi, naturalmente >>.
 
Il signorotto della cittadina si staccò dalla massa per venirci incontro con la sua testa luccicante e allargando le braccia in segno di saluto. Sfoggiava un sorriso di circostanza, in parte coperto dalla lunga e malcurata barba.
<< Sembra allegro >> commentò Orso.
<< Ci parlo io >> rispose il Paparino.
<< Mi raccomando! >> replicò ironico Orso. << con gentilezza >>.
<< Siete arrivati finalmente! >> esordì il pelato. << Temevamo che il moccioso fosse morto di paura >>.
<< Ragazzo non si spaventa per così poco >> ribatté gelido la Furia. << Vedo piuttosto che ci sono parecchie brutte facce. Hai sparso la voce >>.
<< Cos'è, ti mette a disagio forse? >> chiese il padrone di casa puntando spavaldo gli occhi sul monocolo. << Hai paura che possano farvi del male? >>
<< Spero che ci provino. La tua zona inizia a piacermi >> ringhiò il ciclope avanzando di un paio di passi per coprire la distanza che lo separava dal suo interlocutore.
<< Ahahahah! >> scoppiò a ridere in modo sguaiato quella testa splendente, colpendo Furia Buia con due vigorose pacche sul braccio. << Te l'ho già detto che siamo corretti ... noi >>.
<< ... Ti credo >> concluse il Paparino accompagnando l'affermazione con una pesante pacca sulla spalla del malcapitato che trattenne a stento un grugnito di dolore. Poi rivolgendosi a noi: << Prepariamoci! >>
Mentre ci dirigevamo al nostro angolo Musashi disse la sua: << troppa confidenza da parte di quello stronzo. Questa volta si sente più sicuro >>.
<< Si >> confermò Furia Buia. << Adesso ne abbiamo la certezza >>.
<< Sono tutti qui, Paparino? >> chiese sottovoce Orso.
<< Ce ne sono altri >> rispose. << Per lo più sparsi in prossimità delle uscite dal paese e la nostra scorta si è fermata alle nostre spalle vicino agli alberi. Ma il mio raggio d'azione è pur sempre limitato. Quando ce ne andremo potrò darvi più informazioni >>.
<< Secondo te qui ci sono anche dei "normali" spettatori? >> domandò preoccupato l'omone.
<< Non abbiamo modo di saperlo >> Furia Buia fece una breve pausa, forse per accettare quello che stava per dire. << E non possiamo permetterci di indagare. Cerchiamo solo di evitare vittime tra i civili. Se vicino a noi ci sono solo dei cacciatori curiosi, peggio per loro >>.
<< Perché non ce ne andiamo adesso che siamo ancora in tempo? >>  domandai. << Non ha senso cadere nella loro rete in questo modo, solo per rispettare la parola data >>.
<< Non se ne parla! >> tagliò corto Paparino. << Non è questione di mantenere la parola. Tu devi farla questa cosa! Noi ti proteggeremo fuori dal ring. Quando ... quando avrai finito, corri subito da noi! Ragazzi >> rivolgendosi anche agli altri, << scorrerà parecchio sangue. Orso libera il nostro angolo per favore! >>
Con una rapidità inconsueta data la sua stazza il bestione mise a dormire un paio di cacciatori che occupavano il nostro angolo. << Permesso! >> disse subito dopo fissando uno ad uno gli altri troppo vicini e troppo indiscreti curiosi. << Sareste così gentili da farci spazio? E già che ci siete buttate la spazzatura! >>, indicando i colleghi svenuti.
L'ordine fu eseguito con diligenza, nonostante qualche mugugno nelle retrovie. In fondo, chi vuole essere il primo a farsi ammazzare?
 
*****
 

Come previsto il mio avversario parte subito alla carica. Grida come un indemoniato quasi certamente per terrorizzarmi, considerato che non ha bisogno di farsi coraggio per affrontare una "ragazzina"; supera rapidamente il centro raggiungendomi quasi a ridosso del mio angolo e tenta di colpirmi in faccia con un largo destro.
L'assalto mi fa per un attimo tremare le gambe, sono indeciso sulla strategia da adottare, so solo che se mi becca è finita. Per fortuna l'attacco è prevedibile e riesco a mandarlo facilmente a vuoto spostandomi all'ultimo momento (non per scelta tecnica) dalla sua traiettoria.
Il bisonte sbatte contro uno dei pali di sostegno proprio davanti ai miei fratelli, si gira e riparte a tutta velocità mentre io indietreggio un po' per la fifa, un po' per garantirmi una distanza di sicurezza. Grazie alla rincorsa si dà lo slancio e salta lungo per stendere una gamba mirando al busto ma anche questa volta liscia di brutto.
 
Continua così, maledetto. Ti stancherai prima!
 
Il neo cacciatore non trova pace e, come un lottatore di wrestling, fa leva sulla corda per riguadagnare equilibrio e spazio. Purtroppo per me deve aver capito che la tattica adottata nei primi due affondi non funziona perché adesso avanza più lentamente e più arrabbiato a causa della facilità con cui ero riuscito a schivarlo.
<< E' arrivato il momento >> mi dico. << Dovrò sostenere uno scontro ravvicinato >>. Nonostante tutte le ore passate a provare, ho la testa così vuota che vi sento rimbombare il sibilo prolungato, come quello di un elettrocardiogramma piatto, che parte dalle orecchie. Provo a immaginare le mie mosse ma non ho la minima idea di cosa abbia in mente. Mi limito, perciò, a saltellare, pronto a scattare o a scartare perché non posso offrirgli un bersaglio fisso.
Quando la "luce" tra noi finalmente si riduce abbastanza da permetterci di "aprire il fuoco", il ragazzo salta come se avesse le molle ai piedi protendendosi in avanti con la guardia interamente aperta. Non vuole tirarmi un altro pugno, sta cercando di afferrarmi. Il suo braccio destro, infatti, si infrange contro la mia spalla proprio quando mi decido ad effettuare una nuova uscita di lato.
Approfittando del contatto, l'avversario riesce a rallentare la velocità dell'evasione e torce il busto fino all'inverosimile per spararmi una sventola col sinistro. La vedo e la intercetto col destro, spingendomi nel contempo all'indietro, ma non basta per togliermi dai guai perché lancia subito un diretto destro inaspettatamente preciso che riesco ad evitare per un soffio con uno scatto di reni e un altro metro in retromarcia. Ci riprova col sinistro ma ormai ha perso un tempo e mi dà la possibilità di allontanarmi dall'angolo in cui ero finito sfruttando al massimo il passante della corda.
La folla intorno a noi grida, fischia, comincia a protestare, per l'inizio deludente dal momento che ancora non vede il sangue, soprattutto il mio. Spero di deluderli ancora, ma sono preoccupato ... non tanto per chi ho di fronte (anche se dovrei), ma perché mi sento bloccato. Sono carico, veloce, attento, ma ho come l'impressione che le mie armi siano pistole che si contrappongono a cannoni. Eppure l'ho già affrontato. Forse è per questo che non mi sono ancora deciso a colpirlo, forse mi preoccupa il fatto che chi gli ha dato filo da torcere ero io fino ad un certo punto. Il solo "me" potrebbe non essere sufficiente.
C'è solo un modo per esserne certi. Tentiamo!
Lo lascio avvicinare affidandomi all'occhio per distanze e timing che i tre cacciatori con metodi spesso discutibili hanno addestrato. Il cervello riconosce il momento giusto, dà lo start e fa partire un calcio circolare basso a colpire i legamenti della gamba avanzata. Mi sembrava un buon colpo ma non l'ha neanche sentito; anzi reagisce con un gancio sinistro che riesco solo in parte a bloccare grazie alla guardia normale che avevo alzato durante l'esecuzione della tecnica per non scoprirmi troppo. La botta sulla guancia mi procura solo un po' di fastidio ma è il montante al bersaglio grosso che catalizza tutta la mia attenzione. Troppo tardi per fermarlo, tento almeno di disturbarlo alzando rapidamente un ginocchio e portandolo in avanti mentre cerco di arcuare la schiena fin quasi a piegarmi come un foglio di carta pur di limitare i danni.
Il colpo va segno e una catena di fitte si spande dall'addome lungo tutto il corpo come i cerchi d'acqua prodotti dalla caduta di un sasso in mezzo ad uno stagno. Sbilanciato, cerco il sostegno del palo opposto a quello dietro sbraitano infervorati i miei tre tutori. La figura del mio avversario diventa sfocata mentre vedo nitidamente un altro diretto che sta per abbattersi. Sono ancora abbastanza lucido da pararlo e scattante il giusto per spostarmi di qualche centimetro alla mia sinistra. Scorgo con una frazione di ritardo il suo gancio destro che mi lascia soltanto il tempo di allargare la mano sulla faccia per assorbire alla meglio l'impatto.
Questo mi ha fatto male. E' troppo vicino e lo sa anche lui che ora cerca di forzare i tempi sparandomi una testata che non conclude la corsa perché d'istinto gli serro il collo tra gli avambracci.
<< Devo attaccare, ha troppe armi libere >> mi ordino consapevole che non serve a niente aspettare che finisca la benzina. Le lezioni dei miei fratelli sono state utili perché il mio corpo, prima del cuore e della mente, rispondendo ad un preciso automatismo, coglie un'occasione e asseconda la mia determinazione facendo decollare una discreta ginocchiata che gli arriva allo stomaco. Anche stavolta, però, non ho di che rallegrarmi dovendo, infatti, constatare che quel maledetto è riuscito ad incassare il colpo con frustrante facilità. Non contento, dopo avermi prontamente restituito la cortesia, cerca di fare il bis afferrandomi per la nuca e approfittando del fatto che mi ero piegato in avanti per il dolore.
E' probabile che io sopravvaluti il mio nemico ma anche lui sbaglia a sottovalutarmi perché, nonostante le fitte che diramano come fulmini dal mio stomaco, ho la forza di fargli morire il colpo sul nascere gettandogli contro a incrocio le braccia e portando in avanti la gamba sinistra per ostacolare nuovi tentativi di carico. Aveva investito troppo in quelle bordate e ne approfitto per sentire di nuovo cosa si prova a tirargli un pugno. Tolgo la sicura ad un montante ravvicinato che impatta all'altezza del plesso solare.
Questa volta l'ha sentito lui perché, boccheggiando, allenta il forcing e mi permette di scartare di lato e completare la combinazione con un gancio sinistro in faccia come svariate volte avevo fatto in allenamento.
Il senso del tatto mi rimanda la vibrazione dello zigomo che stride al contatto con le mie nocche e l'udito mi concede altrettanta soddisfazione allietando le orecchie con lo scoppiettare della guancia che applaude sui denti. << E adesso >> ordino a me stesso, << ritorniamo al centro! >>
Non ero sicuro che avrei avuto il coraggio di resistere, non ero sicuro che mi sarei fatto "sentire". E, invece, sono sopravvissuto al primo vero scambio e quasi non ci credo.
Il piccolo cacciatore, inferocito al punto da sembrare ancora più brutto, non ci sta a lasciarmi andare e non mi dà la possibilità di gustarmi lo scampato pericolo. Temo la brutalità della sua reazione e, tuttavia, so che non posso farci niente. << Non devo fuggire! >> ripeto la parola d'ordine antipanico.
La formula magica possiede ancora potere ed elargisce un po' di energia ai muscoli delle braccia che partono d'incontro con un uno-due al viso. Sebbene lo scontro tra masse mi veda perdente e di nuovo proiettato sulla corda, non avverto sbandamenti nell'anima e nel fisico e riesco ad impedirgli di caricare un altro destro bestiale anticipandolo con una spallata. Un diretto senza pretese ma chirurgico lo acceca, i piedi fanno la loro parte e compiono passi brevi e veloci per togliermi dagli impicci. Inizia ad apparirmi evidente che la full immersion, a cui i tre super cacciatori mi hanno costretto fino a ieri, sta dando buoni frutti e, tuttavia, non sono fisicamente in grado di confrontarmi con il ragazzo che ho di fronte soltanto in termini di forza bruta.
<< Ok, Shinji >> mi dico dopo aver lanciato un'occhiata fugace all'angolo in cui si trovano i miei fratelli, forse per farmi prestare un po' di coraggio supplementare, << lo hai già colpito e lui si è incazzato. Raddoppia la posta! >>
Mi coglie di sorpresa quando, fingendo l'ennesimo attacco al volto, si piega di scatto buttando in avanti le braccia per afferrarmi alle gambe. La mia schiena subisce il duro abbraccio dello sterrato sconnesso che fa da base al ring ma per mia fortuna il blocco non gli è riuscito del tutto e, grazie ad una provvidenziale scarica di adrenalina, reagisco in una frazione di secondo. Pugni veloci e precisi in faccia e sulla testa lo convincono a non insistere e mi fanno guadagnare la libertà necessaria per strisciargli lontano e centrare il suo brutto muso con la pianta del sinistro.
<< Ho raddoppiato la posta >> tiro le somme una volta in piedi, << forse posso alzare il tiro >>.
Il sangue che gli esce dal naso dimostra che non è fatto d'acciaio ed io posso fargli male. Sono elettrizzato dalla paura e da un'inebriante frenesia che inizia a salirmi lungo la colonna vertebrale. Mi sorprendo a pensare che potrei davvero vincere.
La concentrazione è al massimo ma sta passando troppo tempo. Quanto riusciranno i miei nervi e il mio corpo a sopportare tutto questo stress?
Anche il nemico è in piedi, avanza più incerto muovendo il busto nel tentativo di non offrirsi facilmente ai miei colpi o di non farmi capire la sua prossima mossa; mi gira un po' intorno mentre continuo a saltellare per non adattarmi ai suoi tempi e soprattutto per non dargli la possibilità di gestire la distanza.
<< Non è più così sicuro >> sento nitidamente la voce di Furia Buia in mezzo al casino e all'eccitazione del pubblico. << Stai in campana, Ragazzo! >>
Il bulletto del branco a noi ostile fa per tirare un sinistro dei suoi. << So cosa fare >> penso ma non faccio in tempo neanche a darmi dello stupido tanto rapidamente balza in avanti lanciando un destro poderoso che atterra tra orecchio e collo. Il conseguente senso di vertigine ed un fischio acuto che mi rimbomba nel cervello riducono drasticamente le mie capacità di difesa. Posso solo assistere impotente all'estensione del calcio circolare ad uscire che cerca e trova il lato sinistro del mio addome. Quel caprone, però, ha calcolato male la lunghezza del percorso che la gamba avrebbe dovuto coprire e, troppo vicino, non imprime tutta la potenza che la tecnica meritava di esprimere.
Magra consolazione per le mie costole.
Rinculo nuovamente sulla corda portando istintivamente il braccio sinistro in avanti per disturbare il cross di destro che mi becca comunque in faccia. Blocco fortunosamente il suo sinistro ma sta andando male perché ora sono io indietro di un tempo e fatico anche solo a difendermi.
Cerco di rompere l'assedio e, spezzando il ritmo che aveva appena trovato, lo spingo via per uscire dalla linea di fuoco. << Troppo poco >> considero in una frazione di secondo. La mia reazione ottiene come unico risultato quello di farmi guadagnare una boccata d'ossigeno. Un altro destro, scagliato da lontano ma non quanto avrei desiderato, mi riporta di nuovo all'angolo dopo aver pesantemente accarezzato il mio volto.
Le gambe iniziano a farsi pesanti e mi risulta sempre più difficile pensare. Più per disperazione, che per reale convinzione, lascio partire un calcio frontale al busto così telefonato, così fuori tempo che il baby cacciatore non ha problemi ad afferrarmi la caviglia prima che il piede possa anche solo sfiorarlo.
<< Sono nei guai! >> mi dico. Preso dal panico, dimentico ogni insegnamento e obbedendo all'istinto richiamo la gamba. Se il mio avversario fosse stato un combattente professionista a quest'ora sarei già morto. Ma davanti a me c'è solo un animale con tanta forza e cattiveria e poco cervello o scarsa attitudine a scontri più complessi di una semplice rissa da strada. Infatti, non volendo rinunciare al vantaggio e, soprattutto, alla presa che aveva conquistato grazie al mio errore, si sporge troppo in avanti pur seguire l'arto lungo e perde l'equilibrio lasciando scoperto un intero banchetto di bersagli. La paura non mi blocca, anzi strilla con tutto il fiato che ha in gola per implorarmi di appforittarne. Obbedisco e lo centro con un gancio sinistro, doppiato dal destro e seguito da una ginocchiata che viene frustrata poco prima del termine della corsa da una reazione che non avevo preventivato. Un pugno impreciso ma robusto mi costringe ad un'altra infelice conoscenza con uno dei tronchi che delimitano il quadrato. Gli sputo addosso tanta doloroso è l'urto con il legno ma, anche se a corto di fiato e con la schiena dolorante, sono ancora in me e riesco se non altro ad alzare una mano a protezione del volto contro un'altra sventola di destro.
 
Al diavolo, quanto fa male!
 
Lo spingo un'altra volta per tenermi fuori dalla gittata di quelle bordate e guadagnare spazio sufficiente per piazzarli un paio di pugni che lo centrano in pieno viso.
Mi sento crollare le braccia quando mi accorgo che non ha neanche cercato di proteggersi. Mi sorride sicuro della vittoria come se lottasse con un poppante. Lo attacco ancora, ma i miei adesso sono colpi incerti e imprecisi dettati dalla paura. << Voglio chiudere subito, devo chiudere subito! >> mantrizzo disperato nella mia mente.
Ho perso la testa e la pago cara: un destro furioso si abbatte sul mio zigomo facendomi finire di nuovo chiuso all'angolo, con un braccio steso appoggiato sulla corda per non cadere. Sono scoperto e non ho il tempo di bloccare il sinistro che impatta sul torace, spezzandomi nuovamente il fiato.
 
Esci!
 
Avanzando di mezzo passo lego per evitare che mi spari un altro destro, per recuperare e, soprattutto, per riorganizzare il cervello. Sbuffo come una locomotiva mentre aderisco a lui consapevole che, appena riuscirà ad allontanarmi, mi bombarderà con altri pugni. Devo solo pensare a come uscirne.
E infatti, dopo aver "massaggiato" le costole già doloranti con un paio di destri al corpo, mi fa letteralmente volare al punto di partenza. Questa volta finisco, però, sulla corda e non sul palo che delimita l'angolo. Era quello che speravo, perché finalmente ho un'idea. Abbasso leggermente la guardia fingendo di essere spompato (in buon parte lo sono davvero), mentre mi appoggio sulla canapa cercando di sfruttarne l'elasticità.
Quando parte col destro, avanzo di scatto, lanciando sempre il sinistro a mo' di disturbo e abbassando nel contempo il busto per lasciarlo passare. Prima che possa caricare il suo di sinistro, con un calcio gli pungo la gamba d'appoggio. Ci avrei giurato che non sarebbe caduto, ma l'ho squilibrato abbastanza da fargli aprire la guardia e permettere, così, ad una mia discreta combinazione di portare a termine un buon lavoro sulla sua faccia scoperta.
<< Se non possiedo il colpo del ko >> provo almeno a rincuorarmi, << posso sparargliene contro di più e tecnicamente sono più preparato. Un altro calcio ai legamenti del ginocchio mi garantisce un'uscita sicura verso il centro del ring, dove posso rifiatare. Sono sopravvissuto anche a questo scambio, ma meno indenne di prima. Perciò, non mi farò i complimenti.
Paura e tensione agonistica si scontrano tra loro, alternandosi alla guida del mio cuore e ancora una volta sono nel mezzo a giocare al piccolo alchimista per far sposare queste forze refrattarie alla convivenza.
Il mio avversario si rifà sotto ben chiuso per proteggersi il viso, ciondolando come uno scimpanzé che sperimenta un'andatura da bipede. Riprovo con un altro circolare basso che schiaffeggia l'interno del ginocchio sinistro, portando nuovamente un braccio a protezione. Anche questa volta la tecnica risulta inefficace, perché mi arriva addosso un rapido  uno-due (il destro sfiora la mandibola, il sinistro arriva dritto sul muso) che mi fa arretrare.
<< Smettila con quei calci! >> sento gridare Orso. << Non gli stanno facendo niente >>.
Il ragazzo insiste cercando di trarre vantaggio dal momentaneo sbandamento per chiudere l'incontro; finta un altro gancio per poi lanciarsi nuovamente in una presa alle gambe. Il mio cervello aveva memorizzato il gesto e mi comanda di saltare all'indietro. Evito il blocco a terra, ma l'eccessivo slancio mi impedisce di imprimere potenza al calcio di ritorno che, ciò nonostante, lo colpisce dritto in faccia.
Frustrato, si rialza e, allungandosi, cerca di spararmi una testata allo stomaco. Porto avanti le braccia per stabilire un contatto che avviene all'altezza delle spalle, "sento" il vettore dell'attacco e posso formulare una contromossa: un mezzo passo a destra, torsione del busto e lui finisce con il torace sulle corde. Quando si gira lo centro con un destro in faccia e un sinistro corto all'orecchio.
<< Ce l'ho in pugno! >> penso prima di essere smentito dalla rapidità della sua reazione: mi afferra il braccio sinistro e, tirando con forza, mi scaglia con violenza all'angolo. Grida e sbava come un animale ferito facendomi gelare il sangue e polverizzandomi il fiato a forza di sprangate al busto. All'ultimo secondo blocco un'altra ginocchiata alzando a fatica la gamba.
Già, a fatica perché ora le mie gambe sembrano fatte di piombo e non si allungano in tempo per evitare un secondo colpo che mi centra ancora in pieno addome; anche le mie braccia mi risultano pesanti come macigni, sebbene abbia l'impressione che al loro interno non circoli più sangue tanto debole è la spinta con cui provo a togliermelo di dosso. Posso solo portare ancora una volta la mano al volto per attutire quell'ultimo destro che sbatte sulla guancia. Sento schioccare le ossa del mio cranio e scoppiarmi un altro fischio alle orecchie. << Cazzo, non ho i guantoni! Non mi serve a niente parare in questo modo >>.

 
Finalmente ci sei arrivato.  

Un altro paio di pugni al busto si tramutano nella mia testa nel rumore di lampadine rotte e nel bagliore di un fulmine; evito per un soffio la testata che puntava dritto al mio naso accettando di offrire in sacrificio uno zigomo. La botta mi acceca per infiniti centesimi di secondo sia in senso letterale che ... di rabbia. Anche se lo sforzo fisico e mentale inizia a risultarmi insopportabile, sto resistendo a tutto questo, sono ancora in piedi. Inizio a credere nelle parole del Paparino: davvero non sono di vetro. La sola vicinanza di questo precoce assassino, che mi odia dal primo momento in cui mi ha posato gli occhi addosso pur non conoscendo il mio vero nome, mi irrita tanto quanto mi spaventa. << Mi hai rotto! >> sento ruggire dalle profondità dello stomaco. << Smettila di colpirmi! Al diavolo voglio farti male anch'io >>.
Con gli occhi ancora chiusi (forse il sinistro non si riaprirà per un po'), gli abbatto un diretto sul naso lasciato scoperto da un avversario così sicuro della propria forza e della fiacchezza dei miei colpi che non aveva recuperato quella sua specie di guardia dopo aver segnato con la fronte. Le cartilagini del setto stridono all'impatto, il suo busto asseconda il moto impresso dal mio braccio. Mi si apre un'altra invitante finestra di possibilità ed è con crudo piacere che, usando l'occhio ancora funzionante, prendo la mira e pareggio il conto dei colpi di testa. Un calcio frontale che mi fa vedere le stelle (il costato mi fa pensare ad una scatola piena di vetri infranti) completa l'opera facendolo barcollare all'indietro.
Mi sposto con passi ora lenti e pesanti sforzandomi di non sostenere la parte dolorante per non invitare il nemico ad infierire. E, invece, dopo aver digerito con più difficoltà i colpi che gli avevo inferto, lui infierisce proprio su quel punto. Le mie tibie parano qualche calcio, le braccia deviano qualche pugno ma l'addome piange sempre più forte e il fiato perde pezzi ad ogni ammaccatura. Un pugno portato sfruttando grossolanamente il peso del corpo - anche lui inizia ad essere stanco - sfonda la mia guardia e mi scarica sulla corda. Sono costretto ad aggrapparmi per rimanere in piedi.
Mentre prende la rincorsa per finirmi, vedo la mia morte. Sono a terra inerme, maciullato senza pietà dalla sua furia bestiale. Non trovo giusto che un simile stronzo possa avere la meglio su di me ma questo è un combattimento all'ultimo sangue, niente e nessuno verrà a salvarmi.
L'immagine mi risulta più opprimente delle altre volte, ma proprio perché mi sono allenato a guardarla in faccia so che non devo accettare rassegnato la mia fine perché la mia fantasia è a terra, io ancora no.
La visione sbiadisce e al suo posto tornano di nuovo a fuoco i movimenti scomposti e minacciosi del predatore che sta per azzannare la preda. Non riesco ad alzare un piede, perciò niente calci. Mi spingo contro il passante e ne sfrutto la molla per servirgli un altro destro d'incontro, di quelli da manuale.
Eppure, nonostante il centro perfetto che gli fa scattare la testa all'indietro, l'inerzia porta il piccolo animale ad abbattersi su di me bloccandomi, sia pure involontariamente, il sinistro che non ero riuscito ad alzare in tempo. Faccio leva con la spalla per tenermi lontano dalla sua testa mentre col destro cerco di stordirlo con ripetute botte ravvicinate. E' un rush di adrenalina quello che mi permette di muovermi così rapidamente ma anche lui ha benzina nel serbatoio e, dopo un paio di prove, al terzo tentativo mi arriva al mento.
D'improvviso lo spazio tutt'intorno comincia a ballare paurosamente come una nave in piena tempesta e con il giroscopio rotto. Ho come l'impressione di non avere più le gambe attaccate al corpo, mi sta venendo da vomitare.
Non so cosa sia successo immediatamente dopo ma sta di fatto che, quando un altro pugno mi ha raggiunto, non ho provato alcun dolore. Sembra immobile, come in una fotografia, mentre mi domando se sono io allontanarmi da lui o lui da me ...
... E perché adesso vedo il cielo? Provo a muovere il collo per cercare i miei fratelli. Credo di scorgerli da qualche parte ma non potrei giurarlo. Le figure che, condotto da una specie di sesto senso, riconosco come appartenenti ai tre cacciatori hanno l'aria di essere agitate. Mi pare che muovano le labbra ma non odo la loro voce. Che cosa dicono? Anche gli altri, gli spettatori, smaniano, contorcono le facce che assomigliano a maschere grottesche, parlano, forse gridano. Io, però, sento soltanto un ronzio incessante nelle orecchie.
Mi accorgo che il nemico è sopra di me perché, prima di accomodarsi, mi è "cascato" con una pedata sullo stomaco. So che sto ancora lottando e che sto chiaramente perdendo, le braccia si chiudono sulla faccia obbedendo ad comando che nelle ultime settimane ho ripetuto fino alla nausea.
Ho già visto questo film, so come va a finire, ma non provo alcuna emozione, nessuna rabbia, nessun timore. Mi restano pochi secondi e li spenderò tutti ... proteggendomi fino all'ultimo. Mi servono quei secondi di coscienza, quegli istanti in cui sono ancora in vita, in cui sono ancora io. Anche durante l'addestramento Furia Buia mi obbligava a resistere ... e non mi ha ancora detto che posso smettere.
Già, ma a che serve resistere ancora visto che l'esito è ormai scontato? Perché mi interessa così tanto questa vita agli sgoccioli?  Così non faccio altro che attaccarmi all'ennesima biglia che perderò insieme alle altre; così proverò dolore ad ogni colpo con la mano impotente tesa ad afferrare il suo bene più prezioso mentre gli viene strappato via. In fondo, ho fatto già tanto, sono stanco, potrei anche riposare un po' ... giusto il tempo di riprendere fiato.
Ancora cinque minuti e mi alzo.
 
 
La piccola Asuka è infuriata, ma in fondo non gliel'ho chiesto io di passare ogni mattina a svegliarmi. E' lei che vuole andare a scuola insieme a me, non dovrebbe lamentarsi se poi non arriviamo mai in tempo.
Non sembra neanche un ricordo, ma l'inizio leggero di un fumetto per bambini. Tuttavia, quanto mi piacerebbe che la mia vita fosse davvero così. Non è un ricordo, vero?
 
E' solo un sogno, di tanto ... tanto tempo fa!
 
Perché non ci ritiriamo lì, tra le strisce di quel fumetto?
 
Mi dispiace, ma noi siamo qui!
 
Anche questo è un sogno?
 
Per te tutto questo è reale, non  è vero?
 
Se fosse un sogno, allora potrei svegliarmi!
 
Se così fosse, dimmi: è davvero questo che desideri?
 
Non fa niente! Tanto questo mondo ce lo stanno togliendo dalle mani.
 
Non vuoi provare a difenderlo?
 
Perché dovrei farlo?
 
Non ricordi? Hai fatto una promessa?
 
Quando? E a chi?
 
Cosa desideri?
 
"Cosa desideri?", avverto sussurrare dalle profondità placide di un liquido che sembra lcl. E' mia madre, davanti a me, con indosso un lungo camice bianco, sento la sua mano che mi accarezza dolcemente la guancia. E' così bella, la sua mano così calda. Da quanto non mi accarezzavano così!
<< Che schifo! >>
Ora è il turno di Asuka il cui tono disgustato conferma in pieno il senso di quelle parole. Anche la sua mano era calda, rassicurante, la mano di chi ti accetta. E chi se ne frega se odorava di sangue e mi irritava la pelle con quelle bende incrostate di sabbia. Mamma, chi è quel ragazzo che sta sopra di lei, lo sento piangere! Mamma, dove sei?
<< Non accetti mai la realtà. Hai perso! Perciò adesso piega la testa e arrenditi! Fa' il bravo cagnolino >>. Ancora quella dannata rossa mi parla con il suo solito tono di sufficienza mentre la bocca si deforma in un sorriso che trasuda disprezzo. Non sono tanto la sue parole a farmi male ma la percezione delle forza dell'odio che le spinge contro di me; sembra quasi che la diverta nel vedere a terra me, che con le  mani afferro, frustrato, i granelli di sabbia impastati con il mio sangue e le mie lacrime. Temo sia salita sul carro del vincitore ... no, era saltata giù dal mio da tempo. Intorno a me ci sono volti che riconosco, nonostante le sembianze più mature: vedo Kensuke, Toji, vedo la capoclasse. Ormai devo accettarlo! Protendo una mano verso i miei amici per bloccarne ogni possibile reazione: << mi ha battuto! >> ammetto senza guardare colui che mi ha vinto e quella ... donna che gli sta a fianco. << La responsabilità è solo mia >>.
Di nuovo in questo liquido rossastro, che mi avvolge e mi protegge da ogni male come da ogni esperienza, facendomi sentire come immagino debba sentirsi un feto immerso nel liquido amniotico, trovo ancora conforto nella visione benevola di mia madre. << Mi dispiace, mamma. Ti giuro che ci ho provato, questa volta ho provato davvero a fare la cosa giusta, ho provato a rispondere alle mie domande, a correre dei rischi pur di cambiare. Ho provato davvero a lottare, ho provato a mantenere la mia promessa. Non ce l'ho fatta. Perdonami, Asuka! >>
Mia madre mi guarda con quegli occhi carichi di un amore che non ricordo di aver mai ricevuto, sebbene provi a spingere la mia memoria fino al primo flash che la coscienza è in grado di afferrare. Muove le labbra: << cosa desideri? >>
Un gigantesco corpo andrigino di un bianco accecante, grande quanto l'intero pianeta, sopporta il peso di due enormi teste, quella di Ayanami e di Kaworu. Le braccia protese verso di me, pronte ad abbracciarmi, non mi scaldano il cuore; anzi lo ghiacciano, mentre la devastazione si palesa ai miei occhi e tutto appare perduto per sempre. Una lancia trafigge il petto dello 01 ... e il mio. Sciogliendomi insieme agli ultimi brandelli della realtà che conoscevo, sento ancora la voce di mia madre ripetermi per l'ennesima volta quella domanda: << cosa desideri? >>
 
Già, cosa desidero?
 
A cosa stai pensando adesso?
 
Sto pensando a ... sì è proprio ...
 
un seno!
 
Ma quello è ...
 
il seno di Asuka!!!
 
 
Il dolore può essere un grande alleato. Ho visto persone ammaccarsi a sangue la fronte a furia di testate contro il muro per vincere una sensazione di torpore. Il dolore può aiutarti ad abbandonare ogni pensiero inutile e a concentrarti; ti ricorda quanto l'esistenza possa essere ... troppa, ti spiattella tutto ciò che non va, tutto ciò che vorresti evitare, da cui vorresti proteggerti, a cui vorresti reagire. Ma, cazzo, ti ricorda anche che sei ancora vivo e, quando lo stordimento ti impedisce di pensare, di agire e persino di provare emozioni, lei può ... svegliarti!!!
Frustrato dalla tenace efficienza della mia guardia che ha tenuto botta a dispetto della mia assenza, il nemico cambia strategia e si accanisce sulla parte sinistra dell'addome là dove sa che le costole sono sul punto di cedere.
Un stilettata mi attraversa il cuore all'ennesimo cazzotto ma non è niente rispetto al dolore che provo quando il formicolio che aveva iniziato a serpeggiare nei miei occhi si trasforma in un incendio che, divampando rapidamente, apre non richiesto anche il sinistro squarciando i tessuti circostanti e facendo schizzare il sangue che vi si era riversato.
Sono ancora a terra, in tutti i sensi ma sono di nuovo miracolosamente sveglio. La sua guardia continua a fare schifo e con due proiettili, sparati pescando non so da quale serbatoio la forza necessaria, lo colpisco al mento. Il ragazzo si affloscia e, poggiando una mano a terra per non cadere su un fianco, riduce l'ingombro del suo peso quanto basta per permettermi di slittare di pochi centimetri, proprio quelli che desidero.
Assecondando le determinazioni di un corpo che ancora una volta, fortunatamente, va per la sua strada, a mani aperte afferro la sua testa tirandola verso di me per intercettarla a metà strada con la mia e fanculo alle costole. Il suo naso non resiste, il suo corpo non resiste; cade all'indietro frenato soltanto dalla tensione dei quadricipiti prossimi allo strappo.
Ancora meno zavorra, ancora più spazio. Esco dalle macerie del giovane cacciatore che mi avevano tenuto imprigionato e saluto la riconquistata libertà scaraventandogli il taglio del piede sinistro dopo essermi concesso il lusso di mirare al cuore. Per la prima volta lui è a terra mentre io mi rialzo sputando gemiti carichi di sofferenza, aggrappandomi alla disperazione, a quel simbolo di vita e a quelle scene di morte e dolore a cui devo la fortuna di respirare ancora poiché mi hanno strappato all'oblio.
Il suolo non ne vuole ancora sapere di stabilizzarsi, inizio a sintonizzarmi su suoni e rumori che finalmente competono con questo maledetto ronzio ma mi risultano ancora ovattati e confusi. Le persone accalcate a bordo ring e persino l'ambiente circostante non hanno ancora ripreso a sputare i colori che non li appartengono. Insomma sto una pezza ma sono in piedi!
Non mi sono illuso di aver vinto, perciò il fatto che il mio coriaceo avversario riesca a vincere lo stordimento e a schiodarsi da terra non fa vacillare la strana e folle sensazione di fermezza che rallenta i battiti del cuore e placa gli spiriti della mente.
Un'altra combinazione al volto gli fa tremare le gambe spegnendogli ogni proposito di vendetta. Adesso ha paura. Pensava di aver già vinto e, invece, la "ragazzina" è riuscita a stenderlo.
Mi muovo come se il centro di coscienza si fosse spostato; il mio corpo sa cosa fare, dove colpire e quando colpire.
<< Finalmente, sei arrivato! >> dico a me stesso mentre un altro destro toglie la sicura al braccio. << Ce ne hai messo di tempo; ma non farò da spettatore. Voglio esserci anch'io fino alla fine. Buttiamolo giù! >>
Nella mia mente immagino di rincorrere il pugno che ho appena scagliato calzandolo come un guanto un attimo prima che vada a segno. Il riverbero del contatto con lo zigomo del mio avversario mi attraversa le nocche della mano risalendo lungo il braccio. Man mano che si spande ho come l'impressione che contenga tutto ciò che avevo smarrito: emozioni, sensazioni, rumori, odori, colori, luce, persino il mio senno. Giunge contemporaneamente al cuore e alla testa, e di colpo... paura e rabbia, frenesia, eccitazione, chiasso assordante. La vita ha riacceso l'interruttore, riportando me, Shinji Ikari, nel suo seno e dileguando la nebbia dell'ottundimento e della rassegnazione.
Non credo di aver mai percepito niente con tanta chiarezza da quando quest'assurda sfida è iniziata e, per la prima volta, riesco pensare ad una strategia.
<< Ricapitoliamo! >> mi dico. << Lui è stanco esattamente come me e probabilmente ha perso fiducia nei suoi mezzi. La sua tecnica è pessima, il suo punto debole sono i calci >>.
 
Allora impediamogli di muoversi. Continua a colpirgli le gambe!
 
I pugni sono potenti, ma preferisce scommettere solo sulla forza e non si copre!
 
Punta agli occhi e ancora al naso, così non potrà vedere né respirare!
 
Mi fanno un male cane le costole!
 
Resisti! Dobbiamo finirlo adesso.
 
Tocca a me avanzare e a lui attendere la mia iniziativa. Devo cogliere l'occasione.
Fingo un altro cross di destro e, quando si chiude in attesa di un attacco alto, lo bastono con due circolari bassi al ginocchio che avevo punzecchiato prima; cambio gamba e metto a segno altre due battute sempre sullo stesso punto, bloccando, in fase di richiamo, un destro pesante e prevedibile con la mano arretrata.
Un attimo di respiro e ripeto lo schema aggiungendo un paio di combinazioni al viso. Ogni volta che centro il bersaglio sento aumentare la mia forza e la mia rabbia, mentre il dolore si attenua.
Il ragazzo prova a reagire caricando un altro destro dei suoi, ma le ginocchia che avevo bersagliato sin dall'inizio, finalmente, cedono facendolo barcollare in avanti, spinto dall'inerzia che lui stesso aveva innescato.
 
E' il momento!
 
La sua testa si piega in modo innaturale, seguendo il vettore del montante che gli ho appena scaricato contro, a sua volta doppiato da un sinistro alla mascella, finché una liberatoria sventola di destro gli spegne la luce. Ed è di nuovo giù.
In preda alla furia, questa volta mi accomodo io su di lui e lo tempesto di colpi rabbiosi gridando fino a farmi scoppiare la gola come se la mia voce potesse polverizzarlo più rapidamente dei miei pugni e cancellare tutti questi anni di dolore.
Mi blocco sull'ultimo colpo, non quello del ko (sento che il suo corpo è già svuotato di ogni energia e non reagisce, ormai privato della coscienza), ma quello definitivo. Qualche volta ho fantasticato di nascosto su quest'istante ed ho provato sempre un sacro terrore al pensiero di causare volontariamente la morte di qualcuno, pensavo che non sarei mai riuscito a superare quell'ultimo ostacolo. E invece adesso mi trattengo per la ragione opposta, perché voglio ucciderlo, perché mi sembra la cosa più giusta se non la più naturale da fare. Non capisco, non è questione di rabbia, ma di chiara percezione. Quest'altro Shinji, adesso lo so, si è già sporcato le mani, mentre io non sono così sicuro di volerlo fare.
 
Finiscilo! Se non lo fai dovrai guardarti le spalle per il resto della vita.
 
Ma non è gusto!
 
Forse, ma da domani ci sarà un problema in meno per te.
 
Da dove proviene questo pensiero, dal mio passato o dal cacciatore che voglio diventare?
 
Che importa?
 
..................
 
 
Per sua (e forse anche mia) fortuna il precipitare degli eventi mi permette di sospendere ogni decisione.
Nella mia mente si delinea chiaramente la figura di un cacciatore che proprio alle mie spalle ha estratto la pistola e mira in direzione della nuca. Il tempo sembra rallentare, mi giro verso i miei fratelli: Furia Buia ha appena estratto il fucile a canna corta dalla fondina e grida qualcosa, ma in mezzo a tutto questo casino posso solo intuire che dalle sue labbra sia uscito uno "spostati!"; il Biondo allarga le braccia per mimare lo stesso comando, mentre Orso abbraccia uno dei pali di sostegno come per sradicarlo.
Dietro di me il cacciatore fa fuoco, seguito a una frazione di secondo dal Paparino. Entrambi i proiettili stanno per incrociarsi su piani sfalsati proprio in prossimità del mio busto.
Non ho bisogno di gettarmi a terra, "vedo" le loro traiettorie e mi piego sulla sinistra quanto basta per mandare a vuoto il colpo partito alle mie spalle e osservare la pallottola del monocolo passarmi vicino all'orecchio. E' così lenta che se volessi potrei afferrarla al volo. Ne accompagno con lo sguardo il percorso che si conclude in mezzo agli occhi del cacciatore, le cui cervella esplodono addosso ai compari che gli stavano vicino.  Non avevo mai visto uccidere, fino ad ora non avevo mai visto Furia Buia uccidere qualcuno. E non ho provato niente!
Ci sono altre armi pronte all'uso e qualcuno sta per passare le corde, non posso restare quì. I miei fratelli gesticolano invitandomi a raggiungerli. Mi risveglio dalla trance e obbedisco prontamente mettendomi a correre verso la salvezza dalla forma di un occhio rosso. Velocità normale, caos, urla , morte e ... che male!
Musashi non ha perso tempo ed ha già iniziato a sparare alla sua destra falcidiando con rapidità e precisione una prima fila di cacciatori che non hanno avuto il tempo di capire che erano già morti. Furia Buia materializza sulla sua sinistra uno muro di at field che, dopo aver teso il braccio, scaglia addosso ai nemici più vicini che si sfracellano all'impatto con la massa d'energia come se fossero stati investiti da un treno in corsa.
Orso ha già divelto il tronco dal terreno e, coprendo il lato del Biondo, lo getta con violenza  contro  cinque cacciatori che vengono abbattuti come birilli.
Quando li raggiungo sono, siamo tutti e quattro coperti da uno scudo personalizzato; anche Furia Buia, dopo aver scaricato il fucile, estrae due pistole dalle fondine agganciate dietro la schiena e coperte dal giaccone proseguendo con il tiro a segno praticamente senza soluzione di continuità.
Sono stati così rapidi da mandare a monte ogni possibile piano del nemico, impedendone al contempo un'efficace reazione. Ancora ammassati gli uni vicino agli altri gli ex "spettatori" sono un facile bersaglio per i tre di Kosuke e in alcuni casi, presi dal panico, arrivano a spararsi tra loro, mentre il resto delle pallottole, che iniziano a piovere copiose, si infrange contro le nostre barriere.
Abbiamo conquistato un po' di campo e la Furia cambia assetto materializzando una campana di energia che posa intorno a noi. I colpi delle armi da fuoco all'impatto producono sinistre scintille che sembrano voler crepare, senza successo, questo "vetro" all'apparenza impenetrabile.
<< Perché ci hai tolto il giubbotto antiproiettile? >> chiede Musashi.
<< Sono troppi >> risponde Furia Buia. << Non posso concentrarmi su voi e su tutti loro. Finirò per stancarmi troppo  presto. Dobbiamo correre verso le trappole! >>
Retrocediamo rapidamente in direzione del bosco da cui siamo arrivati neanche un'ora fa, la gragnola di pallottole si smorza. Hanno capito che non serve a niente sparare e soprattutto che non conviene restare uniti. Si sparpagliano su ogni lato per circondarci, tenendosi a distanza.
Quando non sentiamo  più il "fuoco", Furia Buia impartisce le disposizioni: << partirò con un'altra murata davanti a noi. Orso tu coprici a destra, Musashi la scorta dietro di noi! >>
<< E alla nostra sinistra? >> chiede il Biondo?
<< Sono ancora in pochi e sono lontani >> risponde. << Non si accorgeranno che ho tolto lo scudo. E' questione di secondi. Proviamoci! >>
Come preannunciato, alza la saracinesca semisferica per produrre un altra parete di energia che abbatte, come l'oplon di un soldato greco, su alcuni inseguitori, disposti in ordine sparso davanti a noi, atterrandoli per sempre. Orso dà la sveglia sul suo lato infrangendo due micidiali pugni sul terreno e sollevando zolle di terra e schegge di pietre che si conficcano nel corpo di altri cacciatori; estrae poi le pistole per aiutare il Biondo che, intanto, ha iniziato a freddare con la precisione di un cecchino alcuni dei bersagli designati, accorsi dopo i primi spari.
Manca poco per raggiungere gli alberi, la Furia rimodula l'at field sui nostri corpi per permetterci di sfondare la linea che si frappone tra noi e il primo riparo. << Il campo è libero >>  grida a missione compiuta. << Corriamo! >>
Non riesco a capire niente, sono terrorizzato all'idea che il giubbotto antiproiettile possa "sfilarsi" da un momento all'altro e di essere così colpito a morte. I nemici mi sembrano dappertutto, anche sottoterra, pronti a sbucar fuori come ninjia. Sono spaventato anche dai miei fratelli, ma senza di loro sarei già morto.
Confuso, mi muovo al centro della formazione e non per mia scelta; il mio cuore sta per esplodermi in petto e sento una forte pressione all'altezza delle tempie. L'elettricità che mi percorre mi impedisce di provare dolore e l'occhio sinistro si è richiuso.
Quando finalmente i primi fusti interrompono lo spazio aperto, la Furia piazza un'altra poderosa murata addosso ai più immediati inseguitori, mentre Orso, che intanto mi fa da scudo con la sua stazza, e Musashi freddano ai lati tutti quelli che capitano a tiro.
Siamo di nuovo coperti, individualmente, da un'aura di at field, ma i contorni adesso mi appaiono più sfumati e la sua intensità fatica a stabilizzarsi.
<< Come stai, Paparino? >> chiede il Biondo dopo averne spedito un altro nell'aldilà. << Quanti colpi hai ancora? >>
<< Uno >> risponde la Furia a corto di fiato, << forse due, ma adesso non posso usarli o non potrò proteggervi dopo. Siamo ancora lontani! >>
<< Quanti ne conti? >> sbraita Orso.
<< Sono ancora più di cento. Non devono superarci! >>
<< Perché non ti arrabbi una buona volta? >> insiste l'armadio senza ottenere risposta. Poi rivolgendosi a me: << Muoviamoci! E restami incollato! >>
Percorriamo un altro miglio, alternando brevi scatti a furiosi scambi di fuoco, la protezione regge ma è sempre più debole. Manca ancora un altro buon chilometro alla nostra safe zone e questi bastardi non ne vogliono sapere di mollare nonostante le perdite.
Mentre il contrattacco si fa più violento, sentiamo ancora la voce di Furia Buia: << ci attaccano sui lati! Provo a coprirvi a sinistra, concentratevi sulla vostra destra! >>
Proprio in quel momento una pallottola fa volar via una delle pistole di Orso, ma non la sua mano grazie alla difesa ancora attiva. << Non ne avrà per molto >> commenta preoccupato il bestione che manda in buca in mezzo agli occhi del tiratore che lo aveva colpito. << Si mette male >>.
Per la prima volta da quando è iniziato il casino, mi rendo conto di non aver fatto ancora niente, di essere rimasto soltanto al riparo; siamo in quattro ma a combattere sono in tre. Seguo l'impulso di recuperare la pistola di Orso, dicendomi che, in fondo, anche se solo a dei barattoli ho già sparato e qualcosa dovrei pur riuscire a combinarla.
Sono già ad un passo dall'arma quando vedo la Furia scaricare un altro micidiale colpo che mi fa tornare alla mente il mio scontro con Zeruel. I cacciatori che non sono stati travolti dalla barriera energetica vengono dilaniati dalle schegge di legno prodotte dall'esplosione dei tronchi d'albero che si trovavano sulla traiettoria.
Lo stupore e l'ammirazione per quel colpo cedono rapidamente posto al terrore. Paparino si accascia respirando a fatica, mentre alla sua destra due cacciatori ce l'hanno nel mirino e stanno per sparare. Rinuncio a prendere la pistola e d'istinto gli corro incontro gridando come un disperato, mentre con gli occhi che bruciano di nuovo alzo il braccio destro come se potessi solo con quel gesto e la mia volontà sventare l'inevitabile.
Un altro muro di at field si materializza giusto in tempo per rispedire le pallottole al mittente. Furia Buia, scattato in piedi, termina il lavoro facendo saltare le cervella ad altri due cacciatori che seguivano a poca distanza.
<< Ce l'ha fatta! >> esulto. << E' riuscito a fermarli. Allora, non è ancora finita >>. Intanto uno spossato Furia Buia, curvato con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, mi squadra con attenzione.
Uno sparo, uno dei tanti alla mia destra, mi suona in modo diverso, come se gridasse il mio nome. Saranno state le abilità acquisite con la meditazione di questi mesi, o forse l'istinto, ma riesco a visualizzare quello specifico proiettile un attimo prima che una fitta lancinante, partita dal braccio che avevo alzato, venga elaborata dal mio cervello.
Mi hanno preso!
Mi porto la mano all'altezza del bicipite a coprire il foro d'entrata, serrando l'occhio ancora funzionante per non dover valutare le mie condizioni e gli sviluppi dell'azione intorno a me. Posso solo sperare di non essere nuovamente colpito e di non cedere al panico perché ... mi hanno sparato. Spalanco la bocca, ma non ne esce un gemito. Vorrei gridare: << sto per morire! >>
Furia Buia grida come un indemoniato mentre un'ondata del consueto calore prodotto dall'attivazione del suo occhio sinistro mi fa intuire che sono di nuovo immune agli attacchi, ma mi accorgo di essere l'unico a beneficiare della difesa. Lo guardo mentre  spara al cuore del cacciatore che mi aveva colpito. Feroce, lo raggiunge e gli svuota il caricatore della pistola da distanza ravvicinata.
<< Copriti maledizione! >> gli urla contro Musashi che intanto, dopo avermi raggiunto, mi trascina via prendendomi per la maglia. << Ti vuoi incazzare come si deve, si o no? ... Fatti dare un'occhiata! >> prosegue dopo avermi messo al sicuro accanto ad Orso dietro un piccolo dosso erboso. <<  La pallottola non è uscita. Riesci a muovere il braccio? >>
Ancora sotto shock faccio cenno di si. Pur di non essere beccato ancora, ci farei anche le flessioni.
<< Ok, allora gliela togliamo dopo! >> taglia corto Orso, che si strappa una manica per coprire la ferita, coperto dal Biondo. << Speriamo che regga per un po' >> si augura ammirando fugacemente il bendaggio di fortuna.
Ci ritiriamo di altri cento metri, non possiamo più contare sull'at field di Furia Buia che, al riparo dietro un albero alla nostra sinistra, sembra sempre più stanco e deconcentrato.  
<< Dovevamo chiedere a Matsuda, porca puttana! >> grida Musashi centrando un cacciatore che, alle spalle della Furia, stava per coglierlo di sorpresa. << Datti da fare o moriremo qui! >>
<< Perche gli dai addosso in questo modo? >> gli chiedo abbassandomi d'istinto a causa dell'intensificarsi della sparatoria.
<< Perché dobbiamo farlo imbestialire! >> risponde. << Offese, sensi di colpa, qualunque cosa. Siamo ancora distanti dalle trappole che abbiamo sistemato. A proposito >>  porgendomi una pistola, << tieni! >>
Darei il braccio ancora funzionante per recuperare la follia di pochi minuti fa, perché ora non so se riuscirò davvero a sparare a un uomo, mi tremano le gambe; ma afferro ugualmente l'arma come fosse la lampada di Aladino. << Facci uscire vivi! >> esprimo il mio desiderio a mezza voce.
La Furia non si dà pensiero di quello che gli accade intorno; con una spalla appoggiata ad un tronco, si limita a fissarci come se ci vedesse già stecchiti, mentre il suo respiro comincia ad essere più profondo e regolare.
<< Si sta concentrando! >> grido. Forse abbiamo ancora una speranza.
<< Allora copriamolo! >> mi segue Orso. << Magari stavolta si decide >>.
<< Speriamo bene! >> risponde Musashi dopo altri due tiri da primato mondiale. << E' da parecchio che non ci riesce >>.
Ormai ci hanno circondato e sono ancora in troppi; gli alberi che ci proteggono ora ci incutono anche timore in quanto potenziali polveriere di schegge letali. Infatti, una si conficca nella coscia di Orso che trattiene a stento un urlo bestiale durante la frettolosa procedura di estrazione.
<< Paparino, >> grida ancora Musashi, << Orso è ferito e Ragazzo sta perdendo un mare di sangue. Non ci abbandonare adesso! >>
Finalmente il ciclope risponde, a modo suo. Come posseduto da uno spirito, lentamente, si toglie la benda e lascia libero il suo occhio sinistro di colorarsi  e infiammarsi. Protetto da una piccola bolla di at field, di intensità crescente e proporzionata alla pigmentazione dell'iride, guadagna il centro di un piccolo spiazzo recintato da quel che resta della flora d'alto fusto tutt'intorno.
<< A cinquanta metri dietro di voi >> pronuncia con un'espressione sul volto che mette i brividi << c'è un masso. E' grande abbastanza perché vi possiate nascondere ed è spesso quanto serve per ... resistere. Andate! Io vi copro >>.
Da come si muovono gli altri due, capisco che è meglio non fargli ripetere l'ordine. Di nuovo sotto "scorta energetica" ci allontaniamo il più velocemente possibile curandoci di non lasciare indietro Orso che ci segue zoppicando vistosamente. La sfera intorno alla Furia, che ci guarda andar via con l'aria di chi sta trattenendo la rottura di una diga a mani nude, inizia a emanare rumorose e inquietanti scariche elettriche.
Ci sistemiamo dietro il macigno che ci aveva descritto. E' saldamente conficcato nel terreno, alto due metri per tre di larghezza. Se non fosse per la profondità di poco inferiore al metro e mezzo direi che è quanto la nostra stanza al villaggio.
Orso e Musashi ai miei lati chiudono la formazione cercando di offrirmi con i loro corpi la massima copertura. << Tappati le orecchie e chiudi gli occhi! >>, mi ordina il Biondo.
All'urlo di Furia Buia segue immediato un violento spostamento d'aria come l'onda d'urto di un ordigno esploso a poca distanza. Nella mia mente "vedo" appunto un'onda scura infrangersi conto la roccia dietro cui ci siamo riparati, dividersi e infine ricomporsi davanti a noi. Il rumore di tutta quella scarica di energia ci raggiunge  con un attimo di ritardo, ed è così potente da ferirci le orecchie.
Quando riapro gli occhi vengo assalito da un feroce senso di vertigine che mi impedisce di ricordare come si sta i In piedi. Il tempo di due respiri forzati e riesco a mettere a fuoco la scena davanti a me.
Spalanco la bocca inorridito, incapace di emettere un fiato; mi volto a destra e poi a sinistra, ma lo spettacolo non cambia. Nel raggio di circa venti metri si mostra a noi un paesaggio alieno: la terra è sconquassata, dell'erba e degli alberi che la coprivano è rimasto solo l'acre odore di cenere ancora calda, alcuni resti di tronchi, abbattuti e carbonizzati, riposano su un fianco lasciando scoperte le enormi radici.
<< Cosa è stato? >> mi chiedo balbettando anche con il pensiero.
Musashi ha tentato di dirmi qualcosa, ma avverto solo un fastidioso ronzio e non ho capito una sola parola. Lo vedo alzarsi e muoversi ancora barcollante in direzione della Furia.
<< Esci la pistola! >> al secondo tentativo riesco a distinguere le parole di Orso che, spingendosi sulla gamba buona e strisciando sulla schiena contro la roccia, si rimette in piedi e punta le armi in direzione dei compagni. Lo imito meccanicamente, constatando che anche dietro di me la devastazione ha completamente stravolto l'ambiente circostante. Punto la canna della pistola a casaccio, non so dove guardare, non so neanche se possa esserci ancora vita nei paraggi, non riesco a controllare il tremore che fa ballare la pistola nella mano, mentre le mie ossa, il mio occhio e il mio braccio imprecano perché mi accorga finalmente di loro.
Il Biondo ci raggiunge trascinando Furia Buia, quasi incapace di camminare, sostenendolo per un braccio. Continua senza fermarsi, esclamando soltanto: << Dieci metri! >>
Indietreggiamo ancora, questa volta divisi in coppie, ciascuna alternandosi all'altra ogni dieci metri per coprirne la ritirata. Spero non ci sia più nessuno, non voglio sparare e nel contempo non voglio neanche lasciare senza difesa i miei fratelli. Ora siamo in quattro e tutti, tranne Musashi, decisamente malandati.
Mancano finalmente una cinquantina di metri alla salvezza, a quel lembo di terra nelle cui viscere avevamo piazzato le nostre polizze-fuga. Cinquanta metri di spazio completamente e maledettamente aperto - non ci era sembrato così terribile l'altra notte, a causa delle diversa prospettiva.
Non abbiamo subito altri attacchi e non abbiamo visto nessuno, ma non basta per farci abbassare la guardia dal momento che alcuni tra i superstiti, superato lo shock, potrebbero aver notato che Furia Buia era fuori uso e ripreso coraggio.
<< Paparino >> Musashi lo schiaffeggia nel tentativo di mantenerlo sveglio, << ne vedi altri? Fa' uno sforzo, te ne prego! >>
<< Non riesco a sentire niente! >> rantola il ciclope.
E' un guaio perché quell'informazione ci serve o saranno i cinquanta metri più lunghi della storia.
<< Ragazzo >> mi fa Orso, << Tu riesci ad avvertire le modulazioni del suo at fiel, vero? >>
Confermo con un cenno del capo.
<< Ti è mai capitato di vedere o "sentire" qualcuno o qualcosa che non fosse alla portata dei tuoi organi di senso? >>
<< Si, mi è capitato, ma  >> intuendo dove vuole andare a parare << avviene in modo occasionale e non previsto. Non sono io che comando queste percezioni >>.
<< Beh, provaci! >> mi incita Musashi. << In fondo ti ha allenato proprio per questo, o sbaglio? >>
<< Va bene! >> rispondo in preda all'ansia al solo pensiero di tutta quella responsabilità caricata improvvisamente sulle mie spalle. << Ci provo! >>
Sono troppo teso, troppo dolorante e troppo stanco per concentrarmi. Nella mia testa, sento solo una voce fastidiosa che grida in continuazione "muoviti!"
<< Non può riuscirmi solo quando tutto intorno a me è tranquillo >> mi dico. << A che mi serve un'abilità che non so controllare. Devo cambiare approccio: se non posso fare vuoto nella mente, allora posso provare ad allineare pensieri, emozioni e sensazioni. Se non posso accogliere l'esterno, allora gli andrò incontro >>.
Cerco nel magazzino della memoria eventi del passato in cui mi sono sentito sicuro di me, consapevole delle mie azioni e deciso a portarle a termine. Per primo mi sovviene lo scontro con Zeruel (in fondo in quell'occasione sono stato determinato e padrone di me stesso) ma la memoria indugia troppo sui dettagli e mi confonde con un'inopportuna sovrapposizione di immagini. Non mi servono i ricordi di un altro Shinji.
Tentativo fallito, proviamo ancora!
Scarto anche l'episodio del Mark 13 e l'immagine di Kaworu decapitato, così come la scena del lago con annesso annegamento. Sono a corto di soluzioni, possibile che non ci sia altro? Poco fa ho vinto, ma certo devo pensare ... al seno di Asuka!
... Ok, magari un'atra volta! Maledizione! Maledizione! Maledizione! Oltretutto la ferita al braccio mi sta uccidendo. << Basta! Non ce la faccio >> sbotto amareggiato.
<< Non fa niente >> sospira Musashi. << Dovevamo almeno tentare. Sta' tranquillo, vedrai che ce la caveremo >>.
"Dovevamo almeno tentare!". Ho fallito e ciò nonostante i miei fratelli non mi dicono "sei una palla al piede", "sei inutile" o che il mondo è condannato. Non mi dicono "vattene"! Anzi si caricano nuovamente sulle spalle la responsabilità che mi avevano affidato. Rapidi flash mi ripropongono i momenti salienti di questa cruenta e sanguinosa ritirata, sbattendomi nuovamente in faccia la verità: loro, fino ad ora, mi hanno sempre protetto perché volevano. Io ... io non l'ho mai fatto ...
 
... per nessuno!
 
Non accadrà ancora!
 
<< Aspettate! >> ordino posseduto dal presentimento di un'intuizione. Sento di nuovo i miei occhi bruciare (purtroppo anche il sinistro) e con essi un'ira sorda e inarrestabile. Ogni volta che questa sensazione mi assale, ogni volta che le mie iridi bruciano, la mia personalità subisce un cambiamento e il mio corpo mi rende capace di azioni fuori dall'ordinario. Forse c'entra quell'altro me e forse è proprio la rabbia che lo evoca! E poiché sta montando dentro di me, adesso so che, come sul ring, è a questa forza che devo allinearmi calzandola come un guanto.
<< Ci sono! Vedo dei cacciatori, devono essere una trentina, sparpagliati in piccoli gruppi >> aggiorno i tre sulle immagini che mi arrivano. << Si muovono alla mia sinistra e procedono in linea retta. A destra mi sembra di individuarne alcuni, sono senz'altro di meno. Dietro non percepisco nessuno >>.
<< A che distanza sono? >> domanda il Biondo.
Mi affaccio, sporgendo la testa, dal mio resinoso nascondiglio e cerco di individuare qualunque albero, masso o buca che combaci con le mie visioni. << Ecco! >> esclamo indicando i punti di riferimento una volta individuati.
<< Sono circa settanta metri >> calcola Musashi. << Si tengono fuori dal raggio di Paparino ... Se sapessero che può fare anche di peggio ... Anche se ci superano, finiranno in trappola. Forse ce la facciamo >>.
<< Tentiamo! >> sentenzia la Furia che, appoggiandosi ad un tronco inspira ingurgitando aria con ampie boccate per prepararsi all'impresa.
Più facile a dirsi che a farsi: Orso corre con una gamba e mezza, io non so più a quale parte danneggiata del corpo dare retta e Musashi sostiene il Paparino che prova a saltellare per darsi più spinta.
Sentiamo delle grida a pochi metri dal primo riparo utile. Gli inseguitori hanno trovato le sorprese che avevamo preparato per loro.
Una fitta alla nuca mi avverte del pericolo, un gruppo ha tagliato verso il centro ed ora ci ha sotto tiro. Deve essersene accorto anche Furia Buia perché, arrestando il passo, spinge lontano Musashi e mi afferra per la maglia posizionandomi alle sue spalle.
Stendendo il braccio sinistro in direzione della minaccia, urla arrabbiato e disperato mentre materializza di fronte a sé un ultimo muro che respinge le pallottole in arrivo.
Pochi secondi e la parete di at field svanisce, ma loro non lo sanno e, ancora incerti sul da farsi, si lasciano abbattere dal Biondo e da Orso. Paparino, invece, cade esausto in ginocchio prima di crollare definitivamente a terra.
Non siamo più allo scoperto e il territorio che ci si apre davanti lo conosciamo meglio visto che l'avevamo "arricchito" e modificato a nostro uso e consumo. Evitiamo le insidie che avevamo predisposto, mentre esplosioni e grida strazianti intorno a noi ci fanno capire che il peggio non è ancora passato.
<< Quanti ce ne possono essere ancora?! >> si domanda affannato Musashi con sulla spalla il corpo privo di sensi del ciclope che penzola a faccia in giù e con le braccia stese verso terra.
 
Da almeno dieci minuti non ci sono più segni della presenza del nemico, rifiatiamo dopo aver superato un terrapieno di forma semicircolare che avevamo realizzato come ridotta, qualora lo scontro a fuoco si fosse protratto fin qui.
<< Come sta? >> domanda Orso con la faccia livida per lo sforzo.
<< Sta riposando >> risponde senza fiato il Biondo. << Beato lui >>.
<< Ragazzo >> il bestione cambia subito argomento , << riesci a vederli? >>
Provo a concentrarmi di nuovo, ma questa volta sento spegnersi il motore. La calma di questi ultimi minuti, associata alla conquista della ridotta vicino all'accampamento della scorsa notte, che ora mi appare come la più desiderabile delle regge, deve aver fatto crollare la tensione nervosa che mi manteneva sveglio. << Non ci riesco >> farfuglio prima di tossire sangue e afflosciarmi sul busto dell'omone.
<< Dobbiamo muoverci! >> gli sento dire mentre mi solleva dal suolo prendendomi in braccio. I miei occhi sono ancora aperti, ma fatico a mettere a fuoco e a registrare ciò che sta accadendo. Riesco solo a far cadere la testa all'indietro per sincerarmi che Musashi e Furia Buia siano dei nostri ... almeno così voglio pensare.
 
*****
 

Orso mi adagia a terra con cautela, assicurandosi che la mia schiena poggi contro qualcosa di solido. Ancora semi-incosciente resto in bilico tra il bisogno di dormire e la resistenza a questo torpore per paura di non potermi più svegliare.
Macchie sfocate in movimento, colori improbabili e improvvise fiammate luminose sono tutto ciò che riesco ad elaborare della realtà circostante. Mi arriva distorta la voce del Biondo che, prendendomi per la nuca, mi dice: << bevi! >>.
Il sapore è metallico e disgustoso, esattamente come il sangue che da un po' deglutisco insieme alla saliva. Un dolore lancinante al busto riaccende per qualche istante i miei sensi. Orso mi sta massaggiando il costato, probabilmente con un unguento a base di lcl, poi passa all'occhio.
<< Forse dovremmo pensare anche alla mia gamba >> esclama il bestione.
<< Ma no, stai benissimo! >> risponde Musashi, stappando un'altra boccetta di elisir che mi porge affinché la beva. << Vediamo prima come sta il suo braccio >>.
<< Non sarà troppo? >> domanda Orso. << E' la formula grezza quella che gli stai dando >>.
<< Lo so >> ammette il Biondo, << ma Ragazzo è come noi. E poi l'altra volta gliene abbiamo data molto di più >>.
<< Si >> ribatte Orso, << ma non da bere >>.
<< Non sono un medico >>  sbotta frustrato e nervoso il Biondo. << Non so cosa fare ed è ridotto male. Se la "bella addormentata" riuscisse a dargli uno sguardo dei suoi ... >>
<< D'accordo! >> lo interrompe Orso con apparente calma. << Facciamo così: visto che ne ha già bevute due fiale, ci fermiamo. Finché Paparino non si sveglia gli faremo degli impacchi per ridurre i danni che riusciamo a vedere. Ora concentriamoci su quella pallottola! >>
Mentre armeggiano con l'ala ferita, il dolore mi riporta a terra. Inizio a dimenarmi per allontanare le mani di Musashi che tastano e premono sul muscolo per individuare il corpo estraneo.
<< L'ho trovata! >> esclama infine. << Sono in grado di estrarla >>.
<< Sakura >> sillabo a mezza voce per far capire alle due infermiere che preferisco essere curato da un medico vero.
<< Ci vuole troppo tempo per raggiungere il villaggio >> dice Musashi contorcendo i muscoli facciali per mostrarmi uno strampalato e falso sorriso. << Tranquillo, l'ho già fatto altre volte >>.
Cerco di strisciare lontano dalla punta arrostita del suo coltello che si avvicina al mio braccio, completamente steso e bloccato dalla presa di Orso che, nel frattempo, si è seduto dietro di me e mi abbraccia per tenermi immobilizzato.
<< Abbiamo qualcosa per il dolore?  >> chiede Orso.
<< Si, ma >> risponde Musashi << non le ma sento di somministrargliela. Non so quali effetti possa avere se combinata con l' lcl >>.
<< Dovevi pensarci prima! >> lo rimprovera l'armadio. << Alle volte sai essere davvero superficiale >>.
<< Vuoi farlo tu!? >>  grida furioso il compare. << Accomodati! >>
<< Io devo tenerlo fermo, perciò resta calmo, Musashi! Concentrati! E tu ascoltami, Ragazzo: sentirai un po' di dolore, ma faremo in fretta. Sono sicuro che puoi resistere >>.
Vorrei dirgli che non me ne frega niente di quello che pensa, ma la sua stretta è troppo forte e posso solo provare a tendere i muscoli ancora liberi e sgranare terrorizzato l'occhio buono.
Mi sembra di morire mentre Musashi rovista con il coltello alla ricerca del proiettile, riesco solo a gemere << morfina >>.
<< Mi spiace! >> quasi piange Orso stringendomi ancora più forte.
 

<< Mi dispiace, non posso dartene ancora. Tu cerca di resistere, farò il più in fretta possibile! >>.  E' la voce di Sakura, riesco a metterla a fuoco, ma sembra così diversa con i capelli corti e la pelle abbronzata. La mia schiena nuda sta gelando a contatto con l'acciaio di un lungo e scomodo tavolo operatorio. Fatico a riconoscere la stanza in cui mi trovo, so solo che mi sento uno schifo, mi manca l'aria nonostante la maschera ad ossigeno calata sul viso. Come accadeva durante i miei ricoveri forzati all'ospedale della Nerv, provo a gestire l'ansia sincronizzando il respiro con il cicalio dell'elettrocardiografo, ma questo non è l'ospedale della Nerv.
Sakura mi accarezza dolcemente la fronte, sforzando un sorriso che viene tradito dalla paura dipinta nei suoi occhi lucidi. La guardo ma il pensiero è altrove, concentrato sulle fattezze di una ragazza che non avrà neanche quattordici anni. Le sono molto legato - in fondo è per lei che mi trovi qui. Mi affligge l'idea di non poterla rivedere, che tutto finisca così. Ho ancora qualcosa di importante da fare. Tutto questo dolore è ... insopportabile.
 

Il dolore è insopportabile, i miei occhi si infiammano velocemente come la punta di un fiammifero. Inizio a dimenarmi per sfondare il blocco del bestione ed allontanarmi da tutto quel dolore.
<< Tienilo fermo! >> grida Musashi. << Ancora qualche secondo >>.
<< Ci sto provando >>  risponde Orso chiaramente sotto sforzo. << Si è attivato di nuovo >>.
<< Per questo ci sei tu a tenerlo! Ragazzo >> mi dice il chirurgo improvvisato, interrompendo l'operazione e afferrandomi il viso per spostarlo in direzione di Furia Buia che giace incosciente sul terreno, << si è quasi fatto ammazzare per farci arrivare qui ... e quando ti hanno beccato. Trova qualcosa che ti faccia resistere! >>
Non riuscirei a pensare ad un tozzo di pane neanche se lo avessi sotto i denti, figurarsi trovare motivazioni. Posso solo provare a concentrarmi sul respiro e a sfogarmi gridando con tutta la forza di cui dispongo quando finalmente Musashi tira via la pallottola.
<< Che fatica! >> sospira soddisfatto il Biondo. << Hai visto che ce l'hai fatta? Ora puliamo un po' e tappiamo il buco >>.
Un grazie e un'imprecazione si strozzano in gola, le mie labbra si muovono ma non emettono suono. Spero che stringere la mano a pugno alzando il pollice in segno di approvazione sia sufficiente, spero perché non vedo più niente ...
   
 
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